DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI RIUNITI IN SAN PIETRO
Basilica di San Pietro, 12 marzo 1980
Carissimi giovani! Cari ragazzi e fanciulle!
Siete venuti numerosi e forse anche di lontano a Roma, per pregare sulla tomba di san Pietro, per vedere il suo successore e per sentire la sua parola. Vi saluto di vero cuore e vi ringrazio della vostra visita, della quale auspico che portiate alle vostre case un ricordo e un sentimento che siano efficaci nella vostra vita.
Siamo nel tempo liturgico della Quaresima, cioè in quel periodo particolare dell’anno, più pensoso e più austero, che ci porta giorno dopo giorno alla Settimana Santa e specialmente al Venerdì Santo, il giorno che ricorda la morte di Gesù in croce per la nostra salvezza.
San Paolo, scrivendo ai cristiani della città di Filippi, affermava: “Gesù Cristo umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8). Umiliò se stesso; si è fatto obbediente: sono parole che oggi sembrano inattuali, specie se dette a dei giovani, quando c’è tutta una sistematica opposizione all’obbedienza, che viene presentata come una umiliazione della propria personalità, una sconfitta dell’intelligenza e della volontà, una abdicazione alla propria dignità umana; e si predica l’autonomia, la rivolta, la ribellione...
Invece proprio Gesù ci ha dato l’esempio dell’obbedienza fino alla morte di croce! E perciò io vi esorto all’obbedienza, parlandovi in nome di Gesù!
Certamente nella società in cui dobbiamo vivere, vi è chi non sa più comandare nel modo giusto; e perciò l’obbedienza, quand’è necessario, deve essere rispettosamente critica.
Ma vi sono anche, e quanto numerosi!, coloro che sono un insegnamento vivente del bene: ottimi papà e mamme, che vi amano e desiderano solo guidarvi per la retta strada; maestri, professori e presidi che vi seguono con delicata premura; sacerdoti equilibrati e saggi, ansiosi solo della vostra vera felicità e della vostra salvezza; suore e catechiste, dedite unicamente alla vostra autentica formazione... Ebbene io vi dico, ascoltateli, obbediteli!
Come ben sapete, tutti i santi sono passati attraverso la prova, talvolta addirittura eroica dell’obbedienza: come Maria santissima, come san Giuseppe, i quali non fecero altro che obbedire alla voce di Dio che li chiamava ad una missione ben sublime, ma anche sconcertante e misteriosa!
Perché dovete obbedire?
Prima di tutto perché l’obbedienza è necessaria nel quadro generale della Provvidenza: Dio non ci ha creati a caso, ma per un fine ben chiaro e lineare: la sua gloria eterna e la nostra felicità. I genitori e tutti coloro che hanno responsabilità su di noi, devono, in nome di Dio, aiutarci a raggiungere il fine voluto dal Creatore.
Inoltre, l’obbedienza esterna insegna anche ad obbedire alla legge interiore della coscienza, ossia alla volontà di Dio espressa nella legge morale.
Infine, dovete obbedire anche perché l’obbedienza rende serena e consolante la vita: quando siete obbedienti in casa, a scuola, sul lavoro, siete più lieti e portate gioia nell’ambiente.
E come dovete obbedire?
Con amore e anche con santo coraggio, ben sapendo che quasi sempre l’obbedienza è difficile, costa sacrificio, esige impegno e talvolta importa perfino uno sforzo eroico. Bisogna guardare Gesù Crocifisso! Bisogna anche obbedire con fiducia, convinti che la grazia di Dio non manca mai e che poi l’anima viene colmata di immensa gioia interiore. Lo sforzo dell’obbedienza viene ripagato con una continua letizia pasquale.
Ecco, o carissimi, l’esortazione che desideravo darvi mentre viviamo il tempo della Quaresima. Vi aiuti e vi accompagni sempre la benedizione apostolica, che di cuore imparto a voi, ai vostri genitori e ai vostri insegnanti.
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