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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI DIRIGENTI E AGLI ASSOCIATI DEL
CENTRO SPORTIVO ITALIANO*

Piazza San Pietro - Domenica, 9 ottobre 1955

 

Vi siamo vivamente grati, diletti figli del Centro Sportivo Italiano, per averCi procurato l'intima letizia di trascorrere breve tempo con voi e di ammirare questo stupendo spettacolo di freschezza e di forza giovanile, offerto dalle vostre folte schiere di atleti, nelle quali Ci sembra di vedere presente la intiera gioventù cristiana, a Noi carissima, che paternamente salutiamo e benediciamo.

Voi avete desiderato che il filiale vostro incontro con Noi, destinato a suggellare la celebrazione decennale del vostro Centro, si svolgesse qui, in Piazza San Pietro. Felice scelta! Quale luogo infatti più indicato per accogliere la gioventù cattolica e sportiva, che questa mirabile piazza cosi, ricca di significati anche per voi, o atleti, e quasi specchio di ciò che cercate nell'esercizio dello sport? La potenza e l'armonia; l'ordine e la bellezza; lo sforzo, la vittoria e la celebrità del primato, espressi sotto forme artistiche dalla incomparabile architettura della cupola, della facciata, del colonnato, dell'obelisco; sono appunto le mete ideali vagheggiate da ogni atleta. Specialmente l'aura sacra, che qui tutto avvolge, e che siete venuti di proposito a respirare, risponde alla vostra brama di attingere dai principî cristiani i motivi e le norme capaci di affrancare lo sport dalle strettoie della materia e di elevarlo in regioni degne dell'anima spirituale e immortale. Lasciate dunque che vi accolga e stringa uniti nella fede e nei nobili desideri l'amplesso simbolico di questo colonnato, che serve di piedistallo alle schiere di santi — atleti, anch'essi, vittoriosi dello spirito —, come vi recingono con affettuosa predilezione le braccia materne della Chiesa, sempre pronta ad illuminare e sostenere i suoi giovani figli, nell'arduo agone della vita, verso le spirituali vittorie.

La fausta celebrazione del primo decennio del vostro Centro vi ha condotti qui come per un corroborante ritorno alla sorgente. Qui, infatti, nella Pentecoste del 1945, voi apprendeste dal Nostro insegnamento lo spirito, che avrebbe dovuto animare la vostra nascente associazione. Erano allora i tristi giorni del dopoguerra, contrassegnati, per un lato, dal quasi generale smarrimento delle menti, e per l'altro, da un fervore quasi frenetico di rinascita e di nuove intraprese, in ogni campo della vita della vostra Nazione. In verità, malte opere, tentate allora sotto l'impulsa del momento, e non per intrinseca necessità, ben presto deperirono, come semi caduti in terreno roccioso; altre, invece — semi buoni in terra buona — si svilupparono in piante ubertose. Tale fu il Centro Sportivo Italiano, fondato contemporaneamente ad altre opere ed associazionï cattoliche, le quali trovarono l'« humus » favorevole, ove affondare le radici, nelle schiere dell'Azione Cattolica, che per lunghi anni, nel silenzio e nonostante l'altrui incomprensione e ostilità, aveva educato interiormente una larga fioritura di anime alla preghiera, all'azione, al sacrificio, e pertanto alla pronta rinascita. Il timido virgulto del Centro Sportivo attecchì felicemente, perchè rispondeva al bisogno, sentito già da molti anni, che vi fosse per i giovani cattolici una solida organizzazione tecnica ad ampio raggio, sorretta dai principî cristiani, ma di cui le esterne circostanze avevano impedito fino allora l'attuazione.

Con l'avvento del presente secolo lo sport ha assunto proporzioni tali, per le schiere dei dilettanti e dei professionisti, per le folle accorrenti negli stadi e per l'interesse destato mediante la stampa, da costituire un fenomeno tipico della odierna società. L'accresciuta importanza suscitò, a sua volta, nuovi riflessi e problemi nel campo dell'educazione, della pratica religiosa, della moralità, perfino in quello sociale, da non poter essere trascurati dalla Chiesa, sollecita sempre di promuovere organizzazioni rispondenti alle nuove esigenze.

Nella menzionata circostanza del sorgere del vostro Centro fu ancora una volta necessario spiegare che la Chiesa non può trascurare, come opera a lei estranea, la cura dei corpi e la cultura fisica, quasi fossero di sua competenza soltanto le « cose puramente religiose » ed « esclusivamente spirituali »; che esistono delle virtù naturali e cristiane, senza le quali lo sport non potrebbe svilupparsi, ma decadrebbe inevitabilmente in un materialismo chiuso, fine a sè stesso; che i principî e le norme cristiane applicate allo sport gli schiudono più elevati orizzonti, illuminati perfino da raggi di mistica luce. Ci studiammo perciò, in quella ed in altre occasioni, di tracciare le linee maestre concernenti l'armonia dei rapporti tra i principi cristiani e le attività sportive, spesso a voi ricordate e spiegate.

È ora giusto che, trascorsi dieci anni dalla fondazione del vostro Centro, vi rivolgiamo le meritate lodi per aver voi fatto tesoro dei Nostri insegnamenti e conseguito ottimi risultati organizzativi e tecnici, in virtù dei quali il Centro Sportivo Italiano si è guadagnato la fiducia della gioventù e l'ammirazione degli altri organismi nazionali, ai quali con discrezione e buona intesa vi siete affiancati. Ma sopra gli altri risultati desideriamo d'indicare particolarmente quello che forma lo scopo essenziale del vostro Centro, vale a dire, il vostro influsso cristiano nel mondo sportivo, il cui ulteriore incremento vi proponiamo come impegno per l'avvenire. A che cosa infatti mira la Chiesa nel dare impulsa alle associazioni di categoria, come la vostra? Non si propone certo di avere il monopolio di determinate attività, nè di segregare in esse i fedeli, togliendoli dal mondo aperto a tutti. Non questo, bensì di offrire loro il tipo di una determinata azione e d'insegnare in che modo deve essere praticata secondo i principi religiosi e morali. Essa quindi compie ed integra ciò che manca a un'idea, ad un'attività o ad un'opera, che per eccessi o per difetti o per assenza di fondamenti ideali non siano pari, se non addirittura contrarie, alla dignità cristiana. È anche evidente che un'associazione formalmente cattolica dà le migliori garanzie ai suoi membri di praticare i principi professati, e quindi — pur senza pregiudizio dell'apostolato verso persone e gruppi lontani — è maggiormente raccomandata ai fedeli più ferventi. Il Centro Sportivo è una di queste associazioni, che, proponendosi all'interno la pratica cristiana dello sport, vuole esserne modello all'esterno, in un terreno ove è facile trascurare i sommi valori dello spirito, esaltare più del giusto quelli del corpo e dimenticare i doveri i essenziali verso Dio e la famiglia.

Lievito di cristianesimo voi dunque sarete negli stadi, sulle strade, sui monti, al mare, ovunque si innalza con onore il vostro vessillo.

Fin da ora, con lo sguardo rivolto all'avvenire, conviene che vi prefiggiate un programma di progresso e di estensione, in modo che il Centro, trascorsa la prima età, sappia affrontare con vigore di gioventù il prossimo decennio, che si presenta ricco di importanti eventi. Spetta ai vostri dirigenti lo stabilire i singoli punti, in conformità delle massime, che desideriamo d 'indicarvi.

Anzitutto, quanto al lato organizzativo e tecnico, converrà incrementare la diffusione del sano sport, anche tra la gioventù non abbiente, come del resto lodevolmente il Centro si è proposto di fare fin dall'inizio. Se siete persuasi che lo sport tempra e fortifica i corpi, educa lo spirito e l'addestra a più alte vittorie, non potrete permettere che numerose schiere di giovani siano privati di questi beni a causa della povertà.

Converrà inoltre che i dirigenti siano ben preparati non solo spiritualmente, ma anche tecnicamente, poichè l'indirizzo tecnico-scientifico dello sport è oggi riconosciuto come una necessaria esigenza. Si sappia in primo luogo distinguere tra la semplice ginnastica e l'atletismo, e tra questo e l'agonismo. La ginnastica procura il normale sviluppo e la conservazione delle forze fisiche; l'atletismo mira al superamento del normale, ma senza il confronto con altri soggetti, e senza sconfinare nell'acrobatismo, che è piuttosto un freddo mestiere; l'agonismo invece tende, per mezzo della leva dell'emulazione, a raggiungere gli estremi limiti che possono toccare le energie fisiche sapientemente impiegate. Nelle molteplici attuazioni dello sport, è anche bene discernere gli esercizi, in, cui prevale la forza, da quelli in cui primeggia l'agilità dei muscoli o la destrezza nell'uso degli strumenti e delle macchine. Ora, il moderno indirizzo tecnico-scientifico esige giustamente che innanzi tutto si proceda con oculatezza nell'ammettere i soggetti ai tre tipi di sport, in modo che non soffrano danno per avventate scelte o per la sproporzione della loro costituzione fisica, o per immaturo passaggio dall'uno all'altro esercizio. Eguale prudenza occorre nel rassegnare o permettere una delle tante specialità dell'atletismo e dell'agonismo. L'ufficio di esaminare preventivamente i soggetti, di avviarli alle specialità, di seguirne il progresso, spetta principalmente al medico, oggi ben provvisto di mezzi di indagine e di esplorazione, e la cui assistenza non dovrebbe mai mancare ad una associazione premurosa del benessere di ciascuno dei suoi membri.

È superfluo dire quanto sia necessario il ricorso alla tecnica nella preparazione e nell'esercizio dei soggetti idonei. La serietà di una associazione sportiva, che voglia davvero conseguire il suo fine prossimo, non ammette ormai più che si proceda per la via dell'autodidattismo e dell'empirismo, come era nel passato, quando lo sport si distingueva poco dal semplice divertimento. Esiste oggi una tecnica in ciascuna specializzazione dello sport, che non solo facilita l'ottenimento dei buoni risultati, ma giunge là ove il dilettantismo, anche se animato da buona volontà, non potrà mai pervenire. Tuttavia l'impiego della tecnica, benchè sia un elemento necessario specialmente nelle gare, non è nè tutto, nè il meglio. La tecnica, nello sport, come nelle arti, non deve esser d'impaccio allo spiegamento delle forze spirituali, quali l'intuito, la volontà, la sensibilità, il coraggio, la tenacia, che sono, in fondo, il vero segreto di ogni felice successo. Non basta il soggetto fisiologicamente perfetto, nè l'osservanza scrupolosa di tutte le norme tecniche accumulate dalle esperienze dei maestri, per ottenere una vittoria degna di ammirazione e suscitatrice di entusiasmo. Il tecnicismo freddo, non solo impedisce il conseguimento dei beni spirituali che lo sport si propone, ma, quando anche conduce alla vittoria, non soddisfa nè chi lo esercita, nè chi vi assiste per goderne. Questo vogliono dire le folle degli stadi, allorchè, talora, deplorano che le compagini in lizza non giuocano col cuore, poichè, in generale, quando si tratta di una attività umana, il punto di partenza e di arrivo deve essere sempre l'elemento psichico; in altre parole, lo spirito deve predominare sulla tecnica. Servirsi della tecnica, ma far prevalere lo spirito; sarà questa la norma fondamentale del vostro Centro, nell'educare sportivamente i giovani.

Ma quali sono le norme di una educazione sportiva e cristiana? Nessuno si attenda un duplice elenco nettamente separato: di quelle che riguardano il cristiano, e delle altre che concernono lo sportivo, poichè le une con le altre si compenetrano integrandosi.

Trattando altre volte di questo argomento, indicammo alcune di esse, tra le principali, che ora vogliamo brevemente ricordare. I giovani si persuadano primieramente che la cura del corpo non è fine a sè stessa, ma deve essere indirizzata al perfezionamento intellettuale e morale dell'anima; che l'esercizio dello sport non deve impedire i doveri del proprio stato, di studenti, di lavoratori, di professionisti, ma favorire la loro osservanza, almeno indirettamente come rinfranco di energie; che nessun motivo dispensa lo sportivo dal rispetto della comune legge morale nel suo triplice oggetto: Dio, la famiglia e la società, sè stessi. Riguardo a quest'ultimo, è da deplorare l'errore che vorrebbe illimitato il diritto di disporre del proprio corpo, e quindi di sottoporlo a rischi evidenti, a fatiche logoranti, oppure, affine di ottenere ciò che le proprie forze sono incapaci di dare, di assorbire sostanze gravemente dannose, come i forti stimolanti, i quali, oltre a danneggiare, forse irreparabilmente, l'organismo, sono giudicati dai periti quasi come una frode. Non lieve, in questi casi, è la responsabilità anche degli spettatori, degli organizzatori e degli scrittori, quando essi esaltano il rischio temerario od esigono dagli atleti sforzi disumani.

Con azione positiva l'educazione sportiva mirerà a sviluppare le facoltà dell'intelligenza e della volontà, specialmente nelle gare agonistiche: la prima addestrando i giovani alla riflessione, al raziocinio, all'economia previdente delle forze, ad intuire il comportamento tattico degli avversari, per saper cogliere il momento giusto dell'impiego delle proprie riserve di energia e di destrezza. Più difficile è l'educazione della volontà, il cui vigore, nello sport agonistico, si può dire che sia l'elemento determinante del buon successo, mentre è allo stesso tempo il frutto più cospicuo che il giovane può trarre per la sua vita di uomo e di cristiano. Tutto può concorrere a questa educazione: la coscienza del dovere, il legittimo desiderio della vittoria, il piccolo sacrificio, come il diletto, il giusto senso dell'onore.

La volontà bene addestrata a gareggiare si manifesta nella preparazione accurata e metodica, nella perseveranza dopo il cattivo esito, nella resistenza al più forte, nella tolleranza dei disagi, nell'ardimento e nel superamento di sè stesso.

Non dunque i muscoli adamantini, nè la prontezza dei riflessi, o le facili vittorie costituiscono la nobiltà e l'attrattiva dello sport; ma il sicuro dominio delle facoltà spirituali. Guardate le folle che si assiepano lungo una strada per giudicare un manipolo di ciclisti e tributare al migliore i loro applausi. Chi è per essi il migliore, se non colui che unisce alla forma tecnica perfetta la chiara intelligenza e la irresistibile volontà? È l'atleta che non si avventa impulsivamente, ma sa misurare le proprie e le altrui forze, resistere agli attacchi, servirsi dei legittimi aiuti, e ricambiare i servigi; che, ove fosse appiedato da sfortunati incidenti, non che rinunciare, sa riprendersi con rinnovata lena ed inseguire e raggiungere i « fuggitivi », uno dopo l'altro, per diecine e diecine di chilometri, finchè non abbia ripreso il suo posto di avanguardia ; quindi, senza concedersi e concedere tregua, sa lanciare la sua offensiva e trovare ancora la forza per l'ultimo balzo che lo porterà alla vittoria. A una simile volontà può anche mancare in ultimo il fortunato successo; ma non per questo quell'atleta cessa di essere il migliore, poichè, come dicono anche i periti, nello sport non è soltanto necessario vincere, quanto dar prova di valentia e di fortezza.

L'educazione sportiva vuole inoltre formare i giovani alle virtù proprie di questa attività. Esse sono, tra le altre, la lealtà che vieta di ricorrere a sotterfugi, la docilità ed obbedienza ai saggi ordini di chi guida un esercizio di squadra, lo spirito di rinunzia quando occorre tenersi in ombra a vantaggio dei propri « colori », la fedeltà agli impegni, la modestia nei trionfi, la generosità per i vinti, la serenità nell'avversa fortuna, la pazienza verso il pubblico non sempre moderato, la giustizia se lo sport agonistico è legato ad interessi finanziari liberamente pattuiti, ed in generale la castità e la temperanza già raccomandata dagli stessi antichi. Tutte queste virtù, sebbene abbiano come oggetto una attività fisica ed esteriore, sono genuine virtù cristiane, che non possono acquistarsi ed esercitarsi in grado esimio senza un intimo spirito religioso e, aggiungiamo, senza il frequente ricorso alla preghiera.

Praticato in questo modo, ed inserito nel campo soprannaturale, lo sport può diventare quasi un'ascesi, poichè l'Apostolo S. Paolo esorta a rivolgere a gloria di Dio tutto ciò che il cristiano opera (cfr. 1 Cor. 10, 31).

Tornerà forse a danno della tecnica una tale concezione spirituale e quasi ascetica dello sport? Al contrario! È accaduto di recente che da più parti si è invocato il ritorno degli atleti allo sport « puro », cioè a quelle finalità e a quei metodi, che nulla hanno di comune col cosiddetto « mercantilismo » e « divismo », ai quali vengono sacrificati gli alti ideali, la giustizia, la sanità degli atleti e il buon nome della nazione, che si vuol rappresentare nelle gare.

Se tutto ciò ha qualche importanza, nulla potrà meglio affrancare lo sport dalle lamentate deviazioni, quanto lo spirito cristiano e le virtù che da esso promanano.

All'alba del prossimo vostro decennio si delinea già l'importante avvenimento dei Giuochi Olimpici, ai quali è stata questa volta assegnata, come sede, Roma. Tale scelta voi avete accolta con giubilo, perchè equivale ad una testimonianza di stima da parte delle nazioni verso la gioventù sportiva del vostro Paese. Per differenti motivi, la notizia è stata appresa anche da Noi con gradimento, non solo perchè l'evento darà modo a molti di conoscere dappresso tante cose sante e belle nel centro della Cristianità, con loro spirituale vantaggio; ma offrirà altresì l'occasione a genti diverse di respirare l'aura di universalità propria di; questa Roma cristiana. Se è molto opportuno, nei tempi presenti, di promuovere e favorire i convegni tra popoli diversi, affinchè dalla conoscenza scambievole sorga l'amore e la fraternità, un loro incontro nell'Urbe, madre dei popoli e pacificatrice per eccellenza, consoliderà più efficacemente nelle schiere giovanili la volontà di pace e di collaborazione.

Quale potrebbe essere l'ufficio del Centro Sportivo nel quadro delle Olimpiadi? Auguriamo fin da ora che esso possa preparare atleti capaci di distinguersi in quelle gare, i quali, insieme con gli altri connazionali, facciano onore alla loro bandiera. Ma importa maggiormente che i giovani sportivi cattolici, e anche gli altri, e con essi le folle, si dimostrino, agli occhi degli ospiti, degni del nome e della grandezza di Roma cattolica, dando un cospicuo esempio delle accennate virtù.

Diletti figli del Centro Sportivo Italiano, e voi, giovani tutti che vi dedicate allo sport, attrattivi dagli ideali della perfezione fisica, o dal premio, o dalla gloria, ormai sapete perchè Ci siamo intrattenuti premurosamente nell'esporvi alcuni dei suoi valori ed aspetti.

Lo sport, quando sia inteso cristianamente, è di per sè un'efficace scuola per quel grande cimento che è la vita terrena, le cui mete sono la perfezione dell'anima, il premio della beatitudine, la gloria immarcescibile dei santi. Di questo agone più alto lo sport non è che una pallida immagine, ma con quali differenze! Mentre ai cimenti sportivi si è liberi di partecipare, nell'agone spirituale è necessario che tutti entrino e perseverino; mentre in quelli un solo tra molti ottiene la palma, in questo la vittoria è disposta ad incoronare tutti e ciascuno ; ma, soprattutto, mentre in quelli, ove manchino le energie, altro non resta che ritirarsi e dichiararsi vinti, in questo è sempre pronta a sollevare e rinvigorire le declinanti forze la forza stessa di Dio, che vuole tutti gli uomini salvi e vincitori.

Vi esortiamo dunque, carissimi giovani, fervidi di vita, di forza, di ardore, a riserbare la miglior parte della vostra ambizione e delle vostre energie all'agone dello spirito, nella ferma fiducia di giungere vittoriosi alla palma, mediante l'indomita volontà e con la grazia e l'esempio dell'unico Vincitore del mondo, Gesù Cristo.

Con questo voto, che come preghiera eleviamo per voi al trono dell'Altissimo, invochiamo su tutta la diletta gioventù cattolica l'abbondanza dei celesti favori, pegno dei quali impartiamo con effusione di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVII,
 Diciassettesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1955 - 1° marzo 1956, pp. 279 - 287
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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