DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AGLI AGENTI DELLA POLIZIA STRADALE ITALIANA
Sabato, 14 aprile 1979
Carissimi!
1.Il sentimento spontaneo che sgorga oggi dal mio cuore è la gioia: ho desiderato questo incontro, che avviene proprio alla vigilia del giorno più santo per la Chiesa, la Pasqua! In essa la Liturgia ci invita alla gioia: “Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo!”. Volevo vedere, salutare personalmente voi, Agenti di Pubblica Sicurezza, che fate la scorta alla mia vettura tutte le volte – e non sono poche! – che esco dalle mura vaticane. Volevo sostare un po’ con voi, nella calma serena, lontani dal rapido e stordente sfrecciare delle macchine, per aprirvi con molta semplicità il mio animo.
Sento il dovere di dirvi: “Grazie!”. Grazie per l’impegno che mettete in codesto compito, che vi è stato affidato dai Superiori, e che voi adempite con rara abilità, con chiara prontezza, con riconosciuta dedizione; ma “grazie” soprattutto per i sentimenti di affetto verso la mia persona, che animano il vostro comportamento, ammirato da tutti. Ancora una volta, grazie!
2.Tale vostro impegno rientra nel vostro dovere quotidiano di uomini, di cittadini, di cristiani. Ecco la riflessione che desidero proporre alla vostra meditazione e a quella dei vostri cari qui presenti.
Ognuno di noi, nell’ambito della società, ma in particolare nell’ambito della Chiesa, ha una sua vocazione e una sua responsabilità. Ogni cristiano nella comunità del Popolo di Dio, deve contribuire alla costruzione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa. È questo il “servizio regale”, di cui parla il Concilio Vaticano II (cf. Lumen Gentium, 36), in forza del quale non soltanto il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, ma tutti i cristiani, vale a dire, gli sposi, i genitori, le donne e gli uomini di condizioni e di professioni diverse debbono costruire la loro vita, come ho già detto nella mia prima Enciclica: “per la fedeltà alla propria vocazione debbono distinguersi gli sposi, come esige la natura indissolubile dell’istituzione sacramentale del matrimonio” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, IV, 21).
In questa vigilia di Pasqua, quasi sospesi tra la memoria della Passione di Gesù e quella della sua Risurrezione corporea, vi rivolgo pertanto il fervido augurio che sempre “manteniate ferma la professione della fede” (cf. Eb 4,14): la fede in Dio Padre, la fede in Gesù Cristo, morto e risorto, la fede nella Chiesa; e che la vostra vita individuale, familiare, sociale, in tutte le sue manifestazioni, sia perfettamente coerente con la vostra fede cristiana, di modo che siate – come raccomandava San Giacomo – “di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori” (Gc 1,22).
Allora, con San Paolo il Papa potrà dirvi con piena soddisfazione: “Gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo” (Col 2,5).
Buona Pasqua, fratelli e sorelle carissimi! A voi, ai vostri genitori, alle vostre spose, ai vostri figli, a tutti i vostri cari, Buona Pasqua!
Con la mia Benedizione Apostolica.
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