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VISITA PASTORALE IN VALLE D’AOSTA

MESSA NEL SANTUARIO MARIANO DI BARMASC

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Aosta - Domenica, 15 luglio 1990

 

“La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55, 11).

1. Come la pioggia irrora la terra, così Iddio con la sua grazia ridà vigore all’uomo schiacciato dal peso del peccato e della morte. Egli è fedele e mantiene sempre la parola data. Nessuna potenza riuscirà a frenare la forza irresistibile della sua misericordia.

Carissimi fratelli e sorelle, le parole del Deutero-Isaia, che abbiamo ascoltato nella I lettura, sottolineano in modo significativo la promessa che Jahvè rinnova a Israele afflitto e disorientato. Esse si rivolgono anche a noi come richiamo alla speranza e come stimolo alla fiducia. Si rivolgono all’uomo del nostro tempo, assetato di felicità e di benessere, che va in cerca della verità e della pace, ma che, purtroppo, sperimenta la delusione dell’insuccesso.

Le parole del profeta sono un invito a credere che Iddio può ribaltare ogni situazione, anche la più drammatica e complessa. Chi, infatti, può contrastare il suo agire? Egli, che è onnipotente e buono, ci abbandonerà forse alla nostra fragilità o ci lascerà vagare in balìa della nostra infedeltà?

2. Nei testi biblici di questa XV Domenica del Tempo ordinario, l’Onnipotente ci appare rivestito di tenerezza e di attenzione, prodigo verso l’umanità dei doni della salvezza. Egli accompagna con pazienza il popolo che si è scelto; guida fedelmente nei secoli la Chiesa “nuovo Israele dell’era presente, che cammina alla ricerca della città futura e permanente” (Lumen gentium, 9). Parla e agisce, dona senza misura e senza pentimento, interviene nelle nostre quotidiane vicende anche quando siamo deboli e non corrispondiamo al suo amore gratuito e generoso.

L’uomo, però, ha la tremenda possibilità di rendere vana l’iniziativa divina e di rifiutare il suo amore. Il nostro “sì”, adesione libera alla sua proposta di vita, è indispensabile perché il progetto di salvezza si compia in noi.

3. Riflettiamo sulla parabola del seminatore. Essa ci aiuta a meglio comprendere questa provvidenziale realtà e a ponderare saggiamente il peso della responsabilità che incombe su ciascuno nel far maturare il seme della Parola, largamente diffuso nel nostro cuore. Il seme di cui parliamo è la parola di Dio; è Cristo, il Verbo del Dio vivente. Si tratta di un seme, in sé fecondo ed efficace, sgorgato dalla fonte inesauribile dell’Amore trinitario. Tuttavia, il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che ad esso ognuno riserva. Spesso l’uomo è distratto da troppi interessi; gli giungono da ogni parte innumerevoli richiami e gli è difficile distinguere, tra tante voci, quella dell’unica Verità che rende liberi.

Occorre, cari fratelli, diventare terreno disponibile senza spine né sassi, ma dissodato e sarchiato con cura. Dipende da noi essere quella terra buona, nella quale “il seme dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta” (Mt 12, 23). Quanto grande è allora la responsabilità del credente! Quanto numerose sono le opportunità offerte a chi accoglie e conserva questo mistero! Beato colui che apre tutto se stesso a Cristo, seme che feconda la vita!

Vi esorto, carissimi fratelli e sorelle, a crescere nel desiderio di Dio, vi incoraggio ad accogliere generosamente l’invito che ci rivolge l’odierna liturgia. Possiate sempre corrispondere agli impulsi della grazia e recare frutti abbondanti di santità.

4. Sono grato a tutti coloro che mi hanno reso possibile celebrare l’Eucaristia in questo santuario di Barmasc. Ringrazio il vescovo di Aosta, mons. Ovidio Lari, vostro amato pastore. Rivolgo un pensiero e un ringraziamento ai vescovi ospiti qui presenti come anche un pensiero deferente a tutte le autorità presenti, al presidente della Giunta regionale, al sindaco di Ayas, abbraccio spiritualmente tutti voi, intervenuti a così raccolta celebrazione eucaristica.

Fa da sfondo al nostro incontro questa incantevole conca alpina della Valle di Ayas, percorsa dal torrente che sgorga dai maestosi ghiacciai del Monte Rosa. Ci guarda benedicente la Madonna del Monte Zerbion. A non grande distanza da qui, svetta superbo il Monte Cervino che 125 anni fa, tre giorni dopo la conquista da parte dell’inglese Edward Whymper e delle guide svizzere e francesi, fu raggiunto dal versante italiano dalla cordata tutta valdostana composta da Jean-Antoine Bich, Jean-Augustin Meynet e dall’abate Amé Gorret, tutti di Valtournenche.

Tutto porta a volgere lo sguardo verso i cieli, tutto incoraggia a invocare Maria, la Madre di Dio, che ha corrisposto fedelmente al volere dell’Altissimo. In questo suggestivo santuario, costruito in epoca anteriore al XVII secolo, la Vergine è venerata sotto il titolo di “Bon Secours”. A lei, sin da tempi antichi, hanno iniziato ad accorrere numerosi fedeli per implorare il dono della pioggia e del tempo favorevole alla campagna, mossi dalla certezza di essere esauditi. Anche noi, oggi, condividiamo quella stessa fiducia. Ma oltre la pioggia che ristora la terra, ci è necessaria un’altra più importante pioggia “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14).

Se viene a mancare questa acqua soprannaturale, il cuore dell’uomo diventa un deserto, arido e infecondo. Si rischia allora la morte dello spirito.

5. Il mondo, “sottomesso alla caducità” (Rm 8, 20), grida che ha sete di Cristo. Invoca la pace, ma non sa dove trovarla pienamente. Chi potrà trasformare questo terreno sassoso e pieno di rovi in campo ubertoso, se non la pioggia e la neve che scendono dall’alto?

“Virgo potens, erige pauperem - Vergine potente, innalza il povero”. Questo fu il motto di mons. Giuseppe Obert, missionario e poi vescovo in India, di cui ricorre proprio quest’anno il centenario della nascita e la cui modesta abitazione si trova a pochi metri da qui.

È vero: la Vergine sostiene il povero che in lei confida. Aiuta il cristiano, giorno dopo giorno, a seguire i passi di Gesù, a spendere per lui ogni risorsa fisica e spirituale, realizzando in tal modo la missione affidatagli con il battesimo. Il credente diventa, così, a sua volta, un seme di vita offerto, insieme a Cristo, per la salvezza dei fratelli.

6. “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8, 19). L’umanità invoca aiuto e cerca sicurezza. Tutti abbiamo bisogno della pioggia della misericordia, tutti aspiriamo ai frutti dell’amore.

Dio continua a visitare la terra benedicendo i suoi germogli e sicuramente porterà a termine l’opera iniziata. Lo stupendo panorama, che qui contempliamo, ci parla della sua eterna fedeltà. Ci parla anche della ricchezza dei suoi doni. Nel silenzio di queste vette, Dio si manifesta dall’alto e “mostra agli erranti la luce della sua verità perché possano tornare sulla retta via” (Colletta). Ci mostra Gesù Cristo, il suo Verbo eterno. Lo mostra e ce lo offre nell’Eucaristia; ce lo offre per le mani di Maria, sua Madre, nostra Madre.

Vergine del Bon Secours, intercedi per noi. Amen.

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana

 



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