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DISCORSO DI PAOLO VI
A SACERDOTI E SEMINARISTI DEL CLERO DIOCESANO
E DI ISTITUTI RELIGIOSI

Mercoledì, 11 dicembre 1968

 

Nella udienza - subito rileva il Santo Padre - si distinguono i gruppi dei sacerdoti. Ad essi il Suo primo ed affettuoso saluto. Se sapeste, - Egli dice - cari fratelli e diletti figli, quanto Ci commuove la vostra presenza; e come questo alto titolo, che portiamo insieme, di sacerdoti, susciti in Noi sentimenti di gaudio e consolazione ogni qualvolta Ci si presenta l’incontro con dei confratelli e con loro parliamo della scelta operata da Dio nelle nostre persone!

È chiaro che in tali circostanze e nella maniera più evidente vediamo la sublime grandezza del nostro sacerdozio, della nostra vocazione; il mistero dell’appello rivoltoci dal Signore; il mandato a noi commesso; e, con tutto ciò, la ricchezza di grazie e doni carismatici, la potestà di essere gli strumenti, i canali per trasmettere la parola di Dio, i santi Sacramenti, la direzione spirituale: in una parola il governo della Chiesa a vantaggio di tutti coloro che sono affidati alle nostre cure e sollecitudini.

È agevole, quindi, formare di questa grande famiglia, che è il Popolo di Dio, un «corpus» organico, che dev’essere da noi compaginato, tenuto ben saldo, arricchito d’ogni illuminata provvidenza, e talora anche salutarmente temprato, affinché possa compiere, in pienezza, i suoi fondamentali doveri.

Ecco, dunque, una circostanza felice per meditare insieme su alcune rilevanti note che ora interessano il sacerdozio. Si tratta di questione da «mettre en cause» - come dicono i francesi -, benché occorra subito rilevare che già v’è tanto profitto nell’atto che i sacerdoti compiono riflettendo su se stessi, soprattutto chiedendosi: sono io quel che devo essere? sono al mio posto? attuo bene quel che devo fare?

Ebbene: -Sua Santità dichiara che tali importanti interrogativi possono avere facile risposta. Con affettuosa bontà Egli ricorda a quanti hanno il delicato ufficio pastorale, di eseguire fedelmente le norme e le indicazioni stabilite dalla Chiesa. Non credano di trovare in alcune delle novità quasi sovversive, qua e là oggi proposte, migliori traguardi o più adeguato impiego della delicata ed alta responsabilità a cui il Signore li ha chiamati.

Due sono i motivi principali ricorrenti in questo momento di ansie ed agitazioni. Anzitutto trovare l’autenticità: e in ciò siamo tutti d’accordo. Noi cerchiamo sempre d’essere, completamente ed esclusivamente, sacerdoti di Cristo e della Chiesa. La seconda novità è quella che vorrebbe collocarci più vicini al mondo. Tale intento è di per sé apprezzabile, in quanto dimostra desiderio di sempre più alacre apostolato. Senonché, a giudizio di alcuni, essere più vicini al mondo vorrebbe quasi significare rompere i quadri, uscire dalla disciplina - che li perfeziona -, sino a ritenere possibile il dimettere l’abito, l’assimilarsi alle consuetudini mondane, e a procurarsi un mestiere profano da esercitare. Il credere che con ciò si possa meglio avvicinare il mondo, è grave errore e sicuro danno.

Occorre pertanto assolutamente guardarsi da siffatta casistica. Il sale della terra, a cui il Divino Maestro ci ha paragonati, non deve perdere il proprio sapore. A che cosa infatti servirebbe un sacerdote che si immedesima proprio con quel mondo ch’egli è chiamato a convertire? Nella sua attività, perciò, non deve limitarsi a una presa di contatti, spesso solo apparenti. Egli deve anzitutto alimentare e custodire l’efficacia e la specifica funzione di quanto è chiamato ad assolvere. Il suo ministero lo individua e lo distingue; lo pone nella innervazione del popolo, ma non lo assimila materialmente alle attese ed insufficienze di coloro, ai quali deve e vuole rivolgere il Messaggio della redenzione.

Ora - prosegue Sua Santità - il vedere un gruppo così cospicuo e promettente di sacerdoti davanti all’umile Successore di Pietro riempie il Suo animo di grande letizia. Egli li ringrazia per la visita e si compiace considerarla come l’invito ad una comunione ancor più intensa fra il Padre ed i figli.

Ad essi il Santo Padre assicura sia la Sua preghiera e benedizione, sia la Sua comprensione ed il voto fervido di saperli ognor più strumenti validi, genuini, perfetti del Vangelo del Signore. Il Papa stesso vorrebbe dare ognor più fervido esempio; essere tra loro sì da meglio conoscere le varie difficoltà e necessità. Inoltre, pensando in modo particolare al clero italiano, che vede già tanto bene inserito nelle file del popolo, ama ricordare che la fecondità dell’azione sacerdotale può trovarsi già sulle soglie delle rispettive chiese e case canoniche. Il popolo è là: basta aprire il cuore per comprenderlo, per servirlo. Nella Casa di Dio l’attività ministeriale, sacramentale, assume uno splendore senza confronti. Bene esercitato, questo sublime compito, oltre ad attribuire completa pienezza a colui che si sente strumento vivo nel trasmettere la grazia di Dio, acquista un’efficacia che non potrebbe essere in alcun altro modo raggiunta e sostituita.

Successivamente l’Augusto Pontefice passa a dare un saluto speciale agli Studenti, ai Professori e Superiori della Facoltà Teologica della Compagnia di Gesù in Posillipo. Per essi auspica le più elette benedizioni celesti.

Vuole altresì aggiungere il profondo compiacimento nel saperli fedeli alunni della Compagnia di Gesù: l’eletta milizia, che si distingue per la fedeltà, l’energia e la genialità nel servire la Chiesa e le anime. Siate realmente figli di Sant’Ignazio - questo l’invito del Papa -; continuate con esemplare zelo le vostre tradizioni. Avrete in tal modo sempre da ringraziare il Signore che vi ha prescelti per grande e privilegiata mansione nella sua Chiesa.

Altro saluto il Santo Padre indirizza ai numerosi sacerdoti diocesani che si occupano del Movimento dei Focolari. Il voto del Supremo Pastore è che appunto dal focolare, dalla carità e dall’unità, su cui si basa il Movimento, essi possano trarre, anche per sé medesimi, un grande impulso a meglio comprendere e meglio esercitare la propria opera sacerdotale.

Alle parrocchie di ciascuno, ai singoli posti di lavoro, ai tanti gruppi di anime. che gravitano intorno ai vari centri di spiritualità, l’augurio speciale del Papa.

Infine, e sempre nel campo sacerdotale, il più cordiale benvenuto ai sacerdoti novelli della Società del Verbo Divino, presenti all’udienza insieme ai loro familiari ed amici. Con ardente cuore il Santo Padre auspica per i nuovi ministri del Signore, formati in una Famiglia religiosa tanto benemerita, di poter cooperare, nel miglior modo, a diffondere, ovunque, le varie opere dell’Istituto, sia nelle comunità ecclesiali già formate come nelle missioni, secondo lo spirito, le virtù e gli esempi del Fondatore.

Voi tutti sapete che quest’anno, fra i centenari che si sono celebrati, c’è anche quello della Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino. E allora i bravi Salesiani hanno mandato a questa udienza una quarantina di premiati del concorso catechistico internazionale, promosso appunto dalla Congregazione di Don Bosco.

Vi salutiamo di cuore, con la raccomandazione di essere davvero coerenti e fedeli con questa vostra appartenenza alla grande linea, al grande fiume della tradizione di Don Bosco, la tradizione salesiana, incentrata specialmente in una delle attività fondamentali della Chiesa e dell’educazione cristiana, quella dell’istruzione religiosa, che si chiama catechistica.

Grazie della vostra visita; auguri a tutti i salesiani di Torino; dite per Noi una «Ave Maria» nella Basilica di Maria Ausiliatrice e salutate i vostri confratelli e le vostre famiglie.

 



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