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DISCORSO DI PAOLO VI
AI DOCENTI E AGLI ALUNNI DELLA
PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA

Sabato, 13 maggio 1972

 

Si compie oggi il quarto centenario della elezione al Pontificato del grande Papa Gregorio XIII: e, per ricordare l’evento, il Corpo Accademico e gli Alunni dell’Ateneo, che da lui prende il nome, hanno desiderato un incontro col Papa, sottolineando così l’ideale continuità di fedeltà e di amore, che, in questi secoli, ha legato l’Università Gregoriana alla Cattedra di Pietro. Voi comprendete con quanta gioia noi abbiamo accolto l’invito; non solo perché ci ritroviamo in mezzo a voi, dopo più di otto anni da quando venimmo alla Gregoriana, il 12 marzo del 1964, a visitare quell’«Alma Mater» ove anche noi, in anni ormai lontani, come voi sedemmo alunni e discepoli della Sapienza; ma anche perché possiamo dirvi che vi abbiamo seguiti, e vi seguiamo con interesse, con trepidazione, con speranza; che riponiamo in voi la nostra fiducia; e che in questa data - che voi commemorate con animo filialmente grato al Pontefice, il quale, con impegno lungimirante e acuto, volle trasformare e ampliare il Collegio Romano, fondato da Sant’Ignazio di Loyola - noi vediamo un chiaro significato di ritorno alle sorgenti, per trarvi l’ispirazione e la fermezza, necessarie al presente compito dell’Università.

CORDIALE SALUTO A BENEMERITI ISTITUTI

Salutiamo perciò con vivissimo affetto il Signor Cardinale Gabriele M. Garrone, Gran Cancelliere; il Padre Arrupe, erede e successore di S. Ignazio, Vice Gran Cancelliere; il Magnifico Rettore e tutto il Corpo docente, che dà alto prestigio alla Università; e voi, soprattutto, carissimi giovani, sacerdoti e aspiranti al sacerdozio delle varie diocesi del mondo, ai quali si associano oggi, in numero crescente, anche i laici, desiderosi di acquistare una profonda conoscenza teologica.

Ma siamo in dovere di salutare anche gli Istituti consociati alla Gregoriana - peraltro autonomi nella loro autorità e competenza - i quali partecipano a questa Udienza: il Rettore, i Docenti e gli Alunni del Pontificio Istituto Biblico, che promuove nel modo più qualificato lo studio della Sacra Scrittura e di tutte le discipline orientali che ad essa fanno riferimento, costituendo in seno alle Facoltà Romane un centro di fama internazionale, e di alto impegno scientifico; così salutiamo il Pontificio Istituto Orientale, in tutte le sue componenti, che si dedica all’approfondimento, a livello universitario di riconosciuta validità, delle Scienze Ecclesiastiche Orientali - Patristica, Liturgia e Storia - e del Diritto Canonico Orientale; e infine salutiamo il Pontificio Istituto «Regina Mundi», istituito per la formazione teologica e professionale delle alunne, a cui conferisce l’abilitazione o il titolo di «Magistero in Scienze Religiose».

A tutti il nostro benvenuto.

INIZIO EVOLUTIVO DI IMMENSA PORTATA

La vostra presenza, abbiam detto, si richiama al quarto centenario dell’inizio del Pontificato di Gregorio XIII, e rende omaggio a quell’immane e sapiente opera di recupero, in tutti i campi d’azione della Chiesa di quel periodo, che egli compì, nella severa coscienza del suo mandato apostolico. Come riconoscono gli storici, «è merito duraturo di Gregorio XIII di aver dato impulso alle forze rigeneratrici e di aver indirizzato le forze allora attuali proprio dove la loro presenza poteva esercitare il massimo influsso» (K. EDER, Die Geschichte der Kirche im Zeitalter des konfessionnellen Absolutismus, Wien 1949, p. 189 ss.). Paragonato all’influsso che ebbero Sant’Ignazio e San Pietro Canisio per il rinnovamento del suo tempo (Cfr. ibid.), egli comprese il ruolo dello studio teologico con la fondazione di vari collegi, e della vostra Università, dando così «inizio ad un’evoluzione di portata immensa: Roma, che da sempre era il centro dell’amministrazione ecclesiastica, divenne allora anche il centro della scienza teologica e della formazione del clero per tutta la Chiesa» (H. JEDIN, Handbuch der Kirchengeschichte, IV, Freiburg 1967, p. 527).

L’analogia tra il suo e il nostro tempo è notevolissima, Oggi, come allora, a qualche anno dalla celebrazione di grandi Concili ecumenici come il Tridentino e il Vaticano II, le necessità e i compiti della Chiesa sono analoghi: la fede, talvolta messa in pericolo; il sacerdozio, al primo posto tra i valori da sostenere e da promuovere; necessità per la cultura teologica di essere elevata ad un livello superiore, non meno che la santità e la vita spirituale dei sacerdoti; chiari orientamenti da seguire; e, più che mai, esigenza di una lealtà a tutta prova verso il Magistero della Chiesa e, in primo luogo, verso la Sede di Pietro, come depositaria della Rivelazione, principio e fondamento visibile dell’unità della fede e della comunione (Cfr. Lumen Gentium, 18, 23).

L’Università Gregoriana è nata in tale contesto; e nello stesso contesto si spiega e si comprende la missione che, pur nei successivi adattamenti richiesti via via dalle rinnovantisi esigenze scientifiche e formative delle varie epoche - sempre in trasformazione, fino alla recente riforma degli studi e della vita in seno all’Ateneo - essa, insieme con gli Istituti a lei congiunti, ha svolto ed è chiamata a svolgere, se vuol rimanere fedele agli intenti per cui è stata fondata: ed è una triplice missione - storica, culturale e pedagogica - quella che ci pare di individuare, e su cui vogliamo trattenere la vostra attenzione.

MIRABILE SCHIERA DI SANTI E BEATI DI PONTEFICI E PASTORI

La missione storica della Gregoriana non ha bisogno di parole: voi la conoscete bene, specialmente quanti di voi si dedicano allo studio della storia della Chiesa; sia pur brevemente, ne abbiamo già indicato il contesto, in cui ha preso forma e si è sviluppata. A tale missione essa ha bene risposto in questi quattrocento anni: ne fanno fede i nomi dei suoi illustri maestri, tra cui spiccano un de Toledo, un S. Roberto Bellarmino, un de Lugo, un Suarez, un Cornelio a Lapide, un Atanasio Kircher, un Segneri, e, nell’800, un Taparelli d’Azeglio, un Patrizi, un Franzelin; lo confermano le intere generazioni di uomini, che attinsero a Roma, alla scuola della Gregoriana, la solidità granitica della loro formazione ecclesiale, e ne riversarono i tesori nelle loro alte attribuzioni: tra essi è doveroso ricordare diciotto Santi, ventitré Beati, quindici Sommi Pontefici, e innumerevoli Cardinali e Vescovi di ogni provenienza, e benemeriti missionari. Ma faremmo un torto, non ricordando tutte le schiere di alunni, che si formarono alla scienza e alla pietà tra le vostre mura, e lungo i secoli furono elementi preziosissimi nelle varie diocesi del mondo come uomini di provata fedeltà e di dedizione alla Chiesa, anime di preghiera e di studio, testimoni e custodi della sana dottrina, plasmatori di caratteri. Solo il Signore ne conosce il numero ed i meriti; e il loro nome è scritto nei Cieli.

ATTIVITÀ CULTURALE E SCIENTIFICA DI ALTA RESPONSABILITÀ

Dalla proiezione di questo, diciamo così, panorama storico, risulta in piena luce la missione culturale che la vostra Università ha avuto ed ha la grande responsabilità di svolgere. È un problema generale, che non riguarda soltanto il vostro Ateneo e gli Istituti associati, ma anche tutti gli altri: esso, infatti, forma oggi il punto cruciale di ogni istituzione scientifica che, nella Chiesa, si attribuisce il nome cattolico e voglia ad esso rimanere fedele, nel crogiuolo delle tensioni e degli interrogativi, insorgenti più acuti che mai specialmente nella coscienza degli uomini di cultura.

Ora, pare a noi di dover sottolineare vivamente che il criterio generale, che deve distinguere questa missione culturale affidata ad ogni Università cattolica ecclesiastica, è questo: e cioè, docenti e alunni debbono essere in grado di realizzare sempre più espressamente, con l’aiuto della grazia di Dio, l’ideale di una Sapienza animata da un ardente spirito di fede, da una coscienza acuta dei problemi posti alla Chiesa, pur con quanto essi esigono di ripensamento e di rinnovamento, e da un amore fervente alla Chiesa stessa e a Colui che ne porta il carico tremendo, nella consapevolezza della propria umana fragilità. È uno spirito di fede, che si richiede; è un’atmosfera di fede, che deve, invisibilmente, ma saldamente guidare ogni sforzo personale e collettivo di studio e anche di ricerca scientifica, libera e onesta. Il carattere di una Università come la vostra non è primariamente e necessariamente determinato da strutture istituzionali o da rapporti con particolari enti o persone ecclesiastiche: l’elemento decisivo è una visione religiosa del mondo, una Weltanschauung ispirata dalla fede cattolica; questa è l’alta e indispensabile concezione di base, che stabilisce e sorregge tutto l’edificio universitario; e questa «atmosfera cattolica» derivante dalla fede vissuta e sofferta, garantisce e rispetta nella Università la serietà della ricerca scientifica, radicata nell’uomo e nel mondo umano (Cfr. N. A. LUYTEN, Pourquoi une université catholique?, in «Recherche et culture», Fribourg 1965, pp. 13, 27). In questa luce di fede si esplicano i due rami, in cui deve impegnarsi la missione culturale dell’Università: quella scientifica e quella più propriamente teologica.

I LEGAMI VIVENTI E VITALI CON LA TRADIZIONE

a) Sul piano scientifico si tratterà non solo di non spezzare, ma di avvalorare, e scrutare, e capire i legami viventi e vitali con la tradizione: il patrimonio dei secoli ha la sua voce, che va ascoltata; è la voce della Chiesa, docente e orante, che nell’insegnamento del Supremo Magistero, nel pensiero dei suoi Padri e dei suoi Dottori, nella vissuta regula fidei della sua Liturgia - lex orandi, lex credendi! - nella fedeltà umile e gioiosa del sensus fidei dei semplici fedeli tuttora risuona, e va ascoltata, se non vogliamo recidere l’intimo nesso che, attraverso di essa, ci collega con la tradizione stessa degli Apostoli, e, per il loro tramite, con l’insegnamento di Cristo, Parola del Padre.

Ciò non vuol dire che la ricerca scientifica sia imbrigliata, come vorrebbero certe miopi obiezioni di spiriti superficiali e prevenuti: l’università, che per definizione è universitas scientiarum, è il luogo ideale ove, nell’onesta libertà dei figli di Dio, si ricerca in una linea pienamente scientifica, si confrontano i nuovi problemi, ci si accosta ai fermenti che scuotono l’apparente sicurezza dell’uomo tecnicistico e spaziale di oggi, e si procede con metodo rigoroso nell’approfondimento e nella promozione degli studi. L’autorità divina della Rivelazione non frena, ma orienta questa ricerca; essa non la soffoca, ma la potenzia, perché il mondo infinito delle realtà divine, che si aprono a noi nella considerazione della storia della salvezza, è uno stimolo continuo all’esercizio della facoltà intellettiva; e come ogni ramo della scienza cerca di raggiungere la verità, così il dogma rivelato, e definito autoritativamente dalla Chiesa, ci offre la verità di Dio, ci infonde il senso di Dio, la cui azione dobbiamo vedere in trasparenza anche attraverso il groviglio dei problemi umani; ci guida alla scoperta «d’ogni verità» (Cfr. Io. 16, 13) per orientarci verso punti sicuri, nei quali la premessa del dato rivelato può esercitare tutto il suo benefico influsso sulla elaborazione di una sintesi armoniosa e stimolante dell’umano sapere.

In base a questa premessa, l’Università deve aiutare a vagliare con acuta maturità le correnti moderne del pensiero, nei suoi incontri e scontri con la verità di Dio rivelatore: essa deve formare alla critica (1 Thess. 5, 21), non lasciandosi abbagliare da tutte le novità, talvolta incontrollatamente accettate come scoperte rivoluzionarie, che del resto sono poi assai spesso superate dalle nuove opinioni, che continuamente si presentano all’orizzonte. Il pericolo, del resto, non è nuovo, e S. Paolo ne avvertiva già i cristiani di Efeso: ut iam non simus parvuli fluctuantes et circumferamur omni vento doctrinae in nequitia hominum, in astutia ad circumventionem erroris; veritatem autem facientes in caritate crescamus in illo per omnia, qui est caput Christus (Eph. 4, 14-15). Così, questo habitus critico deve essere un segno di equilibrio e di buon senso, prima ancora che un doveroso ancoraggio alla verità che non inganna, un approdo a quel Dio che illumina la nostra mente e la pasce di ineffabile esperienza spirituale, perché la teologia è per definizione «scienza di Dio», gnosi saporosa ed esaltante guidata dallo Spirito che scruta ogni cosa e anche le profondità di Dio (Cfr. 1 Cor. 2, 10).

ASSICURARE L'ORTODOSSIA DELLA FEDE DI CUI È GARANTE IL MAGISTERO

b) Ecco dunque che la missione culturale, che svolge una Università come la vostra, acquista la sua fisionomia più propriamente teologica: e qui veniamo al nucleo centrale, alla ragion d’essere fondamentale che guida la vostra fatica quotidiana. Se l’atmosfera che vi deve regnare, come abbiam detto, è quella della fede, della Weltanschauung cristiana e cattolica, ogni giorno conquistata e vissuta, la sfera teologica dell’Ateneo dovrà essere anzitutto al servizio della fede: l’Università deve assicurare l’ortodossia della fede, di cui è garante il Magistero. Dio ha offerto all’uomo la conoscenza della propria vita trinitaria, e il suo Figlio Unigenito ci ha introdotti nel suo disegno di amore, comunicandoci la salvezza che dinamicamente si realizza nella Chiesa sul piano della storia. La fede ci apre a questo Dio che è Padre, Salvatore, Amico: non ci mette a contatto con concetti puramente astratti, ma, secondo lo stile di Gesù nel Vangelo, con tre persone viventi, nell’Unità divina, Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè con la SS. Trinità, che ci ama e pensa a noi, creature da essa create a propria immagine e somiglianza. La teologia non è altro che la fede nell’ordine concettuale: come ha detto Agostino, è la scientia, qua fides saluberrima nutritur, defenditur, roboratur (S. Aug. De Trinitate, XIV, 1). «Vi è una scienza teologica, e vi sono altresì sistemi teologici. Ma scienza e sistemi hanno il compito di captare una “storia sacra” non un ordine di essenze» (M. D. CHENU, La foi dans l’intelligence, Park 1964, p. 129).

Perciò, se il presupposto è la fede, la teologia fornisce, per sua vocazione, un insostituibile aiuto all’intelligenza della fede: fides quaerens intellectum, secondo il celebre aforisma di S. Anselmo. All’intelligenza umana la fede offre tutta la ricchezza delle dottrine fondamentali, che il Simbolo condensa come condizione indispensabile di salvezza: non per nulla le antiche catechesi ai battezzandi della Chiesa vertevano in primo luogo sulla spiegazione di queste dottrine, ch’essi dovevano ricevere con la traditio Symboli. Voi ne conoscete i celebri trattati; citeremo solo le parole di S. Ambrogio, nostro predecessore sulla Cattedra di Milano, che all’inizio della sua spiegazione così definisce il Simbolo: spirituale signaculum, cordis nostri meditatio et quasi semper praesens custodia, certe thesaurus pectoris nostri (S. AMBR. Explan. Symb., 1; Ed. Faller, CSEL, 73, 1955, p. 3). Come l’ape si tuffa tra i fiori, così l’intelligenza umana si nutre di queste verità offertele dalla fede, le scruta, le approfondisce, le rumina continuamente, vi scava dentro come in una miniera: thesaurus pectoris nostri. «Percezione realista di Dio in una proposizione concettuale, la fede è luce divina dentro una intelligenza umana. Essa è posseduta dall’uomo e l’uomo pensa per mezzo di essa». La formula di S. Anselmo «rende felicemente conto di un pensiero (è la parola di Agostino, ripresa da Tommaso), in cui entrano in azione . . . tutte le risorse dell’intelligenza, individuale o collettiva, secondo le tappe variabili e progressive dello spirito» (CHENU,  op. cit., 134, pp. 344).

COMPRENSIONE FIDUCIA COOPERAZIONE

È evidente che questa propedeutica alla intelligenza della fede dev’essere garantita dalla via che, per intervento stesso di Dio in Cristo, è stata indicata all’uomo assetato di verità: diciamo, anzitutto, il Magistero supremo di Pietro, che parla nei suoi successori; e, con esso in intima unione, il Magistero vivente degli Apostoli mediante i Vescovi. La teologia è profondamente connessa col Magistero della Chiesa perché la loro comune radice è la Rivelazione divina; la teologia deve mantenersi in stretto rapporto col Magistero, come pure con l’intera comunità dei fedeli, poiché essa medium quodammodo obtinet locum inter fidem Ecclesiae atque eiusdem Magisterium, come abbiamo detto ai partecipanti al Congresso internazionale teologico del 1966 (Insegnamenti, IV, 1966, p. 445); e, in quella occasione, nel rilevare i doveri che incombono alla teologia in questo delicatissimo campo, abbiamo altresì sottolineato quanto il Magistero stesso sia debitore agli studi della teologia, la quale adiutricem dat operam, ut Magisterium pro suo munere sit semper lux et regula Ecclesiae (Cfr. ibid.). Qui trovano spiegazione e composizione quei mutui rapporti, che una certa mentalità vorrebbe artificiosamente contrapporre, ma che sono invece, nell’ordine storico, reciprocamente complementari e ausiliari, salvo il carisma proprio del Magistero Supremo di confermare i fratelli nella fede (Cfr. Luc. 22, 32). Seguendo questa linea di mutua comprensione, di fiducia, di cooperazione, che non lede i legittimi diritti di ricerca e di libertà, come sopra abbiam detto, la teologia compie una funzione insostituibile nella Chiesa.

Ma per ritornare alla vostra Università, si deduce, da quanto precede, quale grande valore abbia la missione pedagogica della Gregoriana: essa esercita una funzione di formazione dell’uomo, in tutte le branche del sapere, alla luce della fede, che come il sole, per il fatto che illumina le cose e le rende visibili nella loro realtà esterna, non ne abolisce l’autonomia, non ne mortifica l’esistenza, non ne cancella la bellezza, sì bene le avvalora e nobilita incomparabilmente.

Questa luce, che viene da Dio, non sia dunque mai velata da nessuno! In una Università come la vostra ogni dottrina incompatibile, o mal compatibile con la fede deve sentirsi nell’impossibilità di sussistervi, come, «per la contradizion che nol consente» (DANTE, Inferno, 27, 120), non può esistere un maestro, il cui pensiero non sia perfettamente fedele al pensiero della Chiesa. Ecco pertanto la necessità di un’ortodossia gelosamente custodita e insegnata dai docenti: l’unità di volere e di pensiero dev’essere armoniosa in un corpo accademico, che non sappia ammettere divisioni nelle questioni fondamentali. Ma al tempo stesso vi è il bisogno di adattamento alle necessità didattiche di oggi, che l’odierno progresso degli studi ha enormemente accresciute: e a questo proposito ci è gradito dare atto alla Compagnia di Gesù per la generosità e per la dedizione con cui, dopo il Concilio, attraverso reali difficoltà di ordine materiale e spirituale, essa ha saputo far fronte alle richieste, che le erano rivolte, perché fosse sistemata una organizzazione complessa secondo le nuove Norme ispirate al Concilio medesimo, fosse elevato il livello scientifico dell’Università e adattato a un compito nuovo: e questo si è cercato di fare moltiplicando i Professori, gli Assistenti, aumentando la dotazione delle biblioteche nei vari Istituti, curando le specializzazioni rese necessarie dal progresso degli studi, sviluppando la partecipazione degli alunni alla vita dell’Università. Il grave peso assunto dalla Compagnia merita ogni lode.

UN'ASSOLUTA SERIETÀ DI STUDI

Accanto alla perfetta ortodossia dei Maestri, è richiesto nell’università l’impegno di assoluta serietà di studi da parte degli alunni, i quali debbono possedere una completezza matura di formazione generale, essere dotati di un buon equilibrio umano, ed essere pienamente versati nelle dottrine teologiche fondamentali: solo partendo di qui si potrà procedere alle specializzazioni, che, se avulse da quel contesto, non permettono la visione globale della scienza alla luce di Dio, e possono essere di ostacolo più che di aiuto nella ricerca e nella assimilazione della verità totale: del resto, è legge comune di ogni Università procedere per gradi, e non iniziare le specializzazioni, in ogni campo, se prima non si sia avuta una piena e provata formazione nelle discipline generali.

In particolare, la vostra Università deve sentirsi responsabile dei sacerdoti in via di formazione, i quali da Roma debbono portare con sé una conoscenza completa e solida della fede, bene orientata anche pastoralmente. Questo orientamento pastorale domanda pertanto una cooperazione fra l’Università e i Collegi Ecclesiastici, come pure fra i vari Atenei che esistono a Roma, affinché questa Città, che nell’intento di Gregorio XIII doveva essere il centro di formazione per il clero mondiale, possa prendere davanti alla Chiesa il ruolo che le compete, e a cui le enormi risorse scientifiche di cui dispone - Istituti, Biblioteche, ecc. - se opportunamente coordinate, offrono un incomparabile strumento di universale cultura.

Ma soprattutto sia sempre vivo in voi l’amore alla Chiesa, Cattolica, Apostolica, Romana: un amore vero, grande, sincero, che vede in essa la via voluta da Cristo per portare agli uomini la salvezza; un amore che gioisce delle sue gioie, che soffre per le sue sofferenze e per le defezioni che la feriscono; un amore che prega e si dona, affinché essa sia sempre luminosa davanti a Dio e agli uomini. In omnibus cupio sequi ecclesiam Romanam, affermava Sant’Ambrogio (S. AMBR. De Sacramentis, III, 1, 5; FALLER, op. cit., p. 40). Essa è la chiave di volta dell’unità e della comunione cattolica: Totius orbis Romani caput Romana Ecclesia; . . . inde enim in omnes venerandae communionis iura dimanant, ha ancora scritto quel Pastore, con gli altri Vescovi riuniti al III Concilio di Aquileia (Cfr. Ep. Provisum; Ep. XI, S. Ambrosii (Maur.); cfr. Ballerini, V, 270-271). In questa comunione si raggiunge il possesso delle imperscrutabili ricchezze di Cristo (Cfr. Eph. 3, 8): e di qui nasce la forza per garantire alla propria fede la sua fecondità in tutti i campi, nel dato intellettuale come nell’impegno quotidiano, con l’assistenza dello Spirito Santo, verso il quale voi, come cultori delle scienze sacre, dovete avere una devozione, vorremmo dire una consacrazione tutta particolare.

AMARE FERVIDAMENTE LA CHIESA MADRE E MAESTRA

Carissimi Fratelli e Figli. Siate ben certi che non ci sfugge l’ampio e difficile compito, a cui voi docenti attendete con la vostra competenza dottrinale, e a cui voi alunni dedicate tutto l’entusiasmo della vostra giovinezza e l’acume della vostra intelligenza in via di maturazione. Ne siamo profondamente consapevoli. Siate lieti di vivere quest’ora tanto delicata, ma anche tanto grande ed esaltante della vita della Chiesa! La Chiesa ha bisogno di voi: e voi dovete essere nelle prime linee della Chiesa, offrendole l’ardore della vostra convinta devozione.

È una fiducia reciproca, quella di cui abbiamo bisogno in questo momento: la Chiesa - è il Papa che ve lo dice con immensa speranza - la Chiesa ha fiducia in voi: nella vostra sincerità di intenzioni, nel vostro sensus fidei, nel vostro impegno di scrutare il mistero di Dio e le mirabili opere della sua Redenzione per essere domani un fermento, un lievito, una molla animatrice nelle vostre comunità ecclesiali: non seminatori di dubbio sistematico, non critici corrosivi del patrimonio ricevuto, non sperimentatori inconsulti di vie malcerte, non - Dio non voglia - demolitori della fede nell’animo degli alunni e dei fedeli; ma educatori, ma plasmatori, ma modelli di questa fede incorrotta, e di una non inquieta vivacità intellettuale, colonne e sostegni della fede del Popolo di Dio nei compiti che vi saranno affidati. La Chiesa ha questa fiducia in voi, piena di commossa speranza e di ardente attesa.

Ma anche voi abbiate fiducia nella Chiesa: ve lo chiediamo in suo nome. Abbiate fiducia in questa Chiesa Madre e Maestra, che continua nel mondo la sua ardua missione di proclamare la verità di Dio, in un mondo che tuttora, come ai tempi di Isaia, come ai tempi di Cristo, sembra chiudersi ostinatamente a ogni possibilità di intervento divino nella storia: auditu audietis et non intellegetis et videntes videbitis et non videbitis (Cfr. Is. 6, 13-15). Nonostante tutto, la Chiesa non si stanca di rivolgersi agli uomini, perché per essi è stata fondata dal Cristo, per essi è nata dal suo costato aperto, come la novella Eva, Madre dei viventi (Cfr. Gen. 2, 21; 3, 20; Io. 19, 34; cfr. S. AUG. Tract. in Io. 120; PL 35, 1953). In questa opera costante, che essa svolge a favore degli uomini, per rendere loro accessibile la verità di Dio e comunicare la Redenzione, essa ha bisogno di voi: essa attende il vostro contributo di studiosi e di pastori, che vivono e fanno vivere nella luce della Rivelazione, e ne arricchiscono continuamente il sacro deposito: essa vi ama, sì, come la pupilla degli occhi suoi. Guardatela così, questa Madre santa, questa Madre spesso dolente, il cui unico conforto è il Signore Risuscitato: abbiate fiducia in lei, perché in lei troverete sempre l’incoraggiamento, la simpatia, la speranza. Amatela, sostenetela nel suo sforzo immane; non indebolitela, non dividete le sue membra, non sminuite la sua unità, perché - ci sia ancora lecito citare S. Ambrogio - quamdiu sententiis discrepamus, quodammodo regnum Christi minoramus; quia nondum ei subiecta sunt omnia, cuius regnum unitas est (S. AMBR. Enarr. in Ps. 61, 8).

Ecco quanto abbiamo desiderato di dirvi, in questa commemorazione storica, in cui, come dicemmo all’inizio, avete voluto attestare l’autenticità del vostro impegno presente riportandolo alle idealità delle sorgenti, da cui è nata la vostra Università. Avanti, sempre, nel nome del Signore! E mentre ancora vi ringraziamo per la gioia che stamane ci avete procurato, su tutti invochiamo - in questa novena dello Spirito Santo - la sua virtù che discende dal Cielo, affinché vi renda testimoni di Cristo usque ad ultimum terrae (Act. 1, 8).

A voi tutti, la nostra Apostolica Benedizione.

                                              



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