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MESSA PER I 250 ANNI DALLA CANONIZZAZIONE DI SAN VINCENZO DE' PAOLI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 27 settembre 1987

 

1. “Ricordati, Signore, del tuo amore” (Sal 25, 6).

Così preghiamo oggi con le parole del salmista. Il grido a Dio, che è “ricco di misericordia” (cf. Ef 2, 4), attraversa l’intera sacra Scrittura. L’Antico Testamento lo trasmette al Nuovo, quando “venne la pienezza del tempo” e “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4, 4).

Allora si è realizzata la preghiera del salmista:

Il Signore si è ricordato del suo amore che è da sempre: infatti, “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16).

E lui, il Figlio, facendosi uomo ha riempito pienamente la misura della misericordia che è propria di Dio.

Ed ha anche voluto “trasferire”, in qualche modo, questa misura all’uomo, quando ha detto nel discorso della montagna:

“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7).

2. Oggi siamo riuniti in questa piazza, davanti alla Basilica che si eleva sulla tomba dell’apostolo Pietro, per ricordare un uomo che di questa beatitudine ha fatto - in modo straordinario - il contenuto della propria vita e della propria vocazione: san Vincenzo de’ Paoli!

La sua fama ha superato tutte le frontiere e, dopo oltre tre secoli, continua a sfidare il tempo.

Duecentocinquant’anni fa il Papa Clemente XII l’annoverò nell’albo dei santi della Chiesa cattolica, Nella bolla di canonizzazione la figura del santo viene così delineata: “Egli era come un rifugio per tutti i bisognosi e i miseri, e aiutava i poveri di ogni specie, erogando anche a volte ciò che sembrava necessario per sé e per i suoi compagni delle missioni, con elemosine così abbondanti che comunemente egli era chiamato padre dei poveri. Sebbene già avanti negli anni, si prodigava assiduamente nel ministero apostolico delle sacre missioni, e volando per ogni dove sulle ali della carità al di là di ogni fatica e delle forze dell’età senile, portava la luce della verità evangelica e la scienza dei divini comandamenti a coloro che camminavano nelle tenebre e nella caligine del vizio, soprattutto agli abitanti più poveri delle campagne e dei villaggi, che ( . . .) venivano da lui ricondotti sulla via del Signore. E poiché la carità non conosce misura, la virtù del servo di Dio non si restrinse ai confini della Francia, ma rifulse diffondendosi in lungo e in largo; infatti, allo scopo di propagare la fede e la pietà, egli inviò, tra i suoi discepoli, operai del Vangelo non solo in Italia, Polonia, Scozia e Irlanda, ma anche agli stranieri e agli Indi e alle genti più lontane dalle nostre terre, che, mediante la loro opera, fugate le tenebre dell’idolatria, condusse alla luce della verità”.

3. Attraverso le generazioni san Vincenzo parla non soltanto al suo secolo, ma anche all’intera epoca moderna, scrivendo nuovamente in essa, con tutta la “radicalità” del Vangelo, le parole del discorso della montagna: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Egli sta all’inizio di una lunga schiera di persone che, seguendo le sue orme, hanno attuato nella vita le parole del salmista:

“Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri” (Sal 25, 4).

Quale spettacolo ha davanti a sé chi si spinge indietro con lo sguardo a contemplare l’immensa rete di attività apostoliche e sociali che egli ha cominciato a tessere nel corso della sua vita e che, dopo di lui, innumerevoli suoi seguaci hanno ripreso e sviluppato! Il pensiero va innanzitutto ai missionari da lui fondati e che oggi lavorano in molte parti del mondo per l’evangelizzazione dei poveri e la formazione dei sacerdoti. E come non fermarsi ammirati davanti alla meravigliosa opera svolta dalle Figlie della Carità, la Congregazione religiosa più numerosa della Chiesa? Forse non c’è persona che, in una circostanza o nell’altra della sua vita, non abbia avuto occasione di avvicinare qualcuna di queste figlie di san Vincenzo per riceverne un sorriso, una buona parola, un aiuto premuroso e discreto. V’è poi la vasta famiglia delle Confraternite e delle Associazioni di Carità che costituiscono oggi nel mondo un magnifico corpo di volontari e di volontarie al servizio della beneficenza e della promozione sociale del “popolo povero”, come amava esprimersi san Vincenzo. Accanto a loro lavorano i membri delle Conferenze di san Vincenzo, fondate nel 1833 da Federico Ozanam alla luce degli insegnamenti del grande apostolo della carità. Devono inoltre essere ricordate le altre numerose Comunità che onorano san Vincenzo come patrono, modello e maestro e possono quindi essere considerate come facenti parte della grande “famiglia vincenziana”.

Tutti questi figli e figlie spirituali di san Vincenzo de’ Paoli hanno imparato da Cristo, col suo aiuto, a percorrere il “sentiero” evangelico che passa attraverso il discorso della montagna: “Beati i misericordiosi”.

4. Il brano evangelico dell’odierna domenica ci ricorda la parabola dei due figli che il padre vuole mandare a lavorare nella vigna (cf. Mt 21, 28-32).

Vincenzo de’ Paoli assomiglia certamente al figlio che ha compiuto la volontà del padre; egli ha risposto con tutta la sua vita alla chiamata: “Va’ . . . a lavorare nella vigna” (Mt 21, 28). E non si è lasciato “precedere” da nessuno. E tuttavia merita di essere sottolineato che anche lui - come ci narrano i biografi - ebbe, all’inizio, un comportamento in qualche modo simile a quello del figlio della parabola, che prima tergiversa e solo in un secondo momento obbedisce: senza aver opposto un “no” preciso al Padre che lo inviava alla vigna, possiamo dire che, nei primi tempi, egli non sentì il sacerdozio come una vocazione che lo impegnava alla santità, ma quasi piuttosto come l’occasione per raggiungere un certo prestigio sociale e una dignitosa sistemazione economica, come scriveva a sua madre.

Questo limite umano di Vincenzo ci fa comprendere che santi non si nasce. Santi si diventa, attraverso un più o meno lungo, faticoso e metodico cammino di conversione, di penitenza e di purificazione. Farsi santi è una dura conquista e suppone un impegno e uno sforzo che in fondo durano tutta la vita.

Vincenzo si accorse, a un certo punto, di questa esigenza della santità posta in noi dalla grazia del Battesimo, e con grande ardore e determinazione si dedicò a questo, che è il più bell’ideale che un uomo possa concepire nella propria vita.

Fu così che Vincenzo, alla scuola di grandi maestri come il card. de Berulle e san Francesco di Sales, riscoperse o - quasi si potrebbe dire - scoperse veramente quel sacerdozio che aveva voluto ricevere, appena ventenne, più per una sua scelta umana che per una cosciente risposta alla vocazione divina. È la chiara presa di coscienza di questo dono incommensurabile ricevuto da Dio fu il germe iniziale, la “molla” propulsiva e la ragione ultima, soprannaturale, di tutte quelle meravigliose imprese della carità, che l’hanno meritatamente reso famoso in tutto il mondo e gli hanno assicurato una gloria immortale. Vincenzo divenne così un ispiratore di grandi gesti di generosità anche in tante altre persone. Fu un educatore di “élites” e, al tempo stesso, di masse.

Due furono gli amori della sua vita: Dio e i poveri. Ma al riguardo dice bene il grande storico della spiritualità cristiana, Henri Bremond, quando afferma che “non è l’amore per gli uomini che l’ha condotto alla santità, ma piuttosto la santità, che l’ha reso veramente ed efficacemente caritatevole; non sono i poveri ad averlo donato a Dio, ma è Dio, al contrario, che l’ha donato ai poveri. Chi lo vede più filantropo che mistico, chi non lo vede innanzitutto un mistico, si rappresenta un Vincenzo de’ Paoli che non è mai esistito”.

5. Con la testimonianza della sua vita completamente dedicata a Cristo nei poveri e bisognosi, Vincenzo sembra parlare agli uomini della sua epoca e a quelli di oggi con le stesse parole che usa san Paolo nella Lettera ai Filippesi, riportata dall’odierna liturgia: “Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Fil 2, 4)!

Vincenzo cercò veramente non il proprio ma l’altrui interesse e nel far ciò sperimentò quel “conforto derivante dalla carità” di cui parla san Paolo. Lo sperimentò lui e lo fece sperimentare a quanti raggiunse col calore della sua carità.

E quale fu il segreto di tale inesauribile vena di altruismo, che nessuna forma di miseria materiale e morale riuscì mai ad arrestare? Il segreto ce lo rivela ancora san Paolo quando raccomanda: “Ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” (Fil 2, 3). Che vuol dire? Che la vera carità fraterna comporta quell’unità la quale sa apprezzare negli altri le qualità che noi non abbiamo, e ci spinge a mettere a loro servizio i doni che Dio ha dato a noi, scegliendo, tra questi “altri”, proprio i meno dotati, i più infelici, coloro che le mode del tempo non tengono in nessuna considerazione. Proprio in costoro la carità sa scoprire tesori nascosti. Proprio in costoro dobbiamo vedere, con Vincenzo, i nostri “padroni, signori e maestri”, cioè coloro che dobbiamo servire.

Questo atteggiamento cristiano nei confronti del prossimo è un meraviglioso fattore di pace, di giustizia e di unità all’interno della famiglia umana. Era ciò che faceva esaltare il gran cuore di Paolo allorché affermava, sempre nella Lettera ai Filippesi; “Se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti d’amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con i medesimi sentimenti” (Fil 2, 1-2).

In queste parole dell’Apostolo è descritta tutta l’anima di Vincenzo. troviamo la radice profonda e autentica della sua spiritualità e della sua prodigiosa generosità: la carità del cuore sacerdotale di Cristo, carità per la quale Dio ha concesso a Vincenzo “di riprodurre in sé il mistero che celebrava”.

6. Oggi ricordiamo il giorno in cui Vincenzo de’ Paoli è stato “elevato” dopo la morte. Sì, elevato sugli altari: “esaltato”. Iscritto nell’albo di questi uomini e donne che la Chiesa circonda di venerazione come santi, anche nella sua liturgia.

Ma ci limitiamo solo a ciò?

Le parole dell’inno paolino proclamano oggi l’“esaltazione” di Cristo: Colui che “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo”. Colui che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (cf. Fil 2, 7-8).

“Per questo Dio l’ha “esaltato” al di sopra di ogni cosa”!

Cristo esaltato al di sopra di ogni cosa!

Vincenzo de’ Paoli, l’umile imitatore di Cristo che ha vissuto completamente e senza riserva del contenuto del Vangelo dei poveri.
Vincenzo - da 250 anni iscritto nell’albo dei santi della Chiesa - “esaltato in Cristo”,
iscritto nel mistero di quell’unica esaltazione,
l’umile partecipe, per tutta l’eternità, di quell’Amore che “muove” tutto e tutto “esalta”, affinché “Dio sia tutto in tutti” (cf. 1 Cor 15, 28) per i secoli dei secoli.

 

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