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SANTA MESSA DELLA II DOMENICA D'AVVENTO CON LA
PARTECIPAZIONE DEL PATRIARCA ECUMENICO DIMITRIOS I

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

San Pietro - Domenica, 6 dicembre 1987

 

“Nel deserto preparate la via del Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio” (Is 40, 3).

1. Questo invito, rivolto un tempo dal profeta agli esiliati del popolo d’Israele, la liturgia pone oggi sulle nostre labbra per tutti i discepoli di Cristo che si apprestano a celebrare la festa della sua nascita e della sua epifania, nell’attesa colma di speranza della sua seconda venuta.

In questi giorni benedetti della visita della santità vostra alla Chiesa di Roma e al suo vescovo, e particolarmente in questo momento, in cui ci è data la gioia di pregare insieme con questa assemblea presso la tomba dell’apostolo Pietro, le parole del profeta sono risuonate per invitarci all’azione di grazie, a una più grande obbedienza alla volontà di Cristo e a una speranza incrollabile nel suo amore.

“Nel deserto preparate la via del Signore”. Colpiti nel vedere i deserti di angoscia e di sofferenza che tanto spesso gli uomini attraversano, e consci della missione di unità e di pace affidata dal Signore alla sua Chiesa, i miei predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI decisero con risolutezza, assieme ai padri del Concilio Vaticano II, di impegnarsi personalmente e di impegnare tutta la Chiesa cattolica nell’opera di riconciliazione di tutti i cristiani in una stessa comunione di fede e d’amore, affinché la Chiesa di Cristo potesse più fedelmente svolgere la sua missione di annunciare al mondo il Vangelo. Lo Spirito di Dio che aveva loro ispirato questo santo proposito, illuminava anche il cuore del suo illustre e veneratissimo predecessore nella sede di Costantinopoli, sua santità il patriarca Athenagoras I, e lo colmava di saggezza, di speranza, di carità profonda e del vivo desiderio di lavorare al ristabilimento della piena comunione ecclesiale per la perfetta bellezza della Chiesa. Il Signore aveva scelto coloro che sarebbero stati i suoi strumenti per dare inizio alla realizzazione di quest’opera. Il Signore riannodava tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente delle relazioni di amore e di pace, affinché esse potessero presto, di nuovo insieme, preparare per lui la via sulla terra degli uomini.

2. L’eredità che ci hanno lasciato questi pionieri, grandi servitori di Dio e della Chiesa, ci spinge innanzitutto a rivolgere a Dio la nostra azione di grazie: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1, 3). E vorrei evocare, per renderne grazie, alcuni dei grandi e significativi avvenimenti sulla via percorsa insieme dalle nostre Chiese durante questi ultimi decenni.

Sulla scia dell’ispirato disegno di Papa Giovanni XXIII, il suo successore Papa Paolo VI si recava in pellegrinaggio nei luoghi in cui nostro Signore versò il suo sangue, “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 52). Sua santità il patriarca Athenagoras I lo raggiungeva colà e i due pellegrini si incontravano in una stessa preghiera, dopo secoli di estraneamento e di silenzio.

Il 7 dicembre 1965 - si compirà domani il XXII anniversario di quell’evento - con una dichiarazione solenne, Paolo VI e Athenagoras I esprimevano la loro volontà di cancellare dalla memoria e dalla storia presente della Chiesa le sentenze di scomunica pronunciate reciprocamente nell’anno 1054. Nel mese di luglio 1967, Papa Paolo VI si recava in visita alla Chiesa di Costantinopoli e al suo venerato pastore mentre, qualche mese più tardi, il 26 ottobre, il patriarca Athenagoras I era accolto in questa basilica dallo stesso Papa Paolo VI, affiancato dai vescovi riuniti allora con lui in Sinodo.

Sin dall’indomani della cerimonia dell’inaugurazione del mio ministero pastorale nella sede di Pietro, ho tenuto a dire chiaramente che “l’impegno della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico è irreversibile” (Ioannis Pauli PP. II, Allocutio ad Legatos aliarum Ecclesiarum Christianarum, die 22 oct. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978] 45). Erano questi i sentimenti che mi animavano quando, nel mese di novembre 1979, mi fu data la gioia di incontrarLa nella sua sede patriarcale del Fanar. Potemmo allora annunciare insieme che l’inizio del dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa era imminente e potemmo rendere pubblici i nomi dei membri della commissione mista cattolico-ortodossa incaricata di questo dialogo. I membri della commissione hanno lavorato da allora in poi con la competenza, la perseveranza e la lealtà che sono a tutti note. La commissione ha già potuto elaborare due documenti che contengono delle affermazioni molto importanti per la continuazione del dialogo.

3. Ed ecco che in questo momento solenne e in questi giorni benedetti, accompagnato da degni metropoliti del suo sinodo e da altri membri della sua Chiesa, ella viene, santità, in uno slancio di amore fraterno, a scambiare di nuovo con me il bacio della pace e a testimoniare così del suo desiderio sincero, da lei pure espresso sin dalla sua elezione alla sede patriarcale di Costantinopoli, di contribuire al ristabilimento progressivo della perfetta comunione tra le nostre Chiese.

Non ho evocato che alcuni dei grandi momenti del nostro cammino comune, ma non dimentico tutto ciò che la grazia invisibile dello Spirito Santo ha realizzato nelle nostre Chiese e nelle loro mutue relazioni per mezzo della preghiera e della testimonianza evangelica di parrocchie e di comunità, particolarmente di comunità monastiche, per tramite della collaborazione e di incontri a livello locale, attraverso gli scambi regolari di visite tra Roma e Costantinopoli, in occasione delle nostre feste patronali, e per mezzo di tanti altri contatti in molteplici forme con tutte le Chiese ortodosse. Noi dobbiamo veramente rendere grazie a Dio che, attraverso la sua visita di oggi e i doni già ricevuti lungo il cammino percorso di nuovo insieme, fortifica la nostra speranza per il cammino che resta ancora da percorrere.

Poiché vogliamo essere per i fedeli delle nostre Chiese e per il mondo null’altro che dei “servitori per amore di Gesù” (2 Cor 4, 5) al fine di preparare, per loro e con loro, “la via del Signore” (Is 40, 3), eccoci disponibili e risoluti.

Nel Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha approfondito la sua contemplazione del piano di Cristo per la sua Chiesa. Essa ha compreso quindi più profondamente la realtà della comunione che mantiene nell’unità le Chiese particolari presenti nel mondo. Questo approfondimento costituisce un importante contributo alla nostra ricerca per ristabilire una perfetta comunione tra noi. Nel corso dei primi secoli della nostra storia, noi abbiamo seguito ciascuno la propria via, pur conservando la nostra comunione di fede e di vita sacramentale malgrado le difficoltà che potevano sorgere nelle nostre relazioni. Durante tale periodo, era riconosciuto alla Sede di Roma non solo un primato d’onore, ma anche una reale responsabilità per presiedere alla carità, secondo le parole di sant’Ignazio di Antiochia, e per favorire il mantenimento della comunione tra tutte le Chiese. Sono conscio che, per delle ragioni molto diverse, e contro la volontà degli uni e degli altri, ciò che doveva essere un servizio ha potuto manifestarsi sotto una luce abbastanza diversa. Ma, come lei sa, è per il desiderio di obbedire veramente alla volontà di Cristo che io mi riconosco chiamato, come vescovo di Roma, a esercitare tale ministero. Così, nella prospettiva di questa perfetta comunione che noi vogliamo ristabilire, io prego insistentemente lo Spirito Santo perché ci doni la sua luce, e illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese, affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri. Mi permetto, santità, di chiederle di pregare con me e per me, affinché colui che ci “guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16, 13) ci detti, sin da ora, i gesti, gli atteggiamenti, le parole e le decisioni che ci permetteranno di compiere tutto ciò che Dio vuole per la sua Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha chiesto che nello sforzo per il ristabilimento della piena comunione con le Chiese orientali si tenga in particolare considerazione la “natura delle relazioni vigenti tra esse e la sede di Roma prima della separazione” (Unitatis Redintegratio, 14). Queste relazioni rispettavano pienamente la potestà di quelle Chiese di “reggersi secondo le proprie discipline” (Ivi, 16). Vorrei assicurarla, santità, che la sede di Roma, così attenta a tutto ciò che la tradizione della Chiesa comporta, vuole rispettare pienamente questa tradizione della Chiesa d’Oriente.

4. In questi istanti di raccoglimento, noi vogliamo mantenerci in adorazione davanti al mistero della santa Trinità e supplicare che la sua grazia ci penetri, deboli e poveri quali siamo, e ci aiuti nella nostra missione così piena di speranza per la Chiesa e per il mondo.

Attraverso la figura del più grande dei profeti, che il santo Vangelo ci ha presentato qualche istante fa, lo Spirito di Dio ci permette di meglio comprendere uno degli atteggiamenti fondamentali che il Signore attende da noi. Noi accogliamo questo invito in vista del compito pastorale che ci è proprio, ma esso si rivolge anche a ogni ministro della Chiesa, a ogni fedele, secondo la sua vocazione. Con il santo profeta Giovanni il Precursore, abbiamo la certezza della continua venuta di Dio nella storia dell’umanità. Come lui, noi vogliamo preparare la via del Signore. Come lui, noi vogliamo indicare nel Cristo l’unico liberatore dal peccato, dalla sofferenza, e dalla morte, venuto per “dirigere i nostri passi sulla via della Pace” (Lc 1, 79), poiché i cristiani d’Oriente e d’Occidente, ormai insieme e, con un più forte amore, debbono dire al mondo, con le parole e con gli atti, che il Signore è venuto, viene e verrà sulla via degli uomini.

Nei confronti di una responsabilità così grande e così necessaria, io imploro per noi, fratello amatissimo, per i nostri fratelli nell’episcopato e per tutti i fedeli di Cristo, la grazia dell’umiltà, poiché noi non siamo “degni di chiamarci per sciogliere i legacci dei sandali” di colui che noi annunciamo (cf. Mc 1, 7). Questa missione e questo atteggiamento non sono forse evocati nelle magnifiche “Deisis” delle icone e degli affreschi delle basiliche d’Oriente e d’Occidente, in cui il santo profeta Giovanni Battista, rivolto verso Cristo, suo Signore, lo indica con la mano e con l’umile movimento di tutto il suo essere?

In queste “Deisis” vediamo pure la Madre del Redentore nello stesso atteggiamento, di umiltà, che indica anch’ella il suo Figlio e il suo Signore, ripetendoci incessantemente: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Ieri sera nella basilica di Santa Maria Maggiore, edificata in onore della divina maternità della Vergine, abbiamo potuto pregarla insieme. In questa celebrazione eucaristica, io le domando di intercedere presso il suo divin Figlio. Insieme abbiamo cantato la lode di Dio, insieme abbiamo ascoltato la sua Parola, insieme imploriamo la grazia di essere fedeli al Vangelo. Malgrado una tale testimonianza di comunione, noi non potremo ancora bere insieme allo stesso calice; ciò è per noi fonte di una sofferenza che amareggia il nostro cuore. Voglia Cristo, per il tramite delle preghiere della sua santissima e immacolata Madre, mantenerci nella pace e nella speranza. Voglia egli tramutare la nostra sofferenza in un incentivo a lavorare instancabilmente per ritrovare presto la piena comunione tra di noi e preparare insieme, sulla terra degli uomini, una “strada per il nostro Dio” (Is 40, 3)! Amen.

 

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