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VISITA PASTORALE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON LA POPOLAZIONE NEL DUOMO DI GEMONA

Gemona (Udine) - Domenica, 3 maggio 1992

 

Illustri Signori,
Sacerdoti carissimi,
Fratelli e sorelle di Gemona!

1. Sono commosso di incontrarmi con voi tutti e di salutarvi nel nome del Signore. Saluto in particolare il Presidente della Provincia e il Sindaco di Gemona, con animo grato per la gentile accoglienza e per le cortesi parole che mi sono state ora rivolte nella splendida cornice di questo tempio sacro. Una speciale parola di saluto desidero pure rivolgere al caro Arcivescovo, Monsignor Alfredo Battisti, e ai rappresentanti del Clero, che prendono parte a questo incontro. M’è parso doveroso, più che doveroso nel corso della visita alla regione Friuli-Venezia Giulia, far qui una sosta per ricordare con voi, a sedici anni di distanza, il terribile sisma, che tanti lutti e rovine ha provocato in questa vostra terra. Vengo oggi a farvi visita non solo perché è giusto che il Vescovo di Roma si volga innanzitutto verso i fedeli più provati, ma anche perché desidero esprimervi il mio apprezzamento per l’opera di ripresa così coraggiosa che in breve giro di tempo avete potuto realizzare. Con questa mia presenza desidero, inoltre, dare pubblico riconoscimento alla grande solidarietà che vi ha affratellati nella non facile opera di ricostruzione. So che il periodo di traversie, di privazioni e di sofferenze non ha fiaccato il vostro animo; anzi ha rivelato in voi insospettabili riserve di abnegazione e di coraggio, sorprendenti risorse di inventiva e di generosità e commoventi slanci di altruismo. È stato appunto col contributo solidale di tutti che avete potuto far fronte a una calamità di quella portata e avanzare sulla strada del civile progresso.

2. Indubbiamente il merito della ricostruzione va all’intero popolo friulano: alle famiglie, alle comunità, alle pubbliche amministrazioni; sono esse che lavorando d’intesa fra loro e con l’apporto concreto dello Stato, hanno dimostrato a tutto il Paese come sia possibile rinascere anche da prove veramente gravi e dolorose. Le principali artefici della ricostruzione sono state certamente le famiglie. Esse si sono assunte per prime il compito di ricostruire la casa e di tenere salda la compagine familiare. In questo sforzo hanno ricevuto il sostegno del “coordinamento dei terremotati”, che si è avvalso dell’aiuto di persone di ogni Paese. È stata così responsabilizzata la gente, prima, circa le urgenze e i programmi dell’emergenza e, poi, circa le modalità per attuare un’articolata ricostruzione. Ma le famiglie hanno potuto riedificare le loro case e i loro paesi grazie anche all’opera svolta dalle pubbliche Amministrazioni: quelle locali, quelle della Regione e quelle dello Stato. Se tutto ciò è stato possibile in tempi relativamente brevi, lo si deve alla scelta di decentrare la gestione dei processi ricostruttivi alle autonomie locali. Un vivo plauso desidero esprimere ai Sindaci dei Comuni terremotati per l’impegno, la dedizione, la correttezza con cui hanno coordinato il lavoro. Le Amministrazioni comunali hanno potuto contare sull’Amministrazione regionale del Friuli-Venezia Giulia, che ha legiferato a favore della ricostruzione, dando autonomia e fiducia agli amministratori locali. Va dato atto, parimenti, al Parlamento e al Governo della Repubblica di aver risposto con prontezza alle ingenti necessità determinate dall’immane catastrofe, e di essere intervenuti tempestivamente con provvedimenti legislativi e opportuni finanziamenti.

3. Non posso poi non ricordare come all’indomani del terremoto numerosissimi volontari, giovani e adulti, sono accorsi in Friuli per offrire la loro valida collaborazione: essi hanno scritto una delle più belle pagine nel grande libro della solidarietà umana e cristiana. Ai giovani del luogo si sono uniti gli aderenti ad Associazioni umanitarie di ogni parte d’Italia e del mondo. In particolare mi sembra doveroso sottolineare gli interventi della Croce Rossa e dell’Esercito Italiano, che hanno affiancato le Amministrazioni locali durante la prima fase dell’emergenza nel soccorso civile alla popolazione. Meritevole di menzione è pure l’aiuto prestato dagli Alpini in congedo, i quali si sono prodigati nel soccorrere, riparare, ricostruire. Altro intervento significativo è stato quello proveniente dai gemellaggi promossi dalla Caritas Italiana e dalla Caritas internazionale. Le diocesi italiane hanno intessuto coi singoli paesi distrutti dal terremoto un rapporto di solidarietà e di aiuto veramente esemplare: ben ottanta sono le Diocesi che hanno stabilito in tal modo legami fraterni con altrettante località colpite dal sisma. Si è trattato di una straordinaria esperienza di comunione ecclesiale tra molte comunità cristiane; un’occasione provvidenziale, in non pochi casi, per la costituzione e il consolidamento delle Caritas diocesane. Durante il terremoto, poi, la Chiesa friulana ha confermato la sua tradizionale fedeltà al popolo, consentendogli di alimentare la speranza e di progettare il suo futuro. Essa si è fatta carico delle attese, dell’angoscia di questo popolo; ha pregato e ha invocato l’aiuto del Signore; ha stimolato e incoraggiato i responsabili della cosa pubblica a realizzare una ricostruzione che tenesse conto non solo delle esigenze materiali, ma anche di quelle sociali, culturali e spirituali.

4. Carissimi fratelli e sorelle, le famiglie hanno saputo ricostruire presto e bene le loro case e i loro paesi. Adesso è necessario che la ricostruzione materiale sia accompagnata dalla rinascita spirituale del Friuli: con lo stesso slancio, la medesima determinazione, e una speranza persino più coraggiosa e intraprendente: sono infatti i valori cristiani che rendono dignitosa e autenticamente ricca la vita dei nuclei familiari e delle comunità. Urge continuare nella formazione di coscienze mature, sensibili all’appello dei valori morali, che hanno formato il patrimonio dei vostri antenati. Lasciatevi guidare in quest’opera di consolidamento sociale e di nuova evangelizzazione dalla fede cristiana, che ha illuminato e sorretto i vostri avi. Sia ancora la fede a orientare le vostre scelte quotidiane conformemente alle esigenze della vostra dignità di uomini e di figli di Dio. Solo da questa soprannaturale sorgente potrete attingere l’energia interiore che vi consentirà di raggiungere i traguardi di libertà, di giustizia e di pace, a cui aspira ogni essere umano. La fede apre il cuore a Cristo. E Cristo sa “quello che c’è in ogni uomo” (Gv 2, 25). Egli può, quindi, indicarvi la via giusta per la piena attuazione delle attese e dei progetti che fervono nel vostro animo. Cari cittadini di Gemona, è dinanzi a voi il vostro futuro. Impegnatevi a realizzarlo, con la stessa alacrità con cui avete ricostruito le vostre abitazioni. Sia vostra cura conservare e arricchire la preziosa e feconda eredità culturale e religiosa dei vostri antenati. In quest’opera di autentico progresso umano e sociale non vi mancherà - potete esserne certi - il conforto della divina assistenza, che di cuore invoco su di voi, sulle vostre famiglie, e in particolare sui vostri bambini e sui vostri giovani, nei quali è riposto l’avvenire della vostra Comunità. Prima di passare alla conclusione e alla benedizione, penso a questa statua della Madonna collocata sul monte qui vicino, che ho sorvolato qualche minuto fa, dove si trovavano alcuni pellegrini alpinisti per portare su, in alto, quanto noi stiamo facendo qui, giù. Non dimenticate: quella statua della Madonna è il segno della Provvidenza divina che opera attraverso tutto ciò che costituisce la nostra sorte terrestre. C’è questa Vergine, Madre del Redentore, che è un segno e dice sempre, dovunque e dappertutto: “Sursum corda!”. Non possiamo abbassare i nostri cuori. Non possiamo abbassare il nostro stile di vita. Questa prova ci deve fare più cristiani, più vicini alla Croce. Questa Vergine della montagna guarda qui, la Croce distrutta del suo Figlio. La Croce che è testimone della vostra croce, ma la Croce di Cristo vuol dire anche Risurrezione, nuova vita.

In questa terza Domenica di Pasqua io vi auguro, carissimi abitanti di Gemona, carissimi eredi dei vostri antenati, di tante vittime, di tanti morti, vi auguro questa rinascita, questa nuova vita che ci porta a Cristo Risorto.

Amen!

 



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