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VISITA PASTORALE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA «CASA DELL
IMMACOLATA»

Udine - Domenica, 3 maggio 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Assume un valore tutto particolare, nel corso della mia visita alle Diocesi del Friuli-Venezia Giulia, l’odierno incontro con voi, che rappresentate il mondo della sofferenza e dell’emarginazione, con gli operatori sociali e i numerosi volontari delle associazioni friulane, che si consacrano al servizio dei poveri e dei bisognosi. Voi costituite una vasta mappa della carità diocesana e regionale, che comprende, tra l’altro, comunità di accoglienza per bambini, ragazzi, adulti, e portatori di handicap; strutture di servizi assistenziali e di promozione umana; gruppi di volontariato, cooperative di solidarietà, associazioni di famiglie disponibili all’affido dei minori abbandonati o con gravi situazioni familiari; club degli alcolisti in trattamento, case di pronta accoglienza per immigrati e rifugiati; scuole permanenti di volontariato e corsi formativi e di spiritualità per quanti lavorano nel settore del disagio e dell’emarginazione. Quella che voi tutti svolgete vuole essere non soltanto un’attività di assistenza sociale, ma soprattutto un’opera di educazione alla solidarietà, all’accoglienza e alla pace, coinvolgendo in tale impegno parrocchie e movimenti ecclesiali. Nel solco, infatti, del documento dei Vescovi italiani “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, voi intendete privilegiare una pastorale caritativa che metta al centro dell’attenzione i più deboli, stimolando in tutte le componenti della comunità ecclesiale il senso della compartecipazione e lo spirito di gratuito servizio.

2. È, poi, quanto mai significativo che questo nostro appuntamento si svolga proprio qui, nella “Casa dell’Immacolata”, fondata da Don Emilio de Roja, generoso apostolo della carità, di recente scomparso. Questo degno sacerdote, infiammato dall’amore per il prossimo, ha cercato sempre di recare aiuto a chiunque si trovasse in difficoltà. Da testimone solido e concreto della divina predilezione per gli ultimi, Don de Roja s’è impegnato a ricreare una famiglia per migliaia di ragazzi provenienti da tragiche esperienze familiari, ha aperto le braccia a carcerati, emarginati, bambini e adolescenti abbandonati. Ben a ragione, pertanto, egli viene considerato come un esempio di “buon samaritano”, la cui testimonianza si iscrive nella lunga catena di Santi e di araldi dell’amore di Cristo, che hanno arricchito la storia delle vostre comunità: dal Santo Vescovo Cromazio al Beato Patriarca Bertrando, da Mons. Francesco Tomadini, fondatore dell’omonimo Istituto per orfani, a Padre Luigi Scoloppi, Fondatore dell’“Istituto delle derelitte” in Udine e della Congregazione delle Suore della Provvidenza, che io stesso ho avuto la gioia di proclamare Beato.

3. Nel ricordo di questi vostri illustri conterranei, saluto voi qui presenti e in particolare il vostro Pastore, il carissimo Mons. Alfredo Battisti. Saluto i responsabili e gli operatori della “Casa dell’Immacolata”, i volontari e quanti qui a Udine e in tutta la Regione si prodigano nella cura dei sofferenti e dei bisognosi. Ma è soprattutto a voi, carissimi ospiti di questo Centro, che vorrei far giungere il mio affettuoso ricordo. Tutti vi abbraccio, esprimendovi la mia spirituale vicinanza e assicurandovi che il Papa vi vuole bene, perché voi siete i prediletti di Cristo. A voi il Signore ha offerto una singolare missione: richiamare alla coscienza di ciascuno il valore misterioso che ha la sofferenza nel provvidenziale disegno della Redenzione. Quel che spesso agli occhi degli uomini appare di poco conto, è invece dinanzi a Dio importante e ricco di meriti. Sappiate, perciò, vedere la vostra vita con gli occhi di Dio; domandate a lui la luce necessaria per comprendere i suoi disegni e la forza d’animo per abbracciare la sua volontà. Vi aiuti il Padre celeste a fare della vostra sofferenza un dono e un servizio alla Chiesa per la salvezza del mondo. Ripetete spesso: “Signor, no sta starmi lontan” - “Signore non starmi lontano” (Sal 71, 12). E ancora: “Jo’ o speri tal Signor” - “Io spero nel Signore” (Sal 11, 1). Nel Getsemani e sul Calvario Gesù ha manifestato la profondità dello scandalo del dolore e della morte, ma ha anche pronunciato l’atto dell’estremo abbandono nelle mani del Padre, e così la sofferenza è stata legata all’amore.

4. Accanto a ogni malato ed emarginato scorgo qui un amico, un volontario e mi vengono in mente le parole del Salmista: “Il Signore sostiene i poveri” (Sal 147, 6). Sì, il Signore si fa sostegno di chi è provato, venendogli incontro mediante la disponibilità dei fratelli. Ed è quando ci si dedica agli altri con amorevole attenzione che si riesce a scoprire il senso autentico anche della propria esistenza. Può, del resto, l’uomo ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé? Il buon Samaritano non è forse colui che svolge il proprio servizio in maniera disinteressata verso chi soffre, dedicandogli il tempo e le forze disponibili? Occorre essere “buon Samaritano” innanzitutto all’interno della famiglia. La vostra tradizione è caratterizzata al riguardo da vincoli di profonda solidarietà che hanno reso i focolari domestici caldi luoghi di accoglienza, stringendo in un vincolo di reciproco sostegno i nuclei familiari tra loro. Non permettete che tale fecondo patrimonio di umanità vada perduto! Riscoprite nel comandamento evangelico della carità il fondamento di ogni vostro progetto sociale. Il Vangelo della carità, allora, potrà risuonare in questa terra friulana grazie alla presenza di persone totalmente abbandonate a Cristo nella loro prova, e di uomini e donne capaci di donarsi senza riserve agli altri sull’esempio di Gesù Eucaristia. L’ascolto attento della parola di Cristo renderà voi, volontari di ogni associazione e movimento d’apostolato, coraggiosi difensori della persona, della sua soprannaturale dignità, della vita di ogni essere umano nell’arco intero del suo naturale sviluppo. Tutti insieme potrete, in questo modo, contribuire a trasformare la nostra civiltà in civiltà dell’amore, aprendo i vostri spiriti alle dimensioni dell’universale solidarietà. La carità infatti non conosce confini. La materna protezione dell’Immacolata vi sostenga in così impegnativo itinerario di testimonianza evangelica e vi aiuti a mantenere questa Casa e ogni vostra famiglia aperta sempre ad accogliere i fratelli nel bisogno con una inesauribile fiducia in Dio e nell’uomo.

Vi accompagni anche la mia benedizione, che volentieri imparto a voi qui presenti e a quanti sono a noi uniti spiritualmente.

 



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