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RITO PENITENZIALE DEL MERCOLEDÌ DELLE CENERI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì, 17 febbraio 1988

 

1. “Rendimi la gioia di essere salvato” (Sal 51 [50], 14).

Così prega oggi la Chiesa insieme col salmista. All’inizio della Quaresima essa impone sulle nostre teste le ceneri e ripete a ciascuno: “Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai”, chiedendo nello stesso tempo la gioia della salvezza.

Nell’intero arco dell’anno liturgico la Chiesa aspira costantemente alla gioia della salvezza divina. Ma nel periodo della Quaresima questa aspirazione si fa particolarmente intensa: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6, 2).

La Chiesa accoglie dalle labbra di Cristo le prime parole del messaggio evangelico: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15) e le pronunzia pure mentre cosparge le nostre teste con le ceneri.

2. “Rendimi la gioia di essere salvato”.

Il salmista è pienamente consapevole che la “gioia di essere salvato” scaturisce dalla liberazione dal peccato:
“Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi” (Sal 51 [50], 5).

Il peccato è una macchia. Esso contamina l’uomo nella sua più intima vita spirituale. Perciò il salmista grida:
“Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato” (Sal 51 [50], 4).

Egli è pienamente consapevole che il peccato è un male che ingombra l’anima dell’uomo, e grava sulla sua coscienza. Perciò dice:
“Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi”.

Egli sa anche che il peccato, questo male che grava interiormente e ingombra l’anima dell’uomo è un ostacolo frapposto tra l’uomo e Dio:“Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto” (Sal 51 [50], 6).

3. L’immagine così offerta del peccato è pienamente espressiva. In essa s’incontrano tutte e due le dimensioni, che determinano la misura della colpa. Da un lato l’essere umano con la sua coscienza sensibile al bene e al male. Dall’altro lato, la grandezza e la santità di Dio. L’uomo vive dinanzi a lui. Dio è sin dall’inizio colui che interroga l’uomo sulla verità della sua coscienza: Adamo, “dove sei?” (Gen 3, 9). Egli è anche l’unico al quale l’uomo può svelare la verità tutta intera, per confessargliela.

Ma Dio non è soltanto il giudice che conosce tutto. Egli è contemporaneamente quell’unico al quale l’uomo può gridare “Cancella il mio peccato” . . . nella tua grande bontà cancella! (cf. Sal 51 [50], 3).

“Cancella” significa: “Fà sì che sia annientato ciò che ingombra la mia anima, che grava sulla mia coscienza: questo male! Soltanto tu puoi farlo. Soltanto tu!”.

Soltanto tu puoi “annientare”, perché soltanto tu puoi creare. In me, uomo, il peccato non può sparire se tu non mi creerai di nuovo.

Ecco, dunque, come grida il salmista:
“Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 51 [50], 12).

“Rendimi la gioia”!

4. Occorre che ciascuno di noi, ogni uomo della società contemporanea rilegga queste parole dell’antico salmo. Esse sono semplici, profonde, penetranti. Sono capaci di svelare sempre di nuovo il mondo particolare che l’uomo porta in se stesso e che l’uomo contemporaneo, - specialmente forse quello dell’Occidente con la sua civiltà unidimensionale - ha, in certo senso, allontanato da sé. Ne ha smarrito il senso.

E con questo ha perso anche la dimensione fondamentale della sua identità umana; della sua identità cristiana.

Cercando a ogni costo di “cancellare” dalla sua coscienza il peccato - la verità sul peccato - egli ha smarrito anche i grandi beni ai quali questa verità apre l’accesso: la piena dimensione del suo “io” umano, la vera sensibilità della coscienza e in definitiva quella dignità unica che deriva dall’essere dinanzi a Dio, dall’essere nel raggio della luce che promana dal suo “volto”.

Quanto eloquenti sono le parole del Salmista:
“Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito” (Sal 51 [50], 13).

5. “Rendimi la gioia di essere salvato”. Bisogna aggiungere che l’uomo contemporaneo ha perso anche la gioia, quella dimensione della gioia che gli è stata destinata da Dio.

La Quaresima ci apre la via a una tale gioia. Aiuta a ritrovarla oppure ad approfondirla. Questa via ci fa avanzare attraverso le parole ispirate del Salmista. Più ancora, ci fa avanzare attraverso il mistero pasquale di Cristo.

San Paolo scrive in proposito queste parole sconvolgenti: “Lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 20-21).

Egli è la pienezza della grazia salvifica. Non accoglietela invano! Collaborate con lui (cf. 2 Cor 6, 1).

6. Oggi, mercoledì delle Ceneri, preghiamo affinché la Quaresima diventi per ciascuno e per tutti il tempo della riscoperta del mistero penetrante di Cristo, a cui si riferisce l’Apostolo. Il tempo di una particolare collaborazione con lui, crocifisso e risorto.

Sì: la croce e la risurrezione.

A conclusione della Quaresima - nel giorno della solennità pasquale, la solennità più grande - Dio, anno dopo anno, dà compimento alle parole del Salmista: “Rendimi la gioia di essere salvato”. È la gioia della Pasqua di Cristo.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



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