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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
A DON SEAMUS FREEMAN NEL BICENTENARIO DELLA NASCITA
DEL FONDATORE DELLA SOCIETÀ DELL’APOSTOLATO CATTOLICO

 

Al reverendissimo
Don SEAMUS FREEMAN
Rettore Generale della Società
dell’Apostolato Cattolico
 

1. La ricorrenza del bicentenario della nascita di San Vincenzo Pallotti (1795-1995), Sacerdote romano e Fondatore dell’Unione dell’Apostolato Cattolico, mi offre l’opportunità di esprimere un cordiale saluto a tutta la benemerita Famiglia Pallottina, unitamente all’auspicio che tale evento segni un tempo di rendimento di grazie a Dio per il dono fatto alla Chiesa di quel testimone della fede cristiana che visse in pienezza l’amore evangelico. È bello costatare che la celebrazione avvenga in un momento, in cui la cristianità intera si sta preparando al terzo Millennio della nascita del Salvatore; ciò conferisce alla ricorrenza una particolare significazione. Perciò il ringraziamento si eleverà al Signore, come ho affermato nella mia Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, anche per tutti i “frutti di santità maturati nella vita di tanti uomini e donne che in ogni generazione ed in ogni epoca storica hanno saputo accogliere senza riserve il dono della Redenzione” (n. 32).

Con questo animo mi unisco alla preghiera di lode della grande Famiglia Pallottina – Sacerdoti, Fratelli, Suore e Fedeli Laici – ed esprimo il mio compiacimento per le iniziative promosse allo scopo di ridestare il carisma peculiare lasciato in eredità dal venerato Fondatore. Questo dono dello Spirito sia di stimolo per ognuno a rinnovare la vita spirituale e per unire gli sforzi apostolici al fine di testimoniare al mondo la presenza del Dio vivente, che è Amore infinito.

2. Il messaggio che voglio affidare ai carissimi Fratelli e Sorelle dell’Unione dell’Apostolato Cattolico è lo stesso che ripeterebbe in questi nostri tempi San Vincenzo Pallotti: conservate la fede cristiana, annunziatela con parole ed opere, aiutate gli altri a credere che Dio è il Padre misericordioso di tutti gli uomini, che Gesù Cristo è il Salvatore, nel quale siamo rigenerati alla vita nuova, che lo Spirito Santo è la forza della nostra vita; che la fede “opera per mezzo della carità” (Gal 5, 6) (cf. Opere complete X, 198-199).

Con gioia affido nuovamente questo carisma di fondazione a tutta la Famiglia Pallottina, perché sia fonte di ispirazione in risposta ai bisogni odierni della Chiesa e del mondo. L’attualità di questo messaggio appare evidente alle soglie del terzo Millennio; infatti, in un mondo che rischia di scristianizzarsi, quale contributo più significativo potrebbero offrire i membri dell’Unione dell’Apostolato Cattolico se non quello di essere vivamente impegnati nella nuova evangelizzazione? Occorre, dunque, che ognuno si interroghi sull’efficacia del proprio impegno nel ravvivare la fede in una società, in cui l’indifferenza religiosa “porta tanti uomini... a vivere come se Dio non ci fosse o ad accontentarsi di una religiosità vaga, incapace di misurarsi con il problema della verità e con il dovere della coerenza” (Tertio Millennio Adveniente, 36).

La Chiesa oggi ha bisogno di testimoni coerenti e annunciatori attendibili della fede affinché i cristiani facciano esperienza della vita in Cristo e sappiano discernere le realtà divine e umane secondo lo Spirito di Dio. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica “per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio, dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; essa deve operare “per mezzo della carità” (Gal 5, 6), essere sostenuta dalla speranza e radicata nella fede della Chiesa” (n. 162). Di tutto ciò era ben persuaso San Vincenzo quando diceva che “la religione... deve essere difesa dai suoi seguaci con l’esempio e con la rettitudine delle parole, dimostrandone ancora la ragionevolezza” (Opere complete XI, 837). Ma per annunciare il Vangelo mediante la testimonianza della vita e della parola, occorre una profonda formazione cristiana, nutrita e sostenuta dal continuo contatto con Cristo per mezzo della preghiera, della celebrazione liturgica, della vita fraterna, della pratica della carità e della riflessione teologica.

Un aspetto particolare dell’annuncio della fede merita ancora attenzione. San Vincenzo Pallotti fu grande sostenitore dell’impegno dei fedeli in favore della missione “ad gentes”. Una sfida della nuova evangelizzazione è quella di far arrivare il Vangelo di Cristo là dove non è ancora conosciuto. In questo nostro tempo non si può dimenticare l’appello del Fondatore: “nulla più sicuramente vuole favorire la gloria di Dio, e il bene spirituale del prossimo, quanto le missioni in quei luoghi, ove ancora non è giunta la luce del Vangelo, e dove la vastità del territorio, e la deficienza di operai lascia i nuovi fedeli quasi in abbandono” (Opere complete V, 80). So bene quanto i Pallottini siano impegnati nell’azione missionaria; essi sappiano che la Chiesa è profondamente grata per tale prezioso servizio.

L’annuncio della fede porta alla riscoperta di Dio che è amore (cf. 1 Gv 4, 8). Questo fu un tema della continua e instancabile predicazione di San Vincenzo Pallotti, che ebbe il suo fondamento nell’esperienza personale di sentirsi amato da Dio, senza condizioni e senza limiti. Le sue meditazioni non cessano di risuonare nel cuore dei suoi figli spirituali. Dio, l’Amore infinito, è presente sempre e dappertutto. Dio, Carità per essenza, creò “l’uomo a sua immagine e somiglianza” (Opere complete III, 151): l’uomo “non è un’immagine dipinta in tela, né un’immagine di legno, di pietra, di metallo, ma una sostanza vivente, ragionevole, spirituale” (Iddio l’Amore infinito, Roma 1936, p. 30); Gesù Cristo è la manifestazione dell’amore di Dio che ha dato “il suo Figlio unigenito” (cf. Gv 3, 16) per ristabilire con l’uomo peccatore un’alleanza nuova; vivere in Cristo, quindi, è vivere nell’amore del Padre (cf. Opere complete III, 34-40). È alla luce di queste convinzioni che il Santo scelse come motto le parole di San Paolo: “l’amore del Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14).

3. In questa occasione desidero esortare ciascuno dei Membri dell’Unione a contribuire in modo concreto alla realizzazione del desiderio del Fondatore, espresso con queste parole: “nel vedere, o pensare ai poveri... vorrei diventare vitto, bevanda, liquore, vestimenta... vorrei essere trasformato nella luce per i ciechi, loquela per i muti, udito per i sordi, salute per gl’infermi” (Opere complete X, 15-16). L’amore per i poveri dovrà, quindi, costituire un’esigenza intrinseca e primaria dell’Unione. Sarà perciò particolare impegno di ciascuno quello di favorire i fratelli abbandonati ed emarginati e di difendere la vita dei giovani, degli anziani e degli esclusi; di promuovere le azioni caritative destinate a soccorrere il prossimo nelle proprie necessità corporali e spirituali; come pure di istruire, consigliare, consolare, confortare, perdonare e sopportare con pazienza. Queste sono le opere con le quali San Vincenzo testimoniò la carità fraterna e contribuì all’edificazione della civiltà dell’amore.

Da parte mia, non posso non esprimere i miei rallegramenti per l’impegno dimostrato nel promuovere e sviluppare questa visione profetica, che costituisce la carta di identità dei Pallottini nella Chiesa. Nel Documento finale della XVII Assemblea Generale del 1993, è stato riaffermato che “L’Unione dell’Apostolato Cattolico, dono dello Spirito Santo, è una comunione (communio) di singole persone e comunità che, secondo il carisma di San Vincenzo Pallotti, promuove la corresponsabilità di tutti i battezzati per ravvivare la fede e riaccendere la carità nella Chiesa e nel mondo e così portare tutti all’unità in Cristo” (n. 16). A questa scuola ciascuno si ispiri per essere sempre più fervido annunciatore della fede viva e apostolo della carità operosa. Si impegni nella realizzazione dei fini propri dell’Unione dell’Apostolato Cattolico, che il Santo Fondatore voleva promuovere, stabilire e propagare, “perché sia perpetuamente nella Chiesa di Gesù Cristo come tromba evangelica che chiama tutti, che invita tutti, che risveglia lo zelo e la carità in tutti i fedeli” (Opere complete I, 5).

4. Accompagno ed avvaloro questi pensieri e voti con la preghiera, affinché Maria Santissima, Regina degli Apostoli, tenga uniti gli appartenenti all’Unione come gli Apostoli nel Cenacolo. Riferendosi all’evento di Pentecoste il Santo Fondatore scrisse: “in qualunque luogo mi troverò intendo figurarmi (e procurerò di ritrovare spesso questo sentimento) di stare io e tutte quante le creature nel Cenacolo di Gerusalemme, ove gli Apostoli riceverono lo Spirito Santo...” (Opere complete, X, 86). Auspico che tutte le comunità dell’Unione dell’Apostolato Cattolico siano veri “Cenacoli”, dove si senta il vento dello Spirito Santo e da dove si diffondano sempre di più il fuoco del suo Amore e la luce della sua Sapienza.

La Benedizione Apostolica, che ora imparto di gran cuore, scenda abbondante su di Lei e su tutti i membri dell’Unione, in lieto pegno di grazie e di conforti celesti.

Dal Vaticano, 21 aprile 1995.

 

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