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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA CATTEDRALE
DEDICATA A SANT’ERIK

Stoccolma (Svezia) - Giovedì, 8 giugno 1989

 

Cari Vescovi Brandeburg e Kenney,
cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. È molto opportuno poter professare la nostra fede in questa gioiosa occasione usando le parole del Credo. Facendo ciò noi ricordiamo che sono l’oggetto della nostra fede cristiana. L’antico Credo conferma la nostra comunione vivente con coloro che ci hanno preceduto e con tutti quelli che in ogni tempo e luogo hanno professato la fede riposta da Cristo nella Chiesa “Una, Santa, Cattolica ed apostolica”.

La predicazione del Vangelo e la professione di fede che costituisce la tradizione vivente della Chiesa sono una luce che risplende nelle tenebre “finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori” (2 Pt 1, 19). La fede che abbiamo ricevuto come un dono è una verità sacra che dobbiamo portare agli altri. Esiste una urgenza circa la verità del cristianesimo, una dimensione missionaria del suo messaggio di salvezza. La fede è intesa come buona Novella per gli altri, così come per noi stessi.

Come una volta i santi apostoli Pietro e Paolo ricolmarono il mondo con il nome di Gesù, così anche io, successore di Pietro, considero mio primo dovere predicare Cristo a coloro che sono sia vicini che lontani e incoraggiarvi, miei “fratelli nella fede” (Gal 6, 10) “a correre con perseveranza nella corsa” (Eb 12, 1). In questa cattedrale, il centro della vita ecclesiale della diocesi di Stoccolma, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per il dono della fede che avete ricevuto, e chiedo a lui di rafforzarvi nel vostro amore per Cristo e per la sua Chiesa, e nel vostro impegno a predicare la buona Novella agli altri.

2. Oggi Cristo chiama ciascuno di noi, attraverso la vocazione che abbiamo ricevuto come Vescovi, sacerdoti, religiosi o laici, a parlare al cuore della Svezia. Per mille anni la storia e la cultura della Svezia sono state forgiate dal Vangelo. In ogni generazione, la Chiesa deve proclamare il Vangelo di nuovo. Essa deve ripetere, in occasioni opportune e non opportune (cf. 2 Tm 4, 2), gli imperativi che stanno al cuore di tutta la predicazione cristiana: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20) e “rivestitevi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4, 24). Questa insistente chiamata deve essere ascoltata nella Svezia di oggi, e siete voi che Dio ha scelto ed inviato come suoi araldi.

Prima di poter portare il messaggio di conversione e di riconciliazione in Cristo agli altri, dobbiamo viverlo noi stessi. Non è mai abbastanza per noi rivolgerci a Cristo; in un certo senso noi siamo diventati Cristo per mezzo del Battesimo. Con le parole di sant’Agostino: “Lasciateci rallegrare e rendere grazie: noi siamo diventati non soltanto Cristiani, ma Cristo stesso . . . Siate meravigliati e rallegratevi; siamo diventati Cristo” (In Ioann. Evang. Tract, 21, 8). Con la nostra unione battesimale con Cristo nel mistero della sua morte e Risurrezione, noi abbiamo ricevuto una vocazione alla santità (Rm 6, 9-12), una chiamata ad essere perfetti, come il nostro Padre celeste (cf. Mt 5, 48).

Cari fratelli e sorelle: la Svezia ha bisogno di segni viventi di Cristo, che mantiene salda la Parola di Dio nei cuori, che permette di conformarsi a lui mediante i sacramenti, che permette di trasformare le beatitudini in pratica e che ama tutti, specialmente gli ultimi tra i suoi fratelli e sorelle. Questo è ciò che significa essere consacrati nella fede (cf. Gv 17, 19) e vivere la fede che noi professiamo nel Credo.

3. Ai miei cari fratelli sacerdoti desidero oggi dire che questa è la vostra vocazione con un particolare significato: che voi siate santificati (1 Tm 4, 3) e poi, operando “in persona Christi”, voi possiate santificare altri. Non dimenticate mai che voi siete, con le parole di san Paolo, “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Come ministri dei sacramenti, voi portate il dono della salvezza al Popolo di Dio e alimentate la vita divina che essi hanno ricevuto da Cristo. Come pastori fidati, voi siete anche il loro medico spirituale e la loro guida. Voi dovrete rafforzare il debole, incoraggiare il dubbioso, e ritrovare coloro che si sono smarriti.

Per realizzare questa speciale vocazione, voi avete bisogno di conformarvi sempre più strettamente all’immagine di Cristo, sommo sacerdote, l’obbediente Figlio del Padre e vincitore della Croce. Soltanto diventando un altro Cristo, “alter Christus”, in ogni fibra del vostro essere, troverete compimento nella vostra chiamata ad essere fedeli alla grazia che Dio ha diffuso su di voi alla vostra ordinazione. La sfida che propone Cristo richiede una conversione costante. Come già ho detto nella mia prima lettera del giovedì santo ai sacerdoti: “Dobbiamo riscoprire ogni giorno il dono datoci da Cristo stesso nel Sacramento dell’Ordine, imparando ad apprezzare l’importanza della missione salvifica della Chiesa, riflettendo sulla nostra vocazione nel contesto di quella missione” (Epistula ad universos Ecclesiae Sacerdotes adveniente feria V in Cena Domini, anno MCMLXXIX, 10, die 8 apr. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 857 ss.).

Cari fratelli: questo è ciò che il Popolo di Dio si aspetta da noi. Questo è ciò che il Popolo di Dio in Svezia si aspetta da voi. Essi vogliono vedere Cristo in voi. Essi vogliono ascoltare il suo messaggio da voi, anche se questo messaggio parla della Croce, della morte della nostra vecchia vita e di un modo umano di pensare, per risorgere a nuova vita in Dio. Essi vogliono essere ispirati dalle vostre parole e dal vostro esempio, per poter così compiere il proprio dovere nella vita in accordo con la volontà del Signore. E sebbene essi potrebbero non ammetterlo, molti di coloro che si proclamano non credenti hanno un desiderio segreto di essere trovati da Dio. In quanto sacerdoti voi avete una responsabilità speciale nel ricercare coloro che si sono smarriti. Prego affinché voi possiate essere sempre sostenuti dall’immancabile grazia di Dio in tutto ciò che farete nel suo nome.

4. Cari fratelli e sorelle nella vita religiosa, desidero incoraggiare anche voi nel vostro servizio reso a Cristo e alla sua Chiesa in Svezia. Questo servizio è particolarmente evidente nei vostri differenti apostolati, specialmente l’educazione dei giovani e la cura dei malati, degli anziani e dei poveri. Ma molto più importante di ciò che voi fate è ciò che siete: persone consacrate a Dio in Gesù Cristo come sua proprietà esclusiva (cf. Redemptionis Donum, 15).

Voi siete segni speciali del Regno di Dio in Svezia oggi - un Regno che “non è di questo mondo” (cf. Gv 18, 36) che trasforma questo mondo dall’interno. Vivendo una vita di servizio in castità, povertà e obbedienza, voi ricordate alla gente che c’è di più in questo mondo che non soltanto ciò che si vede con gli occhi. Esiste un trascendente, una vocazione spirituale e un destino al quale ogni persona è chiamata da Dio. Questo è il messaggio che la Svezia ha bisogno di ascoltare da voi, riprendendo la lunga tradizione di vita religiosa in questo paese che arriva fino a sant’Ansgar e santa Brigida.

Per poter sfidare il mondo con un messaggio di conversione e di riconciliazione, voi per primi dovete ascoltarlo e accettarlo dentro voi stessi, e all’interno dei vostri istituti religiosi. Con la preghiera, la riflessione e un più generoso dono di sé, voi troverete l’amore di cui avete bisogno per poter vivere in comunità e per portare avanti i doveri del vostro apostolato “non con tristezza né per forza ma con gioia” (2 Cor 9, 7). Anche se la via potrà essere a volte “stretta e angusta” (Mt 7, 14), voi potrete riconoscere sempre più chiaramente che il Signore è in “mezzo a voi” (cf. Mt 18, 20). Vi esorto a crescere in maturità cristiana ogni giorno, per approfondire la vostra comprensione di ciò che significa seguire Cristo come religiosi, così che possiate poi portare lui ad altri, ed altri a lui.

5. Cari membri del consiglio pastorale e tutti gli altri uomini e donne laici della diocesi di Stoccolma, anche voi siete stati chiamati per ricercare la santità e condividerla pienamente nella missione della Chiesa, non meno dei sacerdoti e religiosi che sono i vostri fratelli e sorelle nel Signore. Come ho detto l’anno scorso nella mia esortazione apostolica Christifideles Laici: “I fedeli laici debbono guardare alle attività della vita quotidiana come occasione di unione con Dio e di compimento della sua volontà, e anche di servizio agli altri uomini, portandoli alla comunione con Dio in Cristo” (Christifideles Laici, 17).

Sebbene come cattolici voi costituiate una minoranza religiosa in Svezia, la libertà religiosa vi mette in grado di partecipare pienamente alla vita del vostro paese. Il compito più importante sarà quindi accettare la sfida e dare un contributo alla società svedese meritevole di valori morali e della fede cattolica, in collaborazione ecumenica con i cristiani delle altre Chiese e comunità ecclesiali. Tra i vostri vicini, amici, parenti - a casa, a scuola e nei vostri posti di lavoro - voi siete Cristo, che invita la gente a “rivestire l’uomo nuovo”, “a lasciarsi riconciliare con Dio”.

Desidero richiamare l’attenzione in particolare su due grandi compiti menzionati nella mia esortazione apostolica rivolti particolarmente alle donne laiche per favorire la missione di salvezza della Chiesa oggi. Il primo è “il compito, anzitutto, di dare piena dignità alla vita matrimoniale e alla maternità . . . proprio grazie all’intervento intelligente, amorevole e decisivo della donna” (Christifideles Laici, 51). Il secondo è il “compito di assicurare la dimensione morale della cultura, la dimensione cioè di una cultura degna dell’uomo” (Christifideles Laici, 51). Tutto ciò assume una particolare importanza in un tempo in cui lo sviluppo della scienza e della tecnologia non è sempre ispirato e misurato da vera saggezza, ma offre piuttosto l’odiosa prospettiva di rendere la vita sempre più “disumanizzata”. In virtù della loro particolare sensibilità, le donne possono dare un grande contributo per la promozione del vero benessere della persona, iniziando con il fondamentale valore della vita stessa (cf. Christifideles Laici, 51).

Questi compiti, cari fratelli e sorelle, sono solo due esempi dei numerosi modi in cui i fedeli laici possono dare testimonianza del Vangelo trasformando l’umanità alla luce di Cristo. Ed è anche un segno incoraggiante per la Chiesa in Svezia vedere quanti fra voi rendono servizio come catechisti, o fanno parte dei consigli parrocchiali, o sono impegnati in attività caritatevoli, lavoro con i giovani, o altro.

6. Per finire, a tutti voi qui presenti - clero, religiosi e laici - dico: non abbiate paura! Molti fra voi sono venuti in Svezia da altri paesi per sfuggire difficoltà economiche o politiche, o come sacerdoti o religiosi per servire i cattolici di questa terra. Questo comporta molte difficoltà, sacrifici e sfide, ma con san Paolo “Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostro cuori” (Rm 5, 3-5). Sì, cari fratelli e sorelle, con l’amore di Dio nei nostri cuori non dobbiamo temere.

Non indietreggiate mai di fronte al compito di predicare il Vangelo e professare la vostra fede tra coloro che sono indifferenti o non credenti. Non perdete mai la fiducia nella fondamentale bontà dell’uomo, creato ad immagine di Dio e redento in Cristo. Per mezzo della grazia di Dio anche il più indifferente e incredulo cuore può essere aperto alla verità, alla bellezza ed alla bontà, per cui siamo stati creati. E soprattutto, non perdete mai la fiducia nel potere di Dio che accompagna la nostra proclamazione della Parola, un potere che è capace di fare “molto più di quanto possiamo domandare o pensare” (Ef 3, 20).

Cari fratelli in Cristo: affinché noi possiamo essere degni delle benedizioni del Signore, preghiamo con le parole che Gesù stesso ci ha insegnato.

 

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