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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A CONCLUSIONE DELLA II ASSEMBLEA STRAORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI

Sabato, 7 dicembre 1985

 

Dilettissimi nel Signore,

1. Rendo grazie al Signore per l’avvenuta celebrazione del Sinodo straordinario, venti anni dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. È veramente giusto elevare a Dio gli animi grati ed esultanti, perché ci ha concesso la felicità di questi giorni, per quanto pochi, ma pieni di intensi lavori, verso i quali tutto il mondo ha rivolto la sua attenzione.

Esprimo poi la mia viva gratitudine a voi tutti, che avete preso parte all’adunanza del secondo Sinodo straordinario dei vescovi; a voi, dilettissimi signori cardinali, arcivescovi, vescovi e sacerdoti, che secondo le attuali norme della Chiesa avete preso parte al Sinodo come membri. Avete concluso bene il Sinodo con fraterna cooperazione, aperta e libera comunicazione, intima comunione. Attraverso voi sono state presentate a questo Sinodo le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo. Il mio pensiero va particolarmente a voi, patriarchi e metropoliti, all’Arcivescovo Maggiore e Metropolita, delle tanto care Chiese orientali. A voi penso, presidenti delle Conferenze Episcopali, che siete venuti da tutti i continenti. Penso a voi Cardinali Prefetti dei dicasteri della Curia Romana, miei collaboratori nel ministero universale di Vescovo di Roma. Penso a voi, Superiori Generali degli Ordini e delle Congregazioni Religiose; e non dimentico il Segretario Generale della Commissione Teologica internazionale, e nemmeno il Segretario della Commissione Biblica. Rendo grazie ai Signori Cardinali Presidenti Delegati, Card. Krol, Card. Malula, Card. Willebrands, perché lodevolmente e con sollecitudine hanno compiuto il loro ufficio con viva coscienza e secondo la natura dello stesso Sinodo, ma sempre con fermo consiglio e moderazione.

Rendo particolare grazie al Cardinale Goffredo Danneels. Come relatore hai guidato i lavori del Sinodo osservando il lavoro dei membri, fedelmente comprendendo la patente concordia delle opinioni e la progressiva trattazione delle questioni poste a questa adunanza sinodale; unitamente al Segretario Speciale, il Rev.do Prof. Walter Kasper e ai suoi collaboratori, avete preso parte senza risparmio di fatiche con pronta e generosa cooperazione: per servire veramente l’evento sinodale.

Saluto anche i religiosi, le religiose, i laici e le laiche, che sono intervenuti perché per mezzo loro sono state presenti anche in quest’aula tutti gli ordini e le forze vive della Chiesa.

2. È stata una particolare grazia per tutti la fraterna presenza degli Osservatori-Delegati delle altre Chiese e Comunità di tutto il mondo, con le quali la Chiesa cattolica mantiene un dialogo teologico; e la presenza del Consiglio Mondiale delle Chiese. Avete espresso la vostra opera non solo con la vostra benevola partecipazione attraverso il voto espresso nel Sinodo a nome di tutti, ma specialmente mediante la preghiera. Il rito di preghiera che abbiamo celebrato insieme in quest’aula, è pegno di una continua cooperazione ecumenica.

La vostra presenza richiama alla memoria il provvido atto ecclesiale tra Roma e Costantinopoli, che ebbe luogo venti anni fa dopo la conclusione del Concilio. Con una celebrazione parallela e contemporanea fatta in questa stessa Basilica e nella Chiesa di S. Giorgio al Fanar, fu allora promulgata la dichiarazione comune del pontefice Paolo VI e del patriarca Atenagora I di venerata memoria, con la quale fu decretato che fossero cancellate dalla memoria e dal seno della Chiesa le sentenze di anatemi, inflitti nel 1054, che costituivano un segno di scisma, ed un vero impedimento alla riconciliazione nella carità. Quello fu un atto di fraternità ecclesiale e di somma sollecitudine pastorale. A poco a poco la mente si andò liberando delle tristi memorie del passato, pugnace e contenzioso, la carità si fece più salda, e venne confermato lo spirito di riconciliazione. Per tutti questi motivi, quell’evento rimane emblematico per quanto riguarda la volontà, che deve ispirare tutta la questione dell’unità di tutti i cristiani: cioè il mutuo perdono, che cresce e si esprime nella fraterna carità.

Di là hanno origine tutte le iniziative della ricerca, del dialogo, dell’attività per la restituzione della piena unità. Il ricordo di quell’evento ci spinge a rinnovare lo spirito primitivo perché abbiamo a continuare, amplificare e aumentare il nostro comune sforzo per reintegrare l’unità, per essere fedeli alla volontà del Signore circa la sua Chiesa.

3. Se abbiamo potuto nuovamente ed intensamente riprodurre le condizioni e lo spirito del Concilio Vaticano II, ciò si deve anche alla presenza degli invitati speciali, che a diversi titoli sono stati implicati nel Concilio Vaticano II. La vostra opera nelle discussioni nelle varie sedi e nei diversi modi è stato un visibile vincolo con la stessa natura storica del Concilio. Vi sono grato, perché avete accettato il mio invito ad illustrare la nostra adunanza come “memoria” viva di eventi, ai quali molti non poterono presenziare.

Sono grato in modo speciale al Cardinale Gabriele Maria Garrone per la diligente “relazione storica”.

Né posso dimenticare tutti quelli, che, addetti ai vari uffici, prestarono la loro opera perché il lavoro dei membri del Sinodo potesse attuarsi: specialmente il venerabile fratello Giovanni Schotte, e gli addetti alla Segreteria Generale, i sacerdoti, i seminaristi, gli addetti all’indicazione dei luoghi, gli interpreti, i tecnici, gli addetti stampa: vivo e continuo rapporto con gli strumenti della comunicazione sociale, gli addetti all’Aula Paolo VI, il corpo dei Vigili, della Guardia Svizzera, e tutti quelli che non abbiamo mai visto ma che nel nascondimento per molte ore del giorno e della notte prestarono la loro opera a sostegno del Sinodo. Infine mi rivolgo con animo grato al direttore e ai componenti delle “Scholae Cantorum”, che ci hanno accompagnato nelle nostre preghiere.

4. A venti anni dalla conclusione del Concilio questa comune adunanza appariva necessaria, anzi assolutamente richiesta dopo la grande e copiosa eredità del Concilio Ecumenico Vaticano II. Era necessario che in questo momento manifestassero il loro giudizio sul Vaticano II quelli che prima di tutti erano stati ad esso chiamati, specialmente perché si evitassero interpretazioni divergenti.

Questa adunanza dopo l’eredità del Concilio Vaticano II è stata breve, ma nello stesso tempo, nell’attuale circostanza, sufficiente. Doveva servire - ed è servita - ad esporre almeno in qualche modo l’esperienza degli anni che intercorsero tra il 1962 e il 1965, e in modo particolare ad assumersi l’impegno di attuare più ampiamente il Concilio Vaticano II.

Come avviene attraverso il Sinodo anche questa volta è stata estremamente utile la mutua informazione delle esperienze che è connessa ai lavori sinodali. Per questo motivo la riunione sinodale si dimostra necessaria per quell’analisi e per quella sintesi che sono indispensabili alla Chiesa.

5. Lo scopo del primo Sinodo straordinario del 1968 fu quello di “definire le competenze delle Conferenze Episcopali, i loro rapporti con questa Sede Apostolica e tra loro (cf. Paolo VI, Homilia in Missa ad Synodum Episcoporum operiendum, 11 ottobre 1969: Insegnamenti di Paolo VI, VII [1969] 671), nonché quello di trattare il problema della collegialità dei Vescovi”. Lo scopo invece di questo Sinodo straordinario è stato quello di meditare, approfondire e promuovere l’applicazione degli insegnamenti del Vaticano II a venti anni dalla sua conclusione.

Già fin dall’inizio di questo Sinodo è apparso chiaro che quanti ad esso erano stati convocati condividevano pienamente queste finalità.

Il risultato dei vostri lavori - contenuti nel “Messaggio” e nella “Relazione finale” - è la testimonianza della vostra perspicacia e diligente sollecitudine e del vostro spiccato “sensus Ecclesiae”. Mi piace sottolineare altresì un’altra caratteristica di questa assemblea sinodale: la varietà nell’unità. I Padri hanno potuto esprimere liberamente il proprio pensiero. Meritevoli di apprezzamento sono stati gli interventi fatti sia in aula che nei circoli. Questa libertà non è stata di nessun ostacolo alla sostanziale libertà. Avete così manifestato in maniera eccellente lo spirito di collegialità.

Accolgo pertanto dalle vostre mani con gioia e vivissima gratitudine il “Messaggio” e la “Relazione finale”, che dimostrano questo vostro senso di comunione; con il mio consenso questi documenti potranno essere ufficialmente diffusi. Che il Signore voglia far sì che essi arrechino frutti abbondanti.

È ora vostro compito di far penetrare profondamente nella Chiesa universale, nelle vostre Chiese particolari e nelle varie comunità la grande forza e la consapevolezza dell’importanza del Concilio.

In questa assemblea si è manifestata la cattolicità: sono state infatti qui convocate, per questo nobile compito, persone da ogni continente che seguono diverse culture, ma che professano la stessa fede. La Chiesa intera guardava con grande affetto a questo Sinodo e l’accompagnava con le sue preghiere. Con profonda intima soddisfazione ho potuto costatare che i giovani si sono così comportati; a questo riguardo, merita speciale segnalazione la sede presso la Chiesa di San Lorenzo, qui a Roma. Il Sinodo ha svolto i suoi lavori sotto il segno della Croce, che al termine dell’Anno Giubilare della Redenzione io detti ai giovani e che durante l’anno dedicato alla gioventù veniva portata quasi in sacro pellegrinaggio.

Il Sinodo, infine, convocato nel nome del Signore, con lo sguardo sempre fisso al Signore, è stato docile all’azione dello Spirito Santo, che ne è stato il vero protagonista.

6. In modo particolare in questo Sinodo è stata esaminata la natura della Chiesa, in quanto è mistero e comunione, cioè “koinonia”. Dalle risposte date in occasione della preparazione dell’assemblea è innanzi tutto emerso questo argomento: “La Chiesa che celebra i misteri del Cristo alla luce della parola di Dio per la salvezza degli uomini”. In realtà, la Chiesa, Corpo Mistico del Cristo, è al servizio del mondo; non desidera altro che servire, che promuovere la salvezza integrale dell’uomo.

In questo Sinodo è stata di nuovo posta in evidenza la natura collegiale dell’episcopato: i vescovi infatti come dice il Vaticano II, “non soltanto sono stati consacrati per una determinata diocesi, ma per la salvezza del mondo intero” (Ad gentes, 38). “Così l’ufficio episcopale si estende e in qualche modo partecipa maggiormente al ministero della guida della Chiesa universale, in quanto i Vescovi, convocati dal Papa, più strettamente cooperano con lui nell’esercizio del suo ufficio pastorale” (Paolo VI, Allocutio ad sodales Consilii Secretariae Generalis Synodi Episcoporum, 27 ottobre 1972: Insegnamenti di Paolo VI, X [1972] 1096 s.). Da qui emerge la somma importanza di queste assemblee. Per quanto riguarda i preziosi suggerimenti dati in questo Sinodo, voglio sottolinearne alcuni:

- l’auspicio di preparare un compendio o catechismo di tutta la dottrina cattolica, al quale dovranno far riferimento i catechismi o compendi, di questo argomento, di tutte le chiese particolari; questo auspicio corrisponde alla vera necessità sia della Chiesa universale sia delle chiese particolari;

- l’approfondimento inoltre dello studio della natura delle Conferenze Episcopali, le quali, in questi nostri tempi, offrono un prezioso contributo alla vita della Chiesa;

- la pubblicazione infine, in tempi brevi, del Codice di Diritto Canonico per le Chiese Orientali secondo la tradizione delle stesse Chiese e le norme del Vaticano II.

7. Non posso non significare ora la mia soddisfazione e la mia partecipazione della sollecitudine pastorale che questo Sinodo manifesta per i fratelli che soffrono.

In modo del tutto particolare sono stati ricordati quelli che soffrono violenza, in primo luogo i fratelli e le sorelle del Libano.

A questi fratelli così provati da tante contrarietà desidero dire che siamo ad essi vicino. La fede sia la loro forza, la speranza e la carità li sostengano, per non lasciare nulla d’intentato allo scopo di ottenere la pace. Dal profondo del cuore manifestiamo la nostra solidarietà alle Venerabili Chiese dell’Oriente.

Come voi sapete, questo Sinodo è stato preceduto dall’Assemblea Generale del Collegio dei Padri Cardinali; si è trattato di un aspetto di grande importanza della vita della Chiesa, cioè la riforma della Curia Romana; in questo lavoro si è avuto presente quanto l’esperienza aveva insegnato, alla luce del Concilio Vaticano II, dopo la promulgazione della Costituzione Regimini Ecclesiae Universae. Esiste pertanto un nesso tra le due assemblee.

Su questo argomento sono stati consultati anche i Presidenti delle Conferenze Episcopali; poiché la Curia Romana è uno strumento organico del Romano Pontefice nell’esercizio del suo ufficio pastorale, per il bene al servizio della Chiesa cattolica è parso quanto mai opportuno sentire il pensiero e i consigli di coloro che conoscono esaurientemente le necessità e le richieste della Chiesa nelle loro regioni. Tali suggerimenti sono stati soppesati accuratamente nella stessa adunanza dei Padri Cardinali e saranno tenuti in somma considerazione affinché la Curia Romana sia sempre più in grado di adempiere il suo compito ad edificazione della Chiesa.

8. Pertanto sono persuaso che il Sinodo ha svolto un lavoro ben meritevole. A buon diritto si può affermare che il Sinodo ha arrecato grandi benefici al Concilio Vaticano II; perfeziona infatti le norme predisposte da quello. Manifesta l’esperienza acquisita dalla Chiesa universale attraverso i pastori delle Chiese particolari. Esso è anche uno strumento efficace e duttile, tempestivo e pronto per il ministero di tutte le Chiese locali (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio ad sodales Consilii Secretariae Generalis Synodi Episcoporum, 2, 30 aprile 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/1 [1983] 1100).

Per questo motivo conviene sommamente che nella Chiesa si celebrino Sinodi ordinari e, all’occorrenza, anche straordinari. Affinché poi essi producano frutti più abbondanti è necessario che questi convegni siano preparati in maniera più impegnata; occorre cioè che nelle Chiese locali si lavori alla loro preparazione con partecipazione di tutti: la fase preparatoria infatti è un tempo particolare per quanto attiene alla pastorale di parrocchie, comunità religiose, diocesi, Sinodo Orientale e Conferenze Episcopali.

Non solo è necessario attuare questa preparazione, ma è altrettanto necessario che i frutti del Sinodo siano portati alle Chiese locali. In tal modo si attuerà un movimento vitale, in grado di servire alla cattolicità e all’unità delle menti e dei cuori.

Si deve sempre provvedere alla revisione anche dei modi e dei metodi di azione per assicurarne una maggiore efficacia. Il che richiede continuo studio e lavoro.

Come si avrà cura di applicare questo Sinodo alla vita concreta della Chiesa? Si chiede a tutti di dedicarsi a questa applicazione con grande amore e senso del dovere, dedicandosi contemporaneamente alla preghiera e alla penitenza, cose insostituibili se vogliamo conseguire veri progressi nello spirito. Spetta poi ai vescovi, in quanto pastori delle anime, affiancati dai loro sacerdoti, di istruire i fedeli sulle cose che il Sinodo ha proposto come salutari e di esortarli ad attingere con rinnovato fervore dai tesori del Concilio incitamento a vivere cristianamente in modo sempre più aderente ai principi della fede.

Come è noto, ognuno dei frutti di questo Sinodo sarà attuato con l’aiuto del Consiglio della Segreteria Generale eletto nel 1983. Sarà compito di questo Consiglio di curare la prossima sessione ordinaria del Sinodo che avverrà nel 1987, e che tratterà dei laici nella Chiesa.

9. Domani 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, ricorre il ventesimo anniversario della conclusione del Concilio. Vi invito a concelebrare con me nella Basilica di San Pietro in Vaticano; ai Vespri poi dimostreremo la nostra venerazione alla Vergine Madre di Dio, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

Ho detto: Madre della Chiesa; a Lei infatti particolarmente presente al mistero di Cristo vogliamo raccomandare questa epoca della vita e della missione della Chiesa.

La missione della Chiesa si fonda sulla sua stessa natura, o meglio nello stesso mistero della Chiesa. Poiché infatti la Chiesa è “in Cristo quasi sacramento di intima unione con Dio e di unità di tutta la famiglia umana”, appaiono quindi evidenti le sue relazioni e i rapporti con tutti gli uomini di buona volontà; con quelli che professano le religioni non cristiane, con quelli specialmente una religione monoteistica (come i musulmani) e in special modo con quelli che sono a noi più strettamente congiunti a motivo della divina rivelazione dell’Antico Testamento.

Crediamo che le ricchezze del mistero della creazione si estendano a tutti. Crediamo che tutti sono redenti ad opera di Cristo e possano essere toccati dagli intimi impulsi dello Spirito.

10. La Chiesa, attraverso il Concilio, non ha voluto affatto rinchiudersi in se stessa, riferirsi a se sola (il cosiddetto “centrismo della Chiesa”), ma, al contrario, ha voluto aprirsi più ampiamente. Facciamo continuamente nostro questo voto, che è anzi un nostro dovere; e per attuarlo approfondiamo maggiormente il mistero della Chiesa (cf. Lumen gentium, II); è questa infatti la fonte dell’apertura e della missione (nella missione del Figlio e dello Spirito).

Dal cenacolo della feria quinta “in Cena Domini” ritornano a noi le parole di Cristo: “io pregherò il Padre ed Egli vi manderà un altro Paraclito . . . Spirito di verità . . . Egli mi renderà testimonianza; ma anche voi mi renderete testimonianza . . .” (cf. Gv 14, 16-17.26-27).

Teniamo per certo che il Concilio Vaticano II è stato una testimonianza di tale natura, ben adattato al nostro tempo; una testimonianza dello Spirito Santo insieme con il Collegio Apostolico, il quale vive e opera nei suoi legittimi successori.

È una testimonianza sul Cristo, Verbo incarnato, crocifisso e risuscitato dai morti; sul Cristo, nel quale il Padre “ha amato” il mondo; sul Cristo che ha rivelato all’uomo l’uomo stesso e la sua altissima vocazione (cf. Gaudium et spes); fuori del quale non c’è salvezza.

Questa testimonianza confermata e nuovamente annunziata anche noi vogliamo dare continuando l’opera del Concilio Vaticano II tra i popoli e le nazioni alle quali siamo stati inviati.

In ultimo impartisco a voi, con tutto il cuore, la Benedizione Apostolica, testimonianza del mio affetto, e propongo e domando insieme a voi la Benedizione Collegiale alla Chiesa universale e al mondo.

 

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