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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER L’INAUGURAZIONE DI UNA MOSTRA SU SAN PAOLO

Sabato, 8 ottobre 1977

 

Prima ancora di fermare lo sguardo sulla Mostra artistica, che abbiamo davanti, noi dobbiamo rivolgere la nostra attenzione agli Artisti, che ne sono gli autori, e che meritano il nostro riverente, riconoscente e cordiale saluto, anche perché questa è ottima occasione di conoscerli di persona, e la persona primeggia sempre nella scala dei nostri interessi.

A voi, Artisti, autori delle opere che sono qui esposte, il nostro grato e riverente «benvenuto», come si offre a persone, che per la loro qualificante professione, sono nella nostra stima e nella nostra simpatia. Alcuni di voi ci sono già noti per precedenti incontri, o per la rinomanza che circonda l’opera vostra; e noi siamo lieti ed onorati che ci si offra una felice occasione per assicurarvi che l’antica e tradizionale simpatia umanistica, di cui gli Artisti hanno goduto in questa casa di San Pietro, dove l’Ineffabile ha domicilio (Cfr. 1 Petr. 1. 1-5), non è spenta, anzi è rianimata da nostalgico amore e da rinascente amicizia. Anche oggi ve ne è dato argomento; qui voi non siete del tutto forestieri, ma attesi, accolti, compresi anche (non sempre facile cosa!), e sempre con nostra segreta speranza che una nuova epifania di imprevista bellezza abbia una sua rivelatrice aurora.

Dunque, Signori, a voi il nostro omaggio, pieno di riconoscenza e di ammirazione.

Poi il nostro occhio, com’è naturale in un’esposizione d’opere d’arte, si rivolge ai vostri lavori, e ne subisce l’incanto, commosso da un duplice sentimento, di riconoscenza e di ammirazione. Non rinunceremo ad un altro sentimento, quello di critica, istintivo anche in noi che pur non abbiamo pretese di consumata competenza, e che noi rimandiamo al momento più tardo dopo la visione e dopo la riflessione.

Per comprendere questa singolare manifestazione artistica dobbiamo rifarci all’idea che le ha dato origine; idea il cui merito spetta ad un gruppo di amici, molto bravi ed appassionati circa i problemi artistici-spirituali, i quali, a nostra insaputa, si sono proposti d’onorare gli ottanta anni, che abbiamo testé compiuti, invitando appunto ottanta Artisti a concorrere, ciascuno con una propria opera, alla composizione d’una raccolta di lavori, tutti e ciascuno aventi per soggetto San Paolo, con l’intenzione di fare cosa grata alla nostra ottantenne persona, offrendole in venerazione una collezione d’immagini raffiguranti l’Apostolo, del quale, come indegnissimi, ma fedeli cultori, noi, pur senza abdicare in privato il nome battesimale del Precursore Giovanni Battista, sempre da noi veneratissimo, abbiamo assunto il nome per ottenerne la protezione, senza alcuna presunzione di saperne seguire a dovere gli insuperabili esempi; così che dobbiamo noi stessi essere lieti di questa preziosa e originale apoteosi, che voi Artisti, assecondando l’ardita proposta a voi fatta, avete reso all’Apostolo, dottore delle genti (1 Tim. 2, 7), seguace ed emulo e nel martirio, come poi nel culto, socio dell’Apostolo Pietro (Cfr. Gal. 1, 18; 2, 2. 8-9. 14; PRAT, St. Paul, pp. 56 ss.). Sappiamo che l’idea primitiva ha avuto un complemento nel voler illustrare un tema centrale della teologia Paolina quale quello di Cristo Crocifisso e Risorto con opere di altri artisti, di cui alcuni non più viventi.

Anche ai generosi donatori di queste opere vada il nostro più commosso e sincero ringraziamento.

Ed eccoci alla figura di San Paolo, la quale, com’essa doveva, non solo ha ispirato il vostro genio artistico, ma l’ha certamente tormentato. Vero che San Paolo stesso confessa la sua estetica umiltà, e forse il cambiamento stesso del suo nome ebraico, Saul, dalle risonanze maestose, in quello di Paulus, che richiama un concetto di piccolezza; cambiamento che Sant’Agostino pensa si possa attribuire ad un proposito di umiltà di San Paolo stesso: «Non ob aliud hoc nomen elegit, nisi ut se ostenderet parvum, tamquam minimus apostolorum» (S. AUGUSTINI De Spiritu et littera, VII, 12: PL 4, 207). Forse la sua presenza suggeriva questa autodefinizione, ricordando le parole di Paolo relative alla sua persona: «praesentia autem corporis infirma et sermo contemptibilis» (2 Cor. 10. 10).

Si vede che d’intorno a Paolo ferve una polemica che tende a discreditarlo ma che offre a lui l’occasione, per noi fortunata, di fare una propria apologia che ci lascia intravedere una grandezza incomparabile. È una pagina celebre della seconda lettera ai Corinti; essa dovrebbe essere letta e fissata in una precisa ricostruzione storica, di cui gli «Atti degli Apostoli» ci conservano solo fugaci frammenti; basti ora a noi rievocarne qualche frase per comprendere quale sia la statura del «piccolo» Paolo; scoppia la parola sotto la sua penna: «In quello in cui qualcuno osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io lo sono. Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una follia: io lo sono più di loro! Molto più nelle fatiche, molto più nelle prigionie, oltre misura di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso giorno e notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli sui fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte dei falsi fratelli, fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese. Se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta montava la guardia alla città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato per il muro in una cesta e così sfuggii dalle sue mani. Bisogna vantarsi? Ma ciò non conviene! Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo che quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo .:. fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare . . . Per la grandezza delle rivelazioni mi è stata messa una spina nella carne . . . A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta infatti nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, affinché dimori in me la potenza di Cristo» (2 Cor. 12).

Questa rievocazione drammatica e mistica insieme che San Paolo fa della sua biografia ci fa pensare al messaggio dottrinale che egli lasciò alla Chiesa ed ai secoli sopra Cristo e che diede conclusione all’economia religiosa dell’Antico Testamento e che portò contributo straordinario e decisivo alla formazione del Nuovo Testamento, cioè del rapporto ora vigente e duraturo fino alla fine del mondo presente fra Dio e l’umanità. Paolo, sebbene favorito da una rivelazione personale (Gal. 1, 12 Gal. 1, 12), è perfettamente nell’alveo del Vangelo apostolico, con Pietro e con gli altri apostoli e la prima comunità cristiana; ma egli più di tutti presenta alcuni aspetti essenziali della religione scaturita dalla tradizione ebraica, come l’assoluta ed esclusiva preminenza di Gesù Cristo, Salvatore e Mediatore, unico e necessario, del Quale egli si sa e si dichiara «praedicator et apostolus et magister gentium» (2 Tim. 1, 11); egli rompe più degli altri apostoli gli argini che contenevano Israele chiuso etnicamente in se stesso, e comincia risolutamente a diffondere la religione universale di Cristo per tutta l’umanità; è il primo missionario volontario e cosciente della Chiesa Cattolica (Cfr. Rom. 1, 14).

Accogliamo perciò con appassionata attenzione anche la testimonianza artistica di questa Mostra; essa ci avverte che non mai è esaurita la nostra ammirazione su questa apostolica figura e ringraziamo tutti quanti Artisti, donatori, promotori, e a tutti auguriamo che il motto di S. Paolo «in Cristo» sia luce e salvezza. Con la nostra Benedizione.

                             



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