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VISITA PASTORALE IN GRAN BRETAGNA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI INSEGNANTI E AGLI STUDENTI
DEL SAINT ANDREW'S COLLEGE OF EDUCATION

Martedì, 1° giugno 1982

 

Miei cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo.

1. È per me una grande gioia avere l’occasione di essere qui riuniti in questo magnifico “campus” del Saint Andrew’s College of Education, Bearsden, Glasgow. Desidero inoltre esprimere tutta la mia stima ai rappresentanti delle autorità civili e scolastiche della Scozia qui presenti insieme al gruppo insegnanti e agli studenti, ai loro genitori, al clero e ai religiosi, ed ai colleghi provenienti dalle scuole, università e collegi di istruzione superiore, e da altri istituti scolastici.

Ho saputo che il saint Andrew’s College è il frutto recente di due gloriose tradizioni nel campo dell’insegnamento: il Notre Dame College of Education di Bearsden e Dowanhill, Glasgow, e il Craiglockhart College of Education di Edimburgo. Nella sua attuale qualità di Collegio nazionale ha lo stesso patrono che protegge la Scozia, l’apostolo sant’Andrea, fratello di Simon Pietro, con il quale ricevette l’importante invito da parte del Signore quasi 2000 anni fa: “Seguitemi, vi farò diventate pescatori di uomini” (Mc 1, 17).

Oggi il successore di san Pietro si trova in gradita compagnia con i figli spirituali di Andrea, qui nella vostra bellissima Scozia. E sebbene anche io sia un “uomo venuto da un lontano paese”, mi rendo conto del ricco retaggio della Scozia, e di questa grande città di Glasgow, e della circostante regione dello Strathclyde. Glasgow, la città di san Kentigern o Mungo, l’uomo buono che la storia considera il primo Vescovo, risale all’inizio del VI secolo. Una città la cui famosa Università medioevale ha come motto le parole dello stesso Cristo: “Via, Veritas, Vita”, di Colui che è veramente “la via, la verità, la vita” (Gv 14, 16).

Questo luogo di incontro assai piacevole ci induce a riflettere sull’importanza da lungo tempo attribuita dalla Scozia alla promozione di una efficace educazione e a prevederne le implicazioni per il futuro, presente ed immediato.

2. Per citare solo alcuni esempi delle conquiste del passato si pensi al contributo di santa Margherita che nell’XI secolo diventò regina e patrona della Scozia; alla fondazione dell’Università di sant’Andrea, Glasgow e Aberdeen, (King’s College) nel XV secolo; al coro di “sang schull” e al liceo classico dello stesso periodo, e alle successive scuole parrocchiali in ogni parte del paese dove il “Dominie” o direttore incoraggiava in tutti i modi i “lad o’ pairts” (i ragazzi del luogo).

I figli e le figlie della Scozia non soltanto portarono la cultura nei paesi più lontani del Commonwealth, ma anche molti capi dei paesi in via di sviluppo sono stati istruiti presso le vostre antiche Università, compresa quella di Edimburgo, e le vostre più recenti istituzioni quali Strathclyde, Stirling e Glasgow.

Particolarmente degno di nota è l’interesse della Chiesa di Scozia per assicurare un’istruzione a tutti i livelli e ci rallegriamo della crescente collaborazione dei suoi Comitati con la Chiesa Cattolica nel campo dell’istruzione religiosa.

Ritengo degni di speciale menzione i provvedimenti statutari dell’Education (Scozia) Act del 1918, per i quali le scuole cattoliche sono parte costituente del sistema statale, con garanzie importanti che comprendono l’educazione religiosa e il ruolo degli insegnanti.

In questa occasione desidero rendere omaggio agli insegnanti religiosi e laici, la cui dedizione ha aperto la via a questo sistema, senza dimenticare la lungimiranza delle autorità civili ed ecclesiastiche che lo hanno reso possibile, nonché la loro paziente discrezione nell’adempiere questo compito.

Mentre gli insegnanti cattolici possono, a ragione, essere orgogliosi dei loro successi passati, sono sicuro che il loro realismo non è inferiore a quello di Thomas Reid e della “Common Sense”, scuola di filosofia scozzese; poiché il semplice buon senso escluderebbe ogni tentazione ad essere soddisfatti di sé, e men che meno in vista di rapidi sviluppi nell’ordine sociale ed economico. Naturalmente ogni valida educazione filosofica dovrebbe tener presente tutto questo.

3. Sembra che nei tempi moderni, il successo di un particolare programma o sistema di istruzione sia dovuto, in larga misura, alla riconosciuta qualificazione che esso può fornire in vista di una qualche prospettiva di carriera. Ciò si sente particolarmente nella scuola secondaria, dove la scelta per il futuro è di importanza cruciale. Di qui l’importanza, fino ad ora, di una specializzazione, come se il diploma fosse la garanzia di una carriera assicurata.

Una tale mentalità tende ad incoraggiare un esteriore “orientamento” nell’educazione. Non è un male per se stesso, ma si è perduto un certo senso dell’equilibrio e della prospettiva. La prospettiva della personalità nel suo insieme, il suo “io” interiore, come pure le sue aspirazioni esteriori.

Purtroppo oggi ci dobbiamo rendere conto che un pezzo di carta non significa un impiego sicuro. Questa amara realtà non solo ha provocato una profonda frustrazione tra i giovani, molti dei quali hanno lavorato duramente per ottenerlo, ma anche una diffusa sensazione di malessere nel sistema scolastico. Di qui la domanda: dov’è l’errore? Che cosa ha portato la specializzazione oggi, in termini reali, in termini di vita? Qual è il rimedio?

4. Forse dovremmo riflettere sulla filosofia a monte dell’istruzione: istruzione come completamento della persona. Essere istruiti vuol dire essere più preparati alla vita; avere una maggiore capacità di apprezzarne la qualità, quello che essa può offrire e quello che la persona ha da offrire in cambio all’umanità nel suo insieme. Così, se noi basassimo le nostre capacità e risorse educative moderne su questa filosofia, potremmo riuscire ad offrire valori durevoli ai nostri studenti, come antidoto alle immediate prospettive di frustrazione e di noia, per non parlare dell’incertezza del futuro.

Ho saputo che le autorità scolastiche scozzesi hanno già affrontato questo problema ed hanno attribuito la giusta importanza all’istruzione come sviluppo della personalità nel suo insieme; non solo capacità intellettuale, ma anche sviluppo emotivo, fisico e sociale. Questi aspetti complementari sono, credo, un tema ricorrente in vari Rapporti ufficiali. Così le mie parole siano un appoggio morale e un incoraggiamento per continuare ad adempiere a queste raccomandazioni ad ogni livello nel settore scolastico, primario e secondario. So inoltre che questo programma di sviluppo educazionale è reso ancora più difficile da gravi fattori economici che hanno grande influenza sia per quanto riguarda l’impiego del personale che del materiale didattico. Ma non si può fare a meno di riconoscere e rallegrarsi dei risultati incoraggianti che sono stati raggiunti attraverso gli stessi sviluppi educativi.

In primo luogo il crescente interessamento dei genitori, specialmente nel settore primario e secondario, ed anche, sebbene meno accentuato, nel settore terziario. Ciò è stato in parte ottenuto attraverso le strutture di collaborazione genitori/insegnanti o gruppi simili; il concetto di scuole comunitarie; l’apertura di biblioteche e l’organizzazione del tempo libero per i genitori; ed inoltre la splendida opportunità della Istruzione Continua o per Adulti (Adult or Continuing Education) verso un completo sviluppo della persona e del suo potenziale innato.

È giusto che i genitori si interessino maggiormente alle strutture educative. Non sono forse i genitori, nella visione del Signore, i primi educatori dei loro figli? Tale principio basilare è stato sottolineato dal Concilio Vaticano II, in particolare nella dichiarazione sull’Educazione Cristiana: “poiché sono i genitori che hanno dato alla luce i loro figli, sono loro che hanno il serio compito di educarli nella loro prima infanzia. Perciò i genitori devono essere considerati come i primi e più importanti educatori dei loro figli” (Gravissimum Educationis, 3).

La promozione di questa educazione “Integrata, personale e sociale” è anche, inutile dirlo, il necessario e complementare ruolo della scuola. Anche qui, nel quotidiano procedere verso tali obiettivi, troviamo elementi effettivi di incoraggiamento.

Considerando che la “personalità completa” comprende anche una dimensione spirituale, le autorità educative scozzesi oltre ad approvare corsi e qualificazioni per insegnanti specializzati nell’educazione religiosa, prestano un’attenzione particolare ad altri provvedimenti quali gli esami statali e i servizi dell’Ispettorato di Sua Maestà. Ed è particolarmente incoraggiante apprendere che la Commissione per l’Educazione dell’Assemblea Generale della Chiesa in Scozia e la Commissione Cattolica Romana per l’Educazione hanno intrapreso insieme una trattativa che riguarda importanti aspetti di questa deliberazione.

5. I problemi fin qui delineati, specialmente quelli che riguardano la personalità completa, la dimensione spirituale dell’istruzione, e il coinvolgimento dei genitori, sono stati sempre alla base dell’“ethos” della Chiesa Cattolica. Questo è vero soprattutto nella scuola primaria, dove si ha uno stretto legame fra la famiglia, la scuola, la parrocchia e la comunità locale. Né si può dire che sia mancato nella situazione più complessa della scuola secondaria, dove la diocesi spesso fornisce Cappellani, innanzitutto per la scuola come comunità di fede centrata sull’Eucaristia, e anche, dove sia possibile, per servire da anello di congiunzione pastorale con le parrocchie locali. Tuttavia sempre attenta al suo costante bisogno di miglioramento la Chiesa Cattolica dovrebbe utilizzare pienamente le nuove possibilità esistenti, se non altro per adempiere al suo ruolo e alla sua identità. E a questo punto è giusto ricollegarci a quello che è l’identità e lo scopo della scuola cattolica.

Tale promemoria è giustamente messo in evidenza in un documento intitolato “La Scuola Cattolica”, pubblicato dalla Sacra Congregazione della Santa Sede per l’Educazione Cristiana nel marzo 1977: “La scuola cattolica” dichiara “è impegnata . . . nello sviluppo dell’uomo completo, poiché in Cristo, Uomo perfetto, tutti i valori umani trovano il loro compimento e la loro unità. Qui sta il carattere specificamente Cattolico della scuola. Il suo compito di coltivare valori umani nel loro legittimo diritto in accordo con la sua particolare missione di servire tutti gli uomini ha origine nella figura di Cristo . . . Il suo compito è fondamentalmente una sintesi di cultura e fede, ed una sintesi di fede e vita” (The Catholic School, 35-37).

È implicito a questo riguardo per la scuola cattolica l’imperativo dell’impegno cristiano da parte dei suoi insegnanti. La scuola cattolica “deve essere una comunità il cui scopo è la trasmissione di valori per la vita. La sua opera deve essere vista come promozione del rapporto di fede con Cristo nel quale tutti i valori trovano compimento. Ma la fede si assimila soprattutto attraverso il contatto con le persone la cui vita quotidiana ne è testimone” (The Catholic School, 53).

A proposito del valore delle Scuole Cattoliche e dell’importanza degli insegnanti ed educatori cattolici, è necessario sottolineare il punto centrale dell’educazione cattolica stessa. Essa è prima di tutto comunicazione con Cristo, un aiuto per portare Cristo nella vita degli altri. Chi è stato battezzato deve abituarsi a vivere la sua nuova vita cristiana nella giustizia e nella santità della verità. La causa dell’educazione cattolica è la causa di Gesù Cristo e del suo Vangelo al servizio dell’uomo.

Né possiamo ignorare l’integrità del messaggio catechistico che dice: “Colui che diventa discepolo di Cristo ha il diritto di ricevere "la parola della fede" (Rm 10, 8), non mutilata, non falsificata, non diminuita ma completa e integrale . . . Di conseguenza nessun catechista autentico potrebbe compiere di suo arbitrio una selezione tra ciò che egli ritiene importante, nel deposito della fede, e ciò che egli ritiene senza importanza, per insegnar l’uno e rifiutare l’altro . . . Il metodo e il linguaggio utilizzati devono rimanere certamente degli strumenti per comunicare la totalità e non una parte delle "parole di vita eterna" (Gv 6, 68; cf. At 5, 20; 7, 38); o delle "vie della vita"” (Sal 16,11, cit. in At 2, 28) (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 30-31).

6. Sebbene la maggior parte del mio discorso riguardi soprattutto l’argomento cruciale della scuola e le conseguenti implicazioni a proposito della preparazione degli insegnanti, spero che i presenti provenienti dalle Università riconoscano, insieme al loro professore, l’importanza che ha la scuola per l’Università: non solo in quanto terreno di reclutamento per studenti, ma anche come parte essenziale di un processo educativo che continua.

Per quanto riguarda l’Università stessa, desidero semplicemente menzionare alcuni punti a cui ho già avuto occasione di riferirmi durante la Conferenza Generale dell’UNESCO, di fronte a vari gruppi universitari di Roma, ed a Bologna lo scorso aprile. Quest’ultima città la ricordo con particolare piacere in quanto mi è stato detto che l’Università di Bologna ha fornito alle antiche Università scozzesi i più significativi elementi della sua splendida tradizione.

Fin dalle origini, e per la ragione stessa della sua istituzione, lo scopo dell’università è l’acquisizione di una conoscenza scientifica della verità, di tutta la verità. Per ciò costituisce uno dei mezzi fondamentali creati dall’uomo per appagare il suo bisogno di conoscenza. Ma, come risulta dal Concilio Vaticano II, “Oggi, più che nel passato, è difficile sintetizzare le varie discipline della conoscenza e delle arti. Mentre si ha un indiscutibile aumento nel volume e nella diversità degli elementi che portano ad un arricchimento della cultura, si nota allo stesso tempo una diminuzione della capacità umana ad accorgersene ed a collegare organicamente questi fattori, e quindi l’immagine dell’uomo universale diventa sempre più evanescente” (Gaudium et Spes, 61). Per cui qualsiasi interpretazione che ignori o diminuisca l’elemento spirituale dell’uomo, le sue aspirazioni alla pienezza dell’essere, la sua sete di verità e di assoluto, tutte le domande che rivolge a se stesso di fronte ad enigmi come il dolore e la morte, non soddisfa le sue più profonde ed autentiche necessità. E poiché è proprio all’Università che i giovani mettono alla prova l’alto livello della loro formazione ed educazione, essi dovrebbero poter trovare una risposta non solo sulla legittimità e la finalità della scienza, ma anche sui più alti valori morali e spirituali - risposte che rafforzeranno la loro fiducia nel potenziale della conoscenza acquisita e nell’esercizio della ragione, a vantaggio loro e di tutta la società.

7. Per ricapitolare, vorrei ripetere ciò che scrissi nel novembre scorso, nell’esortazione apostolica sulla Famiglia nel Mondo moderno: “Si rende pertanto necessario recuperare, da parte di tutti, la consapevolezza della preminenza dei valori morali, che sono i valori della persona umana come tale. Il grande compito che ci troviamo oggi ad affrontare per il rinnovamento della società consiste nel ritrovare il senso ultimo della vita e dei suoi valori fondamentali” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 8).

E, come cristiani, noi crediamo che il significato ultimo della vita e dei suoi valori fondamentali siano rivelati in Gesù Cristo. È lui - Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo - che ci dice: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore; e dite bene, perché lo sono” (Gv 13, 13-14).

                                         



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