DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONCLUSIONE DEI LAVORI
DELL'ASSEMBLEA SPECIALE PER L'EUROPA
DEL SINODO DEI VESCOVI
Venerdì, 13 dicembre 1991
1. Respice finem!
Nel momento in cui ci avviciniamo alla conclusione dei lavori dell’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi mi sembra opportuno ritornare agli inizi di questo Sinodo. L’inizio è legato al giorno 22 aprile 1990 (seconda Domenica e Ottava di Pasqua) a Velehrad in Moravia. È lì che questo Sinodo è stato annunziato per la prima volta. Ma le circostanze di quest’annunzio rivelarono presto la molteplicità delle trame e dei motivi che l’avevano causato. Essi sono in primo luogo di carattere storico. Si collegano con la storia del nostro difficile secolo. Il pellegrinaggio al santuario dei Santi Cirillo e Metodio confermo il fatto che erano state superate le conseguenze politiche della terribile seconda guerra mondiale, e che le due Europe finora separate (attraverso il muro di Berlino) potevano imboccare la via diretta alla restaurazione della comune “casa europea”.
Tuttavia il simbolo di Velehrad porta oltre, diramandosi in due direzioni: una verso il passato, l’altra verso il futuro. Quella verso il passato è stata, in un certo senso, segnata in precedenza mediante la proclamazione dei Santi Apostoli degli Slavi Cirillo e Metodio a compatroni dell’Europa, unitamente a San Benedetto. Queste figure parlano delle vie per le quali camminava l’evangelizzazione del nostro Continente nel primo millennio. Conducono quindi indirettamente alle radici stesse dell’albero evangelico, che si sviluppava abbracciando l’Europa con i suoi due grossi rami d’Occidente e d’Oriente. In questo modo risaliamo direttamente alla sorgente dell’unita che è Cristo stesso e l’eredità apostolica della Chiesa ricevuta direttamente da Lui. Contemporaneamente tocchiamo le origini della pluralità che quest’unità presuppone. Basta ricordare le parole del mandato missionario di Cristo. “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28, 19).
Questa pluralità nel Continente europeo e particolarmente ricca. La tradizione greca e latina ereditata dall’antichità si è consolidata già nel corso del primo millennio tra le nazioni e popoli europei. Conforme al mandato apostolico di Cristo, questa duplicità è stata confermata dall’opera di evangelizzazione per ritrovare in essa la sua nuova forma cristiana.
Il Sinodo dei Vescovi europei è, in definitiva, motivato dalla circostanza dell’ormai vicino Anno 2000: la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo millennio della storia dell’umanità dopo Cristo. Dal secondo millennio, diversamente dal primo, il cristianesimo esce diviso, ma desideroso di una nuova unità. Al Sinodo sono stati perciò invitati non soltanto i rappresentanti di tutti gli Episcopati, ma anche i Delegati delle Chiese e comunità che insieme a noi cercano, mediante il dialogo ecumenico, l’unità per la quale il Signore ha pregato con i suoi discepoli. Il fatto che non tutti siano venuti non ha cambiato l’argomento che è stato affrontato dal Sinodo come “res nostra”. Le parole della preghiera di Cristo nella vigilia della sua pasqua redentrice non permettono di trattare diversamente tale causa. L’assenza di alcuni “delegati fraterni” è stata per il Sinodo una “kenosi” sui generis; ma vissuta e sentita in tale spirito, può servire alla causa per la quale il Sinodo si è impegnato.
“La libertà”: filo conduttore dei nostri lavori
2. Il filo conduttore dei nostri lavori è stato la libertà. Vi è certamente in questo un certo riflesso degli avvenimenti, degli avvenimenti inaspettati dell’anno 1989. Guardando con gli occhi della fede cerchiamo di scoprire in questi avvenimenti i “segni dei tempi”, cioè il “kairós” biblico che si manifesta nella storia umana. Lasciandoci guidare da tale consapevolezza, siamo venuti al Sinodo come “testimoni di Cristo che ci fa liberi”. È tutto ciò, che nel corso di queste due settimane è stato detto e reciprocamente udito, si è riferito a quest’idea guida. Cristo disse agli Apostoli: “mi sarete testimoni . . . fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). Questo mandato si riferisce a tutti i discepoli, a tutti i cristiani, ma in modo particolare ai pastori delle Chiese.
Sarebbe difficile non soffermarsi su questo particolare significato della parola “testimoni” che deriva dal termine greco martyr. Martyrium esprime il fatto di dare la vita per Cristo e per la verità del suo Vangelo. Questa è l’espressione più radicale della testimonianza. Tale espressione accompagna la storia della Chiesa sin dall’inizio, dando un particolare fondamento alla sua presenza nel mondo. Le fasi di questo martyrium si spostano in varie direzioni e in diversi tempi; raggiungono la Chiesa in diversi luoghi della terra, come ne rende testimonianza per esempio il calendario liturgico dell’anno ecclesiastico. Non possiamo dimenticare che nell’arco del nostro secolo questo martyrium si è reso presente in modo particolarmente intenso in diversi luoghi del nostro Continente.
L’evangelizzazione è sempre il cammino secondo la verità sull’uomo
3. Scrivendo al Patriarca della Russia in relazione al nostro Sinodo, ho scelto la data del 30 giugno, festa dei Protomartiri Romani, per far riferimento ai tanti martiri della Russia (e di altre nazioni dell’Oriente europeo) dopo l’anno 1917. Infatti non possiamo mai dimenticare che “sanguis martyrum est semen christianorum”. Il nostro compito consiste nell’esprimere questa testimonianza particolare del nostro secolo, e cercare nella sua potenza le vie a questa libertà con la quale Cristo ci libera.
Espresso con queste parole dell’Apostolo, il filo conduttore del nostro Sinodo ci spinge a rileggere tutta la verità sull’uomo, così come essa è stata ricordata dal Concilio Vaticano II. Cristo infatti “svela . . . pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 22). In questo modo l’evangelizzazione si unisce strettamente all’antropologia. “L’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (Gaudium et spes, 24). Cristo, Figlio di Dio ha rivelato all’uomo proprio questa verità sull’uomo, soprattutto con la sua stessa vita. L’evangelizzazione è sempre il cammino secondo tale verità. Nell’attuale tappa della storia l’evangelizzazione deve prendere, come proprio compito, questa verità sull’uomo superando le diverse forme della “riduzione antropologica”. Questo è particolarmente attuale nel nostro continente.
La Chiesa segue l’uomo, cerca l’uomo insieme con Cristo
4. Anche in questo senso “l’uomo . . . è . . . la via della Chiesa” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptor hominis, 14).
La Chiesa quindi segue l’uomo, cerca l’uomo insieme con Cristo. L’anno 1992, data dell’anniversario della scoperta dell’America, e nello stesso tempo l’inizio della nuova tappa di questa ricerca. Le Chiese americane, particolarmente dell’America Latina, si stanno preparando al 500° anniversario dell’evangelizzazione. Questo fatto è importante anche per l’Europa, così come è importante in seguito l’evangelizzazione del continente africano. In questi anni tante Chiese nei paesi del continente africano celebrano il centenario della loro evangelizzazione; però la pre-evangelizzazione di alcuni di essi, per esempio l’Angola, risale a cinque secoli fa, come per l’America.
Da diverse parti si ricordano abusi legati alla colonizzazione di quei continenti. Se è giusto confessare le colpe commesse dagli europei durante i vari momenti della loro storia, non si può, tuttavia, dimenticare il loro autentico servizio missionario, che è sempre una manifestazione della libertà, con la quale Cristo libera l’uomo. Occorre quindi aggiungere che insieme con il nostro Sinodo Europeo, va avanti anche il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Africana. Nonostante quest’ultimo Sinodo abbia cominciato prima i suoi lavori, e bene tuttavia che il Sinodo dei Vescovi dell’Europa abbia concluso prima i suoi lavori. Questo corrisponde in un certo senso al ritmo della storia.
Abbiamo cercato di comprendere ciò che lo Spirito dice alle Chiese in Oriente e in Occidente
5. Il nostro Sinodo si è svolto durante il periodo liturgico dell’Avvento. Questo fatto ha una sua particolare eloquenza. L’Avvento liturgico si ripete all’inizio di ogni anno; nello stesso tempo però la verità dell’Avvento, la realtà dell’Avvento dura sempre, e continuamente accompagna la storia dell’uomo. Appartiene al mistero della Chiesa. Durante il Sinodo abbiamo cercato di rileggere ancora una volta questa verità. Abbiamo cercato di attualizzarla nelle concrete dimensioni del nostro tempo, ed insieme, nelle dimensioni del continente europeo in cui si sono verificati e si stanno verificando importanti cambiamenti. Con questa grande apertura e umiltà abbiamo cercato di comprendere ciò che attraverso tali cambiamenti “lo Spirito dice” alle Chiese in Oriente ed in Occidente.
“Affectus collegialis” e “communio hyerarchica”: unità dell’Episcopato “cum Petro et sub Petro”
6. Desidero sottolineare, in particolare, la commovente testimonianza, resa dai diversi Vescovi provenienti dal Centro e dall’Est europeo, sulla incrollabile fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro, che hanno sempre mantenuto anche in mezzo alle persecuzioni e alle pressioni subite nei decenni passati.
A tale testimonianza hanno fatto eco molti Padri sinodali, come risulta dalle Relazioni dei Circoli Minori. Si è posto in risalto, con riferimento alla nuova evangelizzazione, che l’unità della Chiesa, fondata sull’unita dell’Episcopato “cum Petro et sub Petro”, come ha illuminato nell’Est la sofferenza per le violenze e le sopraffazioni, così può sostenere anche i pastori e i fedeli sottoposti ai turbamenti della società di oggi.
Affinché siano sempre più rinforzati l’“affectus collegialis” e la “communio hyerarchica” (cf. Lumen gentium, 22) del Capo e dei Membri del Collegio Episcopale, così mirabilmente vissuti durante l’Assemblea Sinodale, a beneficio dell’evangelizzazione nel Continente europeo, chiedo ai Presidenti Delegati, al Relatore Generale, al Segretario Generale e ai Segretari Speciali, che in analogia all’opera del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo, assumano il compito di sottopormi entro un anno una proposta concreta per una struttura che si dedichi all’applicazione degli intenti sinodali.
Tale struttura dovrà assicurare che gli sforzi in favore dell’evangelizzazione compiuti dalla Sede apostolica, dalle Conferenze Episcopali e dalle strutture analoghe nei Riti Orientali in Europa siano continuamente coordinati e tendano allo stesso fine nei modi più opportuni, efficienti e credibili.
Mi è caro, infine, esprimere la gioia che sento per aver condiviso nell’Aula Sinodale la sollecitudine dei Pastori della Chiesa che vive in Europa, ed ora godo di associarmi alle loro riflessioni e indicazioni, così come le hanno espresse nella Dichiarazione affidata alla meditazione di tutti.
Imploriamo da Maria il “sensus Ecclesiae”
7. Nell’Eucaristia di domani ringrazieremo insieme per le parole che lo Spirito ha indirizzato a noi: alla nostra coscienza di Vescovi, alla nostra sensibilità pastorale.
Desideriamo anche ringraziarci vicendevolmente per “lo scambio dei doni”, con i quali lo Spirito del Padre e del Figlio costruisce quella comunione che annuncia che tutto inizia e termina nel mistero trinitario di Dio.
Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, i risultati di questi giorni di intenso lavoro sinodale ed imploriamo da Lei il “sensus Ecclesiae” nel mettere in atto le indicazioni e le proposte emerse dai dibattiti.
Guardando a Lei, fulgido modello di ogni virtù, sforziamoci di crescere ancora nella santità, che è propria del nostro stato di pastori e di guide nelle Comunità cristiane. Interceda Ella, presso il Figlio suo, affinché tutte le famiglie dei popoli siano finalmente riunite in un solo Popolo di Dio “a gloria della Santissima e indivisibile Trinità” (Lumen gentium, 69).
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