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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELL’ORDINE DI MALTA

 

Cari fratelli e sorelle!

A voi tutti, riuniti nel Capitolo Generale dell’Ordine Gerosolomitano di San Giovanni, rivolgo il mio cordiale saluto.

Vorrei anzitutto pormi con voi in ascolto del Vangelo: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, […] dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”» (25,31-40).

Queste parole ben sintetizzano la millenaria missione del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta. Esse rivelano ciò che Gesù ha annunciato e soprattutto vissuto: che l’amore per Dio esige l’amore per il prossimo. Egli si identifica con i poveri e i bisognosi, con i piccoli di questo mondo. Lui si è fatto il più piccolo, e il  conformare sé stessi a Gesù nel relazionarsi al prossimo bisognoso va oltre la filantropia e la beneficenza e diventa testimonianza della sua vicinanza, del suo amore.

In questa parabola evangelica, l’amore si concretizza nel dare da bere e da mangiare; è l’azione del vestire e dell’accogliere; è il tempo dell’andare a visitare; è l’atteggiamento dell’ospitalità. Quanto tempo dedichiamo a questo amore, che è servizio (cfr Gv 13,4-5)? A prenderci cura della sete, della nudità, delle malattie e delle prigionie di chi ci sta accanto? Forse troppo poco, perché intenti alle nostre cose, al nostro lavoro, ai nostri interessi. L’amore di chi si fa servo, invece, così umile, nascosto, piccolo e silenzioso, è il seme dal quale germoglia e cresce l’albero più grande e sul quale tutti desiderano dimorare (cfr Mt 13,32): l’albero della vita eterna (cfr Gen 2,9).

Gesù, dunque, ci fa capire chiaramente che, alla fine della vita, saremo giudicati su quanto avremo amato concretamente Lui, incontrando e amando gli altri. Ci rivela che ogni gesto di attenzione verso il malato, l’affamato, l’assetato, l’ignudo e così via è un atto d’amore verso di Lui; e ugualmente ciò che rifiutiamo di fare al nostro prossimo, lo neghiamo a Lui stesso.

Per costruire un mondo più giusto, non c’è altra strada che quella del Vangelo; e siamo chiamati a cominciare da noi, praticando la carità là dove viviamo.

Nel gesto della lavanda dei piedi, Gesù ci mostra che il senso dell’essere Maestro e Signore è il servizio agli altri (cfr Gv 13,12-16; 18,37). Gesù regna nell’umiltà: da una mangiatoia e da una croce. Con le sue parole, la sua vita e la sua morte, il Maestro ci indica che le opere di misericordia aprono le porte del Regno eterno. E nel vostro Ordine cercate di vivere quotidianamente proprio questo; ciò è motivo di grande gioia per me!

Di grande merito è la vostra opera di consolare gli afflitti, sia nelle loro necessità spirituali che in quelle materiali.

Perdonare le offese! Vi chiedo di cuore di giungere ad un sincero perdono reciproco, alla riconciliazione, dopo momenti di tensione e difficoltà che avete vissuto nel recente passato. La carità del perdono sia lo stile di vita che vi contraddistingue. Il saper perdonare è indice della libertà, della generosità del cuore, della capacità di amore incondizionato; è espressione di un cuore misericordioso; si traduce in fraternità vissuta, in cordialità manifestata, in reciprocità di sentimenti. E da questo riconosceranno che siete discepoli del Signore Gesù (cfr Gv 13,35).

Questo spirito e questo modo di operare vi collega strettamente al Beato Gerardo e ai primi fratelli che si unirono a lui, per servire nell’Ospitale di Gerusalemme i pellegrini di Terra Santa.

La mentalità mondana, egoistica e oggi consumistica, è una sfida che, con la vostra esemplarità di vita e le vostre opere di misericordia, siete chiamati ad affrontare, perché è in netto contrasto con il Vangelo. Lo fate ad esempio curando i malati e visitando i carcerati. So che in tante parti del mondo voi membri e i vostri Volontari vi dedicate a queste opere. Accompagnate anche coloro che si avvicinano al momento della morte, così delicato, nel passaggio da questa terra alla vita eterna.

Oggi le antiche lotte per difendere la fede e la cristianità si sono spostate su un fronte più ampio e universale, quello della crescita nella fede e nella verità, che sono alla base della vostra azione umanitaria. In effetti la prima parte del vostro motto è la tuitio fidei. Senza fede le vostre opere sarebbero solo filantropia. L’essere discepoli di Gesù vi fa testimoni della sua Risurrezione e propagatori del suo Regno sulla terra. Questo richiede naturalmente una formazione continua, per voi Professi e anche per voi membri del Secondo e Terzo Ceto, da cui spero e prego che sorgano tante vocazioni alla consacrazione religiosa nel servizio dei “poveri di Nostro Signore”. E questa locuzione, che mi piace molto, “poveri di Nostro Signore”, richiama l’altra parte del vostro motto, l’obsequium pauperum, la devozione verso i poveri e gli infermi. La tuitio fidei e l’obsequium pauperum sono per voi inscindibili.

Apprezzo il fatto che vi sforziate di attuare nell’oggi questo binomio, come ad esempio a Lampedusa, con i migranti scappati dai loro Paesi; come in Ucraina e nei paesi limitrofi, con quanti fuggono dalla guerra; e così in tanti altri luoghi e per tante altre necessità.

Grazie! Grazie per tutto questo. Grazie perché vi rendete disponibili verso i fratelli più bisognosi, spingendovi alle periferie esistenziali in cui incontrare e servire Cristo.

Sono trascorsi alcuni anni da quando l’Ordine ha avuto bisogno che lo accompagnassi in un cammino che è stato a tratti impervio, ma che era necessario per giungere con amore rinnovato a servire i “signori poveri e i signori malati”. La Chiesa, che è Madre, non poteva non prendersi cura di voi, del vostro Ordine, in piena sintonia con la vostra vita e la vostra tradizione storica. Nel corso dei suoi quasi mille anni di storia, l’Ordine di Malta ha dimostrato sempre la sua fedeltà a Cristo, alla sua Chiesa e al suo Vicario in terra, il Papa. Per questo, come ricordavo nel Decreto del 3 settembre scorso, tanti miei predecessori sono intervenuti per accompagnarne momenti di passaggio delicati della sua vita.

La nuova Carta Costituzionale e il nuovo Codice Melitense sono il frutto di un lungo cammino, dettato da incontri e dialoghi tra le varie componenti dell’Ordine e il mio Delegato Speciale. Seppure non senza contrapposizioni, si è infine giunti alla stesura di questi due documenti, che sono fondamentali per la vostra vita personale e per il bene delle tante e meritorie opere che avete in ogni continente. Tutto l’Ordine è chiamato adesso a riflettere attentamente e scrupolosamente sul rinnovamento, contenuto nella Carta Costituzionale e nel Codice Melitense, nel solco della tradizione. Sarà questo il compito specifico per il nuovo Governo che sarà eletto.

Tutti i membri del Primo, Secondo e Terzo Ceto, assieme ai Volontari, la cui opera è essenziale, sono chiamati a ricevere e a mettere in atto la nuova Carta Costituzionale e il Codice Melitense, affinché sia portato in tutto l’Ordine un rinnovamento spirituale e di operosità nella carità, rafforzando così la sua unità.

Il Primo Ceto, costituito dai Cavalieri di Giustizia, che professano i tre consigli evangelici, donando pienamente la loro vita a Cristo e alla Sua Chiesa, riprenda con fervore la vita religiosa nella sua integralità, osservando fedelmente i voti solenni fatti a Dio, vivendo in comunione fraterna. La vita comunitaria sia segno di questa comunione.

Il Secondo Ceto si rinnovi nella interiorizzazione e nella attuazione concreta della promessa di obbedienza, che lo lega all’Ordine.

Il Terzo Ceto sia disponibile, in una testimonianza di vita, nella stretta collaborazione alle opere dell’Ordine.

Alla comunione sono chiamati tutti i membri dell’Ordine e i Volontari. Lo chiede Nostro Signore. Nel suo “testamento”, che ci viene riportato nel Vangelo di Giovanni, il Maestro ha pregato per l’unità dei suoi, ut unum sint, «affinché il mondo creda» (Gv 17,21). E voi siete chiamati a questo. Rinsaldate fermamente la vostra unità, altrimenti non sarete credibili nelle vostre opere. I conflitti e le contrapposizioni danneggiano la vostra missione. La brama di potere e gli altri attaccamenti mondani allontanano da Cristo, sono tentazioni da respingere. Ricordiamoci del “giovane ricco” del Vangelo, che, pur mosso da buone intenzioni, non riuscì a seguire Gesù perché era attaccato alle sue cose e ai suoi interessi.

L’unità di tutte le membra dell’Ordine è necessaria per l’adempimento della missione che vi è propria. Il Maligno lo sa bene, e come sempre cerca di mettere divisione. Stiamo attenti a non scendere a compromessi con il tentatore, neppure involontariamente. Lui spesso inganna sotto apparenza di bene, e ciò che può sembrare per la gloria di Dio si può rivelare una nostra vana gloria.

Tutte le strutture dell’Ordine siano valorizzate e arricchite dalla presenza dei membri dei diversi Ceti, ben formati e animati da spirito di servizio. E le opere dell’Ordine, nate dall’intuizione evangelica del Beato Gerardo, non siano al servizio dei membri dell’Ordine, ma sempre per servire i “Poveri di Nostro Signore”.

La stessa sovranità, nota caratteristica del tutto unica di cui godete come ordine religioso, è e deve essere funzionale al servizio delle opere di misericordia che svolgete. Occorre essere vigilanti perché essa non venga distorta dalla mentalità mondana. Anche le vostre missioni diplomatiche siano strumento per l’esercizio della carità e della solidarietà.

La gratuità e il fervore con cui avete abbracciato l’ideale giovannita, è ben rappresentato dalla croce ottagona che indossate: questa vi richiami le Beatitudini evangeliche, con le otto punte della croce di Malta. Siatene fieri e degni, ricordando chi, sulla croce, ha dato la propria vita per la nostra salvezza.  

Desidero ringraziare vivamente il mio Delegato Speciale e i suoi collaboratori più diretti, per tutto il lavoro svolto con pazienza e serietà, e condotto per tanto tempo fino a giungere a un risultato rispondente alle necessità dell’Ordine stesso.

Auguro a tutti voi un proficuo lavoro in questo Capitolo Generale, che vedrà la nascita di un Governo chiamato a guidare l’Ordine sulla strada tracciata dal Governo Provvisorio da me composto, e al quale esprimo la mia viva gratitudine per il modo con cui ha saggiamente condotto l’Ordine in questi mesi.

Invoco la celeste protezione della Beata Vergine del Monte Fileremo, di San Giovanni Battista, del Beato Gerardo e di tutti i Santi e Beati dell’Ordine affinché vi accompagnino, assieme a San Michele Arcangelo, nel cammino che siete chiamati a compiere nella fedeltà al carisma fondativo. E a voi tutti giunga la mia Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a tutti i Membri e Volontari, come pure a tutti gli Assistiti e alle Opere dell’Ordine.

Dal Vaticano, 17 gennaio 2023, memoria di Sant’Antonio abate.
 

FRANCESCO



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