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VISITA PASTORALE A PISA, VOLTERRA E LUCCA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI E I LAICI IMPEGNATI

Pisa - Domenica, 24 settembre 1989

 

Venerato fratello nell’Episcopato,
carissimi fratelli e sorelle!

1. L’esperienza dell’incontro fraterno nel Signore, soprattutto in questa bella chiesa cattedrale, centro della vita spirituale della diocesi, è sempre una preziosa grazia divina, che ci fa sentire Dio presente tra noi, unisce i nostri cuori nel mutuo conforto e nella mutua edificazione, e coordina meglio i nostri sforzi per il conseguimento del Regno di Dio. Occorre profittare di queste speciali occasioni di grazia e farne tesoro per il nostro lavoro, per i momenti lieti e per quelli, purtroppo inevitabili, di solitudine e di sconforto.

Il Pastore della diocesi ha felicemente avviato questo clima di fraternità manifestando, anche a nome vostro, la gioia per aver tra voi il successore di Pietro, venuto per conoscervi e per incoraggiarvi nel vostro cammino di fede e di comunione.

2. Mentre ringrazio monsignor Plotti per le affettuose espressioni con cui ha interpretato i comuni sentimenti, rivolgo a tutti voi il mio più cordiale saluto, e desidero esprimere anch’io la mia gioia per il dono che oggi ci fa la Provvidenza.

La vita di fede, soprattutto per il clero ed i laici impegnati, si attua in modo primario mediante un’intensa partecipazione alla vita diocesana, che oggi opportunamente si esprime e struttura in programmazioni pastorali pluriennali, come appunto avviene nella vostra diocesi, che ha elaborato un “piano pastorale”, articolato in una prima fase, dal 1986 a quest’anno, dedicata all’evangelizzazione della famiglia, e in una seconda, a partire dall’anno corrente fino al 1992, dedicata alla pastorale giovanile. Il concentrare l’attenzione su di un tema specifico, senza perdere d’occhio gli altri problemi o interessi, è un ottimo metodo per coordinare gli sforzi e favorire la collaborazione reciproca, così da esercitare sulle anime e sull’intera società un influsso più incisivo.

Tale collaborazione, tuttavia, suppone un clima di vera fraternità. Essa, per una diocesi, è un bene impagabile. Riattualizza infatti, in qualche modo, l’esperienza della comunità primitiva, della quale parlano gli Atti (At 2-5), e fa rivivere oggi qualcosa del fervore di allora nella sua contagiosa capacità di irraggiamento missionario.

3. Per quanto concerne il clero la fraternità s’esprime soprattutto in condivisione di vita. Per voi, membri di istituti religiosi e di società di vita apostolica, tale condivisione si attua in particolare nelle norme che regolano la vita comune, ed io colgo volentieri l’occasione per esortarvi a mantenerne viva in voi la stima.

Per voi, sacerdoti diocesani, la condivisione ha significati molteplici. Ma io vorrei qui sottolineare che anche per voi la vita comunitaria, pur con i necessari adattamenti, resta raccomandabile. Non pochi sacerdoti in cura d’anime hanno trovato nell’adozione di opportune forme di vita comunitaria un efficace aiuto sia per le loro esigenze personali che per l’esercizio del loro ministero pastorale.

Esorto pertanto soprattutto quelli tra voi, ai quali è affidata l’assistenza spirituale di piccole comunità parrocchiali, a voler sperimentare, col consiglio ed il consenso del Vescovo, qualche opportuna forma di convivenza, che consenta di meglio provvedere a se stessi e all’adempimento dei doveri apostolici.

Il ministero, vissuto lietamente nella comunione fraterna, contribuirà, oltretutto, a suscitare negli altri, soprattutto nei giovani, stima per il sacerdozio, così da far scoprire in esso, da parte di coloro che sono chiamati da Dio, il senso vero e irrinunciabile della loro vita.

Vi esorto, carissimi sacerdoti, a porre un forte impegno nella pastorale delle vocazioni, un impegno che nasca da un grande amore per il vostro sacerdozio. Un sacerdote che portasse avanti il proprio lavoro stancamente, abitudinariamente o in un modo troppo umano e secolaresco, non potrebbe mai suscitare in chi lo avvicina interesse per il sacerdozio, anzi, trasmetterebbe idee sbagliate su di esso. Diffonderemo attorno a noi l’amore per il sacerdozio, se noi per primi lo ameremo intensamente, secondo la piena verità della sua essenza, così come il Vangelo e il Magistero della Chiesa ce lo presentano; se lo vivremo generosamente e disinteressatamente, secondo l’esempio di quei sacerdoti santi di cui tutta la storia della Chiesa è costellata.

4. Ed ora anche per voi, carissimi laici, una fraterna parola per esprimervi quell’incoraggiamento nel cammino della fede, del quale ho parlato all’inizio.

Una delle grandi consegne fatte ai laici dal recente Concilio è stata quella di farsi promotori della cultura cattolica, che un tempo era patrimonio quasi esclusivo del clero e dei religiosi. Il moltiplicarsi delle iniziative culturali in campo laicale ed in particolare il sorgere, nelle diocesi, di appositi centri di formazione teologica per i laici, è da considerarsi certamente una grande benedizione del cielo ed un cospicuo risultato della riforma conciliare, da cui possiamo attenderci una ricca messe di bene.

Esiste, inoltre, tutto un campo di discipline - in specie le scienze umane, psicologiche e sociali - che, per lo stretto contatto con le realtà temporali, possono e devono trovare in voi laici cattolici, che per vocazione animate cristianamente i valori temporali, dei cultori eminenti, autorevoli ed altamente specializzati, tanto da poter essere, in qualità di esperti, di grande aiuto anche ai Pastori della Chiesa.

Per questo esorto caldamente coloro che tra voi ne hanno la possibilità o l’attitudine, a seguire con attenzione la scuola di formazione teologica e la scuola di formazione all’impegno sociale e politico della “Casa Toniolo”, esistenti nella vostra diocesi.

Altra provvidenziale istituzione del Concilio Vaticano II è stata quella dei consigli pastorali, parrocchiali e diocesani, strutture anch’esse quanto mai opportune per l’affermazione del contributo laicale nell’edificazione della Chiesa e nel servizio cristiano alla società. È importante che tali consigli siano operanti in ogni comunità parrocchiale, e raggiungano un loro equilibrio, così da evitare sia un’eccessiva passività ed una specie di inerzia, sia, al contrario, una soverchia autonomia e intraprendenza. Il rapporto col sacerdote - col parroco o col Vescovo - sul quale, in ultima analisi, pesa la principale responsabilità della vita della comunità credente, deve portare, superando eventuali difficoltà, ad una collaborazione serena e costruttiva, nel rispetto delle competenze di ciascuno. Ciò sarà certamente favorito dalla coscienziosa fedeltà a quanto le leggi della Chiesa prevedono in materia, senza trascurare gli impulsi della carità, che sa trovare sempre la via per superare ogni forma di contrasto o di incomprensione.

5. Nella parrocchia emergono tutti i bisogni dell’uomo, della Chiesa e della società. Così la parrocchia è una fondamentale scuola di umanità, di socialità e di ecclesialità. Essendo essa un campo aperto a tanti bisogni, necessità, prospettive e progetti, come non vi sarà spazio per la vostra inventiva, carissimi laici, per la vostra generosità, per la vostra disponibilità? Quanto oggi la parrocchia ha bisogno di voi! E quanto oggi voi, con la vostra maggior preparazione culturale e spirituale, potete fare in modo anche più incisivo che in passato!

La parrocchia è una comunità ministeriale. Tutto in essa dev’essere visto come servizio ecclesiale, anche le più umili prestazioni, da quelle della amministrazione economica a quelle della manutenzione.

La parrocchia è anche la comunità della carità fraterna, una comunità proiettata verso i bisogni degli altri - le persone dell’isolato, del quartiere, della zona - specie dei più poveri e dei sofferenti, di chi patisce ingiustizia o emarginazione. La parrocchia dev’essere, nel modo più concreto ed immediato, un centro irradiante amore fraterno, “perché il mondo creda”. Di qui l’importanza della “Caritas parrocchiale”, dalla cui funzionalità dipende in non piccola parte l’immagine che i lontani si fanno della comunità credente.

6. Voglio ricordare, infine, l’importanza della pastorale familiare, alla quale avete dedicato il piano pastorale dell’ultimo triennio. Essa si può considerare come elemento portante, anche se non unico. di tutta l’evangelizzazione, soprattutto nella visuale della moderna teologia, nata dopo il Concilio. Come sappiamo bene oggi, le famiglie stesse devono essere le prime evangelizzatrici delle famiglie. Il sacerdote, indubbiamente, ha una responsabilità speciale nella preparazione al matrimonio e nel sostegno alla famiglia come realtà soprannaturale; ma una competenza specifica ed insostituibile spetta pure alle coppie degli sposi, che vivono in prima persona la realtà dell’amore e della responsabilità familiare. La nuova evangelizzazione non potrà fare a meno del contributo delle famiglie cristiane.

Mettiamoci dunque tutti all’opera, ciascuno secondo la sua vocazione, il suo carisma, il suo ministero, nella profonda unità e nella meravigliosa varietà in cui s’esprime la realtà del Corpo mistico di Cristo.

Con tali auguri e voti vi benedico tutti di cuore, estendendo il mio affettuoso pensiero ai vostri cari.

 

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