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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII 

«LA DEVOTA PRESENZA» 

18 marzo 1945

 

La devota premura con la quale, diletti figli e figlie, siete qui accorsi in dense schiere da tutte le parti dell’Urbe, Nostra Sede episcopale, è una testimonianza vivente della vostra docile corrispondenza alla esortazione che la Chiesa nella Domenica di Passione rivolge a tutti i fedeli: «Utinam hodie vocem eius audiatis » (1).

Possiate oggi udire la voce del Signore! Questa voce del Signore, di cui le campane delle vostre chiese, i potenti bronzi di questa Patriarcale Basilica vi apportano quasi una debole eco, ha risonato durante le trascorse settimane di Quaresima nell’intimo dei vostri cuori, mentre, adunati intorno ai pergami delle vostre parrocchie, ascoltavate la parola degli zelanti predicatori delle Missioni da Noi ordinate, i quali, come fecero già nei secoli passati i loro predecessori, vi inculcavano con ardente sollecitudine, talvolta anche con amorevole severità, di pensare e di provvedere alla sola cosa necessaria, all’« unum necessarium » (2), alla vostra propria spirituale salvezza e santificazione.

In questo tempo benedetto il Seminatore divino è passato in mezzo a voi e ha gettato a profusione il seme della sua parola nelle vostre anime, che con tante preghiere e penitenze si erano preparate a riceverlo, come in terra buona e feconda.

Ed ora, dinanzi alla Santa Croce, sulla quale Cristo, le braccia distese, vi chiama e vi attende, Noi, suo indegno Vicario, vi scongiuriamo, figli e figlie dilettissimi, affinché « rinnegata l’empietà e i desideri mondani, viviate in questo secolo con temperanza, con giustizia e con pietà, aspettando quella beata speranza che è l’apparizione gloriosa del gran Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo » (3).

D’ora innanzi non vi sia nessuno tra voi che manchi di innalzare ogni giorno il cuore e le mani verso Dio in umile e fiduciosa preghiera di adorazione, di lode, d’impetrazione, e di ringraziamento.

Santificate la Domenica, il giorno del Signore, come i fedeli romani, vostri padri, ve ne han dato l’esempio fin dal tempo degli Apostoli; accorrete tutti assiduamente al santo Sacrificio della Messa, accostatevi numerosi alla sacra Mensa eucaristica e diportatevi in guisa che il Dio della pace e dell’amore sia con voi nella vostra vita domestica e sociale (4).

Voi, o genitori, ricordatevi sempre che siete responsabili dinanzi a Dio, dinanzi alla Chiesa, dinanzi alla umana società, del bene spirituale e temporale dei vostri figli. E voi, figliuoli e figliuole, rinnovatevi nel dovuto rispetto e nella obbedienza verso coloro che vi hanno dato la vita e tengono per voi il luogo di Dio.

Voi, o sposi, rammentatevi del momento in cui dinanzi all’altare del Signore vi prometteste solennemente e scambievolmente inviolabile fedeltà. Osservatela e custoditela integra, senza la minima incrinatura, senza la più lieve ombra, ed essa sarà sino alla fine per voi e per la vostra famiglia sorgente delle più abbondanti benedizioni. Che se invece in un popolo prendesse a diffondersi e a dominare il morbo funesto della infedeltà coniugale, una così gran colpa attirerebbe su di lui maledizioni e sciagure.

Tutti insieme, con generosa emulazione, studiatevi di reintegrare e restaurare dappertutto l’onestà e la illibatezza dei costumi. Dappertutto: nella educazione della prole, nella formazione di una gioventù pura, sana, schietta, santamente altera e gelosa della sua virtù. Dappertutto: nella vita del lavoro, nelle ricreazioni, negli svaghi, negli esercizi sportivi. Altrimenti, è finito l’onore cristiano del popolo, è finita la sua stessa dignità umana, perché «Dio non ci ha chiamati alla impurità, ma alla santificazione » (5).

Nessuno di voi sia del numero di coloro i quali, nella immensa calamità in cui al presente è caduta la famiglia umana non vedono altro che una propizia occasione di arricchirsi disonestamente, sfruttando il bisogno e la miseria dei loro fratelli, aumentando indefinitamente i prezzi per procurarsi guadagni scandalosi. Guardate le loro mani: esse sono macchiate di sangue; del sangue delle vedove e degli orfani; del sangue dei fanciulli e degli adolescenti, arrestati o ritardati nel loro sviluppo per denutrizione e per fame; del sangue di mille e mille sventurati di tutte le classi del popolo, di cui col loro ignobile mercato si son fatti i carnefici. Questo sangue, come quello di Abele, grida al cielo contro i nuovi Caini. E sulle loro mani la macchia rimane indelebile, come imperdonabile resta il delitto nel fondo della loro coscienza, finché essi non lo avranno riconosciuto, pianto, espiato, risarcito nella misura in cui un così gran male è riparabile.

Non chiudete i vostri cuori alla voce del divino Maestro: « Beati i misericordiosi — egli disse —, perché essi troveranno misericordia » (6). Per amore di Cristo, unite vi fraternamente, aiutatevi vicendevolmente; voi che godete ancora dell’agiatezza o che l’avete di recente acquistata, e voi che l’avete miseramente perduta, rimasti senza pane, senza vesti e senza tetto, sostenetevi mutuamente, per superare, appoggiati gli uni agli altri, la crisi economica di cui soffre il Paese, e che sarebbe tanto attenuata, se una solidarietà veramente umana, se una carità cristiana veramente divina, legasse tutti gli uomini fra di loro!

Ascoltate dunque oggi la voce di Dio, non indurite il vostro cuore. Quella voce vi dice: «Che l’empio lasci la sua via e l’uomo iniquo i suoi propositi, e ritorni al Signore » (7).

A chi vuol essere sordo agli inviti divini, a chi vuole irrigidirsi contro la voce persuasiva dei pastori delle anime, contro la voce severa e pungente della coscienza, un’altra voce, una voce selvaggia, quella degli avvenimenti crudeli, dell’atroce realtà, si leva ad annunziare e ad ammonire che la guerra è il frutto e il salario del peccato. Il peccatore può ben cercare di stordirsi, l’empio potrà ben ostinarsi a camminare nei sentieri del male, lontano da Dio; la voce tragica si farà sempre più sonora, sempre più terribile, e al di là delle cause e delle responsabilità immediate dell’immane conflitto, al di là degli atti esterni e delle parole sensibili, penetrerà nel fondo silenzioso dei cuori per scrutare e svelare la causa profonda che ha destato e alimentato l’orribile incendio, lo spirito che ha suscitato e inasprito la discordia, che è lo spirito di orgoglio, di ambizione e di cupidigia. È lo spirito del male che si erge contro lo spirito di Dio, che vuol bandire dalla terra il regno di Cristo per divinizzare la forza materiale, per abolire nella vita dei popoli, e ancor più nei rapporti internazionali, ogni distinzione essenziale tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto.

A coloro che si sono lasciati sedurre dai fautori della violenza e che, dopo averli inconsideratamente seguiti, cominciano alfine a risvegliarsi dalla loro illusione, costernati nel vedere fin dove la loro docilità servile li ha condotti, non rimane altra via di salvezza che di ripudiare definitivamente la idolatria dei nazionalismi assoluti, gli orgogli di stirpe e di sangue, le brame di egemonia nel possesso dei beni terreni, e di volgersi risolutamente verso lo spirito di sincera fraternità, che è fondato nel culto del Padre divino di tutti gli uomini, e in cui le nozioni, da troppo lungo tempo opposte, di diritti e di doveri, di vantaggi e di pesi, si armonizzano nella giustizia e nella carità.

Ma la riconciliazione dei popoli non potrà avere garanzia di stabilità se non a condizione che essa si compia con lealtà e larghezza. — Noi non possiamo nemmeno supporre che dopo tanti tristi eventi vi sia alcuno il quale possa cedere alla tentazione di profittare della presente condizione di cose per volgere a proprio vantaggio, contro i dettami della giustizia, l’organizzazione della pace. Egli, infatti, potrebbe ben presentarsi per il momento come un benefattore della umanità; ma più tardi la storia, che giudica alla luce di più alti princìpi e di più vaste esperienze, saprebbe classificarlo non fra coloro che hanno contribuito a redimere il mondo dalla oppressione e dalla violenza, bensì fra quelli che, in un’ora grande, grave e risolutiva, hanno rimpiccolito o deluso le aspettazioni dei popoli, ai quali indicibili sofferenze conferivano un nuovo titolo all’osservanza dei loro inviolabili diritti.

Non dimentichiamo che dinanzi a Dio, « per il quale ogni cuore è aperto e a cui parla ogni volontà » (8), i cuori non hanno tenebre né le volontà segreti. Maestro e Signore sovrano, egli tiene nelle sue mani e può muovere a suo piacimento lo spirito degli uomini che credono di aver nelle loro i destini del mondo; egli può far nascere, germogliare e maturare i pensieri e i sentimenti ispiratori di una pace che corrisponda ai suoi disegni e alla speranza degli uomini di buona volontà. Egli può farlo, ma attende il nostro concorso, vuole che noi ne lo supplichiamo e preghiamo.

Ed ecco perché tutta la Cristianità, ecco perché in questo giorno i figli della eterna Città, col cuore contrito e umiliato, nel pentimento e nella espiazione, nella preghiera e nella penitenza, levano gli occhi e le mani verso Colui che solo può far seguire agli orrori della discordia e dell’odio, alle innumerevoli angosce delle popolazioni, specialmente nei Paesi che sono ancora campo di lotta, la serenità e la pacificazione di tutte le genti. Ed ecco altresì perché, memori che questo Signore e Padre « manifesta la sua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono » (9), noi lo scongiuriamo di mettere un termine a tanto flagello, di compiere la grande e sospirata rigenerazione della umanità profondamente ferita e di accelerare l’avvento della vera e durevole pace.

Il cammino che dovrà condurre dalla lotta alla sospensione delle ostilità, dalla tregua delle armi alla pace, è ancora nei suoi singoli stadi coperto da ombre, che potrebbero forse nascondere sorprese e pericoli. Quanto più l’uomo si sforza con le sue riflessioni e i suoi calcoli di prevedere e di prevenire i cimenti, tanto più vede talvolta uno spirito maligno attraversargli la via e sconcertare, almeno momentaneamente, i disegni meglio ideati.

Ma finalmente — e sia presta a giungere! — l’ora verrà, l’ora fissata da Dio, l’ora affrettata dal merito e dalla preghiera degli eletti (10). Che quest’ora vi trovi pronti, voi, specialmente, diletti figli della Nostra Roma! Nel vedervi in questo momento addensati ai piedi del grande obelisco, che fu testimone della passione di Pietro, il Nostro pensiero si riporta ai vostri avi, la cui fede riconoscente scolpì sul piedistallo granitico la esultante acclamazione: «Christus vincit! ». Questo trionfo di Cristo, auspicio di consolazioni e di speranze, i vostri padri, prima di inciderne la memoria sulla pietra, lo avevano esaltato con la prodezza nella lotta, con la generosità nella sofferenza. È questo l’onore della Roma cristiana, che ora è a voi affidato, onore che non consiste tanto nelle pietre delle sue basiliche e dei suoi monumenti, quanto nella fede, nell’amore, nella virtù dei suoi figli. Guai se questi lasciassero soltanto ai marmi, alle tele, ai ricordi dell’antico vanto, la cura di conservarlo!

Figli e figlie di Roma cristiana, siate fieri della eredità che i vostri padri vi hanno legata! Custoditela nell’onore: nell’onore di fronte a un passato che richiama e invita all’eroismo; nell’onore di fronte alle future generazioni, a cui dovete preparare in questo angoscioso presente la via dell’ordinato progresso e della vera e non caduca grandezza, per il conseguimento della terrena e della eterna felicità!


(1) Ps. 94, 7.

(2) Luc., 10, 42.

(3) Cf. Tit., 1, 11-13.

(4) Cf. 2 Cor., 13, 1 1.

(5) I Thess., 4, 7.

(6) Matth., 5, 7.

(7) Is., 55, 7.

(8) Miss. vot. ad postul. gratiam Spiritus Sancti.

(9) Orat. Domin. X post. Pent.

(10) Matth., 24, 22.

 

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