DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI OFTALMOLOGI
Castel Gandolfo - Venerdì, 15 settembre 1989
Signore e signori.
Sono lieto di ricevervi a Castel Gandolfo durante il congresso internazionale su “Recenti progressi nella ricerca e nel trattamento dei disturbi vitreoretinali”, organizzato con il patrocinio della “Schepens International Society”. In diverse circostanze, in passato, i miei predecessori ed io abbiamo ricevuto specialisti in oftalmologia riuniti in congresso. C’è un simbolismo interessante in questo: il Papa è servo di colui che durante la sua missione di Salvatore nel mondo ha operato molte guarigioni di ciechi, come viene raccontato nei Vangeli. Parlando a un altro gruppo tre anni fa, ho ricordato la precisa descrizione, nel Vangelo di Giovanni, della guarigione di un cieco nato; in quel caso, la guarigione fisica era chiaramente collegata con la guarigione spirituale (Allocutio ad eos qui conventui ophtalmicorum interfuerunt, die 5 maii 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 1, [1986] 1243 ss.). Nel simbolo della vista, Cristo adombra il mistero del nostro itinerario spirituale alla salvezza.
L’occhio è infatti, come allora, il punto di contatto tra la realtà del mondo e la realtà interiore dell’uomo, così come l’intelletto è il punto di incontro tra la scienza e la fede. Attualmente voi siete riuniti per studiare nuovi metodi per recuperare la funzione dell’occhio, e in particolare della retina, per proteggerla dagli effetti dell’età e vari fattori patologici. Potete giustamente parlare di sviluppi positivi a vantaggio della persona ammalata. La vostra opera è una nobile ricerca specialistica.
Oltre ai migliori auguri per il successo del vostro lavoro scientifico, esprimo la speranza che questo tipo di specializzazione sia più prontamente messa a disposizione dei settori più poveri dell’umanità, in cui la cecità è molto diffusa. Pare che ci siano ancora quaranta milioni di vittime della cecità nel mondo, di cui la maggior parte nelle nazioni sottosviluppate. Purtroppo le diseguaglianze che esistono nel mondo sono evidenti anche nell’ambito medico e scientifico. Esprimo la speranza che la scienza unisca i propri sforzi alla fede e alla solidarietà umana nell’impegno a recare sollievo là dove è maggiormente necessario. Preghiamo insieme perché venga il giorno in cui il Signore “tergerà ogni lacrima” dagli occhi dell’umanità sofferente (cf. Ap 21, 4). Nel nome del Signore della vita esprimo la mia stima per il vostro lavoro e la dignità della vostra missione. Su tutti voi invoco l’abbondanza delle divine benedizioni.
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