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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI CALDEI DELL'IRAQ
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 14 febbraio 1986

 

Cari confratelli nell’episcopato.

1. È con gioia che vi ricevo oggi, nello stesso spirito di comunione fraterna che abbiamo conosciuto cinque anni orsono, quando siete venuti in visita “ad limina Apostolorum” per la prima volta. Eravate allora guidati da sua beatitudine Paul II Cheikho, al quale rivolgo un saluto, fraterno e affettuoso.

Nell’accogliervi, il mio pensiero va spontaneamente all’apostolo Tommaso che, secondo una tradizione ormai quasi bimillenaria, andò a portare il messaggio evangelico in Mesopotamia, poi in India, il grande Paese in cui mi sono appena recato in viaggio pastorale, e “usque ad fines Sinarum”. È sorprendente come questo apostolo, che chiese a Gesù una testimonianza diretta e tangibile della sua risurrezione sia andato a portare la fede più lontano di tutti gli altri apostoli.

Il nostro incontro, che risponde a un’esigenza del diritto, costituisce un momento veramente privilegiato di comunione ecclesiale per voi, venuti “a vedere Pietro” e per me, chiamato a “confermare i miei fratelli”.

Le diocesi caldee sono spesso caratterizzate dal piccolo numero dei loro fedeli, e non usufruiscono generalmente se non del ministero di un clero ridotto, ad eccezione della diocesi patriarcale di Bagdad, ove si trova una forte concentrazione di fedeli assistiti da numerosi sacerdoti.

2. Cinque anni fa, ho invitato la Chiesa caldea a progredire nella riforma liturgica per meglio vivere i misteri del Signore e per stimolare i fedeli ad apprezzare meglio le cose di Dio. È un compito affidato in primo luogo a voi, pastori della Chiesa; ma essa ha una grande importanza per il bene dei vostri zelanti sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, vostri collaboratori in tutta l’opera di evangelizzazione. Rinnovo questo invito a proseguire attivamente l’opera di riforma liturgica nello spirito del Concilio ecumenico e secondo le direttive della Congregazione per le Chiese Orientali.

Condivido la vostra preoccupazione per la formazione dei seminaristi. È con rammarico che ho appreso la notizia della chiusura dell’illustre seminario “Saint-Jean” di Mossoul. Ciò vi impegna ancora di più, venerati fratelli, a suscitare vocazioni e a seguire con attenzione i candidati. Che il Signore conceda alla vostra Chiesa una fioritura di vocazioni ecclesiastiche!

Un altro grande compito si presenta a voi come un dovere: la riforma degli istituti religiosi maschili e femminili. Il Concilio Vaticano II e la Santa Sede hanno fornito delle indicazioni molto utili riguardo al necessario “aggiornamento” delle famiglie religiose e alla revisione dei loro statuti. Auspico vivamente che questo lavoro sia compiuto, allo scopo di dare alla vita monastica e religiosa un nuovo slancio per una testimonianza più viva e più profonda della perfezione evangelica.

Segnalo inoltre la necessità di gestire con diligenza l’amministrazione della giustizia nel foro ecclesiastico. I fedeli hanno il diritto di chiedere questo servizio, e la Chiesa caldea non manca di sacerdoti ben preparati a questo compito.

La formazione di tutti i cristiani non è meno urgente, in particolare la catechesi delle famiglie, considerate a giusto titolo Chiese domestiche. È in esse che la persona si realizza pienamente; è in esse che nascono e maturano le vocazioni religiose. La famiglia resta il luogo privilegiato della felicità delle persone, lo spazio vitale in cui crescono armoniosamente i figli. Restate fedeli alle tradizioni sane delle vostre famiglie, le cui qualità di unità e di fedeltà sono ben note a tutti. Il senso della solidarietà e dell’ospitalità onora il vostro nobile Paese.

Vorrei invitarvi, in particolare, a prendere le disposizioni necessarie per incontrarvi regolarmente, allo scopo di scambiare tra di voi - e anche con gli altri vescovi cattolici del Paese - le vostre esperienze pastorali, di accordarvi sui problemi della vita ecclesiale sul piano nazionale e sul piano internazionale. L’insegnamento del Concilio Vaticano II ve lo chiede, ed è il desiderio della Chiesa: realizzerete meglio la vostra solidarietà con un lavoro concertato, una riflessione approfondita, un’esperienza spirituale, stimolata dal dialogo.

3. Allo stesso modo vi incoraggio a intensificare i vostri rapporti fraterni con tutti i vostri compatrioti: lo esigono lo spirito cristiano di carità e la situazione della vostra nazione. Non posso dimenticare le prove che tutti gli abitanti della vostra regione vivono attualmente, le conseguenze dolorose della guerra, le sofferenze che questa porta con sé. Di recente, ho chiesto al card. Etchegaray di andare a portare, soprattutto ai prigionieri, un messaggio di speranza e di pace. So che lo avete accolto calorosamente.

Con voi, continuo a pregare perché il dramma attuale trovi infine una soluzione giusta ed equa, perché cessi questo conflitto disastroso per tutti, perché l’Altissimo disponga gli spiriti e i cuori alla pace, a cui i popoli aspirano.

Cari confratelli nell’episcopato, ho ricordato soltanto le preoccupazioni pastorali che sono per voi affanni quotidiani: affanni che noi condividiamo, ispirati da quella che san Paolo definisce “sollicitudo omnium Ecclesiarum”. Che il Signore sostenga la vostra azione pastorale in questo tempo di prova che si prolunga; e che Cristo redentore conceda a tutti la grazia della riconciliazione e della pace! Il piccolo gregge cristiano affidato alla vostra saggezza e alla vostra responsabilità sia fermento di concordia e di fraternità. Che il Signore vi dia la sua luce e la sua forza in abbondanza! Che la Vergine Maria, Madre di Dio e nostra Madre prepari le vostre anime!

Vogliate trasmettere il mio saluto affettuoso a sua beatitudine Paul II Cheikho, che ho avuto la gioia di incontrare nel corso dei lavori del Sinodo straordinario dei vescovi. Esprimete alle autorità del vostro Paese i miei deferenti voti di pace e di fraternità. Vorrei salutare tutti i fedeli della Chiesa caldea. Date il mio particolare incoraggiamento ai vostri sacerdoti, religiosi e religiose.

A tutti imparto la mia benedizione apostolica.

 

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