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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI BRESCIA

Sabato, 9 ottobre 1993

 

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Brescia!

1. Con grande gioia vi accolgo e vi do il benvenuto. Saluto fraternamente il vostro Vescovo, Mons. Bruno Foresti, che vi ha guidati qui e lo ringrazio per le espressioni ora pronunciate; saluto il suo Ausiliare Mons. Vigilio Mario Olmi. Saluto tutti voi con le parole dell’apostolo Pietro: “Grazia e pace... a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro” (2 Pt 1, 2).

Non si è mai spenta nel mio animo la memoria della visita che nel settembre 1982, feci alla vostra Diocesi, come pellegrino nei luoghi di origine del Servo di Dio, il Papa Paolo VI. Ho ancora vivo il ricordo dell’accoglienza ricca di fede e di affetto che allora mi fu riservata: ciò rende ancor più gradita l’odierna circostanza. Benvenuti! E ancora una volta ripeto, insieme al mio prezioso collaboratore Mons. Giovanni Battista Re, benvenuti.

2. Motivo del vostro pellegrinaggio è innanzitutto di commemorare, in stretta comunione col successore di Pietro, i trent’anni dall’elezione di Paolo VI al Sommo Pontificato. Tale ricorrenza risulta particolarmente felice, essendo avvalorata dal recente avvio della causa di canonizzazione di questo mio grande Predecessore, che fin dalla mia prima Enciclica ho voluto riconoscere come “vero padre” (Redemptor hominis, 4).

Col passare degli anni appare sempre più evidente che Paolo VI è stato un autentico dono del Signore alla sua Chiesa e all’intera umanità. Oggi, carissimi, desidero con voi rendere omaggio ad una caratteristica fondamentale dell’intera sua esistenza, del suo magistero e della sua azione pastorale: l’amore profondissimo per la santa Chiesa. È una testimonianza che, mentre costituisce per tutti una inestimabile eredità, per me ha in più il sapore di indimenticabili esperienze vissute nella stagione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel suo “Pensiero alla morte”, il Servo di Dio riferendosi alla Chiesa scrisse: “Potrei dire che l’ho sempre amata... e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse”. Sì, la Chiesa lo sa, oggi ancor meglio di quando egli era in vita.

L’amore alla Chiesa è, in realtà, condizione per conoscerla autenticamente e servirla generosamente fino alla piena e gioiosa dedizione di se stessi. Voi, che di Papa Montini siete i conterranei e molto opportunamente lo commemorate con riconoscente fierezza onoratene l’eminente insegnamento cercando di conformare ad esso la vostra vita, così che la Chiesa bresciana sia sempre più trasparente nella sua testimonianza alla verità e più efficace nel servizio della carità.

3. Il secondo motivo del vostro pellegrinaggio è il centenario del settimanale diocesano di Brescia “La Voce del Popolo”. Per esso Paolo VI ebbe parole di elogio, che oggi mi è caro fare mie: lo chiamò “valoroso foglio” (Insegnamenti, VII, p. 630); “umile ma vigoroso mezzo di comunicazione” (Ivi, XI, p. 1116). Ne ricordò la non facile storia, tracciò la strada su cui proseguire restando fedele alla sua ispirazione e aderente alle esigenze ecclesiali e sociali.

Vi esprimo il mio apprezzamento per quanto avete fatto e continuate a fare perché il settimanale non soltanto rimanga vitale – in situazioni non di rado difficili – ma si qualifichi sempre più per essere strumento di bene autentico. Incoraggio chi nel giornale lavora direttamente, chi lo diffonde, chi lo sostiene a perseverare nell’impegno. Soprattutto ringrazio con voi il Signore che ha aiutato l’impresa anche nel momenti più duri corroborando con la sua grazia la dedizione di tante persone, spesso note soltanto a Lui.

Permettetemi, carissimi, in questo familiare incontro di presentarvi un’indicazione utile per il futuro di questo vostro periodico. Di che cosa gli uomini e le donne del nostro tempo hanno urgente bisogno? Soprattutto di verità. Senza verità non ci può essere autentica libertà, né sincera comunione. Per essere “voce del popolo”, il vostro settimanale deve porsi sempre e con chiarezza al servizio della Verità. Questo è, si può dire, il suo compito specifico, il modo suo tipico di contribuire all’edificazione della comunità cristiana e allo sviluppo di quella civile. La testimonianza cristiana in tale campo suppone competenza e professionalità, onestà di vita e fedeltà agli insegnamenti del Vangelo.

Siate pertanto attenti sempre alla Verità, solleciti nel servire il Bene e dediti a trasmettere la novità evangelica. La diffusione dei principi cristiani sulla famiglia, sul lavoro, sull’educazione, sulla piena dignità personale e sociale dell’uomo continui ad essere il compito qualificante a cui il vostro periodico ispira la propria azione. Potrà in ciò contare sempre sulla comprensione e sul sostegno della Chiesa.

4. Insieme col settimanale diocesano, hanno compiuto da poco un secolo di vita anche altri due periodici, valide espressioni in ambito nazionale della tradizione culturale cattolica bresciana: sono le riviste “Madre” (un tempo denominata “La madre cattolica”) e “Scuola Italiana Moderna”. Anche per esse Paolo VI manifestò attenzione ed apprezzamento. La due pubblicazioni sono frutto di un movimento cattolico che, a Brescia, si organizzò nella seconda metà del secolo scorso col contributo di validi laici e Sacerdoti e che fu ricco di iniziative di varia natura, volte tutte a sostenere e qualificare la presenza dei cattolici nella società.

Che cosa vi è di più attuale, carissimi in un mondo che s’affaccia sul terzo millennio, dell’impegno per l’educazione delle nuove generazioni e per la promozione della piena ed autentica dignità della donna?

Nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem ho ricordato, tra l’altro, che “la maternità è legata con la struttura personale dell’essere donna e con la dimensione personale del dono” (n. 18). Vivere responsabilmente la vocazione sponsale e materna significa anche rispondere alla sfida di quelle concezioni che, in nome di una male intesa libertà di autorealizzazione, finiscono per mortificare il valore della maternità e del matrimonio. La rivista “Madre”, fedele alle intuizioni e ai programmi delle origini, deve difendere e diffondere la verità sull’essere donna e l’essere madre come la Parola di Dio e il magistero della Chiesa continuano ad annunciare. Il prossimo Anno Internazionale della Famiglia costituisce occasione propizia per un rinnovato impegno.

5. Cari pellegrini bresciani, a tutti vorrei lasciare come consegna le parole che formano il motto della “Voce del Popolo”: “Fede - Lealtà - Coraggio”.

Fede, anzitutto. Con l’aiuto della Grazia, rimanete saldi nella verità cristiana, riproposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica su Dio, Gesù Cristo, la Chiesa, la dignità e i compiti dell’uomo e della donna. Non dimenticate, però, che la fede autentica sgorga e si alimenta nell’incontro personale con Cristo e che da ciò dipende, in ultima analisi, anche l’efficacia della sua comunicazione.

Lealtà, verso Dio, verso gli uomini, verso la verità. Lealtà nello svolgimento dei propri compiti, da accompagnare sempre con quell’umiltà che rende possibile una serena e proficua collaborazione per la causa del Regno di Dio.

Coraggio, infine. Non perdetevi d’animo di fronte alle difficoltà e alle prove che l’essere cristiani oggi comporta. Invocate dallo Spirito Santo il dono della fortezza per diffondere la verità e per vivere con coerenza la vostra fede.

Il 26 settembre 1982, nel congedarmi dalla vostra Comunità diocesana, dissi: “Dio ti conservi, Brescia. E tu osserva sempre la sua legge. Sii sempre fedele a Cristo e alla Chiesa” (Insegnamenti, V/3, 1982, p. 607). È un auspicio che oggi volentieri rinnovo. Proseguite con impegno nel solco tracciato dai vostri avi: dai vostri padri e dalle vostre madri, e da tanti degni Pastori. Paolo VI lo ha ripetuto tante volte; anch’io oggi lo ribadisco, affidandovi alle sue preghiere e soprattutto alla materna protezione di Maria Santissima, Madre della Chiesa.

Vi accompagni, infine, anche l’apostolica benedizione che di cuore imparto a tutti voi, ai vostri cari e all’intera Diocesi.

 

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