Index   Back Top Print

[ FR  - IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN TOGO, COSTA D'AVORIO II, CAMERUN I,
REPUBBLICA CENTRO-AFRICANA, ZAIRE II, KENYA II, MAROCCO

LITURGIA EUCARISTICA «PER LA CHIESA» NELL'AVENUE DES MARTYRS

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Bangui (Repubblica Centro-Africana) - Mercoledì, 14 agosto 1985

 

1. “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15, 8).

Cari fratelli e sorelle del Centroafrica, queste parole rivolte da Gesù ai suoi apostoli, la sera della prima Eucaristia, nel Cenacolo di Gerusalemme, lo sono anche a voi, oggi. Voi siete divenuti i suoi discepoli. Voi, i vostri genitori o i vostri nonni, avete ascoltato la parola di Dio, portata qui nel corso di quest’ultimo secolo, da altri discepoli ai quali essa era stata trasmessa di generazione in generazione a partire da Gesù, a partire dai suoi apostoli Pietro e Paolo. Voi avete creduto. Avete voluto il Battesimo, dopo un rigoroso catecumenato. E subito, in quanto laici battezzati e cresimati, avete insegnato agli altri il cammino della fede. E con voi molti hanno vissuto quest’esperienza cristiana: la parola di Dio è buona, ha cambiato il cuore degli uomini. Ben presto sulle rive dell’Oubangui si è formato un popolo di Dio; il vostro arcivescovo, monsignor N’Dayen, ne ha or ora presentati i frutti del successore di Pietro. Io lo ringrazio delle sue parole di benvenuto, e vi ringrazio tutti per la vostra accoglienza. L’essenza del messaggio cristiano che avete recepito è questa buona novella: Dio è Padre. Egli ha creato l’uomo a propria immagine. Non l’ha abbandonato al suo peccato. Ha amato tanto il mondo che gli ha dato il suo unico Figlio, affinché ogni uomo che crede in lui sia salvato, ottenga la vita eterna. Con Gesù, morto e risorto per voi, siete diventati figli adottivi di Dio. Dio vi ha fatto partecipare al suo Spirito Santo che dimora in voi. Siete felici di seguire Cristo, lui che è la via, la verità, la vita. Insieme a lui pregate Dio con totale fiducia. Insieme a lui potete vivere una vita piena di pace e d’amore. Insieme a lui sopportate le vostre prove, anche la prova della morte. Poiché Dio è fedele, vi chiama a condividere la sua vita e in questo mondo e nell’altro. Ecco l’essenza della fede che avete in comune con tutti i cristiani del mondo, con la Chiesa della quale il Signore mi ha fatto pastore universale, in unione coi vostri vescovi.

Per questa fede ricevuta, non smettete mai di rallegrarvi, di rendere grazie a Dio. È un seme che può dare molti frutti. È una presenza che può far sbocciare tutta la vostra vita. Non tenete per voi questo tesoro: io auspico che prosegua, tramite voi, l’annuncio del Vangelo in tutto questo Paese, nel quale molti ancora non hanno avuto l’occasione di conoscerlo veramente e dargli liberamente la propria adesione.

2. Ma voi, non accontentatevi mai di dire: “Io sono battezzato”, “Io ho fede”. Avete sentito l’avvertimento dato dall’apostolo Giacomo ai primi cristiani: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?” (Gc 2, 14). Ognuno dovrebbe invece dire: “Io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2, 18). E queste opere consistono nell’adempiere la legge di Cristo che è carità, amore.

Certo, è la fede a venire innanzitutto. È Dio che è la fonte, perché ci ha amati per primo. Se ci offre non è per via dei nostri meriti: è un dono gratuito, una grazia. E se noi arriviamo ad adempiere la sua legge attraverso opere meritorie, è perché egli stesso continua ad ispirarci e aiutarci. Ed è normale che noi corrispondiamo alla sua volontà, sino ad offrirgli in sacrificio ciò che ci è più caro, come fece Abramo. È logico, è necessario, che rispondiamo al suo amore con tutte le nostre forze, con tutto il nostro cuore. Così queste opere rendono perfetta la fede, ne danno testimonianza. Senza di esse, la nostra fede sarebbe come un corpo morto, che non respira più.

Ora, il comandamento di Cristo è che ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha amati (cf. Gv 15, 12). Come potremmo pregare Dio chiamandolo Padre nostro, se non considerassimo il nostro prossimo come un fratello e se non facessimo niente per lui quando soffre per la fame, la sete, la mancanza d’abiti o di un tetto, quando è ammalato, carcerato, forestiero (cf. Mt 25, 35-36); e, aggiungerei io, quando è senza lavoro o senza la speranza di un futuro veramente umano su questa terra? L’amore del prossimo non è mai una parola astratta: tende a tradursi in un gesto concreto d’attenzione, di rispetto, di stima, di giustizia, di condivisione, di aiuto a vivere, a vivere meglio.

3. Mettere in pratica il Vangelo in tutta la vita quotidiana, nelle mentalità delle istituzioni, ecco a cosa siete chiamati, cristiani del Centroafrica. È la vocazione di tutto il popolo cristiano. Il Battesimo e la Cresima, infatti, rendono i laici membri attivi del corpo di Cristo, sia nella Chiesa, nella quale possono assicurare i servizi della propria comunità cristiana - intorno al sacerdote, che ha un ruolo specifico - sia nel mondo, in cui cooperano con gli altri svariati compiti profani, senza conformarsi allo spirito del mondo, quanto piuttosto nello spirito delle beatitudini: beati coloro che hanno lo spirito di povertà, beati gli artefici della pace; beati coloro che hanno fame e sete di giustizia; beati i misericordiosi; beati i puri di cuore! Il Concilio Vaticano II ha chiaramente espresso questo ruolo dei laici nella società: “Essi vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi, gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico” (Lumen gentium, 31).

Mi sembra che la Chiesa del Centroafrica abbia ben compreso, già da una cinquantina d’anni, questa responsabilità dei laici, come è stato testimoniato dai lavori delle assise della Chiesa cattolica nel gennaio 1982. Il proliferare delle vostre piccole comunità nei villaggi rurali o nei quartieri urbani, coi loro responsabili o consiglieri, nonché gli svariati movimenti cristiani, contribuiscono a tradurre lo spirito del Vangelo nelle realtà della vita quotidiana.

4. Il vostro ambiente di vita aspetta l’azione e la dedizione dei cristiani per far fronte in modo solidale alle sue esigenze umane. Il vostro Paese, cari amici, non manca di ricchezze, siano esse del suolo o del sottosuolo. Dio vi ha dato la terra e l’acqua; vi affida questa fertile terra affinché produca a sufficienza per tutti, e affinché i bambini di questo Paese non muoiano mai di fame, né soffrano di malnutrizione. Senza negare la necessità di una solidarietà nazionale e internazionale, spetta a voi stessi valorizzare tutte le vostre ricchezze, attraverso un lavoro coraggioso, onesto, organizzato, modernizzato mediante tutte le risorse della vostra immaginazione e dell’aiuto reciproco tra vicini.

So che sotto l’impulso dei movimenti cristiani manifestate molta dedizione nell’animazione rurale e urbana. Assumete numerose iniziative concrete, per esempio al fine di garantire la creazione di pozzi e di fonti, di strade, al fine di migliorare i rendimenti agricoli, l’organizzazione delle cooperative, l’alfabetizzazione, le scuole, la formazione di artigiani, l’educazione domestica e il cucito, la promozione della donna nel suo insieme, i dispensari, l’educazione sanitaria, la lotta contro l’alcolismo, il miglioramento d’ambiente, la difesa solidale dei vostri diritti . . .

Sì, è bene che ciascuno capisca, con l’aiuto dei suoi fratelli, i propri diritti e doveri, nonché le proprie possibilità, e si senta spronato a dare la sua collaborazione, con l’obiettivo di diventare sempre più responsabile, secondo il disegno di Dio, e di servire la comunità nei suoi bisogni essenziali. È un’opera di carità fraterna e di giustizia che ben si adatta ai cristiani.

5. Una tale azione, assolutamente e intrinsecamente necessaria, deve integrarsi con quanto viene messo in atto in tutto il Paese e nei diversi campi al fine di cercare il bene comune di tutti, vale a dire la promozione di tutte le categorie sociale della nazione e delle condizioni necessarie allo sviluppo, alla solidarietà e alla pace. I cristiani devono essere in prima fila tra coloro che educano a questo senso del bene comune, al di là degli interessi particolari, e tra coloro che cooperano ad esso. Essi terranno ad acquisire una vera competenza, a svolgere coscienziosamente il lavoro della propria professione; inoltre, se avranno accesso a cariche pubbliche, terranno a ricoprirle al fine di servire tutti i loro connazionali, soprattutto i più deboli, senza accettare favoritismi, intolleranza tra gruppi etnici, corruzione. Questi cristiani li si dovrebbe poter riconoscere in queste parole dei Salmi: “Felice l’uomo pietoso che dà un prestito, / amministra i suoi beni con giustizia . . . / la sua giustizia rimane per sempre” (Sal 112, 5. 9).

Il Concilio Vaticano II ha insistito sulla partecipazione dei cristiani alla vita economico-sociale e politica al fine di contribuire a “umanizzarle” secondo il disegno di Dio. A questo fine “non c’è niente di meglio che coltivare in senso interiore della giustizia, dell’amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul legittimo esercizio e sui limiti di competenza dei pubblici poteri” (Gaudium et spes, 73 § 5; cf. anche n. 43). Occorre fare tutto il possibile per dirimere le controversie attraverso il dialogo e secondo giustizia, affinché regni la vera pace e sia rispettata la dignità di ciascuno.

Do dunque il mio incitamento a tutti coloro che in questo Paese si adoperano a formare le coscienze in questo senso e a realizzare sin da ora un mondo più giusto, più fraterno; penso all’azione educativa e alla riflessione di svariati movimenti cristiani quali la JAC, la JEC, gli Scout, le guide, i GEN, la Piccola azione cattolica. È in gioco la testimonianza della Chiesa, è in gioco un futuro migliore per il Paese.

6. Una sollecitudine speciale merita la gioventù. I giovani accedono maggiormente all’istruzione, e questo è un bene per far sbocciare il loro spirito e servire il Paese con maggiori capacità. Tuttavia essi cadono sempre più nella delusione, perché non vedono i frutti sognati, per mancanza di posti di lavoro adatti, e anche forse per mancanza di una formazione corrispondente alla situazione. Le soluzioni sono certamente complesse, e non ci si deve limitare ad accusare, come se i risultati dovessero arrivare pronti dall’alto, o dagli altri; tuttavia nessuno può rassegnarsi a questa delusione dei giovani: essa rischia di portare taluni alla rabbia, alla rivolta, agli atti di vandalismo o di ripiegamento egoista su se stessi, oppure anche alla fuga nell’alcol e nella droga, al cinico fatalismo.

Cari adulti, genitori, professori, responsabili del bene comune della nazione, non accettate un tale rischio. Fate uno sforzo di immaginazione per preparare il futuro dei giovani. Cercate cosa si può fare, assumete iniziative coraggiose, trascinate tutta la nazione a questo obiettivo e fate tutto il possibile per sostenere la coscienza dei giovani nella dritta via.

E voi stessi, cari giovani, reagite con dignità, con coraggio, con solidarietà, certi che vi è speranza per colui che cerca secondo lo spirito del Vangelo. Il bel motto della Repubblica Centroafricana e: “Unità, dignità, lavoro”; io lo traduco: divenite uomini liberi, a testa alta; la libertà non è un dono, va conquistata. Rifiutate la divisione e l’odio. Preparate una vita migliore attraverso il vostro lavoro e la vostra dedizione agli altri.

La Chiesa intende dare il più possibile la propria collaborazione all’educazione religiosa e integrale dei giovani - e nelle scuole di Stato, e in quelle di cui può avere responsabilità diretta - sia per aiutare i giovani stessi sia per sostenere gli educatori nella loro magnifica vocazione, tra l’altro nel quadro dei “Gruppi di insegnanti”.

7. La cellula di base della società resta la famiglia. I primissimi missionari avevano tenuto a preparare ragazzi e ragazze capaci di fondare un focolare cristiano. Penso a Pierre Kwesse e a Marie Peke, che, sin dalla loro conversione, meno di cinque anni dopo il primo annuncio del Vangelo in questo Paese, hanno formato un’ammirevole famiglia. La libertà dei futuri sposi, la stabilità della loro unione, la loro influenza decisiva sui figli sono troppo spesso minacciate, sia da taluni aspetti negativi delle usanze che sarebbe bene eliminare, sia da certe seduzioni dell’epoca moderna.

Porgo le mie felicitazioni ai membri dell’Associazione dei focolari cristiani che cercano di portare i propri amici a una concezione cristiana della famiglia, secondo i principi che io stesso ho esposto nell’esortazione Familiaris consortio a un sinodo di vescovi del mondo intero. Queste esigenze, liberamente accettate, assunte nel sacramento del matrimonio e incessantemente vissute con Cristo nella preghiera, assicurano agli sposi cristiani profondità, costanza, fecondità dell’amore coniugale, educazione alla fede, come in una Chiesa in miniatura. Cari amici, che Dio vi aiuti a promuovere tali focolari! Non trascurate il sacramento del matrimonio, che Cristo ha istituito per santificare l’unione e tutta la vita degli sposi, e permettere loro di avvicinarsi sempre alle altre fonti della grazia!

Sì, la coscienza cristiana ben plasmata faccia brillare ovunque la luce del Vangelo, diffonda amore, susciti speranza!

8. “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” (Gv 15, 16), dichiarava Gesù. Questo vale per tutti i discepoli di Cristo. Gesù lo diceva innanzitutto agli apostoli. A essi affidava un ruolo speciale, per annunciare il Vangelo in tutta la sua forza, per vegliare sulla costanza dei discepoli, per dar loro a suo nome il pane di vita che è il suo corpo, nonché il perdono dei peccati, per farli vivere nell’unità fraterna al di là di tutti i particolarismi, per collegare le nuove comunità sparse alla Chiesa intera riunita in un sol corpo. Oggi questo è il ruolo insostituibile dei vostri vescovi e dei loro collaboratori immediati, i sacerdoti e i diaconi.

Popolo di Dio in questa terra del Centroafrica, sei abbastanza consapevole del ruolo inestimabile del sacerdote in seno alla tua Chiesa? Le vocazioni giunte a maturità sono state a lungo poco numerose. Si delinea un progresso . . . me ne rallegro. Sarebbe impensabile che dei focolari ben cristiani, delle comunità ferventi non facciano tutto il possibile per risvegliare tali vocazioni, per spronarle, e poi per sostenere questi ministri di Cristo che dedicano tutta la propria vita al suo servizio nella Chiesa. Gli stessi laici potranno svolgere appieno il proprio ruolo solo se dei sacerdoti sosterranno la loro vita cristiana, e sarebbe bene che più numerosi vescovi centroafricani assumano maggiormente questa responsabilità nella Chiesa.

Penso qui a tutte le persone consacrate, religiosi, religiose, membri di istituti secolari: la testimonianza del dono totale della propria persona a Cristo e agli altri, nella castità, nell’obbedienza, nella povertà, è un segno per eccellenza del Vangelo, e anche un segno della maturità della Chiesa. Quanti laici impegnati, quanti catechisti hanno trovato la via di Cristo e sono divenuti degli evangelizzatori grazie alla loro mediazione! Sono sicuro che aspettate il momento in cui delle religiose centroafricane prenderanno il posto delle meritevoli religiose venute da altri Paesi. Bisogna preparare attivamente questa tappa e accettare la formazione necessaria alla vita religiosa.

Non dimentico coloro, uomini e donne, che, in seno a questa Chiesa, conducono una vita religiosa contemplativa: anch’essi, attraverso la preghiera e il sacrificio, costruiscono la Città di Dio.

9. Cari fratelli e sorelle, Cristo ha ancora alcune parole da affidarvi, parole belle e gravi: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

Tutti i frutti di cui abbiamo parlato, nella vostra vita personale, familiare, sociale e nazionale, saranno possibili, e saranno frutti dell’amore, solo se resterete saldamente attaccati a Cristo come il tralcio alla vigna, come il ramo al tronco dell’albero. La linfa che genererà in voi il dinamismo dell’amore è l’amore che risiede nel cuore di Cristo, il suo amore verso il Padre e il suo amore verso l’uomo. Senza questo amore, i nostri sforzi saranno solo un puro attivismo “come un cembalo che tintinna” (cf. 1 Cor 13, 1).

Cari fratelli e sorelle, rimanete in Cristo, facendo tutto il possibile per rinsaldare i vostri legami con lui. Restate in Cristo attraverso la fede, una fede viva, una fede che si nutre delle parole di Cristo - “che le mie parole dimorino in voi” - meditate personalmente o in gruppo, e chiedendo alla Chiesa l’interpretazione autentica, in breve una fede che cerchi di meglio capire la salvezza e la volontà di Dio. Momenti salienti di questa ricarica e di questo aiuto spirituale sono l’omelia della messa, le catechesi, le riunioni di discussione, i ritiri spirituali, i gruppi di studio della Bibbia.

Rimanete in Cristo attraverso la preghiera: la preghiera mantiene con Dio dei legami d’amore, esprime la riconoscenza del figlio che ringrazia, l’audacia del figlio che chiede, la disponibilità del figlio che dice: “Signore, cosa vuoi che faccia?”.

Restate in Cristo accogliendo i suoi sacramenti, che sono i segni efficaci della sua presenza. Preparatevi a riceverli, domandate al Signore di purificarvi e innalzarvi attraverso il sacramento della riconciliazione. Chiedetegli di nutrirvi della sua vita attraverso l’Eucaristia, in particolare nell’assemblea domenicale. Chiedetegli di trasfigurare il vostro amore umano attraverso il sacramento del matrimonio.

Le vostre parrocchie sono luoghi privilegiati, indispensabili, per aiutarvi a restare in Cristo. Lo dicevo ai vostri vescovi nel corso della visita “ad limina”: “Le parrocchie offrano a tutti un nutrimento dottrinale sostanzioso, una liturgia che introduca alla preghiera, un’accoglienza calorosa, e, in modo complementare, le piccole comunità favoriscano una testimonianza che vivifichi la vita quotidiana!” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos Africae Centralis occasione oblata eorum visitationis “ad limina Apostolorum”, 4, 19 novembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/3 [1982] 1330).

10. Ci accingiamo ora a proseguire la nostra preghiera eucaristica, in unione coi cristiani di tutti i Paesi riuniti nel Congresso eucaristico di Nairobi, al quale sto per recarmi. Concentriamo lì tutti i meritevoli sforzi della vostra Chiesa, per unirli in offerta a Cristo. Presentiamo al Signore le nostre intenzioni, i nostri bisogni. Gesù ci dice come pregare: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato . . . Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda” (Gv 17, 7. 16).

Forse non osiamo chiedere abbastanza? Pregheremo per tutto il popolo della Repubblica Centroafricana, per la pace, per l’unità, per lo sviluppo, per il progresso da tutti i punti di vista. Pregheremo per la Chiesa in questo Paese e anche per la Chiesa universale. E voi, pregate per il mio ministero. La preghiera di tutti porterà a frutto queste intenzioni.

Signore, che la Chiesa si unisca nello Spirito Santo per essere il fermento e l’anima del mondo (preghiera di apertura):

- Signore, aiuta la Chiesa a rivelare ai poveri le ricchezze del Vangelo (preghiera dopo la comunione);

- che essa sia un luogo di verità e di libertà, di giustizia e di pace. Dacci lo Spirito d’amore, lo Spirito di tuo Figlio (preghiera eucaristica).

Fa’ sì, che noi tutti, nella Chiesa e nella società, siamo animati dallo Spirito d’amore, che si traduce nel servizio. Cristo ci dice: “Voi siete miei amici se farete tutto ciò che io vi comando . . . Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché . . . portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 14-16). E ricordate: “Il Figlio dell’uomo . . . non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti” (Mt 20, 28).

Io stesso, Giovanni Paolo II, sono stato scelto tra i miei fratelli per garantire il servizio dei servitori di Dio, il servizio dell’unità, della costanza, della marcia coerente della Chiesa. Seguendo Gesù, vorrei stare in mezzo a voi come colui che serve (cf. Lc 22, 27).

Prego Dio di accrescere in ciascuno dei cristiani qui presenti la fede che vi fa entrare nel disegno di Dio, l’amore che vi mette al servizio degli altri, e infine la speranza. Sì, la speranza, poiché mai, per nessuna ragione, cediate allo scoraggiamento, ma siate invece come quegli uomini e quelle donne che hanno sentito l’appello di Gesù: “Alzati e cammina” (Mt 9, 5).

Che il nostro cammino si compia sempre insieme a Maria, la Serva del Signore.

O Maria, che ci prepariamo a celebrare domani, / O Maria, ascesa in cielo, nella gloria di tuo Figlio, / tu, nostra Madre, hai creduto, / hai amato, / hai sperato meglio di qualsiasi creatura. / Sei stata colmata da Dio. / Che il tuo esempio e la tua intercessione / aiutino il popolo centroafricano a partecipare al regno di Dio, / su questa terra e per l’eternità! / Amen.

 

© Copyright 1985 - Libreria Editrice Vaticana



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana