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LETTERA ENCICLICA
ANNUS IAM PLENUS
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XV
AI PATRIARCHI, PRIMATI,
ARCIVESCOVI, VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA:
AFFINCHÉ I FANCIULLI DELLE NAZIONI PIÙ RICCHE,
CONTRIBUISCANO CON LE LORO OFFERTE AD ALLEVIARE LE SOFFERENZE DI QUANTI MANCANO DI OGNI COSA
 

 

Venerabili Fratelli,
salute e Apostolica Benedizione.

È già trascorso un anno da quando, appena ultimata la guerra, abbiamo rivolto un appello a tutti i cristiani affinché, nella prossimità del Natale di Nostro Signore, fossero mossi a misericordia dei bambini dell’Europa Centrale così gravemente sofferenti per fame e miseria da essere ridotti all’infermità e alla morte. Siamo profondamente lieti che non sia riuscito vano questo Nostro appello, ispirato da quella carità che, senza alcuna differenza di razza o di nazione, abbraccia quanti ritraggono in sé la divina immagine. Ciò è certamente ben noto a voi, Venerabili Fratelli, che con l’opera e la premura vostra concorreste fin dall’inizio ad un’impresa così salutare. Infatti, con una nobilissima gara di generosità da ogni parte del mondo fu elargita grande abbondanza di danaro, con la quale il Padre comune di tutti potesse provvedere alle necessità di tanti bambini innocenti e cancellare i loro dolori. Né mai cesseremo di esaltare la bontà di Dio, cui piacque che tanta larghezza di cristiana beneficenza potesse per Nostro mezzo riversarsi sui nostri piccoli figli abbandonati. A questo proposito non possiamo omettere di tributare pubblica lode alla società chiamata « Save the Children Fund » [Salviamo il fanciullo], perché non tralasciò alcuna premura e diligenza per raccogliere danaro, vesti e alimenti.

Senonché la miseria e la mancanza di ogni cosa apportate dalla guerra sono tanto molteplici e varie che gli aiuti che abbiamo procurati forse non hanno potuto pervenire in ogni luogo dove se ne sentiva la necessità, e dove pervennero non furono pari alla necessità. A ciò si aggiunge che nel corso dell’anno trascorso, da quando, Venerabili Fratelli, dirigemmo a voi l’Enciclica su questo stesso argomento, non è molto migliorata la condizione della maggior parte dei paesi, nei quali, perciò, i popoli, e soprattutto i fanciulli conducono una vita sempre più dura per la scarsità di ogni cosa. Anzi, in qualche luogo infierì di nuovo la guerra, con quei danni ingenti che necessariamente ne conseguono e con ogni sorta di calamità. Altrove, rovesciato l’ordine della cosa pubblica, e verificatesi stragi immani ed esecrande, avvenne che innumerevoli famiglie furono ridotte alla miseria, i coniugi vennero privati dei coniugi, i figli dei genitori. Né sono rare le regioni nelle quali è tanto difficile provvedere alle comunicazioni e ai viveri, che il popolo è stretto dalle stesse angustie che lo affliggevano al tempo della dolorosissima guerra.

Mossi dunque nuovamente dalla coscienza dell’universale paternità che Ci incombe, ripetendo quella parola del Divino Maestro «Ho pietà della folla… perché non ha da mangiare », nell’approssimarsi del Natale del Signore di nuovo rivolgiamo l’appello alle genti cristiane, perché Ci diano qualcosa per porgere un po’ di sollievo ai bambini ammalati ed indeboliti, dovunque essi si trovino. Per conseguire in più larga misura questo scopo, Noi ci rivolgiamo a quanti hanno viscere di benignità e di misericordia, ma soprattutto ai fanciulli delle regioni più ricche, come quelli che più facilmente possono aiutare i loro piccoli fratelli in Cristo. Forse che il Natale di Gesù Cristo non è la propria loro festa? Forse non devono sapere che i bambini abbandonati delle più misere regioni tendono verso di loro le mani, indicando la culla dove vagisce il divino Infante? Forse che quell’Infante non è il fratello comune di tutti? Egli « si fece povero pure essendo ricco », e da quel presepio, come da una cattedra di celeste sapienza, tacito insegna, non solo quanto sia grande il pregio della carità fraterna, ma anche quanto sia necessario che gli uomini fin dalla prima età distacchino il cuore dal desiderio dei beni di questo mondo e li condividano con i poveri più vicini a Cristo.

L’imminente solennità del Natale del Signore, che i genitori sogliono rendere lieta con doni ai loro figli, darà certamente modo ai bambini delle più ricche regioni di soccorrere con cibo e vestiti i coetanei sofferenti. E come infatti potremmo noi supporre in loro tale disposizione di animo da indurli a voler negare anche una parte del loro piccolo tesoro per sovvenire all’infermità dei bambini bisognosi? Quanta consolazione, quanta gioia procureranno a se stessi se faranno in modo che i loro piccoli fratelli, privi di ogni aiuto e di ogni divertimento, possano trascorrere i prossimi giorni festivi un po’ più comodamente, un po’ più lietamente! Infatti, come Gesù Bambino rallegrò col dolcissimo sorriso e adornò della preziosissima grazia della fede i pastori che nella notte natalizia si recarono da lui con doni per sovvenire alla sua povertà, così con la sua benedizione e con le celesti grazie ripagherà quei fanciulli che, accesi dalla sua carità, avranno alleviato la miseria e il pianto dei loro piccoli fratelli. Nulla essi potrebbero fare, nulla offrire, in quei giorni, a Gesù Bambino che maggiormente riesca a lui gradito. Perciò vivamente esortiamo i genitori cristiani, ai quali il Padre divino impose il gravissimo dovere di educare la prole alla carità e alle altre virtù, a servirsi di questa lieta occasione per suscitare e coltivare nell’animo dei figli sentimenti di umanità e di pia compassione. Ed a questo proposito vogliamo proporre ad imitazione un degnissimo esempio, dacché ricordiamo che nello scorso anno non pochi fanciulli di famiglie patrizie romane portarono a Noi delle offerte che, per suggerimento dei genitori, essi avevano raccolte tra loro non senza qualche privazione delle proprie ricreazioni.

Abbiamo detto che quest’opera di carità e di beneficenza piacerà immensamente al Bambino Gesù. Ed infatti, perché il nome di Betlem significa «Casa del Pane », se non perché di là doveva venire alla luce Cristo, il quale, sollecito della nostra debolezza, diede se stesso in cibo per nutrire le nostre anime, ed insegnò a noi con le parole «Dacci oggi il nostro pane quotidiano » a domandare ogni giorno dal Padre dei Cieli il nutrimento dell’anima e del corpo? Oh! quanto « si rallegrerebbe il Nostro cuore » se potessimo essere certi che nelle prossime solennità natalizie nessuna casa sarà priva di sollievo e di letizia, nessun fanciullo dovrà rattristarsi per la mestizia della madre, nessuna madre dovrà guardare con occhio di pianto i propri bambini!

Pertanto, Venerabili Fratelli, come nell’anno scorso, Noi affidiamo il Nostro proposito, perché sia condotto ad effetto, a voi tutti, e sopra tutto a coloro che vivono nelle regioni che godono di fortuna più prospera e di maggiore pubblica tranquillità.

Siccome voi dovete essere profondamente persuasi di quella parola di Cristo Signore: « Chi avrà raccolto uno di questi piccoli in mio nome, avrà raccolto me », Noi vi preghiamo a non lasciar nulla di intentato perché la generosità e la munificenza dei fedeli a voi affidati rispondano alla grandezza del bisogno. Vogliamo perciò che per il giorno 28 di questo mese, sacro agli Innocenti, o, se meglio credete, per il giorno festivo di precetto che lo precede, fin da ora indiciate la raccolta delle offerte in tutta la diocesi commessa a ciascuno di voi allo scopo di sovvenire ai fanciulli sofferenti in conseguenza della guerra, e che ciò raccomandiate specialmente ai bambini delle vostre diocesi. Provvederete a trasmettere con diligenza le offerte così raccolte sia a Noi, sia alla citata società « Save the Children Fund ». Per quel che riguarda Noi stessi, allo scopo di muovere a liberalità con l’esempio Nostro, dopo di avere esortato i fedeli con la parola, destiniamo a questa santissima opera di carità l’offerta di 100.000 lire italiane.

Frattanto, auspice dei premi celesti e pegno della Nostra benevolenza paterna, a voi, Venerabili Fratelli, a tutto il clero e al popolo vostro impartiamo con affetto l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 1° dicembre 1920, nell’anno settimo del Nostro Pontificato.

 

 BENEDICTUS PP. XV 

 

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