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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN FELICE DA CANTALICE

DISCORSO

DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 4 maggio 1986

 

L’incontro con il quartiere di Centocelle  

Voglio ringraziare il vostro parroco delle buone parole introduttive, voglio ringraziare tutti voi qui presenti, parrocchiani della comunità di San Felice da Cantalice, per la vostra accoglienza così buona, sincera e cordiale. Siamo veramente sulle orme del patrono della vostra parrocchia, san felice da Cantalice. Felice vuol dire gioioso della grazia di Dio, gioioso della carità, gioioso nonostante tutte le miserie, le debolezze umane, tutte le vicissitudini di questa vita terrestre, gioioso perché immerso in Gesù Cristo, immerso in Dio. Questa testimonianza ha portato nei suoi tempi e ha lasciato anche l’impronta di tale testimonianza nella vostra parrocchia che è stata dedicata al suo titolo, alla sua santa persona: la parrocchia di San Felice di Cantalice.

Il vostro parroco mi ha parlato dei due beni principali dei quali questa parrocchia si occupa, si occupa continuamente, ma specialmente in questo ultimo periodo: l’uno si chiama pace, l’altro si chiama pane. Tutti e due questi beni sono profondamente legati con la persona e con la missione di Gesù Cristo. Pace: non ha detto Gesù ai suoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come il mondo la dà io la dono a voi”? Ecco Gesù Cristo portatore di pace che a tutti noi dice: “Benedetti i costruttori della pace”. Un grande messaggio, messaggio per tutti i secoli, messaggio specifico per il nostro secolo; per questo secolo XX specialmente e per la sua tanto tormentata conclusione, quando ci avviciniamo già al terzo millennio. Pane, ecco i bambini che hanno ricevuto la prima Comunione, la nuova schiera dei cristiani, dei “cristofori” coloro che portano Cristo nei loro cuori e nei loro corpi. Noi tutti siamo “cristofori”, portatori di Cristo; dobbiamo essere degni portatori di Cristo come lo era Francesco, il grande patrono di tutti i fratelli francescani, come lo era san felice da Cantalice, patrono della vostra parrocchia.

Auguro a voi carissimi parrocchiani, ai presenti e anche a tutti quelli che abitano questa zona, questo territorio della parrocchia, di essere portatori di pace, portatori di pane, portatori di Cristo. Lo auguro specialmente ai vostri carissimi ammalati che sono così vicini, che ci ricevono con grande entusiasmo, soprattutto col loro sacrificio e con le loro preghiere. Voglio con queste prime parole salutare tutti i presenti, tutti i componenti e membri della vostra comunità, offrendo a tutti insieme con il cardinale vicario e i vescovi presenti - tra loro c’è anche il vescovo vostro ex parroco - una benedizione apostolica.

Nella piazza antistante la Chiesa di San Felice da Cantalice  

Desidero ancora invitarvi a ricordare nella vostra preghiera le Chiese d’Oriente che oggi celebrano la Pasqua. Vi esorto a sentirvi spiritualmente vicini a questi nostri fratelli auspicando che la celebrazione pasquale sia per essi fonte di gioia e di luce. Il mio pensiero va con particolare affetto a coloro che per qualsiasi motivo sono nella sofferenza. Penso, con speciale intensità di sentimento, alle popolazioni di Kiev e dell’Ucraina. Vorrei che quelle popolazioni sentissero spiritualmente vicini tutti noi, tutti i fedeli della parrocchia di San Felice da Cantalice, tutti i cristiani di Roma a motivo delle circostanze di quest’ultimi giorni che tutti bene conosciamo. Sia lodato Gesù Cristo.

Nella Chiesa con i bambini della Prima Comunione e della Cresima  

La Chiesa è dentro di voi, nei vostri cuori. Come diceva San Paolo, voi siete tempio vivo dello Spirito Santo, siete il tempio di Dio, perché lo Spirito Santo abita in voi, abita grazie a Cristo che è venuto nei vostri cuori come cibo, come nutrimento, come pane, pane della vita eterna.

Vi ringrazio per la vostra presenza, per la vostra accoglienza, per le parole rivoltemi da due bambine, un’oratrice che ha parlato un po’ meno, ma ha offerto dei fiori e l’altro oratore che ha letto un discorso tutto bellissimo, veramente un oratore qualificato.

Ecco, devo dire che entrato in questo ambiente ho guardato con ammirazione la vostra chiesa; voi avete veramente una bella chiesa; mi piace congratularmi e desidero farlo anche con voi tutti, parrocchiani di San Felice da Cantalice, con i vostri sacerdoti, con il vostro Parroco, con il Cardinale Vicario e con il Vescovo Salimei per il bel tempio di questa comunità. Ma ho subito pensato: sì, è una bella chiesa dal punto di vista architettonico, come costruzione esterna, ma loro sono una chiesa, ciascuno di loro è una chiesa, un tempio, e specialmente quando vedo tanti ragazzi e ragazze vestiti solennemente in bianco che hanno ricevuto la Prima Comunione. Dove è la Chiesa? La Chiesa è dentro di loro, nei loro cuori; come diceva San Paolo: “Voi siete tempio dello Spirito Santo”, siete il tempio di Dio, perché lo Spirito Santo abita in voi, grazie a Cristo che è venuto nei vostri cuori come cibo, come nutrimento, come pane, pane della vita eterna. Voi avete ricevuto Cristo e così siete diventati i “cristoforoi”, i portatori di Cristo, portatori di Dio, essere la Chiesa. Ecco la Chiesa viva.

Mi congratulo con voi innanzitutto per tutte queste chiese vive che sono i parrocchiani di questa parrocchia e soprattutto, che siete voi ragazzi e ragazze della Prima Comunione e tanti altri vostri colleghi e colleghe.

Avete cantato anche “Viene Maria quaggiù”. E’ questo un canto tanto bello che si canta molto in Italia specialmente ora che siamo agli inizi del mese di maggio, mese dedicato alla Vergine Maria. “Vieni Maria quaggiù, vieni fra noi”. Voi avete così invitato Maria Madre di Cristo a venire nella vostra chiesa, nella vostra chiesa, nella vostra Parrocchia, l’avete invitata specialmente a venire in queste chiese interne dei cuori dove abita Cristo, vieni Maria! E se Cristo abita in questi cuori giovanili, nei cuori dei ragazzi e delle ragazze di questa Parrocchia, vuol dire che c’è un posto per te, perché tu sei Vergine, Madre di Cristo: ecco il tuo Figlio che è venuto ad abitare in questi bambini, in questi ragazzi e ragazze della prima Comunione, in tutti questi giovani, in tutta questa comunità. Vieni Maria. Ed io vi auguro, carissimi, che la Vergine Madre venga nelle vostre vite, nella vita di ciascuno di voi e che rimanga come madre. Ecco Iddio Padre Eterno ci ha donato il suo Figlio insieme alla madre di questo figlio, la madre terrestre, la madre Maria, umana, perché noi potessimo avere non solamente il Padre celeste invisibile, ma anche una madre visibile, madre visibile del Figlio di Dio invisibile, fatto uomo visibile. Così possiamo entrare sempre in questi misteri di Dio in questa realtà di dio nel modo proprio alla nostra umanità, quella visibilità propria dei divini misteri.

Vi auguro che la Madre di Cristo, specialmente in questo mese, e durante tutta la vostra vita abiti nei vostri cuori e sia sempre vicina a ciascuno di voi. Questi sono i miei auguri.

L’incontro con i gruppi  

Ogni esperienza deve essere vista nella luce dei principi della fede, del Vangelo, della Chiesa o di una buona ecclesiologia, specialmente di quella buona ecclesiologia contemporanea del Vaticano II. Questo tipo di esperienza allora porta dei frutti abbondanti, come quelli che si esprimono nel Consiglio pastorale. Il Consiglio pastorale non deve consistere soltanto nel “Consiglio” come istituzione, ma deve consistere in tanti consigli, in tanti concreti suggerimenti, iniziative, programmi, conclusioni e poi come attuazioni. Io auguro cordialmente a tutti voi di mantenere vivo questo spirito e di conservare questa vostra efficacia nata dalla vostra esperienza portata avanti nella luce del Vangelo per il bene del vostro quartiere, della vostra comunità, della vostra parrocchia. In uno parola vi auguro tutto il bene nello spirito di san Francesco.  

Il Parroco di San Felice presenta poi al Papa i membri delle numerosissime associazioni che svolgono il loro apostolato all’interno della Parrocchia, raccolti nella chiesa. Dal gruppo della Bibbia, al gruppo Padre Pio, al gruppo degli anziani, al Circolo sociale dei pensionati, all’opera ritiri di perseveranza, alle ACLI, alla cooperativa in favore della vita, alla Legione di Maria, al Volontariato vincenziano, al gruppo delle famiglie, per finire con il gruppo del terz’Ordine francescano. Il Papa dopo aver sottolineato l’importanza per una comunità di poter godere di tanti carismi aggiunge le seguenti parole.  

Quando sono entrato per la prima volta in questo ambiente sacro, in questo tempio che è la vostra chiesa parrocchiale, ho detto ai ragazzi, i primi che ho incontrato qui: “Avete una chiesa molto bella”. Vorrei ripetere la stessa cosa a voi; avete veramente una chiesa bella, veramente bella. Ma la Chiesa non si ha: la Chiesa lo si è. Allora vorrei dire a voi: voi siete questa Chiesa. Non solamente avete questa bella chiesa, ma siete una bella Chiesa. La Chiesa è una realtà divino-umana. Voi siete questa Chiesa grazie a Gesù Cristo. Lui ci ha reso Chiesa, lo ha fatto tramite la sua croce, tramite la sua risurrezione, tramite la missione del suo Santo Spirito. Ci ha fatto Chiesa duemila anni fa; ci ha fatto Chiesa di Roma, Chiesa delle diverse parrocchie, Chiesa di questa parrocchia. Ecco, siamo la Chiesa. Per essere ancora più Chiesa, voi avete formato diversi gruppi, diverse comunità, che hanno nomi diversi. Questi gruppi, queste piccole comunità servono ad essere ancor più Chiesa, Chiesa di Cristo, Chiesa nata dalla sua croce, Chiesa nata dalla discesa dello Spirito Santo; servono per essere più Chiesa di Roma, per essere più Chiesa di questa parrocchia. Per essere Chiesa in voi, nei vostri cuori, nelle vostre persone, poi per essere ancor più questa Chiesa per gli altri. Così si è Chiesa. Chiesa lo si è sempre da Cristo, dallo Spirito Santo nel cuore, nell’intimo, e poi per gli altri. E voi siete questa Chiesa per i vostri vicini, per quelli che abitano nello stesso quartiere, nella stessa parrocchia, per i membri delle vostre famiglie, per quelli che lavorano con voi, per quelli che incontrate accidentalmente in occasioni diverse e che poi passano. Per tutti costoro voi siete la Chiesa.

Con questa breve riflessione volevo farvi capire bene cosa siete; siete la Chiesa. Volevo anche dirvi perché siete la Chiesa e nello stesso tempo volevo augurarvi di essere Chiesa con gioia, di portare frutti: la gioia viene infatti dal portare frutti. Questa gioia ha promesso ai suoi apostoli. L’ha promessa a noi tutti e noi la dobbiamo portare a tutti. Dobbiamo scoprire questa nostra gioia proprio nell’essere Chiesa in Gesù Cristo, nel suo Spirito.

Alle suore  

Vi ringrazio per la vostra accoglienza, per le parole rivoltemi. Gesù vi ha chiamate come lo Sposo divino che chiama a sé le spose umane; le chiama per un amore sponsale, interamente dedicato alla sua persona e alla sua opera! La sua persona divina nel corpo umano, nella realtà umana, e la sua opera di redenzione, di salvezza, della Chiesa. E così Cristo che vi ha chiamate, vi ha anche fatto crescere in questa terra, in questo ambito della parrocchia di San Felice da Cantalice. Qui è il luogo della vostra presenza, della vostra consacrazione, della vostra santificazione, della vostra testimonianza, qui fra queste famiglie, in questa comunità umana, in questo quartiere, tra questi cristiani, forse tutti battezzati ma non tutti praticanti e non tutti consapevoli della grazia che hanno ricevuto nello stesso battesimo. E voi siete qui per mostrare a tutti in modo specifico, in modo eccellente cosa vuol dire questa grazia, questo battesimo. La vostra vocazione cresce dalla consacrazione battesimale di ciascuno di noi; e molti non si rendono conto di cosa vuol dire realmente il battesimo che hanno ricevuto. Voi dovete mostrare in modo sovrabbondante che cosa vuol dire questa consacrazione a Dio, che cresce dal battesimo. E lo dovete dimostrare anche con la vostra umanità, con i vostri ministeri, con i vostri servizi diversi: nella scuola, tra i giovani, tra i malati, fra tante altri che hanno bisogno della vostra testimonianza. Vi ringrazio dunque per tutto quello che fate, vi ringrazio per la vostra preghiera, per i sacrifici con i quali accompagnate e sostenete il mio ministero che è quello del Vescovo di Roma. Vi auguro quella pace soprannaturale di cui ci ha parlato oggi il Vangelo.

Alle comunità neocatecumenali  

È un canto. Un canto che ripete “Maria, beata Maria, hai creduto alla parola del Signore”. Questo caratterizza il vostro cammino, il cammino di tutta la comunità neocatecumenale, il cammino di ciascuno di voi perché si tratta di un cammino di fede; di una fede talvolta quasi completamente ritrovata, nella conversione profonda. Qualche volta questa fede è ritrovata di nuovo nel senso del suo approfondimento. È ritrovata nella sua profondità. La fede infatti ha una profondità stupenda, immensa di cui, noi credenti, non sempre siamo consapevoli. La fede è la partecipazione alla stessa conoscenza di Dio. Dio ci fa conoscere se stesso, la fede ci prepara per la visione di Dio e in sé porta già i “germi” di questa visione di Dio. La fede deve essere sempre ritrovata nel corso della nostra vita. Troppe volte questa dimensione profonda della fede è trascurata dai cristiani; molti non sanno cosa portano dentro di sé, essendo credenti, avendo la fede. Il vostro cammino consiste in questo. O trovare totalmente la fede o ritrovarla nel senso dell’approfondimento di quello che già avete avuto prima. E qui si innesta bene il significato del vostro canto “Maria, beata Maria, tu hai creduto alla Parola del Signore”.

Non si può immaginare una fede più perfetta della fede di Maria. Questo è il vertice della fede che ogni creatura umana ha avuto in lei. Una fede che si è mostrata subito al momento dell’Annunciazione. Possiamo dire che si tratta di una fede quasi incredibile: ci vuole un paradosso per esprimere la fede di Maria. Anche Elisabetta ha detto a Maria: “Beata colei che ha creduto alla Parola del Signore”. La fede di Maria è certamente esempio della fede che devono avere tutti i credenti, tutti quelli che ritrovano questa fede, che la approfondiscono e specialmente di tutti voi che avete questo cammino della fede come vostro carisma, come compito del vostro essere neocatecumenali. Mi fa sempre piacere incontrare i vostri gruppi perché trovo, insieme ai genitori e agli adulti, tanti bambini. Si dice che i neocatecumenali hanno famiglie numerose, hanno tanti figli: questa è anche una prova della fede, della fede in Dio. Per dare vita all’uomo ci vuole la fede in Dio. Se oggi viviamo questa grande crisi cosiddetta demografica, crisi della famiglia, crisi della paternità, crisi della maternità, è proprio una conseguenza della mancanza della fede in Dio. Non si può migliorare questo problema se non con una profonda fede in Dio. Ci vuole una grande fede in Dio per dare la vita all’uomo.

L’incontro con i catechisti e con i giovani  

Un documento fatto anche dal Papa che vi parla, benché fosse stato preparato dal mio predecessore Paolo VI. La parrocchia è, tramite voi, orientata proprio verso questa “catechesis tradenda”, cioè verso la trasmissione della Parola di Dio, della parola della vita. Voi siete tutti coloro che partecipano attivamente in quest’opera della parrocchia. E molto opportunamente voi fondate questa “catechesis tradenda” sulla preghiera e sull’Eucaristia, perché deve essere un parola viva, una parola che dà la vita. E non può dare la vita se non si prende questa parola come parola di vita. La prendiamo come parola di vita quando la conosciamo nella preghiera e quando la confrontiamo esistenzialmente con l’Eucaristia. Così questa parola diventa viva e vivificante per noi ma anche per gli altri. E’ così che questa “catechesis tradenda” nasce nella parrocchia, nasce nelle persone, nasce in voi. Io vi ringrazio perché la vostra è un’opera fondamentale nella Chiesa, in ogni sua dimensione. Questa opera è fondamentale nella Chiesa di Roma, ed io come Vescovo vi ringrazio, vi ringrazio nel nome di Cristo perché è lui la sorgente di ogni catechesi. E’ il primo evangelizzatore, il primo catechista: vi trovate dunque in una buona compagnia ed io vi auguro di trovarvi sempre in questa buona compagnia di Gesù Cristo e del suo Spirito.  

Ancora una volta l’incontro conclusivo della visita alla parrocchia è quello con i giovani. Numerosi si sono raccolti nella chiesa e si presentano al Papa nelle loro diverse realtà: GAM, Scouts, Comunità di Sant’Egidio. Il Papa si rivolge loro sottolineando il grande significato di quella “felicità” che nel corso di tutta la visita le varie componenti della parrocchia gli hanno mostrato.  

Essere felice è una cosa connaturale ad ogni creatura razionale, umana, o piuttosto a quella creatura divina che è l’uomo. È una tendenza profondamente iscritta nella nostra natura. La nostra personalità, il nostro essere umano viene quasi permeato da questo desiderio, da questa tendenza verso l’essere felici. La felicità era anche tema principale delle meditazioni filosofiche, uno dei temi centrali della filosofia greca, la cosiddetta “eudemonia”, che vuol dire felicità. La felicità stava al centro dei sistemi filosofici di un Platone e di un Aristotele. E tutto ciò aveva un certo orientamento antropocentrico, benché orientamento verso i valori, i valori supremi: verso il bene, il bello. Un orientamento trascendentale: si sapeva già che la felicità si trova nella dimensione della trascendenza dell’uomo, e si può realizzare solamente in quella dimensione. Questo si sapeva, questo sapevano i greci nella loro grande filosofia, questo si può rintracciare nella grande eredità del pensiero greco.

Ma non sapevano ancora quello che ci ha portato Cristo. Cristo ci ha portato, in questo campo della felicità, cioè di come essere felice, una novità assoluta. Per essere felice non basta solamente la trascendenza anche verso i valori, verso i valori assoluti: verso il vero, verso il bene, verso il bello. Per essere felici si deve essere pronti al dono, si ottiene la felicità donandosi, dandosi. E l’uomo è l’unica creatura - così dice il Concilio Vaticano II - che realizza se stesso nella donazione di se stesso agli altri. La felicità si realizza non nell’orientamento o nella dimensione egocentrica, ma allocentrica: si realizza nell’amore, si realizza anche nel servizio e questa definizione della felicità ci ha portato Cristo soprattutto con il suo esempio. Oggi diversi pensatori, scrittori cristiani, soprattutto teologi e filosofi, vedono sempre di più in Cristo “un uomo per gli altri”. Qualche volta fanno difficoltà a riconoscere in Cristo Dio, ma vedono in lui un uomo per gli altri. Questa è la definizione della felicità portata da Cristo, anzi questa definizione viene portata da Cristo Dio, come Dio. Se pensiamo a Cristo uomo, che è Figlio di Dio, è Dio come il Padre, come lo Spirito Santo, cominciamo a capire come divina sia questa caratteristica della felicità. Dio che si dona, che si offre alla sua creatura; ma si offre, si fa dono all’uomo perché anche in se stesso è dono. La natura intima della santissima Trinità è espressa dal dono e questo dono è soprattutto lo Spirito Santo. Una breve meditazione, forse troppo breve, ci sono infatti tanti problemi dentro che abbiamo tralasciato; ma volevo anche con questa breve meditazione, riflessione, dare un’interpretazione al nome di Felice, di san Felice. Poiché voi tutti giovani volete essere certamente felici, forse più degli altri; la giovinezza porta con sé tanti desideri centrati sulla felicità. Allora guardate a Cristo per essere sulla stessa strada, per volere essere felici come lui ci ha insegnato.

C’è ancora un’illustrazione che troviamo in questo quadro centrale della Chiesa dove la Madre di Cristo - ecco un tema proprio della gioventù mariana - offre Gesù a san Felice. Lo rende felice con il suo Figlio. E così è sempre Maria, lo dico all’inizio del mese di maggio, che vuole farci felici con lo stesso dono, con il dono del suo figlio. Allora, vi direi, cercate di incontrare Maria e di ricevere questo dono: suo Figlio che è Cristo, di riceverlo nella vostra vita e poi, imparate da lui come essere felici e come fare felici gli altri. Si è felici, si diventa felici, si ritrova la felicità facendo felici gli altri. Questo e il mio augurio per il mese di maggio. Davanti all’immagine della Madre di Cristo vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

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