DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA BANCA D'ITALIA IN OCCASIONE
DEL PRIMO CENTENARIO DI FONDAZIONE DELL' ISTITUTO
Giovedì, 27 gennaio 1994
Signor Governatore,
Signori membri del Direttorio,
del Consiglio Superiore,
e del Collegio Sindacale della Banca d’Italia.
1. Grazie di questa vostra visita, con la quale avete inteso ricordare il primo centenario di fondazione della Banca d’Italia. Ringrazio in particolare il Signor Governatore delle gentili parole che ha voluto rivolgermi. A tutti il mio cordiale benvenuto.
L’odierno nostro incontro cade in un momento delicato e difficile nella storia dell’Italia; ma nei suoi cento anni di vita il vostro Istituto bancario è stato testimone di momenti non meno burrascosi e della capacità dimostrata dalla Nazione nel superarli. A questo popolo generoso ho voluto rivolgere poche settimane fa, nella Lettera indirizzata ai suoi Vescovi, il mio cordiale pensiero, non solo per chiedere ai cattolici di assumere le proprie responsabilità nel campo sociale, economico e politico, ma per esprimere a tutti gli italiani la mia stima e il mio affetto. Ho intima fiducia che l’Italia, nonostante i problemi che attualmente la attanagliano, saprà trovare, nella preziosa eredità della sua cultura e della sua fede, la forza di un nuovo “risorgimento” innanzitutto ideale e morale.
2. Da quando ha raggiunto, nel secolo scorso, la sua unità politica, l’Italia ha compiuto enormi progressi, degni della sua storia; progressi che, a giusto titolo, la accreditano alla stima del consesso internazionale. In tale cammino ha giocato un ruolo non trascurabile l’Istituto che voi rappresentate. Esso è stato espressione e strumento della progressiva unificazione nazionale. Alla vigilia della sua costituzione, infatti, ben sei erano gli enti che svolgevano le funzioni di Istituti di emissione. Gradualmente alla Banca d’Italia venne dato l’attuale assetto, fino a farne un Istituto di diritto pubblico, con potere esclusivo di emissione. In tal modo essa è venuta a trovarsi al centro del sistema monetario, con il compito fondamentale di presidiare il valore della moneta, affinché l’attività economica del Paese potesse godere di un ordinato sviluppo.
3. Viene da tutti sottolineata l’importanza di una appropriata regolazione del sistema economico, specialmente nelle condizioni di complessità ed interdipendenza che caratterizzano l’odierna società a livello nazionale e internazionale. Proprio per questo anche la dottrina sociale della Chiesa, pur esimendosi da valutazioni di carattere tecnico, che esulano dalla sua competenza, sottolinea il ruolo dello Stato nel settore dell’economia, giacché è evidente - come ho scritto nell’Enciclica Centesimus annus - che “l’attività economica, in particolare quella dell’economia di mercato, non può svolgersi in un vuoto istituzionale, giuridico e politico. Essa suppone, al contrario, sicurezza circa le garanzie della libertà individuale e della proprietà, oltre che una moneta stabile e servizi pubblici efficienti. Il principale compito dello Stato, pertanto, è quello di garantire questa sicurezza, di modo che chi lavora e produce possa godere i frutti del proprio lavoro e, quindi, si senta stimolato a compierlo con efficienza e onestà (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n. 48).
4. Il vostro Istituto rappresenta sicuramente uno dei gangli vitali nella regolazione della vita economica, e da questo suo ruolo determinante derivano non piccole implicazioni di carattere etico. La posta in gioco, infatti, è il bene comune, e in particolare gli interessi delle classi più umili, che altro non hanno su cui contare se non sul proprio lavoro, rischiando di pagare i costi più alti delle disfunzioni e delle crisi dell’economia. Occorre un’economia ben regolata, ma proprio per questo occorre un’economia attenta ai dettami dell’etica e alle esigenze della solidarietà; un’economia consapevole dell’intrinseca priorità del lavoro rispetto al capitale (cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12) e della inalienabilità del “diritto al lavoro” per tutti gli esseri umani (Ivi, 18); una economia che assecondi le esigenze di una crescente “mondializzazione” delle dinamiche finanziarie, senza mai dimenticare, e meno che mai calpestare, in nome delle leggi del mercato, i diritti dei più poveri.
5. La Banca d’Italia ha svolto in questo secolo un ruolo di primo piano per lo sviluppo e il bene comune dell’Italia. Ora, davanti ad un futuro gravido di nuove urgenze, è ad essa richiesta non solo competenza tecnica all’altezza dei tempi, ma anche forte consapevolezza di ideali e di valori.
Iddio vi doni per questo sapienza e luce. Una provvidenziale coincidenza fa sì che questo incontro avvenga contemporaneamente ad un altro centenario, che mi sembra opportuno richiamare, parlando ad operatori tanto qualificati dell’attività economica. Proprio cento anni fa, nel gennaio del 1894, un economista del quale è in corso la causa di Beatificazione, il venerabile Servo di Dio Giuseppe Toniolo, riuniva a Milano altri insigni cattolici, per redigere un celebre “programma”, che voleva essere la concreta mediazione per l’Italia dei principi enunciati dalla Rerum novarum. Egli si faceva così promotore di una economia a servizio dell’uomo, un’economia illuminata dalla sapienza del Vangelo.
Oggi, gentili Signori, è necessaria più che mai la stessa inventiva, la stessa competenza, la stessa idealità.
Con tali sentimenti ed auspici, mentre invoco su tutti voi e sul vostro lavoro, sui collaboratori e sulle rispettive famiglie il conforto della celeste protezione, imparto a ciascuno la mia benedizione.
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