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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLO SRI LANKA IN VISITA
"AD LIMINA APOSTOLORUM
"

Giovedì, 5 luglio 1984

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

1. È con profondo interesse pastorale e gioia che do il benvenuto a voi, vescovi di Sri Lanka. Voi mi avete comunicato la lealtà e l’affetto del vostro popolo, e io contraccambio assicurando voi e loro del mio amore in Gesù Cristo. In voi io abbraccio tutti i singoli e le comunità che costituiscono la Chiesa nel vostro Paese. In questo nostro importante incontro è riassunta tutta la storia religiosa del vostro popolo, fin dagli inizi, fin dal tempo dei primi evangelizzatori. Penso anche al grande contributo del venerabile Joseph Vaz che approdò sulle vostre rive tre secoli fa. Insieme a voi rendo omaggio alla memoria di questo apostolo e aspetto insieme a voi il giudizio definitivo della Chiesa a riguardo della sua eminente santità. E insieme a voi rendo grazie per tutti gli altri generosi missionari che sono vissuti e sono morti perché “la parola di Dio si diffondesse e fosse glorificata” (2 Ts 3, 1). Insieme a voi onoro il Vangelo che essi vi hanno trasmesso e la messe che hanno seminato in quella fertile terra che è la “Perla dell’Oriente”.

In questo momento noi offriamo a Dio tutte le vicissitudini della vostra storia, le prove e le tribolazioni, le gioie e le sofferenze che il vostro popolo ha sperimentato e che ancora sta vivendo nella vostra società multi-etnica e multi-religiosa. E noi preghiamo perché questa offerta diventi per il vostro popolo rinnovato coraggio e proclamazione di speranza.

2. Il presidente della vostra Conferenza episcopale ha fatto riferimento al “costo della sequela”, ciò che significa seguire Gesù, il Verbo incarnato di Dio, abbracciare il suo Vangelo, professare la fede cattolica, vivere una vita degna del regno dei cieli. In questa occasione, in nome della Chiesa universale, ringrazio Dio per la sequela che è stata vissuta a Sri Lanka. Lo ringrazio per la vitalità che esiste nella Chiesa del vostro Paese, per le grazie che hanno formato le vostre famiglie cristiane, sostenuto i vostri sacerdoti e religiosi, e motivato la generosità dei seminaristi, dei catechisti e dei laici impegnati che lavorano per il Vangelo.

3. Questa visita “ad limina” mi dà l’opportunità di esprimere il mio sostegno ai vostri sforzi apostolici e all’opera che voi fate per promuovere una pace durevole basata sulla giustizia e sull’equità per tutti. Vi esprimo la mia solidarietà nei vostri sforzi per proclamare il messaggio della Chiesa a riguardo della dignità umana e dei diritti di tutti gli individui, così come dei diritti delle comunità col loro patrimonio culturale e linguistico.

Voi avete giustamente parlato del diritto alla propria religione, del principio di sussidiarietà, del bisogno vitale di occupazione, e del ruolo della democrazia rappresentativa nell’assicurare efficacemente i diritti di tutti. La Chiesa universale è accanto a voi, nel vostro impegno per promuovere l’unità del vostro popolo, chiamandolo a rifiutare i pregiudizi, ovunque essi si trovino, condannando la violenza e promuovendo la pace e le condizioni che conducono alla pace. Di grande importanza è ogni sforzo volto ad alleviare la tensione etnica.

Queste considerazioni e altre ancora sono tra le riflessioni espresse nella vostra comune lettera pastorale resa pubblica a Pentecoste. Questo documento è un esempio di quella concertata azione pastorale affidata allo Spirito Santo che manifesta l’unità della Conferenza episcopale, un bene che dev’essere altamente stimato e costantemente perfezionato.

4. Il vostro contributo alla vita della Chiesa si concretizza ogni giorno nell’esercizio della vostra sacra missione di insegnamento delle verità di fede. Questo è fatto da voi personalmente e direttamente, e anche insieme con i vostri sacerdoti, e attraverso i vostri religiosi, i vostri catechisti e le limitate strutture scolastiche a vostra disposizione. Il messaggio che proclamate non soltanto ha un contenuto religioso, ma costituisce anche un contributo a una serena vita civile. La pace, la giustizia, il rispetto dell’uomo che tanto sono parte della proclamazione della Chiesa divengono anche atti di patriottismo da parte di coloro che li abbracciano e contribuiscono al bene globale della società di Sri Lanka.

La vostra sollecitudine pastorale vi chiama a unire le forze con tutti i fratelli nell’affrontare le sfide comuni, alcune delle quali sono problemi di vaste dimensioni, come quella della droga e dei disordini sociali. Nel proclamare Gesù Cristo e le sue beatitudini a tutti coloro che liberamente scelgono di ascoltare le vostre parole, il vostro ministero si esercita anche nel coltivare l’amore fraterno a tutti i livelli della società, nel rafforzare il concetto di servizio generoso a coloro che sono nel bisogno e nel promuovere il rispetto universale per la persona umana. Il tessuto stesso della vostra società richiede un impegno speciale da parte vostra nel dialogo con le diverse comunità religiose che lo compongono. Nel fare questo voi sarete realmente fedeli alle indicazioni pastorali del Concilio Vaticano II. Alla base di ogni dialogo e collaborazione vi è il principio riassunto nella costituzione Nostra Aetate (Nostra Aetate, n. 1): “Una sola comunità costituiscono i vari popoli. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio”.

 5. E, come vescovi, il vostro ministero raggiunge il suo culmine nella proclamazione sacramentale della riconciliazione secondo l’ordine divino ristabilito dal mistero pasquale, attraverso l’offerta del sacrificio eucaristico, che è la sorgente più efficace di unità e di pace. In questa unità, simbolizzata e compiuta dall’Eucaristia, voi trovate la vostra stessa identità di vescovi della Chiesa, pastori del popolo di Dio e servi del Vangelo. Il mistero pasquale passa attraverso l’Eucaristia ed è trasmesso al mondo in termini di speranza.

6. Continuate, venerabili fratelli, a proclamare in mezzo a tutti i problemi e le difficoltà la speranza del Vangelo, fattasi carne, secondo l’espressione di san Paolo, in “Cristo Gesù nostra speranza” (1 Tm 1, 1).

Cari fratelli: come pastori uniti tra di voi, uniti con me e con la Chiesa universale continuate ad esemplificare la speranza della vostra chiamata, rendendo testimonianza ad essa come fecero con i Gentili gli apostoli, i quali dissero: “Noi ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono” (1 Tm 4, 10).

Con questo messaggio di speranza vi chiedo di portare i miei saluti a tutti i fedeli delle vostre Chiese locali, particolarmente a coloro che soffrono. La mia speciale benedizione va a tutti coloro che collaborano con voi nel Vangelo. Vi prego di dare assicurazione al cardinale Cooray del mio ricordo fedele e affezionato nel Signore.

E su tutti voi invoco la gioia e la forza di nostro Signore Gesù Cristo, raccomandando voi a tutta la Chiesa del vostro Paese alla materna protezione di colei che voi riconoscete e venerate come nostra Signora di Lanka. Che ella vi sostenga nella speranza e nell’amore!

 

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