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INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I RAPPRESENTANTI DELLA CONFERENZA
DEI SUPERIORI MAGGIORI RELIGIOSI D'EUROPA

Giovedì, 17 novembre 1983

 

Signor Cardinale,
Cari fratelli e sorelle,

1. Sono molto felice di ricevervi. È il primo incontro ufficiale del Papa con i rappresentanti - uomini e donne - della Conferenza dei Superiori maggiori religiosi d’Europa, che è ancora ai suoi inizi.

Siamo riuniti nel momento in cui la Chiesa si prepara a celebrare la festa di Cristo, Re dell’universo, luce che brilla a conclusione del cammino degli uomini, lui che è il solo capace di offrire a tutti i popoli i benefici dell’unità e della pace. Il vostro gruppo ha proprio come finalità quella di aiutare i religiosi europei ad offrire, più intensamente e in maniera sempre più adatta ai bisogni degli uomini, la testimonianza del Vangelo per costruire il Regno di Cristo.

E come non essere stimolati dall’esperienza passata? I vostri predecessori, i religiosi europei, hanno veramente compiuto un’opera di evangelizzazione in tutti i significati della parola; non solo hanno incontrato i loro fratelli geograficamente vicini, ma hanno portato il Vangelo e il messaggio di Cristo in numerose regioni divenute, grazie a loro, autentiche terre di cristianità, spiritualmente ricche e feconde.

Vi trovate nella privilegiata situazione del Continente europeo, con sensibili differenze a seconda delle regioni. Malgrado la diminuzione delle vocazioni in un buon numero di Paesi, il ruolo tradizionale dei religiosi oggi crea loro degli obblighi seri e gravi nell’evangelizzazione.

2. La vostra stessa vocazione è, per voi, religiosi e religiose, un mezzo privilegiato di evangelizzazione; voi rendete testimonianza alla santità della Chiesa incarnando il suo desiderio profondo di elevarsi al radicalismo delle beatitudini. Con la vostra vita, voi siete segni di totale disponibilità a Dio, per la Chiesa, per i fratelli (cf. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 69). Il primo mezzo di evangelizzazione per i religiosi è dunque quello di conformare sempre più la propria vita alla persona e al messaggio di Gesù Cristo. Prima di ogni proclamazione della parola, è la loro stessa vita che deve rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo. In certi momenti della loro vita, e anche continuamente per gli Istituti contemplativi, questa testimonianza costituirà la sola evangelizzazione, come bene mostra il caso di santa Teresa del Bambino Gesù, divenuta nel suo Carmelo di provincia patrona delle missioni, e come attestano ugualmente i numerosi religiosi ignorati durante la loro vita, la cui preghiera e i sacrifici che sono giunti talvolta fino alla morte, sono stati veramente una testimonianza ammirevole della fecondità del Vangelo e una fonte di conversioni. Sia sufficiente qui citare il caso di san Massimiliano Kolbe e quello della beata Maria Gabriella, trappista, apostola dell’unità! È in questo senso che a Lourdes io parlavo alle religiose della gratuità dell’amore.

3. Il ruolo primario del vostro gruppo deve dunque essere quello di aiutare i religiosi e le religiose europei a meglio realizzare la loro missione evangelica vivendo più pienamente la loro vocazione. Le vostre Conferenze nazionali e tutti i religiosi hanno il diritto di aspettarsi un aiuto, un incoraggiamento e un sostegno collegiale da parte dei fratelli e delle sorelle delle altre Nazioni, per affrontare i problemi che oltrepassano le frontiere e che riguardano la vita religiosa del continente. Così voi sarete meglio in grado di mettere in atto una effettiva collaborazione tra le Conferenze nazionali dei religiosi. Questa azione deve essere realizzata, evidentemente, nel rispetto della giusta autonomia di queste Conferenze nazionali e degli Istituti, così come delle legittime diversità di culture, di costumi, di modi di vita e al di fuori di ogni riferimento a concezioni politiche. Soprattutto, essa deve contribuire allo sviluppo e all’affermazione del carattere proprio della vita religiosa.

Infatti, ciò che diversifica tra di loro i membri della Chiesa costituisce una reciproca complementarità ed è ordinato all’unica comunione e alla missione che appartiene a tutto il Corpo. Bisogna dunque vegliare affinché la vita religiosa conservi le sue caratteristiche particolari e la sua visibilità. Se la Chiesa ha bisogno di una visibilità per testimoniare, la vita religiosa ha lo stesso bisogno. L’attenuazione fino alla scomparsa quasi totale agli occhi del mondo di ciò che caratterizza la vita religiosa non è un bene né per i religiosi, né per la Chiesa, né per l’evangelizzazione. Questo rispetto delle ricchezze specifiche della vita religiosa deve tener conto della natura particolare degli Istituti, così come essa è stata ammessa dalla Chiesa al momento del loro riconoscimento ufficiale.

4. Il fatto che numerosi Paesi d’Europa stiano conoscendo una accentuata scristianizzazione, con battezzati che vivono praticamente fuori dalla Chiesa, pone con acutezza più intensa ai cristiani e ai religiosi la questione della loro testimonianza e del loro apostolato. Certamente le ragioni sono complesse e derivano in parte da difficoltà esterne alla Chiesa. Ma ci si può anche domandare: questi cristiani sono stati abbastanza evangelizzatori, e la loro testimonianza, come quella dei religiosi europei, è stata sufficientemente autentica e percepibile?

Più ancora degli altri i religiosi devono vegliare per fare in modo che non diventi insipido “il sale” del Vangelo in pratiche e in atteggiamenti secolarizzati, che sacrificano la preghiera a un’azione troppo umana, che adottano dei comportamenti socio-politici determinati da criteri che non sono sempre evangelici. So bene che siete convinti di questo; non è forse uno degli aspetti del rinnovamento spirituale che voi cercate riprendendo le vostre costituzioni?

La testimonianza evangelica autentica dei religiosi riguarda anche un numero ogni giorno sempre più grande di lavoratori immigrati non cristiani venuti da altri continenti a cercare in Europa condizioni di vita più favorevoli. È importante che questi poveri trovino presso i religiosi un riflesso della carità di Cristo. È un modo nuovo di continuare ciò che hanno compiuto, lontano, i missionari delle precedenti generazioni.

5. Questa carità fraterna deve esser vissuta innanzitutto tra i religiosi stessi. Il canone 602 vede nella “comunione fraterna, fondata e radicata nella carità, l’esempio della riconciliazione universale in Cristo”, tema approfondito dal recente Sinodo dei Vescovi. Se l’unione nella famiglia religiosa è una potente testimonianza evangelica, la divisione tra i fratelli, tra le sorelle, è una pietra di inciampo per l’evangelizzazione. Ora la divisione non si trova solamente tra le diverse comunità cristiane in Europa, essa si incontra anche tra i fedeli della Chiesa cattolica e perfino tra i religiosi ove le polarizzazioni sono un ostacolo non trascurabile alla testimonianza della carità fraterna.

Queste divisioni provengono del resto per lo più dalla dimenticanza pratica della natura ecclesiale dell’evangelizzazione; questa deve essere sempre realizzata in nome della Chiesa, in comunione con i suoi Pastori e non secondo criteri e prospettive individualistiche (cf. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 60). L’unione fraterna vissuta in fedeltà al Magistero contribuirà a fondare la Chiesa, che non esiste senza il respiro che è la vita sacramentale culminante nell’Eucaristia (cf. Ivi).

Sì, è in unità con la missione della Chiesa, di fronte ai suoi bisogni più urgenti, come li vedono i Pastori responsabili, che bisogna esaminare i numerosi servizi apostolici di cui i vostri Istituti sono capaci. Perché la Chiesa conta su di voi, ha bisogno di voi e sa di trovare in voi, nei vostri Istituti, delle risorse immense e meravigliose per le diverse forme del suo annuncio diretto e indiretto del Vangelo.

6. Nell’ora attuale, il Vangelo deve essere annunciato ad un mondo che soffre di fame e di privazioni. Malgrado sensibili differenze fra le varie regioni, il Continente europeo resta privilegiato sul piano economico; non bisognerà che dei religiosi, lasciandosi vincere dalla ricerca del comodo e dall’egoismo di molte persone che li circondano, fissino gli occhi su categorie sociali sfavorite e regioni immerse nella miseria. Essi devono con la loro disponibilità e il loro disinteresse accorrere in soccorso dei poveri di ogni tipo. Ma non insisto, perché so a che punto tanti Istituti, tanti religiosi e religiose hanno oggi la preoccupazione di vivere poveri e tra i nuovi poveri che la nostra società genera. Questa testimonianza non impedisce, al contrario, di assumere vere responsabilità che sono un servizio. Infatti l’azione educativa e sociale degli Istituti, secondo il loro particolare carisma riconosciuto dalla Chiesa e in collaborazione organica con il laicato, rimane sempre d’attualità, soprattutto se i religiosi vi mantengono la preoccupazione dei poveri, degli emarginati, degli immigrati, dei rifugiati, ecc. La loro azione in questo senso è più che mai necessaria per l’evangelizzazione, essendo una manifestazione visibile dell’amore di Dio per l’uomo.

La visione più ampia che la vostra Unione ha sul mondo, le relazioni feconde che stabilisce con il Consiglio delle Conferenze episcopali europee, devono permetterle di aiutare le Conferenze nazionali dei religiosi e gli Istituti a portare sempre meglio la testimonianza evangelica arricchendo le differenti culture con la Buona Novella annunciata da Cristo, senza asservirsi ad esse.

Nel mattino della Pentecoste, la Vergine Maria, Madre della Chiesa, era presente nella preghiera agli inizi dell’evangelizzazione sotto l’azione dello Spirito Santo. Possa ella essere sempre la Stella che guida i religiosi nella loro missione e li rende generosi e gioiosamente fedeli al Vangelo e alla Chiesa!

Confidando nell’azione che il vostro gruppo saprà condurre per aiutare i religiosi del Continente europeo ad essere testimoni sempre più credibili del Vangelo, io vi benedico di tutto cuore.

 

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