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DISCORSO DI PAOLO VI
AL SACRO COLLEGIO

Venerdì, 21 dicembre 1973

 

Signor Cardinale,

Ella ha voluto esprimere i suoi voti e quelli del Sacro Collegio facendo sue le parole che il caro e venerato Cardinale Amleto Giovanni Cicognani, testé defunto, si proponeva, quale Decano del Sacro Collegio, di rivolgere a Noi in questa circostanza, ed ha così ravvivato in Noi, e certamente nei suoi eminenti Colleghi, il dolore per la terrena scomparsa di quella venerata e veneranda persona, ma recando in tal modo a questa augurale assemblea il conforto di ascoltare, quasi rediviva, la voce del compianto vegliardo. Così che nelle parole or ora ascoltate abbiamo avuto un estremo messaggio di lui, accogliendo l’espressione a noi tanto gradita e ben nota dei suoi sentimenti di fedeltà, di bontà, di pietà, limpidi e forti non solo verso la nostra persona, a lui legata da particolare affezione e devozione, ma soprattutto verso questa Sede Apostolica, al cui servizio egli spese con costante e saggia dedizione tutta la sua vita, e verso l’intera Chiesa cattolica, di cui fu gloria per lui essere esemplare e zelante sacerdote, fu assiduo impegno essere servitore e rappresentante integerrimo negli alti uffici a lui affidati, fu vanto essere difensore ed apostolo nell’onorarne e dilatarne nel mondo la missione salvatrice e consolatrice. Motivo di compiacenza e di consolazione pertanto è per noi rilevare che tale messaggio si addice testualmente a chi succede al defunto Cardinale Cicognani, e ch’esso, rimanendo eredità di questo sacro Collegio, tributa alla memoria di lui l’ottimo elogio, e merita da parte nostra viva e commossa gratitudine.

EFFUSIONE DI CARITÀ DALLA MEMORIA DEL SANTO NATALE

Signori Cardinali,

La vostra presenza a questo Concistoro, che precede di pochi giorni le festività natalizie, ci offre la felice occasione per quello scambio di auguri che la celebrazione dei santi misteri dell’Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo rende ormai abituale e doveroso, suggerito com’è da schietti sentimenti di umana benevolenza, e, ciò che più conta, da quella più intensa e gaudiosa effusione di carità, che appunto dalla memoria del santo Natale e dalla sua liturgica reviviscenza parte dai cuori credenti ed ai cuori credenti spontaneamente e vivacemente si rivolge, dando reciprocamente a ciascuno una certa beata esperienza della nostra comunione cristiana. Mentre pertanto noi accogliamo con commossa riconoscenza i voti augurali che voi, qualificati interpreti di tutto il sacro Collegio Cardinalizio, della Curia e della Chiesa Romana, anzi di tutta l’immensa ed amatissima Famiglia Cattolica sparsa nel mondo, ci porgete, a voi, ed a quanti voi qui rappresentate e interpretate, noi ricambiamo l’espressione cordialissima della nostra beneaugurante affezione, facendone invocazione al Signore con le parole dell’Apostolo Paolo: «Voglia Iddio adempiere ogni vostro desiderio secondo la sua ricchezza gloriosamente in Cristo Gesù» (Phil. 4, 19).

L’apertura degli animi, alla quale perciò questo momento è propizio, inviterebbe il discorso ad estendersi ad una riassuntiva considerazione, confidenziale e sostanziale, della vita della Chiesa, quale a noi si presenta, tanto ricca di avvenimenti, tanto complessa nei fenomeni del suo svolgimento storico e spirituale, e tanto interiormente pervasa da sempre nuove inquietudini, come non meno animata dagli impulsi e consolata dai segni dello Spirito vivificante. Panorama interessantissimo, tutti lo sappiamo; ma troppo vasto nell’estensione e troppo abbondante nella varietà degli aspetti, e troppo esigente di accurata analisi, perché noi possiamo indugiare in questo momento a darne anche solo sommariamente un’adeguata descrizione.

LA CHIESA E IL DOPO CONCILIO

Pensate, ad esempio, all’attività che pervade tutto il complesso organismo della Chiesa, tanto in questa sua centrale Sede Apostolica, quanto nelle Conferenze Episcopali, che dopo il Concilio sono state costituite in ogni Nazione; pensate al ministero svolto nelle singole Diocesi, nelle singole Famiglie religiose, ed in genere nelle varie iniziative ecclesiali del Laicato cattolico, ed a certo fervore operativo di gruppi o di individui, che li muove ad espressioni della cultura, della carità e della pietà, proprie del Popolo di Dio.

Due note possiamo rilevare da un’osservazione della vita ecclesiastica in questa ora, che non dubitiamo a chiamare storica, per essere essa successiva all’impulso datole dal Concilio, e per essere simultanea alla metamorfosi del mondo contemporaneo; la prima nota è appunto il movimento che investe la vita della Chiesa in ogni sua forma; l’altra nota è la difficoltà che essa, la Chiesa, incontra talvolta, tanto nell’interno degli animi, quanto negli ostacoli esterni che si oppongono ad un suo tradizionale e regolare funzionamento. Tempi forti viviamo, tempi instabili, caratterizzati da grande vivacità e insieme da grande problematicità. Il germe della contestazione cerca di insinuarsi anche nel Popolo di Dio, con questa sua irruente qualifica trasformatrice, resa sinonimo di progresso e di liberazione, con la sua violenta rottura con la tradizione, radice irrinunciabile per noi non solo di coerenza storica e di onore vittorioso sul tempo divoratore dei suoi figli, ma di ciò che il cattolicesimo ha di originale, di vitale, di immortale e di divino; ma insieme il soffio ossigenante dello Spirito è venuto a svegliare nella Chiesa energie sopite, a suscitare carismi dormienti, a infondere quel senso di vitalità e di letizia, che ad ogni epoca della storia, definisce giovane e attuale la Chiesa stessa, pronta e felice di riannunciare ai tempi nuovi il suo eterno messaggio.

Così che il fatto saliente nella vita della Chiesa s’è pronunciato con una formula ben nota, ma gonfia di nuove ed originali espressioni, l’Anno Santo, sì, l’Anno Santo, che avrà la sua ufficiale celebrazione alla giusta scadenza del 1975, in questa alma Città di Roma, ma che già si è inaugurato nelle Chiese locali, affinché più largo, anzi universale ne sia il beneficio, più efficace la preparazione, più denso e attuale il programma.

RIFLESSI DEL GIUBILEO SULLA FAMIGLIA UMANA

Pare a noi che i due capitoli proposti da questo programma: rinnovamento e riconciliazione possano riepilogare le speranze e i propositi per la vita della Chiesa che vogliamo presagire per gli anni dello scorcio di secolo, che ancora ci si prospetta davanti.

Né per la vita della Chiesa soltanto, ma del mondo: dal quale la Chiesa si distingue e che essa deve servire senza lasciarsi compenetrare da uno spirito che non è il suo proprio, ma nel quale essa vive, e che essa deve sforzarsi di imbevere dello spirito suo, ossia di Cristo, e al quale essa presta il proprio servizio, irradiando sulle umane vicende la luce della vicenda umano-divina che essa, la Chiesa, vive nei secoli.

Il giubileo, impegno di rinnovamento e di riconciliazione proposto alla Chiesa di Cristo, non può, non deve rimanere senza benefico riflesso sulla famiglia umana tutta intera.

Quale migliore programma, quale voto più necessario e gradito potremmo noi offrire al mondo in questa attesa natalizia, per l’anno che viene e per il periodo storico che si apre sotto tanti segni di radicali mutamenti nei rapporti di forze e nel concetto stesso di benessere e di progresso; quale migliore programma e quale migliore voto di questo: che ai mutamenti imposti da esterne condizioni corrisponda un positivo rinnovamento negli animi; e che questo rinnovamento porti a propositi non di inasprimento dei contrasti nella ricerca di pericolosi ed instabili predominii, ma di riconciliazione fra le classi, le nazioni, i continenti, nel comune impegno per un comune avanzamento sulle vie della civiltà e del giusto benessere.

Così, il tema della pace, ricorrente quasi per naturale esigenza ad ogni ritorno del Natale, assume quest’anno un rilievo e quasi una carica nuova: non tanto per lo sguardo che siamo usi a dare in questa circostanza all’anno trascorso, per ricordare speranze soddisfatte ed altre andate deluse, sforzi generosi e resistenze tenaci, e per accennare alla partecipazione all’opera di questa Sede Apostolica; quanto per considerare ciò che nel futuro ci è dato auspicare o dobbiamo proporci di fare.

LUCI E OMBRE DEL PANORAMA INTERNAZIONALE

Il panorama mondiale, nei dodici mesi succedutisi dopo l’ultimo nostro incontro di fine anno, è davanti agli occhi di noi tutti con le sue luci e le sue ombre. Vediamone alcune.

1. La grande speranza accesa per la pace in Indocina dagli Accordi di Parigi del gennaio scorso non ha trovato piena rispondenza nella realtà dei fatti. La genuina pacificazione non è stata a tutt’oggi, purtroppo, raggiunta: e nuove vittime e troppe sofferenze sono andate aggiungendosi, in questi mesi, a quelle che si erano tragicamente accumulate negli anni di guerra. Noi facciamo ardenti voti che nuove ostilità non abbiano a prodursi nel Vietnam, come certi minacciosi sintomi lasciano, purtroppo, ad alcuni temere; sarebbero ben tristi le delusioni di tutti, e ben gravi le conseguenze. Per la stima e per l’affezione che portiamo a quella terra tormentata, noi ci permettiamo di pregare i Governi responsabili di Saigon e di Hanoi di voler proseguire lealmente i negoziati pacificatori, mentre facciamo voti che sia assicurato alla popolazione del Vietnam del Sud di esprimere liberamente il prossimo suffragio sotto l’efficace controllo dell’ONU.

Auspichiamo ugualmente che la pace si stabilisca nei vicini Paesi della Cambogia e del Laos. Noi pensiamo a tutte le famiglie separate e a tutti i prigionieri che tardano a ricuperare la libertà e che talvolta soffrono duramente per il trattamento loro riservato.

2. Nell’Irlanda del Nord recenti intese intervenute sul piano politico aprono prospettive di positivo sviluppo, salutate con soddisfazione da quanti da tempo auspicano che la difficile e complessa situazione si avvii decisamente a pacifica e giusta soluzione. Non sono però terminate manifestazioni deplorevoli di violenza, che sarebbe ingiusto attribuire ad una sola delle parti contrapposte e che ancora mantengono insicurezza e continuano a spargere sangue, rancori e sofferenze fra quelle popolazioni a noi sempre tanto care, ed alle quali auguriamo di vero cuore di saper trovare, nel nome cristiano che le accomuna, motivi e forza per giungere finalmente ad una vera riconciliazione degli animi.

3. Ma altre situazioni di conflitto, o quanto meno di agitazioni - anche a non parlare del Medio Oriente, sul quale dovrà soffermarsi più oltre il nostro discorso - rimangono, o si sono di recente prodotte, sia in Africa, sia nell’America Latina.

Contemplando simili realtà tanto complesse, e per le quali torna non di rado assai difficile dare un compiuto giudizio, sia circa la verità o la esattezza dei fatti denunciati, sia sui diritti rivendicati o sulle ragioni addotte dalle diverse parti in lotta, noi non possiamo, in questa sede e nella evocata prospettiva dell’Anno Giubilare, se non alzare la nostra voce, solenne e ammonitrice, per ricordare al mondo l’esigenza della giustizia e dell’amore: della giustizia che impone a tutti, individui governanti e popoli, il rispetto dei diritti di ciascuno; dell’amore che promuove, vivifica e completa l’opera della giustizia, nella comprensione, nella generosità, nella collaborazione di fratelli con fratelli.

Parole cristiane, ed umane insieme, che noi tanto più volentieri ripetiamo proprio nel momento in cui la comunità delle Nazioni commemora il XXV della Dichiarazione dell’ONU sui Diritti Umani. Sì, finché i diritti di tutti i popoli, fra i quali quello alla autodeterminazione e alla indipendenza, non saranno debitamente riconosciuti e onorati, non potrà esservi pace vera e duratura, anche se il prepotere delle armi possa temporaneamente aver ragione della reazione degli oppositori. Finché, nell’ambito delle singole comunità nazionali, chi detiene il potere non rispetterà nobilmente i diritti e le legittime libertà dei cittadini, la tranquillità e l’ordine - se pure possano essere forzatamente mantenuti - non saranno che un simulacro ingannevole e insicuro, non più degno di una società di esseri civili.

La psicologia degli uomini è tale che, mentre essi sono pronti a commuoversi per l’instaurarsi di nuove situazioni del genere - e l’emozione non sempre si commisura alla realtà, artificiosamente presentata a volte da un’abile e organizzata propaganda -, diventano poi quasi insensibili al perdurare delle situazioni stesse, quasi che il loro prolungarsi nel tempo, nonostante la impotente rivolta di chi ne è vittima, serva ad esse di giustificazione, specialmente quando sono coperte, come avviene purtroppo in non pochi casi, da una sorta di congiura del silenzio.

GIUSTIZIA E AMORE CONSEGUENZE DEI DIRITTI DELL’UOMO

Noi vorremmo in questa circostanza, richiamandoci appunto al motivo umano della commemorazione della ricordata Dichiarazione dell’ONU ed a quello spirituale dell’Anno Santo alle soglie, rivolgere a tutti il nostro appello ad un rinnovamento e ad una riconciliazione basati sul solido fondamento della giustizia e dell’amore: fondamento che deve servire anche a favorire una sincera pace e riconciliazione fra le classi e i gruppi sociali, così facilmente divisi e opposti gli uni agli altri da motivi di comprensibile interesse particolare, ma che non sempre sa tenere il conto doveroso dei diritti e degli interessi legittimi degli altri, e ispirarsi ad una visione del bene comune.

LA QUESTIONE DEL MEDIO ORIENTE

4. Il Medio Oriente!

Per tutti è la culla di antichissime e nobilissime civiltà, del cui ricordo e delle cui ricchezze ancora vive e si avvantaggia l’umanità. Per l’uomo religioso è la sorgente di grandi movimenti spirituali che, divisi e diversi fra loro, hanno in comune la credenza di un unico Dio, Creatore e Signore dell’universo e dei suoi destini. Per i cristiani è la terra nella quale Dio ha intessuto la trama iniziale del suo misterioso disegno di salvezza e nel cui cuore - divenuto così il cuore del mondo - si trovano i luoghi dove il Salvatore Divino, del Quale stiamo per commemorare nuovamente la nascita nel tempo, ha trascorso gli anni della sua esistenza terrena, è morto per la vita degli uomini ed è risorto per la nostra speranza e per la nostra gioia.

Quella Terra è da molti, da troppi anni, il teatro di un conflitto che affligge e mette in pericolo la stessa pace di un più ampio cerchio di Nazioni, e forse del mondo; conflitto che ha provocato lutti e sofferenze senza termine a tante popolazioni inermi ed innocenti, che fa oggetto e movente di odi e di rivalità una Terra e una Città che dovrebbero essere simbolo e richiamo ad unità di cuori per milioni e milioni di uomini, i quali ad esse guardano come a faro di fede e di amore.

L’ambigua e discontinua situazione di non-pace e non-guerra, che si andava protraendo da oltre sei anni, è stata rotta, nell’ottobre scorso, dallo scoppio di nuove ostilità belliche.

Un intenso e animoso lavorio, per il quale abbiamo avuto già modo di manifestare il nostro apprezzamento, ha condotto, dapprima ad una cessazione del fuoco, ed ora ad una Conferenza di pace, che si apre proprio oggi a Ginevra, sotto gli auspici delle Nazioni Unite e che, pur essendo, per il momento almeno, incompleta nei suoi partecipanti, apre la via a negoziati che consentono di sperare in positivi sviluppi per la definitiva composizione dell’annoso conflitto.

Queste speranze, accompagnate da voti ferventi per il buon successo della grande iniziativa, noi abbiamo espresse in un Messaggio al Segretario Generale dell’ONU, e vogliamo qui nuovamente esprimere invitando l’orbe cattolico ad unire la sua preghiera per la pace nel Medio Oriente all’augurio che sale - ne siamo sicuri - dal cuore di tutti gli uomini di buona volontà.

L'AZIONE DI PACE DELLA SANTA SEDE

La Santa Sede, come già ha fatto in passato, continuerà a seguire con ogni cura gli svolgimenti della situazione, mantenendosi in contatto con i suoi protagonisti e con quanti hanno titolo e volontà di contribuire alla sua giusta soluzione: pronta sempre a dare volenterosa collaborazione perché gli sforzi in atto abbiano felice coronamento in accordi che possano garantire in maniera soddisfacente, a tutte le parti interessate, tranquilla e sicura esistenza e il riconoscimento dei rispettivi diritti.

All’interesse generale e vivissimo per la pacificazione di quelle tormentate regioni, si unisce in noi la particolare preoccupazione per le condizioni e per le sorti di coloro che maggiormente hanno sofferto e soffrono per le vicende succedutesi dal 1947 ad oggi: pensiamo in particolare alle centinaia di migliaia di persone profughe dalla loro terra, ridotte a disperate condizioni di vita, o altrimenti contrastate nelle loro legittime aspirazioni. Anche se la loro causa è talvolta proposta all’attenzione del mondo e perfino compromessa con atti che ripugnano alla coscienza civile dei popoli e che in nessun caso sono giustificabili - e ne abbiamo avuto purtroppo un nuovo tragico esempio proprio in questi giorni, e proprio vicino a questa nostra alma Città episcopale -, si tratta pur sempre di causa che esige umana considerazione e invoca con la voce di masse abbandonate e non colpevoli, una giusta e generosa risposta.

LA TUTELA DEI LUOGHI SANTI

Né staremo qui a ricordare il dovere, più ancora che il diritto, che a noi incombe di adoperarci perché ogni eventuale risoluzione toccante lo stato di Gerusalemme e dei Luoghi Santi nella Palestina, risponda alle esigenze del particolare carattere di quella Città, unica al mondo, e ai diritti e alle legittime aspirazioni degli appartenenti alle tre grandi religioni monoteistiche che hanno, nella Terra Santa, Santuari fra i più preziosi e cari al loro cuore.

L’interesse cortese già da tante parti manifestato per conoscere il pensiero della Santa Sede su tali questioni e la deferenza a noi dimostrata dalle Autorità d’Israele, ci fanno sicuri della possibilità di far convenientemente udire la nostra voce quando tali questioni saranno sottoposte a concreta discussione.

Ecco. Il richiamo alla Terra di Gesù ci riconduce quasi naturalmente al motivo di fondo di questo nostro colloquio: il rinnovamento degli animi, la riconciliazione, postulati da una genuina comprensione del significato e dei fini dell’Anno Giubilare. Non è forse venuto Lui, Gesù, per rinnovare tutti e tutto: «Ecce, nova facio omnia»? (Apoc. 21, 5) Non è Lui la nostra pace e la nostra riconciliazione? (Cfr. Eph. 2, 14-16)

In Lui davvero, nella sua dottrina - luminosa ancora, nuova e continuamente innovatrice come quando l’ascoltarono attonite, per la prima volta, le rive del lago di Genezaret, le alture della Galilea e della Giudea, le vie e le piazze di Gerusalemme -, nell’esempio e nell’impeto trascinante del suo amore per l’uomo, l’umanità può trovare entusiasmo ed energie sufficienti per riprendere con decisione, alle soglie del nuovo anno, il cammino della difficile ricerca di un ordine che, all’interno delle singole comunità nazionali e in quella internazionale, fondi in giustizia, in equità, in generosa collaborazione, il pacifico rapporto che è insieme dovere e necessità per la famiglia umana.

Di coraggio, di decisione, di energica saggezza ha infatti bisogno il mondo per non perdere la speranza in una pacificazione che, sebbene resa, oggi più che mai, urgente dal terrore della potenza distruttiva delle nuove armi, potrebbe apparire una meta quasi irraggiungibile, un’utopia.

Noi non ci stancheremo di ricordare che un forte rinnovamento morale è indispensabile a realizzare ciò che il solo equilibrio delle forze e della paura mal riesce a stabilire.

Possa l’Anno Santo, che il mondo cattolico è chiamato a celebrare, dare a tale rinnovamento il decisivo contributo che è nei nostri voti!

E accresca in tutti gli uomini il Natale del Signore, che stiamo per commemorare, quella buona volontà che ha le premesse della vera pace!

Con la nostra Benedizione.

                             



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