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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL BRASILE
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 10 dicembre 1990

 

Carissimi fratelli nell’Episcopato,

1. Dall’inizio di quest’anno, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), ha segnato in maniera visibile la sua presenza presso questa Chiesa di Roma che “presiede nella carità” (Sant’Ignazio di Antiochia). Distribuiti in gruppi, secondo le sezioni regionali della CNBB, i quasi trecento Vescovi diocesani coadiutori ed ausiliari, senza contare gli Emeriti, fedeli alla lodevole tradizione della visita “ad limina apostolorum”, sono venuti ad incontrare il Successore di Pietro sulla Cattedra di Roma.

Nel rivolgermi in questo momento ai componenti dell’ultimo gruppo, i Regionali I e IV che coprono i territori degli Stati del Ceará Maranhao e Piauì, consentitemi di ricordarvi che le parole che adesso vi rivolgo chiudono un ciclo e fanno parte di un mosaico costituito anche da tutti i discorsi rivolti agli altri gruppi. Chiedo alla Conferenza Episcopale di accogliere l’insieme dei discorsi come un tutto che consegno ad essa fiduciosamente. Voglia Dio che sia utile a tutti ciò che è stato detto ad ogni gruppo singolarmente.

Questo è un momento centrale del Ministero Pastorale del Papa e costituisce per voi l’occasione per un maggior avvicinamento nella comunione gerarchica con lui, così come l’opportunità per un’attenta riflessione circa la propria personale responsabilità quali Successori degli Apostoli (cf. Direttorio per le Visite “ad limina”, p. 3).

Entrambe le considerazioni hanno come riferimento principale gli avvenimenti testimoniati dai Vangeli, decisivi per la vita e la missione della Chiesa di tutti i tempi: la professione della fede di Pietro in Cristo, Figlio di Dio vivente e il mandato che gli è stato conferito dal Signore, di confermare nella stessa fede i suoi fratelli (cf. Mt 16, 16; Lc 22, 2). E tutto ciò affinché, attraverso il ministero dei Vescovi, suoi successori, essa venga trasmessa, nella sua purezza originale, fino alla fine dei tempi.

Desidero, quindi, proporvi, in queste brevi riflessioni, alcune considerazioni riguardo la figura del Vescovo come maestro della fede, invocando lo Spirito Santo affinché invii su tutti la sua luce e in tal modo purifichi e rafforzi le generose aspirazioni di tutti noi che ci impegniamo nell’arduo compito dell’accrescimento del Regno di Dio sulla terra.

2. La funzione che più di tutte identifica il Vescovo, e che in un certo senso riassume tutto il suo ministero, è proprio, come insegna il Concilio Vaticano II, di essere nella Chiesa particolare che gli è affidata, Vicario e Legato di Cristo (cf. Cost. Lumen gentium, 27). Per mezzo della predicazione della fede, la cui fonte è Dio medesimo, egli rende in certo modo visibile Nostro Signore che diviene presente nell’annuncio del Vangelo come se Egli stesso parlasse personalmente (cf. Sant’Agostino, In Ioan. Evang. XXX, 1; PL 35,1632).

Attraverso la partecipazione a questa predicazione nascono i discepoli di Cristo con nome e dignità di “fedeli” o credenti. Di conseguenza, nasce anche la “comunità dei fedeli” che, proprio per questo, è anche una comunità di speranza e di carità, di modo che - come insegna il Concilio - “nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa si crei una singolare unità di spirito tra Vescovi e fedeli” (Dei Verbum, 10; cf. Lumen gentium, 8).

Queste considerazioni possono sembrare eccessivamente teoriche nell’analisi dell’esperienza quotidiana, poiché, accanto a confortanti fermenti di vita cristiana non mancano fenomeni di rigetto e di distorsione della fede. Non è difficile constatare come nei due ultimi decenni molti cristiani abbiano lasciato che le loro convinzioni si spegnessero lentamente e altri si siano allontanati gradualmente dai veri principi, al punto di arrivare ad una deplorevole confusione nelle idee e nelle opere. Si trattava di seguire un modello tanto immaginario quanto utopico di cristianesimo o di Chiesa di cui oggi constatiamo la fallacia.

Per questo è necessario e urgente che il vostro impegno episcopale di maestri della fede si rafforzi e tenga presente quanto Papa Paolo VI poco prima della sua santa morte diceva: “La Chiesa è viva laddove i Vescovi, successori degli Apostoli, sono rigorosamente fedeli alla loro missione di dottori e di pastori” (Discorso alla Curia Romana, 23 giugno 1978: Insegnamenti XVI, 1978, pag. 498 traduzione letterale).

3. È necessario quindi che ogni Vescovo riconsideri la propria responsabilità, sia riguardo alla verità della fede trasmessa, sia riguardo al mandato divino di trasmetterla.

Innanzitutto, egli deve approfondire la consapevolezza di aver ricevuto il lascito della fede con il dovere di custodirlo e di difenderlo. In secondo luogo, attraverso l’investitura sacramentale, il Vescovo costituisce irreversibilmente un rapporto di rappresentanza, vicaria rispetto a Cristo, che lo distingue nella sua essenza da chiunque altro non abbia ricevuto questa dignità sacramentale. Per questo, il dovere di trasmettere la fede gli compete in modo tanto esclusivo che nessuno può sostituirlo in questo compito né può esservi delegato. Dal fedele adempimento di questo dovere dipenderà la sua stessa salvezza e quella dei fedeli che a lui sono affidati (cf. 1 Tm 4, 16).

4. Il rapporto fra la Parola di Dio e la salvezza dell’uomo esige che il Vescovo non ometta nulla riguardo alle verità fondamentali rilevate e che esse siano divulgate adeguatamente a tutta la comunità che egli presiede. Come scrivevo nella mia prima Enciclica, “la responsabilità per tale verità significa anche amarla e cercarne la più esatta comprensione, in modo da renderla più vicina a noi stessi ed agli altri in tutta la sua forza salvifica” (Enciclica Redemptor hominis, 19).

È un grave compito per il Vescovo. A volte sembra che egli stia gridando nel deserto. L’ignoranza dei tradizionali valori cristiani, il rifiuto quasi intenzionale di prestare ascolto alla verità e la mancanza di coerenza di alcuni, costituiscono autentici ostacoli all’azione dello Spirito. Per questo, per facilitare l’incontro della fede, il Vescovo attiverà al massimo la collaborazione dei presbiteri diocesani e religiosi, mantenendo viva la loro responsabilità di essere “consacrati per predicare il vangelo” e sempre cooperatori della verità (Lumen gentium 28, cf. Presbyterorum ordinis, 28). Ricordate che “nelle Chiese particolari spetta al vescovo custodire ed interpretare la Parola di Dio e giudicare con autorità ciò che le è conforme o meno” (Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 19).

5. Venerabili fratelli, il vostro importantissimo compito di trasmettere “la fede da credere e da applicare nella pratica della vita” (Lumen gentium, 25) è sostenuto dalla forza dello Spirito Santo che vi è stata data in sommo grado nell’ordinazione sacramentale. È tuttavia inevitabile che sperimentiate sulla vostra pelle quella profezia del Signore: “Voi avrete tribolazioni, nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33).

Desidero inoltre che torniate alle vostre Diocesi nella certezza che il Papa vi accompagna nella difficile opera di Pastori che affrontano innumerevoli difficoltà nell’evangelizzazione a causa della povertà che affligge le vostre regioni. Il vostro popolo si vede colpito dai problemi della fame dovuta alla carenza alimentare. L’esodo dalle campagne e la mancanza di lavoro in città hanno portato migliaia di brasiliani alla povertà. Questi ed altri problemi, quali la giusta distribuzione dei salari, la miseria nella quale sono obbligati a vivere i cittadini con un basso reddito, le difficoltà nell’organizzare l’uso della terra e nell’ampliare il lavoro rurale, oltre alla siccità, e alle migrazioni di massa esigono una raddoppiata attenzione di tutti i responsabili e anche da parte vostra. Cercate, nonostante le difficoltà che incontrerete, di rivolgere il vostro sguardo su “Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). Non smettete però di rivolgere la vostra attenzione alla sua Santissima Madre che, come Abramo e tutti coloro che sono stati chiamati alla costruzione del Regno, “ebbe fede sperando contro ogni speranza” (Rm 4, 18). “La sua eccezionale peregrinazione della fede - lo scrivevo nell’Enciclica sulla Beata Vergine Maria - rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa” (Redemptoris Mater, 6). Abbiate fiducia. Con sollecitudine materna, Maria è al vostro fianco, vi precede sullo stesso cammino di fede che Ella ha percorso, indicandone il tracciato e la meta.

Vi esprimo, al termine di questo fraterno e fiducioso discorso, stimati Fratelli nell’Episcopato, tutto il mio affetto.

Su di voi, sul vostro Presbiterio; sui seminaristi maggiori e minori, sui religiosi che operano nella Diocesi e su tutto il popolo fedele, specialmente sui poveri e i bisognosi, chiedo alla Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, che invii abbondanti grazie con la mia benedizione apostolica.

 

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