DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 2 settembre 1988
Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.
1. Vi saluto con profonda, fraterna affezione, Vescovi delle regioni XII e XIII. Il significato del nostro incontro di oggi è solo una esperienza di comunione ecclesiale tra noi. Pastori del Popolo di Dio, ma anche un rinnovato impegno per tutte le diocesi delle province di Anchorage, Portland, Seattle, Denver e Santa Fe per quell’unità voluta da Cristo tra le Chiese particolari e la Chiesa universale.
Al momento attuale il nostro programma ci invita a riflettere insieme sul nostro ministero e sulla profonda sollecitudine pastorale che noi, in quanto Vescovi, dobbiamo avere per l’umanità e per ogni essere umano. Per essere autentico, il nostro ministero episcopale deve essere autenticamente centrato sull’uomo. Nello stesso tempo deve essere centrato su Dio, la cui assoluta supremazia e il cui primato dobbiamo costantemente proclamare, esortando il nostro popolo a riconoscerlo nella propria vita.
Il Concilio Vaticano ci ha invitato ad assumere l’uno e l’altro approccio - antropocentrismo e teocentrisimo - e a sottolinearli insieme, collegandoli nell’unico modo adeguato, cioè, nella divina persona di Cristo, vero Dio e vero uomo. Questo compito è per noi contemporaneamente formidabile ed esaltante. Può avere un effetto profondo sulle Chiese locali. Nella mia enciclica sulla misericordia di Dio ho precisato che il legame profondo e organico tra antropocentrismo e teocentrismo in Gesù Cristo è forse il principio più importante del Concilio Vaticano II (Dives in Misericordia, 1). La ragione basilare di questo è l’efficacia pastorale di questo principio.
2. Incentrata su Cristo, la Chiesa può esaltare la natura e la dignità dell’uomo, perché Gesù Cristo è la conferma ultima della dignità dell’uomo. La Chiesa può anche concentrarsi sull’uomo e sul bene di ogni persona perché nell’incarnazione Gesù Cristo ha unito in sé tutta l’umanità. In Cristo, Dio Padre ha posto il progetto sull’uomo. Nello stesso tempo, incentrata su Cristo, la Chiesa sottolinea la centralità di Dio nel mondo, perché in Cristo - attraverso l’unione ipostatica - Dio ha preso possesso dell’uomo fino al grado più profondo.
Proclamare Cristo nella piena espressione voluta dal Concilio significa esaltare supremamente l’uomo ed esaltare supremamente Dio. Proclamare Cristo pienamente significa proclamarlo nel disegno paterno dell’incarnazione, che è la più alta realizzazione di Dio nel mondo. L’antropocentrismo e il teocentrismo autenticamente uniti in Cristo aprono alla Chiesa la via per una adeguata comprensione del suo servizio pastorale all’umanità, per la gloria di Dio.
3. Cristo unisce nella sua persona i due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo. Quando stabilisce per la Chiesa la priorità dell’amore per Dio, sant’Agostino ne chiarisce l’ordine di realizzazione: “L’amore di Dio viene prima come comandamento, mentre l’amore del prossimo viene prima come azione” (“Dei dilectio prior est ordine praecipiendi, proximi autem dilectio prior est ordine faciendi”) (S. Augustini, “In Ioan. tract.”, 17). In questo senso le parole di san Giovanni rimangono una sfida ancora attuale per la Chiesa: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20).
In Cristo - nella sua persona e nella sua parola - la Chiesa trova il principio della sollecitudine per l’uomo (cf. Redemptor Hominis, 15). La sua ispirazione e la sua forza in tutte le dimensioni del suo servizio pastorale si fondano in Cristo. Allo scopo di servire l’uomo, la Chiesa rifletterà su di lui in rapporto con Cristo e si sforzerà di avvicinarsi a Dio solo attraverso Cristo. Da questo punto di vista è possibile considerare che “l’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima fondamentale via della Chiesa” (Redemptor Hominis, 14). Nello stesso tempo, senza contraddizione noi proclamiamo che “Gesù Cristo è la via principale della Chiesa” (Redemptor Hominis, 13). È così perché Cristo è la pienezza dell’umano. Cristo è l’espressione divina di quello che deve essere l’uomo, come l’uomo deve essere trasformato, come l’uomo deve essere introdotto nella comunione della Santissima Trinità, in particolare “per lui, con lui e in lui”.
4. Parlando di antropocentrismo, cioè sottolineando la dignità dell’uomo in relazione con Cristo e con la missione della Chiesa, è necessario fare riferimento alla base permanente dell’antropologia cristiana, che è la creazione a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 26-27). Questo Dio è un Dio che si rivela come comunione di persone, un Dio salvatore, un Dio di amore e misericordia.
Nella sollecitudine della Chiesa per l’uomo e la sua dignità, che trova espressione in ogni programma sociale da lei messo in atto, la Chiesa deve proclamare la realtà della creazione rinnovata dalla redenzione e dalla liberazione - compiuta nel Battesimo - di ogni persona. Nel suo essere più profondo la Chiesa si sente spinta a proclamare la dignità dell’uomo: la dignità dell’uomo sollevato al livello di Cristo, al livello della adozione divina. Pertanto la Chiesa, proclamando la dignità naturale dell’uomo, proclama anche la piena dignità cristiana: la dignità dei figli di Dio chiamati a una dignità soprannaturale, chiamati ad adorare il Padre con Cristo.
Parlando ai Vescovi americani cinque anni fa, ricordai “il servizio pastorale di rendere il Popolo di Dio sempre più consapevole della sua dignità di popolo di culto” (“Allocutio ad quosdam episcopos e Foederatis Statibus Americae Septemtrionalis, occasione oblata “ad limina” visitationis coram admissos”, 8, die 9 iul. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2, [1983] 49). Notai in particolare “che possiamo rendere un grande servizio pastorale al popolo, mettendo in luce la sua dignità liturgica e indirizzando i suoi pensieri a propositi di culto. Quando il nostro popolo . . . si rende conto di essere chiamato . . . ad adorare e ringraziare il Padre in unione con Gesù Cristo, una immensa potenza si effonde nella sua vita cristiana” (“Allocutio ad quosdam episcopos e Foederatis Statibus Americae Septemtrionalis, occasione oblata “ad limina” visitationis coram admissos”, 3, die 9 iul. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2, [1983] 47).
Per quanto riguarda i diritti all’interno della Chiesa, il Papa Giovanni Paolo I, dieci anni fa, in occasione di una delle due visite “ad limina” del suo breve Pontificato - proprio nel giorno della morte - si espresse in questi termini: “Tra i diritti dei fedeli, uno dei più grandi è il diritto di ricevere la parola di Dio nella sua integrità e purezza, con le sue esigenze e la sua potenza” (Ioannis Pauli I “Allocutio ad quosdam sacros Praesules Insularum Philippinarum, occasione oblata eorum visitationis «ad limina»”, die 28 sept. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo I, 100). Alla Chiesa è, sotto ogni aspetto, irrevocabilmente affidato il compito della vigorosa difesa di tutti i diritti umani e cristiani, per se stessi e soprattutto quando vengono calpestati. Con la realizzazione, da lei vissuta in anticipo, della pienezza del regno di Dio, ella deve continuare il lavoro del Messia, di cui dice il salmista: “Avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei suoi miseri. Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso” (Sal 72, 13-14). La Chiesa deve quindi sempre essere di casa tra i poveri, vigile nella difesa dei loro diritti.
5. Nel darci le basi per la difesa dei diritti umani, Cristo annuncia una completa struttura di relazioni tra gli uomini. Egli insegna che per salvare la nostra vita occorre perderla (cf. Lc 17, 33). Davvero l’uomo non può trovare pienamente se stesso senza prima donarsi con verità (cf. Gaudium et Spes, 24).
Questo perché essere una persona a immagine e somiglianza di Dio significa esistere in relazione a un altro e agli altri. Ciò che Cristo e la Chiesa propugnano non è la semplice difesa esteriore dei diritti umani, né la semplice difesa dei diritti umani attraverso organismi e strutture presenti nella comunità - per quanto provvidenziali ed utili esse possano essere - ma l’impegno totale di dare da parte di ogni persona nella comunità, così che i diritti di tutti siano assicurati attraverso la struttura di relazioni adeguate umane e cristiane, in cui la carità di Cristo regni sovrana e in cui la giustizia sia “temperata” dall’amore (cf. Dives in Misericordia, 14). Questa struttura di rapporti personali - la sola favorevole alla piena difesa dei diritti umani e cristiani - deve guardare all’essere umano come creato a immagine e somiglianza di Dio, così come Dio è: una comunione di persone.
6. Un fenomeno che contrasta questa struttura di rapporti personali e perciò i diritti umani, un fenomeno che ho già portato all’attenzione di tutta la Chiesa è “il declino di molti valori fondamentali, che costituiscono un bene incontestabile non soltanto della morale cristiana, ma semplicemente della morale umana, della cultura morale, quali il rispetto per la vita umana sin dal momento del concepimento, il rispetto per il matrimonio nella sua unità indissolubile, il rispetto per la stabilità della famiglia . . . Di pari passo con ciò vanno la crisi della verità nei rapporti interumani, la mancanza di responsabilità nel parlare, il rapporto puramente utilitario dell’uomo con l’uomo, il venir meno del senso dell’autentico bene comune e la facilità con cui questo viene alienato” (cf. Dives in Misericordia, 12). Ciascuno di questi punti meriterebbe una lunga trattazione. In altre occasioni vi ho parlato dettagliatamente su alcuni di questi temi. Vi sono profondamente grato per la vostra perseveranza nel rispondere a tante sfide pastorali, di cui una delle più grandi è certo la difesa e il sostegno della vita umana.
7. Un ambito dei diritti umani che richiede una continua difesa è la famiglia e i suoi membri, genitori e figli. La Carta dei Diritti della Famiglia presentata cinque anni fa dalla Santa Sede ha precisato questi diritti e merita una rinnovata attenzione. Uno dei principi fondamentali enunciati in questo documento è “il diritto originario, primario e inalienabile” dei genitori di educare i loro figli (“Charter of the Rights of the Family”, art. 5) secondo le loro convinzioni morali e religiose, e di seguire da vicino e controllare la loro educazione sessuale.
La Chiesa deve continuare a presentare la sessualità umana unita al piano di Dio sulla creazione e costantemente proclamare la finalità e dignità del sesso.
Tra i mezzi di cui la famiglia umana è gravemente ferita ci sono gli irrisolti e immensamente lucrativi traffico di droga e pornografia. L’una e l’altra piaga sociale degradano la vita umana e l’amore umano e violano i diritti umani.
8. Per occuparci dei diritti specifici delle donne in quanto donne, è necessario tornare nuovamente alle basi immutabili dell’antropologia cristiana adombrata nel racconto scritturale della creazione dell’uomo - maschio e femmina - a immagine e somiglianza di Dio. Sia l’uomo che la donna sono creati a immagine della persona di Dio, con una dignità inalienabile e complementari - uno con l’altra. Qualsiasi cosa violi la complementarietà della donna e dell’uomo, qualsiasi cosa impedisca la reale comunione di persone secondo la complementarietà dei sessi offende la dignità sia della donna che dell’uomo.
Attraverso la prima stesura del vostro documento sulle preoccupazioni per le donne da parte della Chiesa e della società, io so che state compiendo grandi sforzi per rispondere adeguatamente a queste molto varie preoccupazioni, presentando la donna come partner nel mistero della redenzione, così come viene vissuto ai nostri giorni. Cercate anche di aiutare ad eliminare le discriminazioni a base sessuale. Giustamente presentate Maria, Madre di Dio, come modello di sequela, e come segno di speranza per tutti, e insieme come simbolo e modello speciale per le donne nel loro rapporto con Dio nel ministero della Chiesa.
In tutta la Chiesa resta da compiere una grande, orante riflessione sulla dottrina della Chiesa sulla donna e la sua dignità e vocazione. Ho già annunciato la mia intenzione di pubblicare un documento su questo argomento, e questo documento vedrà la luce fra breve. La Chiesa è decisa a mettere la sua dottrina, con la potenza di cui è investita la divina verità, al servizio della causa femminile nel mondo moderno - per aiutare a chiarificare i loro diritti e doveri, e per difendere la loro dignità e vocazione femminile. L’importanza di un giusto femminismo cristiano è così grande, che bisogna fare ogni sforzo per presentare i principi su cui si basa, e seguendo i quali può essere difeso e promosso per il bene di tutta l’umanità. La serietà di questo impegno richiede la collaborazione non solo del Collegio dei Vescovi, ma di tutta la Chiesa.
9. Lo status della dignità e dei diritti umani è accresciuto incommensurabilmente dalla condizione e dal destino soprannaturale dell’uomo, che sono trovati solo nel rapporto con Dio, solo nel rapporto con Cristo. Paolo VI, nella sua potente enciclica sociale, la Populorum Progressio, presentò insieme questi elementi. Egli volle che la Chiesa si impegnasse in un’azione sociale solida e sicura. In altre parole, egli volle unire i diritti e la dignità dell’uomo - dunque tutto l’umanesimo a Dio, in Cristo. In una parola, egli sostenne che la Chiesa può e deve essere insieme antropocentrica e teocentrica nello stesso tempo, essendo Cristo-centrica, centrandosi su Cristo, il redentore dell’uomo, il redentore di tutta l’umanità. Questo suo messaggio è oggi più importante che mai per il nostro popolo, dato che “mediante la sua inserzione nel Cristo vivificatore, l’uomo accede a una dimensione nuova, ad un umanesimo trascendente, che gli conferisce la sua più grande pienezza” (Pauli VI Populorum Progressio, 16). E ancora: “Non vi è dunque umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento di una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana” (Pauli VI Populorum Progressio, 42). Per tutti noi questa è la vocazione cristiana - essenzialmente legata all’incarnazione e alla causa della dignità e dei diritti umani così come sono definiti dal Verbo incarnato.
E quando la giustizia umana è non solo praticata ma “corretta” dall’amore, la causa di tutta l’umanità ne viene incommensurabilmente arricchita. Attraverso la carità di Cristo, Verbo incarnato, si allargano ampiamente gli orizzonti del servizio - esercitato nel nome del Vangelo e della missione della Chiesa.
Come pastori del Popolo di Dio, cari fratelli, sappiamo per esperienza come sono importanti questi principi ad ogni livello della Chiesa, in ogni comunità di fedeli, piccola o grande che sia. Non c’è altra strada da percorrere che l’uomo e la sua dignità. Non c’è altra direzione cui avviarlo che Dio. Non c’è altro modo per arrivare che attraverso Cristo. Per edificare il regno di Dio, non c’è altra causa che la causa dell’uomo visto nella luce di Cristo, che dice: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
Con queste riflessioni, cari fratelli, vi assicuro la mia preghiera perché le vostre Chiese locali possano trovare sempre più in Cristo il legame perenne tra la causa dell’uomo e il regno di Dio e perché in Cristo esse sperimentino forza e aiuto per la loro vita. Vi ricompensi il Signore Dio per il vostro zelo e la vostra generosità e l’amore pastorale con cui servite il suo popolo santo. Con la mia apostolica benedizione.
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