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SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO E
XIX GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì, 1° gennaio 1986

 

1. “Suscipe Sancte Pater”.

Accogli, o Padre Santo,
Dio eterno e onnipotente”.
Accogli questo anno
che oggi incominciamo.
Sin dal primo giorno,
sin dalle prime ore
desideriamo offrire a te,
che sei senza inizio,
questo nuovo inizio
collegato con la data 1986.
Questa data ci accompagnerà
nel corso di molte ore, giorni,
settimane e mesi.
Giorno dopo giorno
apparirà davanti a ciascuno di noi
come un nuovo frammento del futuro,
che subito dopo cadrà nel passato,
così come del passato
fa ora parte l’intero anno trascorso.

L’Anno Nuovo appare davanti a noi
come una grande incognita,
come uno spazio
che dovremo riempire
con un contenuto,
come una prospettiva di avvenimenti
sconosciuti e di decisioni da prendere.
Come una nuova tappa
e un nuovo spazio
della lotta del bene e del male
a livello di ogni essere umano
e insieme a livello della famiglia,
della società, delle nazioni:
dell’umanità intera.
Sin dalle prime ore desideriamo offrire a te
questa nuova tappa e questo foglio ancora bianco,
 il nuovo tempo della prova:


“Suscipe Sancte Pater”.

2. Tu sei il Dio eterno, che supera ogni tempo del creato: il tempo della terra e il tempo dell’uomo. In Te “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28). E nello stesso tempo tu sei colui che in Cristo si è fatto a noi vicino: l’Emmanuele, il “Dio con noi”. Sei il Signore della storia. Per te la storia dell’uomo ha il suo proprio ritmo: il ritmo del regno di Dio, in cui ci ha introdotto Cristo.

La sua nascita ha segnato “la pienezza del tempo”, come ci insegna l’Apostolo nell’odierna liturgia: “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna . . . perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5). Allora per te, eterno Padre, la storia dell’uomo sulla terra si misura col metro di questo mistero, che tu iscrivi nell’anima e nel corpo dell’uomo: “l’adozione a figli”.

Questo è il metro dell’eterna salvezza. È la misura dell’eterna salvezza. L’adozione a figli, che porta a compimento in ogni uomo l’immagine e la somiglianza di Dio, è opera dello Spirito Santo. Infatti l’Apostolo scrive nel versetto successivo a quello testé citato: “E che voi siate figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: «Abbà, Padre»” (Gal 4, 6). Questo grido “Abbà, Padre!” corre attraverso la storia dell’uomo e al tempo stesso supera, anzi - si potrebbe dire - prorompe oltre il nostro tempo umano. È più grande della storia dell’uomo. Il tuo Figlio è venuto al mondo, affinché l’uomo diventasse “più grande” di se stesso e della storia. Affinché avesse in sé il lievito dell’eternità: il fermento della vita eterna in Dio. In te, Padre, che insieme con il Figlio e con lo Spirito Santo hai prestabilito per i figli umani la partecipazione alla tua vita; hai preparato loro il tuo regno.

3. Il Figlio “nato da donna”. I nostri occhi e i nostri cuori sono pieni di questa nascita. Pieni sono della notte santa, che dura nella liturgia della Chiesa otto giorni, un’intera ottava, e incontra, proprio oggi, il primo giorno dell’anno nuovo. I nostri occhi e i nostri cuori sono pieni prima di tutto di questa Madre che i pastori trovarono, la notte del Natale, con “Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia” (cf. Lc 2, 16).

Ecco Maria, ecco colei che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2, 19). Meditava e medita continuamente insieme con la Chiesa, insieme con tutti gli uomini di buona volontà. E il Bambino, Figlio di Maria, porta il nome di Gesù, perché è stato chiamato così dall’angelo “prima di essere concepito nel grembo della madre” (Lc 2, 21).

Insieme con la nascita di Dio, la Chiesa celebra la divina Maternità di Maria. Il giorno di oggi e dedicato in modo particolare a questo mistero salvifico: Madre di Dio - “Theotokos”. Maria nel mistero di Cristo, e Cristo nel mistero della sua Madre Vergine.

La dignità ineffabile della Madre di Dio e, nello stesso tempo, l’umiltà più profonda della Serva del Signore. Quando ce ne parla già la stessa notte di Betlemme, prima ancora che gli avvenimenti successivi dicano il resto, fino alla croce sul Calvario! L’evangelista scrive: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. E in Lei, nella Madre di Dio, la Chiesa trova un’incessante “memoria” di questo mistero divino, dal quale essa cresce nella storia dell’uomo sulla terra: nel cuore della Madre.

“Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”.

4. Dinanzi a questo figlio e dinanzi a questa Madre, desideriamo dedicare il primo giorno dell’anno nuovo alla causa della pace e alla preghiera per la pace nel nostro mondo tanto minacciato. Che cosa parla di più della pace, che cosa ad essa chiama più efficacemente di quest’immagine: la Donna col Bambino tra le braccia. La Madre e il figlio. E ancora le parole sentite nella notte della sua nascita: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14).

5. Corrispondendo alle aspirazioni più profonde che salgono dal cuore dell’uomo, la Chiesa ha proclamato il primo giorno dell’anno “Giornata della pace”. Nel fare ciò, essa ha voluto sottolineare la propria solidarietà con tutti gli uomini della terra, che servono questa causa con animo generoso e leale. Essa, fra l’altro, intende sostenere gli sforzi che in questo campo compiono i responsabili dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ben apprezzando i nobili scopi che ne ispirano l’attività, in sintonia con i principi fissati nella Carta entrata in vigore quarant’anni or sono: allora i popoli, usciti fuori dall’immane tragedia del secondo conflitto mondiale, decisero di “unire le loro forze” per promuovere i beni supremi della pace, della giustizia, della solidarietà. Se questi beni restano ancor oggi in larga misura da realizzare, non deve essere, questo, motivo di scoramento, ma piuttosto di rinnovata decisione e di più convinto impegno.

La Chiesa offre la propria sincera collaborazione in questa ardua, ma appassionante e urgente impresa. Le Nazioni Unite proclamarono il 1985 Anno internazionale della gioventù. Affiancandosi a tale iniziativa, la Sede apostolica rivolse in particolare ai giovani l’annuale Messaggio di inizio d’anno, centrandone il contenuto sul tema: “La pace e i giovani camminano insieme”. L’invito ad assumere con coraggio “la responsabilità in questa che è la più grande delle avventure spirituali, cui una persona può andare incontro”, fu accolto dai giovani con entusiasmo e dalla loro generosità scaturirono promettenti fermenti di bene.

6. L’anno che oggi inizia è stato proclamato dall’ONU “anno internazionale della pace”. Ben volentieri la Sede apostolica si è posta in questa prospettiva, affermando che “la pace è valore senza frontiere” e aggiungendo, come espressione di una certezza che si radica nella fede nell’“unico mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù” (1 Tm 2, 5): “Nord-Sud, Est-Ovest: una sola pace”.

È mio profondo convincimento che la pace “è valore che corrisponde alle speranze e alle aspirazioni di tutte le persone e di tutte le nazioni, dei giovani e dei vecchi, di tutti gli uomini e donne di buona volontà” (Ioannis Pauli PP. II Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum, 1986, 1, die 8 dec. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 (1985) 1463 s).

Rinnovo perciò anche oggi l’appello “a riconoscere l’unità della famiglia umana” e a rifiutare, in conseguenza, “quel modo di pensare che porta alla divisione e allo sfruttamento” (Ivi, 4: l. c., p. 1468). Occorre che tutti si impegnino “per una nuova solidarietà: la solidarietà della famiglia umana” (Ivi, 4: l. c., p. 1468). Nella promozione di tale altissimo valore, i cristiani hanno una ben precisa responsabilità: “Animati da viva speranza, capaci di sperare contro ogni speranza (cf. Rm 4, 18), essi devono superare le barriere, delle ideologie e dei sistemi, per poter entrare in dialogo con tutte le persone di buona volontà e creare nuove relazioni e nuove forme di solidarietà” (Ioannis Pauli PP. II Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum, 1986, 6, die 8 dec. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 (1985) 1464).

Nella prospettiva della mia visita in India vorrei ricordare - fra le affermazioni che indicano nella fraternità la via che porta alla pace - quelle dell’artefice dell’indipendenza dell’India, Mahatma Gandhi: “L’odio può essere vinto solo dall’amore. Opponendo odio a odio, non si fa che aumentarne l’estensione e la profondità (Gandhi, Antiche come le montagne, Milano 1971, p. 146). “Dovunque vi siano discordie, ogniqualvolta vi troviate di fronte a un avversario, vincetelo con l’amore” (Ivi, p. 120).

Mi piace, inoltre, in questo contesto, esprimere il mio apprezzamento per il prezioso ruolo svolto a favore della pace e dell’intesa da coloro che si dedicano al servizio diplomatico. Il mio pensiero va specialmente a quanti rappresentano i propri governi e popoli presso questa Sede apostolica e che sono qui presenti: desidero oggi salutarli in segno di apprezzamento per la funzione che essi svolgono e che consente alla Santa Sede di meglio operare per una sempre maggiore comprensione tra le nazioni, in ordine alla promozione della pace, alla difesa dell’uomo, al sostegno di ogni iniziativa volta a favorire lo sviluppo dei vari Paesi nel mondo.

7. Proprio perché la pace possa diventare un “valore senza frontiere”, occorre essere sicuri che dappertutto è presente lo stesso desiderio di pace e lo stesso rapporto nei suoi confronti: in ogni regione del globo terrestre, in ogni sistema, in ogni società - in definitiva - in ogni cuore umano. Tutti devono accogliere l’eloquenza essenziale della beatitudine del discorso della montagna, rivolta agli “operatori di pace” (Mt 5, 9), a coloro che si impegnano a favore della giustizia e procurano così la sicurezza e la pace. Occorre che l’uomo possa essere sicuro dell’uomo. La nazione sicura della nazione. Dietro la parola “pace” non può nascondersi nessuna intenzione né attività ad essa contraria.

8. Infatti la pace così intesa è condizione del nostro pensare al futuro. È condizione del futuro stesso, nella dimensione più lontana e più vicina; e per immediato futuro, nella dimensione di quest’anno 1986. Perciò oggi ci poniamo ancora una volta dinanzi al mistero del Natale. In esso cerchiamo e troviamo le ragioni ultime della pace in terra.

Le parole cantate nella notte di Betlemme ci rafforzano in questa convinzione, quando dicono, prima, della “gloria a Dio” e poi degli “uomini che Dio ama”, degli uomini di buona volontà. Appunto: di buona volontà.

E la Maternità della Genitrice di Dio rende testimonianza alla dignità di ogni vita umana, e grida a gran voce a tutti, da un confine all’altro della terra: “non uccidere”.

E come prova che “siamo figli”, noi ci avviciniamo all’altare per gridare “Abbà, Padre!”. “Non siamo schiavi delle forze che portano la distruzione, siamo figli nel Figlio siamo eredi nel regno di Dio”.

Ci avviciniamo quindi all’altare e diciamo: “Suscipe sancte Pater”. Padre accogli in questo sacrificio eucaristico il nostro anno nuovo. Dona ad esso la pace in terra.

 

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