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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI CANADESI DELL

ONTARIO
 
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 19 novembre 1993

 

Cari fratelli Vescovi,

1. Vi do cordialmente il benvenuto, Vescovi dell’Ontario, e mi rallegro “ricordandomi di” voi “nelle mie preghiere, perché sento parlare della” vostra “carità per gli altri e della fede che” avete (Fil 4-5). La vostra visita “ad limina” ci offre l’opportunità di meditare insieme sulle “gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” (cf. Gaudium et spes, 1) dei fedeli per i quali voi siete vicari del Pastore Supremo (cf. 1 Pt 5, 4).

Quando il Signore ci sfida con la domanda che un giorno rivolse a Pietro: “Mi ami?” (cf. Gv 21, 15-17), ci fa una richiesta molto impegnativa. Ci chiama a un’inesprimibile unione d’amore con Lui. Avendoci amato per primo, chiede a noi, suoi “assistenti” e “amici”, un cuore saldo, ardente ed eroico dalla profondità del quale possiamo rispondere: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo” (Gv 21, 15-17). La nostra fedeltà al “pastore e guardiano” delle nostre anime (1 Pt 2, 25) si manifesterà dunque con un amore profondo e generoso per la Chiesa, per la quale Cristo “ha dato se stesso... per renderla santa” (Ef 5, 25-26). Questo amore evangelico, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (cf. Rm 5, 5), deve essere la forza che anima tutta la nostra attività pastorale in nome del Popolo di Dio. Prego affinché la vostra visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi rafforzi e incoraggi nel vostro ministero, e possiate tornare alle vostre Diocesi rinnovati nella carità pastorale.

2. Dopo aver parlato con i gruppi di Vescovi canadesi che vi hanno preceduto della fedeltà alla sicura parola della verità (cf. Tt 1, 9) e del nutrimento del Popolo di Dio con la vita della grazia divina attraverso i sacramenti, rivolgiamo oggi il nostro pensiero al dovere di insegnare “ai fedeli ciò che li conduce sulla via di Dio, così come fece il Signore Gesù” (Veritatis splendor, 114). In un momento in cui le radici etiche di gravi problemi sociali non sono sempre evidenti, è più importante che mai che noi, Pastori della Chiesa, sosteniamo e guidiamo con zelo gli sforzi dei laici per svolgere un ruolo attivo nello sviluppo armonioso e integrale di una società giusta e sollecita. Quando la Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Moderno parla dei doveri dei fedeli nei confronti della società, intende esortare i Cristiani a offrire un esempio concreto di servizio per il progresso del bene comune: “Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione... e l’intolleranza. Si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l’amore e la fortezza richiesti dalla vita politica” (Gaudium et spes, 75).

La diffusione della dottrina sociale della Chiesa è quindi “parte della missione evangelizzatrice della Chiesa” che dovrebbe suscitare in tutti i suoi membri un profondo “impegno per la giustizia” (cf. Sollicitudo rei socialis, 41). I Vescovi non hanno soltanto il dovere di schierarsi contro l’ingiustizia, ma anche, e soprattutto, quello di promuovere i principi dell’insegnamento sociale della Chiesa sui problemi che il loro popolo deve affrontare, rivolgendo un’attenzione particolare ai poveri e alle vittime degli squilibri della società. Questo è ciò che in effetti avete fatto recentemente nel documento Disoccupazione dilagante: un appello alla mobilitazione (14 aprile 1993), in cui ricordate ai vostri cittadini che la disoccupazione, dal momento che mina la dignità e la stabilità umane, esige una soluzione. In questo caso la giustizia implica l’umanizzazione e la ricostruzione dell’economia in modo tale che si possa superare il disordine sociale e morale della disoccupazione (cf. n. 20).

3. Ispirati e motivati dalla fede viva, i laici dovrebbero assumersi la responsabilità di far proprio l’insegnamento sociale della Chiesa e di applicarlo alla vita quotidiana. In un recente Messaggio Pastorale avete chiesto al vostro popolo di discernere in quale modo concreto Dio lo chiama a mostrare solidarietà verso tutti i membri della famiglia umana che risiedono in Canada, così come verso coloro di altri Paesi dove individui o gruppi non sono in grado di soddisfare i loro bisogni più elementari (cf. Una Missione Profetica per la Chiesa, 16 marzo 1993, n. 2). Vivendo in una nazione abbondantemente benedetta con risorse umane e naturali, i Canadesi in genere si sono assunti le proprie responsabilità verso i meno fortunati, in particolare i poveri, i senza tetto, gli immigrati e i rifugiati. Questa tradizione di solidarietà, generosità e ospitalità cristiane ha bisogno, ora, di essere coscienziosamente alimentata, tramandata e diffusa, cosicché il Canada possa continuare a essere una voce per la giustizia e la solidarietà nella comunità internazionale, e i Cattolici canadesi ad essere profondamente solleciti verso le esigenze dei più bisognosi. La vostra Conferenza merita un riconoscimento per i modi in cui essa alimenta la comunione e la solidarietà ecclesiali: attraverso la generosità dell’Organizzazione Cattolica Canadese per lo Sviluppo e la Pace, che ha recentemente celebrato il suo venticinquesimo anniversario, attraverso il vostro impegno per la Chiesa nell’Europa centrale e dell’Est e attraverso il vostro costante insegnamento, in particolare quello contenuto nella vostra recente Lettera Pastorale Verso una Nuova Evangelizzazione, che afferma che la creazione di una società veramente giusta nel vostro Paese richiede maggiori sforzi per trasformare la situazione economica, politica e sociale dei Popoli Nativi (NCCB, 23 settembre 1992, n. 19).

4. La Chiesa è consapevole del fatto che l’auspicato rinnovamento della vita sociale e politica ha il suo fondamento nell’ordine morale rivelato attraverso il creato (cf. Rm 2, 15) ed è illuminato dal mistero di Cristo, in cui “tutte” le cose “sussistono” (Col 1, 17). La decristianizzazione della società non implica solo una crescente indifferenza verso la religione e una perdita di fede, ma anche un oscuramento del senso morale. In quanto Pastori, abbiamo il dovere, un compito inerente alla Nuova Evangelizzazione, di riaccendere la consapevolezza delle fondamentali verità morali come il fondamento etico necessario a una società degna dell’uomo. Riaffermando l’universalità e l’immutabilità di quelle verità, rendete un servizio vitale alla comunità, poiché ovunque vi sia confusione circa ciò che è bene e ciò che è male è impossibile tutelare ed edificare un ordine morale (Ivi, 93).

Il vostro è un Paese che per più di centoventicinque anni ha onorato il suo essere nazione e ha rispettato la feconda diversità delle sue tradizioni culturali, etniche e linguistiche. La continua ricerca di ciò che è vero, buono e giusto per tutte le persone e per tutti i gruppi implica sempre un dialogo onesto e rispettoso, e un interesse preponderante per il bene comune. Poiché la Chiesa rispetta la legittima autonomia della comunità politica (cf. Gaudium et spes, 76), essa non si identifica con nessuna teoria o soluzione politica particolare: “Il contributo, che essa offre, è proprio quella visione della dignità della persona, la quale si manifesta in tutta la sua pienezza nel mistero del verbo incarnato” (Centesimus annus 47).

I Pastori contribuiscono alla vita sociale e nazionale aiutando i fedeli a comprendere che i loro dibattiti e le loro decisioni dovrebbero essere illuminate dalla “parola di verità del vangelo” (Col 1, 5). Un grave rischio per le democrazie moderne è il sorgere del relativismo etico a livello di principio regolatore. Sia la ragione che l’esperienza dimostrano che l’idea di un “consenso sociale”, che ignora la fondamentale verità obiettiva circa l’uomo e il suo destino trascendente, è insufficiente come base di un ordine sociale onesto e giusto. “Così in ogni campo della vita personale, familiare, sociale e politica, la morale – che si fonda sulla verità e che nella verità si apre all’autentica libertà – rende un servizio originale, insostituibile e di enorme valore non solo per la singola persona e per la sua crescita nel bene, ma anche per la società e per il suo sviluppo” (Veritatis splendor, 101). L’insegnamento degli imperativi morali obiettivi, vincolanti e concreti dovrebbe costituire una parte centrale di tutta l’educazione, della catechesi e della predicazione nelle vostre diocesi.

Allo stesso modo, i principi morali che guidano l’attività dei laici nella vita pubblica dovrebbero armonizzarsi totalmente con quelli che governano la loro vita privata. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato la necessità di coerenza fra la morale pubblica e quella privata: “il laico, che è ad un tempo fedele cittadino, deve continuamente farsi guidare dalla sola coscienza cristiana” (Apostolicam actuositatem, 5). Nella vita pubblica i cattolici dovrebbero essere sostenuti a realizzare la relazione fra la loro fede e il loro impegno politico. Vi incoraggio a offrire una guida appropriata in questo importante settore.

5. Tra i segni di reale squilibrio che si manifestano nella società, e che la comunità ecclesiale dovrebbe impegnarsi a modificare, si registra l’incapacità di apprezzare la vita umana come “uno splendido dono del Dio della bontà” (Familiaris consortio, 30). Di fronte ad alcuni recenti avvenimenti in Canada, avete coraggiosamente denunciato i tentativi di convincere le persone che, nel caso di malati in fase terminale che lo richiedano, l’aiuto al suicidio o all’eutanasia sono moralmente accettabili. In quanto Vescovi, avete il dovere di insegnare che un atteggiamento responsabile nei confronti della vita esclude che qualsiasi persona possa mai avere l’intenzione esplicita di provocare la propria morte o la morte di un’altra persona innocente, mediante azione o omissione (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2279). L’annullamento della distinzione tra guarire, facendo ricorso a tutti i mezzi ordinari disponibili, e uccidere, rappresenta una grave minaccia per la salute morale e spirituale di una nazione e espone i più deboli e i più vulnerabili a rischi inammissibili. È necessario ricordare a coloro che chiedono la legalizzazione del cosiddetto “diritto a morire con dignità” che nessuna autorità può legittimamente consigliare o permettere una tale offesa alla dignità della persona umana (cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, 5 maggio 1980, II). Una legislazione che contraddice alcune verità morali fondamentali riguardo al dono supremo della vita, apre la via a quelle forme moderne di totalitarismo che, mediante la negazione della verità trascendente, distruggono l’autentica dignità umana (cf. Centesimus annus, 44).

6. La Chiesa del Canada è giustamente orgogliosa dei suoi numerosissimi istituti ospedalieri. Fondati in maggior parte da comunità religiose, essi rendono una testimonianza esemplare mediante la difesa del rispetto della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e mediante il sostegno offerto nella fede alle persone che sperimentano ogni sorta di prova (cf. Mt 25, 40). Nel vostro Paese, avete conosciuto una cooperazione lunga e feconda tra la Chiesa e il governo nell’organizzazione dei servizi sanitari. Questa cooperazione presuppone che la Chiesa conservi il diritto, esercitato abitualmente dagli istituti religiosi, di amministrare liberamente gli ospedali in armonia con il suo insegnamento morale. È importante che voi proseguiate instancabilmente nei vostri sforzi per conservare l’identità cattolica di tutte le istituzioni ecclesiali, affinché sia garantita la loro fedeltà a Cristo e agli insegnamenti del Magistero.

7. Mentre questo millennio si avvia alla fine, la Chiesa avanza nel suo pellegrinaggio; essa veglia e attende il suo Signore, l’Alfa e l’Omega, Colui che fa nuove tutte le cose (cf. Ap 21, 5). Concludendo i nostri incontri in occasione delle visite “ad limina”, vorrei invitare tutta la Chiesa del Canada a chiedere al “Padre misericordioso” (2 Cor 1, 3) la grazia dello Spirito, affinché non si conformi alla volontà di questo secolo (cf. Rm 12, 2), ma sia sempre più conforme all’immagine del Figlio suo (cf. Rm 8, 29). Che la croce di Gesù Cristo, piantata in terra canadese da Jacques Cartier più di quattrocentocinquanta anni fa, manifesti con una luce sempre più viva il suo potere di salvezza nei sacerdoti, nei religiosi, nelle religiose e nei laici del vostro Paese! Affidando ognuna delle diocesi canadesi all’intercessione del vostro patrono San Giuseppe e all’amorevole benevolenza di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

 

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