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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANT’AMBROGIO A VALLE AURELIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 2 dicembre 1990

 

Agli abitanti del quartiere  

Fede e carità: questo binomio è il tema del primo incontro del Papa con la comunità di S. Ambrogio a Valle Aurelia. Nel freddo pomeriggio domenicale, il Papa, alla presenza del Cardinale Vicario Ugo Poletti e del Vescovo di Settore Remigio Ragonesi, riceve l’omaggio del Parroco don Angelo Malatesta che gli porge il saluto dell’intera comunità. Giovanni Paolo II prende quindi la parola e così si rivolge ai fedeli che gremiscono la strada davanti alla chiesa e il vasto cortile attiguo.  

Sia lodato Gesù Cristo. Cari fratelli e sorelle, saluto tutta la vostra comunità della parrocchia di Sant’Ambrogio, saluto tutti i presenti ma anche coloro che in questo momento non sono qui. Il vostro parroco nel suo saluto ha toccato l’essenziale di questa visita, l’essenziale anche della missione di Roma. Essenziale è la fede, il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci avvicinare di più a lui e così confermare la fede dell’umanità, delle generazioni successive. E poi ha detto a Pietro: conferma i tuoi fratelli. Ma questo sempre in forza della conferma fondamentale che viene da lui, dal Figlio di Dio fattosi uomo. Poi il vostro parroco, come anche la signora che ha parlato dopo di lui, come vostra rappresentante, ha toccato un altro problema essenziale: questo è amore o carità. Un poeta polacco dice così: se tu dici Roma, l’eco ti risponde Amor. Perché sono le stesse sillabe solamente lette dalla fine all’inizio. Molte volte mi sono domandato perché Pietro è voluto venire qui. Naturalmente ci sono molte spiegazioni possibili, sicuramente era l’impulso dello Spirito Santo, il Signore lo ha guidato. Ma forse è venuto anche con l’intuizione che qui deve essere il centro dell’amore. Così hanno interpretato la missione di Pietro i Padri della Chiesa più rappresentativi, più autorevoli. Questa è la missione di Roma: fede e carità. Questo binomio essenziale, non solamente a Roma ma dappertutto, per la missione della Chiesa generata dalla missione di Gesù Cristo, deve avere la sua espressione concreta nel nostro incontro. Come conferma di questo binomio abbiamo qui questa ambulanza, dono dell’amore, dono della fede e dell’amore. Vi ringrazio a nome della comunità ospedaliera e universitaria del Policlinico “Gemelli”, qui rappresentati dagli esponenti più autorevoli. Vi ringrazio per questo dono, per questa espressione della vostra fede e del vostro amore. All’inizio del periodo di Avvento questo ha un suo specifico valore.

Per concludere, appunto perché ci troviamo all’inizio dell’Avvento e ci stiamo avvicinando rapidamente verso la solennità del Natale, voglio dire a tutti: “buon Natale”. Questo augurio è molto ricco di contenuti. Dobbiamo sempre pensare a questa ricchezza di contenuti perché c’è un po’ il pericolo di dimenticare il grande e ricco contenuto dell’espressione “buon Natale”. Vi auguro “buon Natale” con tutta la ricchezza e la profondità di contenuti di questa parola e offro una benedizione a tutti i presenti.  

Ai bambini  

“Quando ha sentito nascere in lei la vocazione?”; “Fare il Papa è facile o difficile?”. Con queste domande i ragazzi della parrocchia di S. Ambrogio si rivolgono al Papa. Prima, un gruppo di piccolissimi lo ha allietato con la recita di una filastrocca, poi due ragazzi più grandicelli gli rivolgono i due quesiti ai quali, pur sorpreso, il Papa di buon grado risponde, riuscendo a superare con la sua voce il “tumulto” creato specialmente dai bambini più piccoli.  

I ragazzi mi hanno fatto due domande. Prima hanno parlato i bambini dell’asilo: com’era bella la loro filastrocca! Loro sanno parlare non solamente con le parole ma anche con i gesti, con tutto il loro essere di bambini, infatti una parola molto cara ai bambini dell’asilo è “il bacio”. Allora io ho parlato a tutti i bambini con questo bacio e in questo bacio si trova anche il segno di Gesù che amava i bambini. E ha voluto sempre averli vicini a sé. E questo avviene nelle parrocchie, nella vostra parrocchia: i bambini dell’asilo sono numerosi vicino a Gesù. Questo è per me una grande gioia. Poi i ragazzi della scuola mi hanno posto altre due domande, tutte e due riguardano la mia conversione. Prima di dare una risposta vi devo fare una domanda. Sant’Ambrogio, patrono della vostra parrocchia, chi è? Davvero era vescovo, ma dove era vescovo? La Chiesa di Milano si vanta di questo suo vescovo che è diventato molto presto vescovo, essendo prima ufficiale romano. Poi si è convertito. Ancora catecumeno, già cominciava a prepararsi ad essere vescovo, perché la comunità di Milano lo aveva eletto. Ma l’essenziale per la vocazione di sant’Ambrogio è stata la sua conversione a Cristo.

Ora voi mi avete domandato quando ho pensato di diventare sacerdote. E questa è una domanda sulla mia vocazione, certo, ma anche sulla mia conversione, perché quando si decide di voler essere sacerdote ci vuole prima una chiamata di Gesù. Durante la sua vita Gesù faceva questa chiamata con le proprie parole, le parole che si potevano ascoltare con il suono della voce, adesso invece fa questa chiamata con le parole che si sentono interiormente, si sentono nel cuore, nella coscienza. Seguire queste parole vuol dire convertirsi, prendere un cammino che ci porta secondo la parola di Cristo. Per diventare sacerdote questo è essenziale. Questo è essenziale anche per ogni cristiano. Ogni cristiano è cristiano grazie al sacramento del battesimo e nello stesso tempo diventa “continuamente” cristiano convertendosi, seguendo la parola di Cristo che chiama alcuni al sacerdozio, alla vita religiosa, e chiama tutti ad essere cristiani, a essere buoni cristiani. Allora io ho sentito questa chiamata, non ero giovane come voi, ma ero studente all’università nei momenti difficili della guerra, della situazione difficile della mia Patria. Al ragazzo che ha fatto la seconda domanda, se fare il Papa è una cosa facile o difficile, vorrei dire soprattutto che per il Papa la cosa più importante è essere sacerdote. Ogni giorno può celebrare la santissima Eucaristia, può pronunciare le parole della consacrazione eucaristica, può farlo nella “persona di Gesù”. Le altre cose vengono dopo, come un’ulteriore vocazione, come quella episcopale e quella di vescovo di Roma che è uno dei vescovi del mondo, ma un vescovo speciale a causa dell’istituzione del ministero petrino da parte di Gesù. Allora, più che se è facile o difficile io potrei dirvi solamente che tutte le cose anche difficili con la grazia dello Spirito Santo, con la grazia di Dio diventano tutte possibili, non dico facili ma possibili. Nulla è impossibile a Dio. Così ha sentito Maria nel momento della sua vocazione, quando è venuto l’angelo per annunciare la nascita di Gesù e che lei sarebbe diventata madre del Figlio di Dio. Per la grazia di Dio tutto è possibile.

Vorrei concludere queste considerazioni un po’ personali con un suggerimento a tutti voi qui presenti, bambini, ragazzi e ragazze, ma anche genitori, suore, maestri, educatori e catechisti. Per tutti la risposta che ho dato alle domande dei ragazzi mi sembra essenziale. Molte cose nella nostra vita, e non solamente nella vita del Papa, possono essere difficili. Certamente ci sono molte cose difficili nella vita di molti uomini e di molte donne. Bisogna sempre guardare a Maria, seguirla come lei ha seguito la parola dell’annunciazione: nulla è impossibile a Dio. Con la grazia di Dio tutto è possibile. Così terminiamo questa breve catechesi. Vi ringrazio ancora una volta per questo incontro molto gioioso, un po’ tumultuoso, ma questo è un vostro diritto. Sarebbe strano se un incontro con i bambini non fosse tumultuoso.  

Al Consiglio pastorale  

L’impegno di testimonianza cristiana svolto dalla parrocchia, parallelamente all’impegno per l’animazione e la promozione del quartiere emerge durante l’incontro del Santo Padre con il Consiglio Pastorale e con il comitato organizzatore delle manifestazioni per il trentennio della parrocchia e del quartiere. Ha preso per primo la parola il rappresentante del Consiglio pastorale. Alla folta rappresentanza del laicato parrocchiale il Papa rivolge infine il suo breve saluto.  

Mi congratulo con voi, fratelli e sorelle carissimi, per questo trentennio della parrocchia e insieme anche per il trentennio del quartiere. Vi preparate a celebrare questo cammino insieme e questo mi fa pensare ai due documenti principali del Concilio: la Lumen gentium sulla Chiesa e la Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo. Questa riflessione è quasi una lettura concretizzata di quello che sono i due documenti, i due centrali documenti del Concilio Vaticano II, e questo è già molto bello nel compito, nella finalità del Sinodo. Allora mi congratulo con voi per questo trentennio che avete realizzato e che adesso volete anche celebrare e ricordare. Lo fate nel nome dei parrocchiani, ma anche nel nome dei cittadini di questo quartiere. Possiamo dire che il mondo è universo. Ogni Chiesa locale - nel senso di parrocchia - è nel mondo-universo, ma sempre anche nel mondo determinato. La vostra parrocchia è a Roma e in questo “mondo” deve essere Chiesa e deve svolgere la sua missione come comunità: come una parte del popolo di Dio a cui Gesù ha affidato la partecipazione alla sua missione salvifica, alla sua missione di redenzione. Questo è il nucleo teologico della Lumen gentium e poi della Gaudium et spes.

Mi congratulo con tutti voi per il vostro parroco, anche lui compie 30 anni qui. Mi congratulo con tutti i parrocchiani e specialmente con questo gruppo così responsabile e impegnato. Auguro buon Natale a tutti voi e alle vostre famiglie.  

Alle suore  

Il Santo Padre si incontra brevemente con la comunità delle Piccole Figlie di S. Giuseppe di Verona che hanno una casa nel territorio parrocchiale. La Superiora della casa presenta l’Istituto al Santo Padre il quale pronuncia le seguenti parole.  

Grazie per queste parole. Cosa si deve dire a queste Figlie di san Giuseppe? Penso che è una buona cosa stare in compagnia di san Giuseppe che è certamente la migliore compagnia che si può immaginare, perché è stato per molti anni vicino a Gesù e a Maria. Avete fatto una buona scelta facendovi Figlie di san Giuseppe. Anche la parrocchia di Sant’Ambrogio ha fatto una buona scelta invitandovi a vivere qui, a portare la testimonianza della vita religiosa qui, a portare l’apostolato nello spirito di san Giuseppe che è uno spirito, certamente, di sollecitudine, di cura, di custodia, “Redemptoris custos”. Ma nello stesso tempo penso che non solamente la parrocchia vi ha scelto, ma anche voi avete scelto la parrocchia. Soprattutto Gesù, il nostro Maestro e Pastore, ha scelto tutti e due, le suore per la parrocchia e la parrocchia per le suore di san Giuseppe. Voglio ringraziarvi per tutto quello che avete già investito spiritualmente nella vita di questa parrocchia da 30 anni e vi auguro di continuare bene sulla stessa strada, con lo stesso spirito di san Giuseppe. Che il Signore benedica tutti voi qui presenti e le vostre consorelle.  

Ai giovani  

Essere cristiano vuol dire essere testimone. È questa la consegna che il Santo Padre affida ai giovani incontrati in chiesa al termine della visita alla parrocchia. La numerosa assemblea è presentata da due giovani: il primo parla a nome del “gruppo giovani”, il secondo a nome dei “gruppi di catechesi”. Sollecitato dalle esperienze spirituali e formative descrittegli con tanta partecipazione, il Papa rivolge ai giovani le seguenti parole.  

Ringrazio i due giovani che hanno parlato a nome dei presenti, ringrazio il gruppo artistico per i canti e per la musica e ringrazio i due giovanissimi per i fiori. La vostra parrocchia di Sant’Ambrogio celebra il XXX della sua fondazione e della sua missione. Penso che la maggioranza dei presenti qui ha meno di 30 anni. Prima ho incontrato il Consiglio parrocchiale e il Consiglio per la celebrazione del XXX della parrocchia e anche del quartiere. Erano le persone che si sono trovate alla nascita della parrocchia insieme con il parroco. Quindi mi sono congratulato con loro per questi 30 anni di bella collaborazione. Voi siete nati quando questa comunità della Chiesa di Roma già era stata fondata e siete entrati e vi trovate bene in questo insieme, avete trovato il vostro posto. Avete trovato il vice-parroco che da 10 anni sta in questa parrocchia e ho visto che è una figura interessante perché sa dire di ciascuno di voi l’età, se è fidanzato e non è fidanzato, poi soprattutto sa dire se frequenta la catechesi, specialmente quella per la cresima e dopocresima. Sa tutto e tutto mi ha spiegato. Avete per vice-parroco un sacerdote interessante, forse un poco pericoloso perché sa tutto. Io direi però che non è pericoloso perché non solamente sa le cose ma le dice subito e allora è una persona aperta e con lui si può entrare facilmente in dialogo. Ma si vedeva durante la presentazione che il centro della sua attenzione pastorale è la cresima. Il punto di riferimento dei giovani qui presenti è il periodo pre e post-cresimale e questo ha la sua importanza dal punto di vista della formazione cristiana.

Certamente la Chiesa, la parrocchia deve compiere la sua missione affidata da Cristo e per conto di questa missione noi dobbiamo sempre formarci tutti, cominciando dal Papa e terminando con quel bambino. La formazione, la catechesi, la partecipazione attiva alla vita della Chiesa sono una continua introduzione in questo stupendo mistero dell’avvento di Cristo, della sua missione messianica, della sua morte e risurrezione, della Pentecoste nella Chiesa, tutto questo deve essere sempre approfondito per non essere svuotato da altri contenuti superficiali e facili. Questo mistero di Cristo e della Chiesa deve essere sempre approfondito. E vissuto. Non basta avere solamente alcune idee un po’ confuse, ma va vissuto profondamente perché è per la nostra vita. La Chiesa è la nostra vita, è la vita di Cristo, questa vita che Cristo ci ha dato, ci ha offerto nella sua missione messianica redentiva. Partecipare a questa vita, che è vita di Cristo, vuol dire essere cristiani. Il compito di ogni cristiano è di essere sempre più maturo, di maturare nella fede, nella speranza, nell’amore. Questo appartiene all’essere cristiano. Essere cristiano vuol dire essere testimone, come ha detto il primo dei vostri due oratori. Il sacramento della cresima deve farci testimoni, è il sacramento attraverso cui noi collaboriamo con gli apostoli in questa missione principale che Dio ha dato loro: sarete miei testimoni. Questa testimonianza deve essere sempre continuata di generazione in generazione.

Vi auguro carissimi di vivere così questa festa del trentennio. In questi 30 anni i vostri genitori, la generazione più anziana, vi ha trasmesso la fede, vi ha preparato la strada. Adesso voi maturate per trasmettere questa fede alle future generazioni, per essere testimoni davanti a quelli che vi verranno davanti in questo quartiere, a Roma intera, o nei diversi ambienti dove la Provvidenza vi porterà nella vostra vita. Auguro questo per il XXX anniversario della parrocchia a voi giovani di sant’Ambrogio.

 

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