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VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA

CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA RICORRENZA DEI
1000 ANNI DI FONDAZIONE DELL'ARCIABBAZIA DI PANNONHALMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica dell'Arciabbazia di Pannonhalma
Venerdì, 6 settembre 1996

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Caro Padre Arciabate e cari Padri di questa Abbazia,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con grande gioia sono venuto pellegrino qui, sulla collina di san Martino, nell’antico monastero di Pannonhalma. Commemoriamo insieme i mille anni di fondazione di questo storico centro di vita spirituale e di cultura, nel quale ha preso avvio una tradizione rimasta viva ininterrottamente fino ai nostri giorni. Per la prima volta il Vescovo di Roma si reca a fare visita a voi che, fin dalle origini, siete rimasti molto strettamente legati alla Sede Apostolica.

All’inizio giunse da Roma, per fondare Brevnov, presso Praga, e da lì la vostra Abbazia, una piccola schiera di monaci, confratelli e discepoli di sant’Adalberto, Vescovo di Praga. Sant’Adalberto (Wojciech), il protomartire e patrono della mia patria, è il santo comune dei popoli della storica corona boema, polacca e ungherese. La speciale venerazione per sant’Adalberto vi unisce così ai popoli che hanno vissuto e vivono nell’Europa centrale assieme agli slavi.

Nella primavera dell’anno prossimo, in occasione del millesimo anniversario del martirio di sant’Adalberto-Wojciech, avrò la gioia di visitare, a Dio piacendo, la sua sede d’un tempo. La collina su cui abitate porta il nome di san Martino. Vivete, pertanto, sotto il patrocinio di un Santo nato in questa regione, che all’epoca costituiva la provincia romana della Pannonia. San Martino da millecinquecento anni è venerato in tanti Paesi d’Europa. Con essi, attraverso la sua persona così ricca di carisma, voi siete spiritualmente collegati.

Da questa terra che gli diede i natali, mi è caro, pertanto, inviare un saluto agli abitanti di Tours, in Francia, ove avrò la gioia di recarmi tra pochi giorni in pellegrinaggio. Gli inizi della vostra storia ci portano all’epoca in cui l’Oriente e l’Occidente cristiani erano ancora indivisi. Commemorare i mille anni dalla fondazione di Pannonhalma significa pertanto risalire con la memoria a quella situazione di unità tra i credenti che caratterizzò il primo millennio. Le vostre radici affondano in quell’epoca benedetta. È un passato che vi vincola e vi impegna, ma al tempo stesso vi dà sicurezza per il vostro futuro.

2. “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?” (Rm 11, 33-35).

Le parole della lettera dell’Apostolo Paolo ai Romani acquistano nel contesto dell’odierna celebrazione uno speciale significato. Abbiamo celebrato recentemente il millennio del battesimo dell’Ungheria - quasi contemporaneamente a quello della Polonia - e oggi innalziamo in questa antichissima Abbazia benedettina un solenne canto di ringraziamento al Signore per i mille anni passati. Sono giornate commemorative di notevole significato storico, legate come sono alla memoria del santo Re Stefano. La liturgia però ci guida oltre la dimensione storica dell’evento, inducendoci a cercarne le più profonde radici nella sapienza e nella scienza di Dio, fondamento dell’ordine creato e della storia.

Se, infatti, nel corso dei secoli gli uomini hanno avviato grandi opere, se gli inizi degli stati e dei regni sono legati a singole personalità, il credente sa riconoscere in queste vicende umane l’azione misteriosa e sapiente della divina Provvidenza. Spesso le stesse persone che erano all’origine di quegli eventi storici si resero conto che la loro capacità creativa e le loro iniziative erano radicate soltanto in Dio, nella sua infinita sapienza e nel suo eterno amore. E poiché tutto - come dice l’Apostolo - è “da lui e grazie a lui”, tutto è anche “per lui” (cf. Rm 11, 36). Ut in omnibus glorificetur Deus - come soleva dire san Benedetto. Tutto è per lui. A lui onore e gloria per l’eternità!

3. “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12, 1).Qui l’Apostolo evoca la figura del Servo del Signore, come fu profetizzato da Isaia: il Servo sacrifica se stesso come offerta viva, santa e gradita, facendosi “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). Per mezzo di questa sua obbedienza egli ha redento il mondo. Con essa egli ha in qualche modo ispirato non soltanto la “Regola di san Benedetto”, ma anche le Regole di tutti gli Ordini religiosi dando così occasione a uomini e donne di intraprendere, nel corso dei secoli, la via del santo servizio di Dio in fedele risposta alla vocazione del perfetto amore sponsale di Cristo.

Nell’Incarnazione, il Figlio di Dio “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2, 7). Egli creava così, e crea tuttora per molte persone, la via meravigliosa della vocazione. In essa dice a ciascuno: “Seguimi”; lo dice normalmente con parole che soltanto il cuore riesce a percepire. Egli parla con la forza espressiva del mistero della sua morte e risurrezione. Rivela così una forma di vita umana che permette all’uomo di trovare il senso più profondo del suo essere. Nella vocazione benedettina, come del resto in ogni vocazione cristiana, e specialmente nella vita consacrata, la persona è chiamata ad offrire il “culto spirituale” (Rm 12, 1), è chiamata a realizzare pienamente il suo essere, che Dio ha creato a propria immagine e somiglianza (cf. Gen 1, 27). Come insegna il Concilio Vaticano II, l’uomo è la sola creatura in terra che Iddio abbia voluto per se stessa e che possa ritrovarsi pienamente solo attraverso il dono sincero di sé (cf. Gaudium et spes, 24).

È questo il motivo, per cui voi tutti siete qui, venerati e cari fratelli: Cristo vi ha chiamati mediante il dono unico e gratuito, che Egli ha fatto di se stesso; vi ha chiamati mediante il sacrificio offerto al Padre sull’altare della Croce. In questo modo, ha generato in voi la disponibilità a diventare, come Lui e in Lui, dono gratuito al suo Popolo santo, partecipando alla vita della vostra comunità benedettina. Ed è così che viene scritta, da mille anni, la storia di questa Abbazia, chiamata Pannonhalma.

4. L’Apostolo proseguendo esorta poi: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2). Forse san Benedetto aveva davanti agli occhi queste parole quando scrisse la sua Regola. È significativo comunque che, prendendo le distanze dallo spirito dei tempi, egli abbia inserito nella sua Regola una raccolta di principi straordinariamente efficaci, orientati alla trasformazione del mondo.

Su questo tutti sono d’accordo. Persino autori non sempre molto obiettivi nei confronti del cristianesimo concordano nel riconoscere che san Benedetto e i suoi figli “rinnovarono la faccia della terra” (cf. Sal 103, 30) e che l’Europa, specialmente nel primo millennio, deve in gran parte ad essi il gigantesco rinnovamento culturale e sociale di cui ha beneficiato. La semplice frase “ora et labora” ha gettato le basi per un vasto programma grazie al quale il Continente, dopo gli eventi della grande migrazione dei popoli, cominciò ad assumere le forme culturali che hanno caratterizzato fino ad oggi le nazioni europee e il loro speciale ruolo nel mondo. L’economia era allora prevalentemente agricola.

Il dissodamento di vastissime zone boscose e la coltivazione dei campi furono il contributo più significativo con cui i figli di san Benedetto incisero sul miglioramento del livello di vita delle popolazioni. Ciò fu all’origine di decisivi processi di trasformazione sociale e culturale. È nel contesto di questa secolare preparazione che si poterono formare, nel secondo millennio, le città europee con le opere d’arte e di architettura che ci è possibile anche oggi ammirare. Celebrando i mille anni della fondazione dell’Abbazia di Pannonhalma ricordiamo, in un certo senso, un millennio di quell’Europa benedettina, sulle cui fondamenta è stata costruita la civiltà europea ed anche quella della vostra patria, l’Ungheria.

5. San Paolo continua: “... trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2). La trasformazione dell’aspetto esteriore della terra ha la sua base e la sua origine nella trasformazione del cuore dell’uomo, nel suo rinnovamento interiore. Ogni bene economico, culturale ed estetico, nato dal grande lavoro benedettino, trova il suo primo inizio nello spirito di quegli antichi vostri predecessori che consegnarono nelle opere la loro maturità interiore.

San Benedetto insegnava che niente deve essere anteposto all’amore di Cristo: è l’amore di Cristo, l’Amore crocifisso e risorto, che nella vostra Abbazia ha regnato in passato e regna tuttora. Esso è presente nel contributo di cultura e di civiltà offerto dalla vostra Abbazia alla storia della Nazione ungherese e di tutta l’Europa. Per tutto ciò ringraziamo oggi, dopo mille anni, la divina Provvidenza. Il Vescovo di Roma si rallegra di poter partecipare al solenne Te Deum della comunità di Pannonhalma e del popolo ungherese.

6. Rendiamo insieme grazie a Dio per i prodigi da Lui operati in questi mille anni. E tu, Comunità benedettina di Pannonhalma, continua, come città posta sul monte, ad essere sorgente di luce per questo territorio e per l’intera Nazione. Resta fedele a questa tua vocazione, come hai fatto nel corso dei secoli. Continua ad introdurre le nuove generazioni sulle strade della sapienza umana e divina, e per riuscirci con immutata efficacia renditi tu stessa, secondo la parola di Benedetto, alunna “alla scuola del servizio del Signore” (Regula Benedicti, Prol., 45).

Restare in ascolto come allievi diligenti della parola di Dio, carissimi Fratelli, rende il vostro cuore disponibile a tutto ciò che il Signore suggerisce in risposta alle esigenze di ogni epoca della storia. Siate vigilanti ed attenti nello scrutare i “segni dei tempi”, in atteggiamento di umile obbedienza al Signore, affinché il suo messaggio di salvezza, da voi rettamente recepito, sia efficacemente trasmesso.

Alle soglie ormai del terzo millennio, la Chiesa attende da voi un rinnovato slancio spirituale ed apostolico. Cristo, crocifisso e risorto, illumini i passi della vostra missione. Egli sia per voi tutto: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Siate testimoni della sua risurrezione ed apostoli del suo amore.

Operate, nel quotidiano ministero, per favorire l’unità dei cristiani, dialogando con tutti. Dal vostro impegno nel dialogo, nell’ascolto, nella promozione delle convergenze grande vantaggio può trarre il movimento ecumenico. Sia la vostra Abbazia una casa sempre aperta ai bisogni dei fratelli.

Vi accompagni, in questo quotidiano cammino, l’esempio del vostro patrono san Martino, che lasciò quanto possedeva e persino la metà del suo mantello al povero, che risultò poi essere Cristo stesso.

Vi proteggano il santo Vescovo Adalberto, che offrì la sua vita per Gesù, e il primo santo Re Stefano, fedele servitore di Dio e del popolo in una lunga esistenza piena di abnegazione e di generosità. Resti sempre vivo in ciascuno di voi lo spirito di san Benedetto, affinché la catena dei monasteri benedettini colleghi tra di loro le nazioni e i cristiani in Occidente e in Oriente. Grazie anche al vostro servizio, brilli, sopra il bacino dei Carpazi, l’arco della pace e della riconciliazione. Maria, delicia Benedictorum, vi accompagni e protegga sempre.

 

© Copyright 1996 - Libreria Editrice Vaticana

 



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