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  DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II 
AGLI OFFICIALI E AVVOCATI DEL 
TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA

24 gennaio 1981

 

Signor Decano e Reverendissimi Prelati Uditori, 
Cari Officiali della Sacra Romana Rota! 

1. Sono felice di potermi oggi incontrare con voi, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario di codesto Tribunale. Ringrazio vivamente S. E. il Decano per le nobili parole a me rivolte e per i saggi propositi metodologici formulati. Tutti vi saluto con paterno affetto, mentre esprimo il mio sentito apprezzamento per il vostro lavoro, tanto delicato e pur tanto necessario, che è parte integrante e qualificata dell’ufficio pastorale della Chiesa. 

La specifica competenza della Sacra Romana Rota sulle cause matrimoniali tocca molto da vicino il tema così attuale della famiglia, che è stato oggetto di studio da parte del recente Sinodo dei Vescovi. Ebbene, sulla tutela giuridica della famiglia nell’attività giudiziaria dei Tribunali ecclesiastici intendo ora intrattenervi. 

2. Con profondo spirito evangelico il Concilio Ecumenico Vaticano II ci ha abituati a guardare all’uomo, per conoscerlo in tutti i suoi problemi e per aiutarlo a risolvere i suoi problemi esistenziali con la luce della verità rivelataci da Cristo e con la grazia che ci offrono i divini misteri della salvezza. 

Tra quelli che oggi più travagliano il cuore dell’uomo, e di conseguenza l’ambiente umano, sia familiare sia sociale, nel quale egli vive ed opera, va annoverato come preminente ed inderogabile quello dell’amore coniugale, che lega due esseri umani distinti per sesso, facendone una comunità di vita e di amore, unendoli cioè in matrimonio. 

Dal matrimonio si origina la famiglia «nella quale - sottolinea il Vaticano II - le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e a comporre convenientemente i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale»; ed è così che la famiglia è veramente il fondamento della società». In verità, aggiunge il Concilio, «il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare». Ma con lo stesso Concilio dobbiamo riconoscere che «non dappertutto la dignità di questa istituzione brilla con identica chiarezza, poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l’amore coniugale è molto spesso profanato dall’egoismo, dall’edonismo e da usi illeciti contro la generazione». 

Anche a motivo delle gravi difficoltà che, a volte con violenza, scaturiscono dalle profonde trasformazioni dell’odierna società, l’istituto matrimoniale palesa il suo valore insostituibile e la famiglia resta ancora la «scuola di umanità più completa e più ricca». 

Di fronte ai gravi mali che oggi travagliano quasi ovunque questo grande bene, che è la famiglia, è stata anche suggerita l’elaborazione di una Charta dei diritti della famiglia, universalmente riconosciuta, al fine di assicurate a questo istituto la giusta tutela, nell’interesse anche di tutta la società. 

3. La Chiesa, dal canto suo e nell’ambito delle sue competenze, ha cercato sempre di tutelare la famiglia anche con un’appropriata legislazione, oltre a favorirla e ad aiutarla con varie iniziative pastorali. Ho già citato il recente Sinodo dei Vescovi. Ma è ben noto come, fin dagli inizi del suo magistero, la Chiesa, confortata dalla parola del Vangelo, abbia sempre insegnato e ribadito esplicitamente il precetto di Gesù sull’unità e indissolubilità del matrimonio, senza del quale non si può mai avere una famiglia sicura, sana e vera cellula vitale della società. Contro la prassi greco-romana e giudaica, che facilitava assai il divorzio, già l’apostolo Paolo dichiarava: «agli sposi poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito (...) e il marito non ripudi la moglie». Seguì la predicazione dei Padri, i quali, di fronte al dilagare dei divorzi, affermavano con insistenza che il matrimonio, per volontà divina, è indissolubile. 

Il rispetto, dunque, delle leggi volute da Dio per l’incontro tra l’uomo e la donna e per il perdurare della loro unione, fu l’elemento nuovo che il Cristianesimo introdusse nell’istituto matrimoniale. Il matrimonio dirà poi il Vaticano II in quanto «intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilito dal patto coniugale, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale. E così, è dall’atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l’istituto (del matrimonio) che ha stabilita per ordinamento divino». 

Questa dottrina guidò subito la pastorale, la condotta dei coniugi cristiani, l’etica matrimoniale e la disciplina giuridica. E l’azione catechetico-pastorale della Chiesa, suffragata e avvalorata dalla testimonianza delle famiglie cristiane, introdusse modificazioni persino nella legislazione romana, che con Giustiniano non ammetteva più il divorzio sine causa e andava accogliendo gradatamente l’istituto matrimoniale cristiano. Fu una grande conquista per la società, poiché la Chiesa, avendo ridato dignità alla donna e alle nozze, mediante la famiglia, contribuì a salvare il meglio della cultura greco-romana. 

4. Nell’attuale contesto sociale si ripropone oggi alla Chiesa il primitivo sforzo, dottrinale e pastorale, di condotta e prassi, nonché legislativo e giudiziario. 

Il bene della persona umana e della famiglia, nella quale l’individuo realizza gran parte della sua dignità, nonché il bene della stessa società, esigono che la Chiesa oggi, ancor più del recente passato, circondi di particolare tutela l’istituto matrimoniale e familiare. 

Quasi vano potrebbe risultare lo sforzo pastorale, sollecitato anche dall’ultimo Sinodo dei Vescovi, se non fosse accompagnato da una corrispondente azione legislativa e giudiziaria. A conforto di tutti i Pastori possiamo dire che la nuova codificazione canonica sta provvedendo con sagge norme giuridiche a tradurre quanto è emerso dall’ultimo Concilio Ecumenico in favore del matrimonio e della famiglia. La voce ascoltata nel recente Sinodo dei Vescovi sull’allarmante aumento delle cause matrimoniali nei tribunali ecclesiastici sarà certamente valutata in sede di revisione del Codice di Diritto Canonico. Si è parimente certi che i Pastori, anche come loro risposta alle istanze del citato Sinodo, sapranno, con accresciuto impegno pastorale, favorire l’adeguata preparazione dei nubendi alla celebrazione del matrimonio. La stabilità del vincolo coniugale ed il felice perdurare della comunità familiare dipendono infatti non poco dalla preparazione che i fidanzati hanno premessa alle loro nozze. Ma è altresi vero che la stessa preparazione al matrimonio risulterebbe negativamente influenzata dalle pronunce o sentenze di nullità matrimoniale, quando queste fossero ottenute con troppa facilità. Se tra i mali del divorzio vi è anche quello di rendere meno seria ed impegnativa la celebrazione del matrimonio, fino al punto che questa oggi ha perduto presso non pochi giovani la dovuta considerazione, c’è da temere che nella stessa prospettiva esistenziale e psicologica indirizzerebbero anche le sentenze di dichiarazione di nullità matrimoniale, se si moltiplicassero come pronunce facili ed affrettate. «Ond’è che il giudice ecclesiastico - ammoniva già il mio venerato Predecessore Pio XII - non deve mostrarsi facile a dichiarare la nullità del matrimonio, ma ha piuttosto da adoperarsi innanzi tutto a far sì che si convalidi ciò che invalidamente è stato contratto, massime allorché le circostanze del caso particolarmente lo consigliano». E a spiegazione di quest’ammonimento aveva premesso: «Quanto alle dichiarazioni di nullità dei matrimoni, nessuno ignora essere la Chiesa guardinga e aliena dal favorirle. Se infatti la tranquillità, la stabilità e la sicurezza dell’umano commercio in genere esigono che i contratti non siano con leggerezza proclamati nulli, ciò vale ancor più per un contratto di tanto momento, qual è il matrimonio, la cui fermezza e stabilità sono richieste dal bene comune della società umana e dal bene privato dei coniugi e della prole, e la cui dignità di Sacramento vieta che ciò che è sacro e sacramentale vada di leggieri esposto al pericolo di profanazione». A scongiurare questo pericolo, sta contribuendo lodevolmente il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica con la sua saggià e prudente opera di vigilanza. Altrettanto valida mi risulta l’azione giudiziaria del Tribunale della Sacra Romana Rota. Alla vigilanza del primo ed alla sana giurisprudenza del secondo deve corrispondere l’opera ugualmente saggia e responsabile dei tribunali inferiori. 

5. Alla necessaria tutela della famiglia contribuiscono in misura non piccola l’attenzione e la pronta disponibilità dei tribunali diocesani e regionali a seguire le direttive della Santa Sede, la costante giurisprudenza rotale e l’applicazione fedele delle norme, sia sostanziali sia processuali già codificate, senza ricorrere a presunte o probabili innovazioni, ad interpretazioni che non hanno oggettivo riscontro nella norma canonica e che non sono suffragate da alcuna qualificata giurisprudenza. È infatti temeraria ogni innovazione di diritto, sia sostantivo sia processuale, che non trovi alcun riscontro nella giurisprudenza o prassi dei tribunali e dicasteri della Santa Sede. Dobbiamo essere persuasi che un esame sereno, attento, meditato, completo ed esauriente delle cause matrimoniali esige la piena conformità alla retta dottrina della Chiesa al diritto canonico ed alla sana giurisprudenza canonica, quale si è andata maturando soprattutto mediante l’apporto della Sacra Romana Rota; tutto ciò va considerato, come già diceva a voi Paolo VI di v.m., «mezzo sapiente» e «come un binario di scorrimento, il cui asse è precisamente la ricerca della verità oggettiva ed il cui punto terminale è la retta amministrazione della giustizia». 

In questa ricerca, tutti i ministri del tribunale ecclesiastico - ciascuno con il dovuto rispetto al proprio ed altri ruolo - debbono avere un riguardo particolare, costante e coscienzioso, al formarsi del libero e valido consenso matrimoniale, sempre congiunto alla sollecitudine, parimente costante e coscienziosa, della tutela del Sacramento del matrimonio. Al conseguimento della conoscenza della verità oggettiva, cioè dell’esistenza del vincolo matrimoniale, validamente contratto, o della sua inesistenza, contribuiscono e l’attenzione ai problemi della persona e l’attenzione alle leggi che, per diritto sia naturale sia divino, o positivo della Chiesa, sottostanno alla valida celebrazione delle nozze e al perdurare del matrimonio. La giustizia canonica, che, secondo la bella espressione di San Gregorio Magno, più significativamente chiamiamo sacerdotale, emerge dall’insieme di tutte le prove processuali, valutate coscienziosamente alla luce della dottrina e del diritto della Chiesa, e col conforto della giurisprudenza più qualificata. Lo esige il bene della famiglia, tenendo presente che ogni tutela della famiglia legittima è sempre in favore della persona; mentre la preoccupazione unilaterale in favore dell’individuo può risolversi a danno della stessa persona umana, oltre a nuocere al matrimonio e alla famiglia, che sono beni e della persona e della società. È in questa prospettiva che vanno viste le disposizioni del vigente Codice circa il matrimonio. 

6. Nel messaggio del Sinodo alle famiglie cristiane è sottolineato il grande bene che la famiglia, soprattutto cristiana, costituisce e realizza per la persona umana. La famiglia «aiuta i suoi membri a diventare protagonisti della storia della salvezza e insieme segni viventi del progetto che Dio ha sul mondo». Anche l’attività giudiziaria, per essere attività della Chiesa, deve tener presente questa realtà che non è soltanto naturale ma anche soprannaturale del matrimonio e della famiglia che dal matrimonio ha origine. Natura e grazia ci rivelano, sia pure in modi e misure diversi, un progetto divino sul matrimonio e sulla famiglia, che va sempre atteso, tutelato e, secondo i compiti propri a ciascuna attività della Chiesa, favorito, perche il più largamente possibile sia recepito dalla società umana. 

La Chiesa pertanto, anche con il suo diritto e l’esercizio della potestas iudicialis, può e deve salvaguardare i valori del matrimonio e della famiglia, per promuovere l’uomo e valorizzarne la dignità. 

L’azione giudiziaria dei tribunali ecclesiastici matrimoniali, alla stregua di quella legislativa, dovrà aiutare la persona umana nella ricerca della verità oggettiva e quindi ad affermare questa verità, affinché la stessa persona possa essere in grado di conoscere, vivere e realizzare il progetto d’amore che Dio le ha assegnato. 

L’invito che il Vaticano II ha rivolto a tutti, particolarmente a coloro «che hanno influenza sulla società e le sue diverse categorie», coinvolge responsabilmente pertanto anche i ministri dei tribunali ecclesiastici per le cause matrimoniali, perché pur essi, ben servendo la verità e bene amministrando la giustizia, collaborino «al bene del matrimonio e della famiglia». 

7. Perciò presento a Lei, Signor Decano, ai Prelati Uditori ed agli Officiali della Sacra Romana Rota, i miei voti cordiali per un lavoro sereno e proficuo, svolto alla luce di queste odierne considerazioni. 

E, mentre sono lieto di rinnovare i sensi del mio apprezzamento per la preziosa e indefessa attività di codesto Tribunale, imparto di cuore a tutti Voi la particolare Benedizione Apostolica, propiziatrice della divina assistenza sul vostro delicato ufficio e segno della mia costante benevolenza.

                



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