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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AD UN CONVEGNO PROMOSSO
DALL'UFFICIO CENTRALE STUDENTI ESTERI IN ITALIA

Venerdì, 23 novembre 1984

 

Cari giovani.

1. Sono lieto di incontrarvi in occasione del convegno, al quale siete stati invitati dall’Ufficio centrale studenti esteri, che ricorda quest’anno il XXV anniversario della sua fondazione.

Conoscevo già questa benemerita istituzione, perché anche in passato, in occasione di una circostanza simile, ebbi il piacere di incontrarmi con altri studenti come voi, per cui posso dire di essere al corrente del lavoro, degli scopi e dei problemi di questa organizzazione e quindi anche, della vostra situazione.

Io stesso, tanti anni fa, sono stato uno “studente estero” qui a Roma, per cui posso dire di sentirmi veramente vicino a voi e di conoscere la vostra condizione non solo “per sentito dire”.

Ho sperimentato anch’io la difficoltà di una lingua straniera, le incognite di un ambiente nuovo, la lontananza dagli affetti familiari, dalla patria e dalle amicizie che si sono lasciate. Si tratta di situazioni nelle quali occorre un forte impegno morale, per portare a compimento le scelte precedentemente fatte, per un’autentica crescita umana e spirituale.

2. Questo obiettivo potrete ottenerlo solo se, al di là della doverosa formazione in campo tecnico-culturale, voi avrete sempre dinanzi agli occhi anche la piena formazione della vostra personalità, tenendo quindi conto di quell’aspetto morale della vita umana, riguardo al quale la Chiesa ha avuto da Cristo la missione di trasmettere al mondo insegnamenti decisivi, che soli rendono possibile la salvezza dell’uomo e la vera dignità della persona.

Ovviamente, il raggiungimento di tale obiettivo richiede anche la presenza di opportune condizioni ambientali, che sappiano accogliervi con fiducia e col dovuto rispetto delle vostre legittime esigenze civili, umane e culturali. Per questo voi giustamente e con fiducioso rispetto intendete richiamare l’attenzione degli organismi competenti civili ed ecclesiali su quelle che possono essere le lacune ancora da colmare, al fine di rendere sempre meglio possibile la realizzazione delle vostre legittime aspirazioni, e mitigare gli inevitabili disagi.

È un incontro reciproco che si tratta di realizzare: chi vi accoglie, deve saper accettare la vostra cultura, la vostra mentalità, i vostri legittimi usi di vita; e così nasce un vero scambio, una vera e fruttuosa comunione, un autentico arricchimento reciproco.

3. Non perdete mai di vista lo scopo di fondo del vostro rimanere in Italia: acquisire quella preparazione tecnica, umana e culturale che vi consenta di mettervi domani al servizio dei vostri rispettivi Paesi. Certamente, la determinazione con la quale dovete perseguire tale nobile scopo suppone che ciascuno di voi sia sempre pronto ad accogliere le indicazioni che la Provvidenza suggerirà ai vostri piani umani attraverso imprevedibili circostanze, tanto più che la vostra età è l’età delle grandi svolte. Il tutto però sia condotto con la serietà che si addice a circostanze o situazioni del genere. Quello che conta, nella vita, non è tanto essere qui o là o fare questo o quello, ciò che conta è ascoltare la volontà di Dio - come il patriarca Abramo - e metterla in pratica, giorno per giorno.

Serietà di impegno umano e abbandono fiducioso alla Provvidenza: ecco i capisaldi del vostro programma di vita, in questi anni, come sempre; ecco le luci del vostro cammino; ecco i criteri di valore della vostra attuale esperienza. Solo così il vostro vivere sarà veramente fruttuoso e soddisfacente.

Impegno umano significa poi, soprattutto, impegno costante nell’acquisto di solide virtù personali e sociali, rifuggendo da ogni forma di rilassatezza, scoraggiamento o scarico di responsabilità. Fate pure sentire la vostra voce, ma sempre con fiducia e collaborando attivamente alla soluzione dei problemi.

Abbandono alla Provvidenza non significa un inerte fideismo, ma sapere che il Signore ci è accanto nei nostri sforzi per la giustizia e nel raggiungimento laborioso e attivo di livelli sempre più alti di crescita umana e spirituale; vuol dire illuminare gli eventi felici o dolorosi delle nostre giornate con la luce di quella fede che li riscatta dalla finitezza dell’umano e li innalza alla dignità della vita in grazia di Dio.

4. Così facendo, vi preparerete, come credenti, non solo a contribuire alla crescita delle vostre società civili e al progresso della loro cultura, ma anche allo sviluppo delle vostre comunità ecclesiali. I modi precisi in cui ciò si potrà realizzare sono probabilmente, per molti di voi, ancora ignoti. Solo Dio li conosce. Ciò tuttavia non toglie il vostro dovere di pensare e di operare fin da ora per la costruzione del vostro avvenire umano, sociale e religioso.

Questi, cari giovani, sono i miei auspici; questi, i miei voti. La vostra non è un’esperienza facile, ma non vi perdete d’animo: fate la vostra parte e il Signore farà la sua. Impegnatevi seriamente, ed egli non vi farà mai mancare nulla. Questa è stata la mia esperienza di “studente straniero”. E questa - ve lo auguro e per questo prego - sarà anche la vostra. Vi accompagna la mia affettuosa benedizione.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 


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