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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA IV ASSEMBLEA GENERALE
DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA

27 settembre 1980

 

Carissimi fratelli e sorelle.

È motivo di vera gioia per me oggi poter accogliere in questa udienza particolare voi, delegati dell’Azione Cattolica Italiana, che, unitamente ai membri della presidenza nazionale, avete voluto presentare di persona al Papa l’attestato dei vostri sentimenti devoti, della vostra affezione sincera e dell’impegno generoso a servizio della Chiesa e di ogni uomo nella moderna società.

Do il mio cordiale benvenuto a tutti e a ciascuno; vi ringrazio per la vostra presenza, per il vostro entusiasmo e per la gioia che mi procurate nel sapervi ben disposti e decisi a camminare sulle vie che la Chiesa sta tracciando verso il futuro. Vi ringrazio soprattutto per il lavoro che svolgete nelle file delle vostre associazioni, nelle varie diocesi d’Italia, che qui rappresentate.

1. So che siete venuti a Roma per la vostra assemblea nazionale e che siete tutti ben consapevoli della sua importanza e delle attese, che su di essa si appuntano da parte delle vostre comunità diocesane e parrocchiali. L’assemblea nazionale è sempre un momento importante perché è un appuntamento con la storia interiore e spirituale dell’associazione, durante la quale non si tratta soltanto di rinnovare le cariche, come previsto dallo statuto, ma soprattutto di rinnovare i vostri animi, operando una sincera e franca verifica della vostra situazione interiore, oltre che dell’attività svolta durante lo scorso triennio, per meglio delineare quali debbano essere gli obiettivi, i programmi e gli impegni per il prossimo triennio.

A questo proposito mi pare che la scelta del tema: “Costruire da laici la comunità ecclesiale per animare da cristiani la società italiana” sia quanto mai opportuna, perché rispondente alle esigenze spirituali e sociali del mondo contemporaneo, e perciò meritevole di costituire il “leit-motiv” per la prossima tappa. Tale tema infatti richiama la riflessione teologica sul laicato che il Concilio Vaticano II ha riaffermato in maniera così chiara ed autorevole, come si legge nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: “I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l’animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma son chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in mezzo a tutti, e cioè pure in mezzo alla società umana” (Gaudium et Spes, 43). Tutto questo è tanto più necessario nella situazione dei giorni nostri in cui non mancano tentativi di secolarizzazione, accompagnati da episodi di indifferenza religiosa.

In tale contesto, voi siete chiamati ad operare, in comunione con i pastori, per adempiere la vostra missione nella fedeltà alla tradizione e nella creatività richiesta per aggiornare e rendere più efficace il confronto e l’impatto con le diverse culture.

Quale ampio orizzonte si apre, quindi, alla vostra coscienza di laici cattolici! Esso è tale che lo stesso Concilio non teme di affidare a voi “l’evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo da impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti” (Apostolicam Actuositatem, 20). A nessuno sfugge che questo impegnativo compito richiede un continuo aggiornamento dei problemi che investono la Chiesa per studiarne le soluzioni, ma soprattutto esige una vita interiore intensamente alimentata alle sorgenti della parola di Dio e dei sacramenti.

2. La Chiesa molto si attende da voi in questo campo tanto importante e tanto vasto. Il tempo non permette di approfondire il discorso. Desidero tuttavia ricordarvi che, voi dell’Azione Cattolica, avete una “vocazione” speciale alla collaborazione diretta con i pastori della Chiesa. L’Azione Cattolica, infatti, è chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla “plantatio Ecclesiae” e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati.

Questa è la ragione per cui i laici di Azione Cattolica agiscono sotto la superiore direzione della gerarchia, la quale sancisce tale collaborazione anche per mezzo di un “mandato” esplicito.

È questa la caratteristica che vi deve contraddistinguere, ma essa è anche la sorgente e il segreto della fecondità della vostra opera per l’edificazione della comunità ecclesiale. Senza tale speciale unione con la gerarchia ecclesiastica, resa visibile dalla presenza in mezzo a voi dell’assistente ecclesiastico, non può esistere l’Azione Cattolica.

3. Mi è ben nota la vostra ferma volontà e disponibilità al “servizio” in ordine al ministero apostolico. Si tratta di un servizio concreto, destinato alle diocesi, ed alle varie parrocchie. Per questo il vostro statuto parla di “servizio alla Chiesa locale”: infatti a poco gioverebbe formulare propositi generici, se poi in realtà non si operasse attivamente nelle strutture della Chiesa locale, a cui si appartiene. Questa esigenza di servizio, già nel 1973, l’aveva messa in risalto il mio venerato predecessore Paolo VI dicendo: “Ciò vorrà dire essere concretamente a disposizione delle necessità e delle esigenze vive della Chiesa d’oggi in Italia: vorrà dire contribuire volonterosamente ad avvalorare ed a rinnovare le istituzioni comunitarie ecclesiali; evitando pericolose spinte centrifughe, secondo il programma assai particolareggiato e preciso che il decreto sull’apostolato dei laici ha tracciato per l’azione in favore delle comunità ecclesiali, e particolarmente della parrocchia; “questa, vi è detto, offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nella universalità della Chiesa. Si abituino i laici ad agire, nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti; apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo..., diano secondo le proprie possibilità il loro contributo ad ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica” (Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 872; cf. etiam Apostolicam Actuositatem, 10).

E la necessità della Chiesa nelle diocesi e nelle parrocchie è - oggi come ieri - quella di costituirsi in comunità in modo da essere nei vari contatti punto di riferimento e di richiamo perché ragazzi, giovani, adulti rispondano alla chiamata di Cristo. Da ciò sgorga l’imprescindibile dovere della fedeltà e dell’unità perché la vostra testimonianza sia efficace: “Che tutti siano una sola cosa... perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).

4. Carissimi delegati, affido questi suggerimenti alla vostra riflessione e alla vostra generosità. Vi esorto, in particolare, a voler seguire, all’inizio come siamo del Sinodo dei Vescovi sui compiti della famiglia, la vasta e delicata problematica che i padri sinodali intendono affrontare per restituire alla famiglia cristiana le esigenti prerogative primordiali stabilite dal Creatore e ripristinate dal sacramento del matrimonio. Anche voi apportatevi il vostro contributo, facendo conoscere gli interventi a tutte le vostre associazioni e in tutti gli ambienti in cui venite a trovarvi. Sarà anche questo un modo concreto per tradurre in atto la vostra intenzione di voler “animare da cristiani la società italiana”, memori che la famiglia ne è la prima cellula.

Il Signore vi sia sempre di luce e di conforto. Vi aiuti a fare in modo che l’Azione Cattolica riprenda vigore e attiri a sé molte anime generose e desiderose di impegnarsi, con instancabile sollecitudine, per l’animazione cristiana della società contemporanea.

Vi accompagni la mia benedizione che, con particolare intensità di affetto, imparto a voi e all’intera Azione Cattolica Italiana.



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