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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER
L'VIII CENTENARIO DELL'EVANGELIZZAZIONE DELLA LETTONIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 26 giugno 1986

 

1. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni . . .” (Mt 28, 19).

Le solenni parole con cui Cristo, in procinto di tornare al Padre, invia gli apostoli nel mondo, risuonano oggi in questa nostra assemblea liturgica con accenti di singolare attualità. Noi siamo infatti qui raccolti presso la tomba dell’apostolo Pietro per celebrare gli 800 anni dell’evangelizzazione di quella nobile e antica nazione europea che è la Lettonia. Fu precisamente in obbedienza al comando di Cristo di “andare e ammaestrare le nazioni” che il canonico Meinardo si spinse verso le vostre terre otto secoli or sono, per portarvi la buona novella e impiantarvi la Chiesa.

Carissimi fratelli e sorelle, nel ricordo di quell’evento decisivo, che tanta importanza ha avuto nelle successive vicende della vostra nazione, voi siete qui convenuti da tante parti del mondo. Ciascuno di voi, infatti, anche se lontano dalla patria, continua a sentire profondo nel cuore il legame con la storia dei propri antenati e, ad essi riandando col pensiero, sente crescere in sé la fierezza di appartenere a un popolo, che da tanti secoli e con così ammirabile coraggio vive l’impegno della testimonianza cristiana. Saluto con gioia voi qui presenti a questo rito solenne, e, portandomi col pensiero ai vostri connazionali residenti in patria, saluto le Chiese di Riga e di Liepafa col loro amministratore apostolico, il venerato fratello cardinale Julijans Vaivods, a cui invio un affettuoso augurio di serena prosperità nel Signore. Il mio saluto si estende ai rappresentanti degli episcopati europei, che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione per manifestare i sentimenti di fraterna solidarietà delle Chiese del continente verso questa loro sorella dell’Europa cristiana.

Un particolare pensiero mi è caro rivolgere anche ai lettoni appartenenti ad altre Confessioni cristiane che qui si sono dati convegno per celebrare questa ricorrenza tanto importante per la loro terra d’origine. L’auspicio che mi sgorga spontaneo dal cuore è che la comune riflessione sulle prime origini dell’evangelizzazione in Lettonia abbia a recare ulteriore impulso all’impegno ecumenico, accelerando il cammino verso il recupero della piena comunione nella fede e nella carità.

2. Nel corso del XII secolo giungeva alle popolazioni residenti presso le foci del fiume Duna la parola del Vangelo. Giungeva ad opera di Meinardo, un sacerdote proveniente dalla Canonica regolare di Segeberg nella Vagria, oggi Holstein. Egli era stato preceduto da altri missionari, della cui azione apostolica sono restate chiare tracce storiche. Ma la missione di Meinardo, che le cronache ecclesiastiche e antichi libri liturgici qualificano come beato e santo, ebbe efficacia ben più profonda. Animato dall’“amore del fuoco divino” (Heinrici Chronicon Livoniae, 1, 1), egli si valse di cooperatori e si inquadrò nelle istituzioni ecclesiastiche, ricevendo l’ordinazione episcopale dal metropolita di Brema-Amburgo (1186) e la conferma dal Papa Clemente III (1188). Egli si era avviato verso la vostra terra mosso dallo Spirito di Dio, che voleva attuare per suo mezzo il proprio piano di salvezza. Si era avviato senza secondi fini, non avendo alcuna brama di personale vantaggio ma desiderando soltanto di annunziare il Vangelo, come esplicitamente sottolinea l’antico cronista Enrico. Proprio per questo egli non chiese nulla ai propri ascoltatori: diede loro invece del suo, prodigandosi per i bisognosi, curando gli ammalati, edificando chiese e insegnando ai lettoni di allora a meglio provvedere anche alle proprie necessità materiali.

Sull’esempio dell’apostolo Paolo, anche Meinardo predicò gratuitamente il Vangelo, senza usare del diritto conferitogli dal Vangelo. Suo unico desiderio, infatti, era di “farsi servo di tutti per guadagnarne il maggior numero” (1 Cor 9, 18. 19).

Riandando, sulla scorta dei documenti storici, alle difficili condizioni in cui vivevano le popolazioni d’allora, come non restare colpiti dal racconto delle traversie affrontate, insieme con i compagni, da questo missionario generoso, che sapeva farsi “debole con i deboli per guadagnare i deboli” (1 Cor 9, 22), perché convinto che la predicazione non era per lui un “vanto”, ma soltanto un “dovere”?

Meinardo sta davanti a noi come un esempio di vero apostolo di Cristo, nel cui animo urge l’assillo dell’annuncio del Vangelo: “Andate e ammaestrate tutte le Nazioni . . .”! Una sorta di pungolo implacabile. Il pungolo dell’amore per Cristo, sentito ormai come l’unica, vera ragione della propria vita. Solo in una simile prospettiva di amore senza riserve possono capirsi parole come quelle che abbiamo ascoltato poc’anzi dalle labbra di san Paolo, ma che ben possiamo immaginare anche su quelle dell’apostolo della vostra terra: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16).

3. A distanza di otto secoli noi possiamo ricostruire solo approssimativamente l’ambiente socio-culturale nel quale Meinardo e i suoi compagni si mossero. Dalle cronache dell’epoca, tuttavia, alcuni dati emergono con sufficiente chiarezza: la diffidenza, da una parte, di quelle popolazioni verso i nuovi venuti e la loro istintiva resistenza alla predicazione del Vangelo; la straordinaria capacità, dall’altra, di Meinardo di saper fare breccia in quel muro di ostilità mediante l’attenta valorizzazione di ogni aspetto positivo dei loro costumi. Lo incoraggiava in ciò la parola del Papa Clemente III il quale, in una lettera del 10 aprile 1190, raccomandava ai missionari recatisi in Lettonia di accattivarsi la simpatia degli ascoltatori “conformandosi ad essi in alcune cose”.

La direttiva, in fondo, non faceva che ricalcare la linea d’azione già seguita dall’apostolo Paolo, il quale, nel rivolgersi agli abitanti di Atene, prendeva spunto da un aspetto apprezzabile del loro costume: la loro religiosità, testimoniata dai numerosi idoli venerati nella città: “Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi . . . Quel che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio” (At 17, 22-23).

Meinardo seppe sintonizzarsi con la mentalità dei suoi interlocutori, presentando l’annuncio di un linguaggio adatto e con applicazioni aderenti ai loro problemi, così da facilitare la loro comprensione e il loro assenso. Possiamo pensare che anch’egli, come l’apostolo Paolo, sia partito dall’esperienza delle bellezze della natura - e quali affascinanti spettacoli offre la natura nella vostra terra, carissimi figli della Lettonia! - portando poi gli uditori alla scoperta del vero Dio “che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra”. In particolare, egli insegnò loro a confidare nella sovrana e amorevole provvidenza di Dio che non ha bisogno di nulla, “essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro a ogni cosa”. Li avviò inoltre all’esperienza del dialogo con lui nella preghiera perché Dio “non è lontano da ciascuno di noi”, giacché noi “in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 24-28).

4. Carissimi, grazie alla dedizione missionaria di Meinardo il seme della parola di Dio ha messo radici in Lettonia otto secoli or sono: da allora innumerevoli vicende si sono susseguite sul suolo della vostra patria; giornate belle si sono alternate a giornate tristi; a volte venti e tempeste si sono abbattuti sull’albero germogliato da quel seme traendone frutti preziosi di sofferenza e di martirio. Penso, in particolare, ai numerosi, indimenticabili confessori della fede, che nella vostra terra hanno offerto la loro vita a causa del vangelo. La loro coraggiosa testimonianza è preziosissima davanti al Signore ed è sorgente di forza per la presente generazione cristiana. Così l’albero ha resistito e resiste, e anche oggi continua a svettare verso il cielo, ricco di nuovi fiori e di nuovi frutti.

Con profonda gioia io rendo grazie per questo, insieme con voi, a Dio Padre e Figlio e Spirito Santo; alla santissima Trinità nel cui nome i vostri antenati 800 anni orsono furono battezzati, iniziando un cammino di fede che le generazioni successive avrebbero continuato. Quel cammino prosegue anche oggi, pur fra le difficoltà dell’ora presente.

È necessario mantener viva la fiamma della fede, che il vescovo Meinardo accese con la sua predicazione, affinché il patrimonio di valori religiosi, accumulato nei secoli, non vada perduto. Esso infatti è entrato a far parte integrante della cultura nazionale: approfondirlo e consolidarlo significa ravvivare la cultura stessa di cui vive la nazione. Mi rallegro perciò che la celebrazione della storica ricorrenza sia stata preparata in Lettonia con opportune catechesi, volte a risvegliare nei cristiani la fede eventualmente sopita e ad accenderne, al tempo stesso, la fiamma negli animi di coloro che non hanno ancora avuto la gioia di scoprire in Cristo il loro redentore.

Nell’incoraggiare tale impegno di rinnovata evangelizzazione, desidero confortare voi qui presenti e i fedeli dell’amata Lettonia a perseverare nell’adesione a Cristo, confidando nella vittoriosa forza della sua grazia. Aprano essi i loro cuori alle rassicuranti parole del Maestro divino: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!” (Mt 28, 20).

“Tutti i giorni”: non solo quelli lieti, ma anche quelli difficili. Nessun giorno, nessun tempo e sottratto all’onnipotente presenza del Risorto. Cristo è con la Chiesa, con i suoi discepoli e seguaci “fino alla fine del mondo”. In ogni situazione, per quanto complessa essa sia, la Chiesa, se resta vigile nella fede accanto al suo Signore, può sentire da lui, come gli apostoli turbati dalla prospettiva dell’imminente passione, la parola della fiducia e della speranza: “Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo” (Gv 16, 33).

5. Sì, amati fedeli della Lettonia, Cristo ha vinto il mondo! Restate dunque saldi nell’adesione al suo nome, al di fuori del quale non è data salvezza agli uomini sotto il cielo (cf. At 4, 12). Voi siete eredi di una nobilissima tradizione. Siatene degni testimoni al cospetto della presente generazione.

Voi, fratelli nell’episcopato, così vicini al mio cuore, anche se fisicamente lontani. Voi che sotto la guida del vostro cardinale, venerando per età e per meriti, provvedete a pascere con quotidiana fatica il gregge a voi affidato dallo Spirito.

Voi, sacerdoti, che in profonda comunione col vostro popolo, vi impegnate ad ammaestrarlo con la parola e con l’esempio. Voi custodite nelle vostre mani il tesoro prezioso del Corpo e del Sangue di Cristo, che è alimento di vita eterna per quanti sulle strade della terra sono in cammino verso la patria del cielo.

Voi, anime consacrate nella professione dei consigli evangelici, che vivendo nel mondo con la testimonianza della vostra vita ne costituite lo spirituale fermento.

Voi, sposi cristiani, che nel santuario domestico della famiglia alimentate la fiamma dell’amore, al cui calore crescono i figli, da voi apprendendo quei valori umani ed evangelici, che hanno fatto grande la patria.

Voi, giovani, che introdurrete la Lettonia nel prossimo millennio. Nella nobiltà dei vostri sentimenti e nella coerenza delle vostre azioni sta la grandezza della Nazione. Nella purezza della vostra fede e nella generosità della vostra testimonianza sta il futuro della Chiesa.

Voi tutti, fratelli e sorelle lettoni che, in patria o in altre contrade del mondo, continuate a credere, lottare e sperare in spirituale sintonia con i vostri avi! L’immensa schiera di quanti vi hanno preceduto nella fede durante questi 800 anni vi guarda dal cielo. Che la loro intercessione vi sostenga nelle quotidiane scelte, a cui il Vangelo vi chiama!

Vi sostenga, in particolare, l’intercessione di Colei che i vostri antenati hanno voluto come speciale protettrice e patrona. Volga la Vergine santissima il suo sguardo a quella che da secoli si gloria di chiamarsi “la terra di Maria”.

Spiritualmente unito a voi, mi inginocchio anch’io nel santuario di Aglona - ove nel prossimo agosto è prevista una particolare celebrazione del centenario - memore delle appassionate parole dei vostri padri: “Sic, sic maris stella suam semper custodit Lyvoniam; sic, sic mundi domina terrarumque omnium imperatrix specialem suam terram semper defendit” (Heinrici Chronicon Livoniae, XXV, 2). A lei con voi grido: Vergine Santa, Madre di Cristo e Madre nostra Maria, guarda a questa Chiesa di Lettonia che nei secoli ti è restata amorosamente devota e fedele, guarda ad essa e proteggila in mezzo a tutte le difficoltà che ne ostacolano il cammino. Conservala salda nella fede, coraggiosa nella speranza, ardente nella carità e fa’ che, stretta intorno ai suoi pastori, sappia avanzare sicura sulle strade del mondo verso l’incontro definitivo col Figlio tuo e Signore nostro Gesù Cristo, che col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli. Amen!

 

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