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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
A SUA SANTITÀ DIMITRIOS I,
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI

 

A sua Santità Dimitrios I,
Arcivescovo di Costantinopoli,
Patriarca ecumenico.

“A voi grazia e pace in abbondanza” (1 Pt 1, 2 b).

Questo saluto l’apostolo Pietro lo indirizzava ai primi cristiani del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia, “eletti secondo il disegno di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue”.

In occasione della festa dell’apostolo Andrea, fratello di Pietro, con identici sentimenti di fede, vi indirizzo oggi, venerato Fratello, lo stesso saluto di comunione.

Rappresentata dal Cardinale Giovanni Willebrands, la delegazione che vi invio si unirà alla preghiera della vostra Chiesa per ringraziare e benedire il Signore che, “nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce” (1 Pt 1, 3-4). Io stesso desidero unirmi personalmente a questa preghiera.

In questa circostanza, voglio esprimere a vostra Santità i miei calorosi ringraziamenti per il messaggio fraterno che mi ha inviato in occasione del quinto anniversario del mio ministero come Vescovo di Roma e del venticinquesimo anniversario del mio episcopato. Le vostre affermazioni sul ruolo del Vescovo nella vita della Chiesa sottolineano un elemento essenziale della struttura della Chiesa voluta da Cristo, in vista della sua unità.

Nella Chiesa cattolica, il Concilio Vaticano II ha nuovamente insistito molto chiaramente sulla sua importanza. Le nostre Chiese, infatti, hanno in comune “dei veri Sacramenti e, soprattutto, in virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l’Eucaristia”. Così, malgrado le vicissitudini della storia e gli ostacoli che, nel passato, sono sorti tra di esse, le nostre Chiese rimangono unite da legami molto profondi (cf. Unitatis Redintegratio, 15). Né la diversità della celebrazione liturgica di questi Sacramenti né la diversità delle prescrizioni canoniche che regolano la loro amministrazione, mettono in causa questa fondamentale identità.

Mediante l’assistenza dello Spirito Santo, la successione apostolica dei Vescovi ha come ruolo quello di conservare la comunità cristiana nella fedeltà alla verità evangelica predicata dagli Apostoli e trasmessa senza interruzione fino a noi.

Ogni celebrazione della festa di un apostolo attira nuovamente la nostra attenzione su queste dimensioni del mistero della Chiesa e della sua missione che è, in ogni epoca, quella di predicare il Vangelo della salvezza a tutte le Nazioni, di insegnar loro ciò che il Signore ha ad essa confidato e di battezzarle nel nome della santissima Trinità (cf. Mt 28, 19-20), Inserendole così, sacramentalmente, nell’unico Corpo di Cristo.

Questa missione non potrà essere completamente compiuta se non quando le nostre Chiese, con la loro unità, permetteranno che il messaggio evangelico acquisti tutta la sua credibilità. Per questo ci rallegriamo del fatto che il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse sta progredendo, lentamente certo, ma con sicurezza e cercando di fornire ad ogni passo solide basi.

Vorrei approfittare della circostanza che oggi mi si offre per affermare nuovamente che la Chiesa cattolica è disposta a fare tutto ciò che è possibile per facilitare questo progresso contribuendovi sia con lo studio che con la preghiera.

I santi apostoli Pietro e Andrea, apostoli fratelli e martiri per la fede in Gesù Cristo nostro unico Salvatore, intercedano presso il Signore, affinché doni a tutti la luce e la forza di fare la sua volontà.

In questo sentimento di gioia, di comunione e di speranza, assicuro vostra Santità del mio profondo affetto fraterno in Cristo Gesù.

Dal Vaticano, 22 novembre 1983.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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