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SANTA MESSA PER UN GRUPPO DI GIOVANI IN CAMMINO VOCAZIONALE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 3 luglio 1983

 

1. “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2). Questa affermazione, pervasa da trepidazione e aperta alla speranza, cari seminaristi e cari giovani, riecheggia oggi per noi qui riuniti davanti a questa Grotta di Lourdes, all’inizio di una celebrazione eucaristica che si svolge in una cornice tanto suggestiva.

Gli operai sono pochi: il problema si presentava a Gesù nell’affidare ai suoi discepoli l’incarico di predicare il Vangelo al popolo; lo stesso problema emerge anche ai giorni nostri, attualissimo e sempre assillante. Genti innumerevoli, sparse nel mondo intero, attendono la parola di salvezza. Problema dunque di ieri, di oggi, di sempre.

I popoli della terra sono in continua crescita numerica e anelano in modo più o meno consapevole a scoprire i valori fondamentali che danno senso alla vita umana. Quanti poi hanno già accolto il Vangelo corrono il rischio di dimenticare, assediati come sono da ogni parte da prospettive allettanti ma spesso fallaci; essi hanno quindi bisogno di chi li aiuti a rivivere la parola di Gesù. La verità, inoltre, da comunicare è tanto ricca e vasta che necessita di un continuo approfondimento per sviscerarne tutta la preziosità ed assaporarne tutta la dolcezza. Questi brevi cenni, ispirati al Vangelo di oggi, sono sufficienti a farci intravedere come sia necessario invocare incessantemente “il pane della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2).

2. Il messaggio da annunziare è anzitutto un messaggio di salvezza per l’uomo: “Dite loro: è vicino il Regno di Dio” (Lc 10, 9). Il Regno di Dio, che è vittoria del suo amore su ogni peccato e miseria umana, è già in mezzo a voi. È un messaggio, inoltre, di speranza e di consolazione, come aveva preannunciato il profeta Isaia: “Rallegratevi con Gerusalemme . . . Come una madre consola un figlio, così io consolerò voi . . . Voi vedrete e gioirà il vostro cuore” (Is 66, 13-14). L’uomo, infatti, è destinato a realizzare in Cristo Redentore la pienezza della propria vocazione divina. È un messaggio, altresì, di pace e di carità: “Prima dite pace a questa casa . . . Curate i malati che vi si trovano” (Lc 10, 5-9). Il Regno di Dio va costruendosi nella storia, offrendo già su questa terra i suoi frutti di conversione, di purificazione, di amore tra gli uomini.

3. Come dovrà essere l’apostolo, con quale spirito egli svolgerà la sua missione? Egli dovrà essere anzitutto consapevole della realtà difficile e talvolta ostile che lo attende: “Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10, 3); questa realtà è resa avversa dall’opera del maligno. Per questo, l’apostolo si sforzerà di essere libero da condizionamenti umani di ogni genere: “Non portate né borsa, né bisaccia, né sandali” (Lc 10, 4), per fare assegnamento soltanto sulla Croce di Cristo da cui proviene la nostra redenzione, come dice san Paolo nella seconda lettura. Gloriarsi della Croce significa abbandonare ogni motivo di vanto personale, per non vivere che di fede e nel rendimento di grazie per la salvezza operata dal sacrificio di Gesù. Ciò che viene crocifisso è il mondo dell’egoismo personale, dell’autosufficienza, della sicurezza del proprio merito.

Cari seminaristi e cari giovani, la missione dell’apostolo è una missione sublime, entusiasmante e rivolta al bene del mondo intero; essa richiede tanta generosità, la quale supera di molto le capacità dell’uomo. È necessario perciò rivolgere il nostro spirito in alto, invocando l’aiuto divino che voi impetrerete fiduciosi mediante l’intercessione della Madre di Gesù e Madre nostra.

Vi auguro di essere degli apostoli lieti nell’esercizio della propria missione, perché consapevoli, perché fiduciosi, perché spiritualmente liberi. I discepoli inviati da Gesù “tornarono pieni di gioia” (Lc 10, 17). Anche voi, in questi anni di preparazione al sacerdozio, imparate l’arte di essere gioiosi, non per motivi umani, ma basandovi sulla certezza che “i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10, 20), che cioè siete dei predestinati dell’amore di Cristo Gesù. Egli vi ha chiamati dalle vostre famiglie, in seno alle vostre comunità ecclesiali per farvi suoi collaboratori, suoi sacerdoti, suoi dispensatori dei divini misteri.

La gioia è opera in noi dello Spirito Santo (cf. Gal 5, 22). Alla sua guida interiore, al suo sostegno vigoroso e indefettibile affidate la vostra vocazione, perché possa maturare “in pace et gaudio” e recare così frutti abbondanti di vita eterna. Amen.

 

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