PREDICA DI GIOVANNI PAOLO II
A CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI
Cappella Matilde - Sabato, 17 marzo 1984
Miei confratelli, voglio insieme con voi ringraziare Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; ringraziarlo nel nome del suo Figlio unigenito Gesù Cristo, che ci ha donato questi giorni, questa settimana di esercizi spirituali, compiuti nel nostro ambiente della Santa Sede, della Curia romana. Ringraziamo per questa specifica celebrazione dell’Anno Giubilare della nostra Redenzione. L’abbiamo celebrato vivendo in un silenzio, almeno relativo, secondo le nostre possibilità, ascoltando la parola di Dio e meditandola per approfondire i misteri della santissima Trinità e specialmente il mistero della Redenzione, che sta al centro di questo Anno Giubilare. Voglio ringraziare tutti per la vostra partecipazione, per la vostra preghiera, specialmente per la preghiera offerta da parte di tutti per la mia persona e per la mia missione, per il mio ministero. È stata una preghiera reciproca. Siamo stati coinvolti in questa profonda preghiera della Chiesa, in cui ogni giorno ci ha introdotti il nostro dilettissimo predicatore.
Siamo riconoscenti a vostra eminenza, carissimo confratello; è forse per la prima volta che qui, in questa cattedra degli esercizi spirituali in Vaticano, è venuto a insegnarci, a guidarci, un figlio della terra africana, dell’Africa Nera, dell’Angola, che è così vicina al nostro cuore e anche alle nostre preoccupazioni. Siamo grati per questa nuova testimonianza dell’universalità della Chiesa, data nel suo centro romano. Gli siamo grati per la ricchezza delle sue parole, delle sue meditazioni e per il contenuto, per questo contenuto fondamentale, direi trinitario: “Vultum tuum desidero”. Questo desiderio di vedere il volto divino, il volto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è la struttura fondamentale dell’insieme delle meditazioni: io e il mio Creatore, io e il mio Redentore, io e il mio Santificatore. E la considerazione trinitaria si è mantenuta nei temi, centrali per ciascuno di noi, e tanto vicini e cari come la vocazione alla santità, il sacerdozio, nella sua caratteristica ministeriale, e infine la Madre del Signore e Madre nostra. E infine la dimensione escatologica della nostra vocazione trinitaria: “Vultum tuum desidero. In lumine tuo videbimus lumen”. Sono, in sintesi, le parole dell’ultima meditazione.
Gli siamo grati per tutti questi contenuti che ci hanno guidato con grande efficacia, con grande ricchezza di riferimenti, di citazioni degli autori, e poi con una grande semplicità, quasi catechetica: è stata come una catechesi semplice per ricordare, per riprodurre nella memoria le verità fondamentali della nostra fede e della nostra vita, che deve crescere di fede. Vorrei, ringraziando il nostro predicatore, assicurarlo che certamente si è accresciuta la nostra fede grazie alla sua predicazione, alle sue meditazioni, a questi esercizi spirituali.
Possiamo dire che con questa settimana benedetta siamo passati, con una speciale preparazione, all’ultima tappa della Quaresima, già inaugurata, nel corso della quale la Chiesa romana si prepara ad alcuni incontri specialmente importanti e significativi in questo Anno della Redenzione. Ci prepariamo al giorno 25 marzo, primo anniversario dell’inaugurazione dell’Anno Santo, sia pure ancora entro il periodo del Giubileo. È il giorno in cui vorrei, insieme con i vescovi di tutta la Chiesa, ripetere quello stesso Atto di affidamento alla Vergine, che ho già pronunciato durante il mio pellegrinaggio a Fatima, il 13 maggio 1982. E devo fin d’ora esprimere la mia gratitudine al nostro carissimo fratello vescovo di Leiria e Fatima che, per questa circostanza, ha voluto prometterci anche la presenza della statua della Vergine di Fatima qui a Roma. Aspettiamo l’arrivo di tale statua della Madonna con grande desiderio e la riceveremo con tutto l’amore che gode nei nostri cuori durante tanti decenni di questo secolo provato e segnato dalla sua materna sollecitudine verso la Chiesa, verso tutto il mondo, verso i diversi popoli, specialmente quelli che hanno bisogno di una speciale sollecitudine materna, la sollecitudine della Madre del nostro Redentore.
Così gli esercizi spirituali ci hanno preparato anche a quell’avvenimento che ha la sua grande importanza spirituale, attraverso il quale noi vogliamo esprimere, in un mondo tanto diviso, tanto minacciato, la nostra assoluta fiducia nella forza della Redenzione attraverso il cuore della Madre del nostro Redentore.
Ecco, venerati e carissimi fratelli, alcune riflessioni che ho voluto presentarvi alla fine di questi esercizi spirituali. Voglio offrire a tutti una benedizione conclusiva, come compimento della nostra celebrazione giubilare; sia, questa benedizione, fruttuosa dei doni spirituali dell’indulgenza, quali speriamo con profonda fede in questo Anno Santo. Vorrei anche chiedervi, carissimi confratelli nell’episcopato, di unire le vostre intenzioni nel trasmettere i frutti spirituali di questa speciale celebrazione, insieme con me, a tutta la Chiesa.
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