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INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I POVERI NELL’OSPIZIO DI SANTA MARTA

Domenica, 3 gennaio 1988

 

Vi saluto cordialmente in questo ambiente presso San Pietro, in questo incontro reso possibile dall’iniziativa del Circolo san Pietro, che ringrazio. Ringrazio anche voi per la vostra venuta, per la vostra presenza, possiamo dire per la vostra visita in Vaticano.

Ho cercato di avvicinare ciascuno e, almeno brevemente, di parlare con ciascuno di voi. Ho conosciuto la situazione difficile in cui si trova ciascuno di voi, specialmente a causa della mancanza di lavoro: questo è un grande problema dei nostri tempi, problema sociale che deve essere affrontato certamente da tutta la società, ma anche la Chiesa da parte sua cerca di fare il possibile. Incontrando queste persone senza lavoro e molte volte non soltanto senza lavoro, ma senza i mezzi per vivere, per mangiare, per dormire, molte volte senza casa, ho fatto una breve indagine e sono uscite le cose più fondamentali della esistenza umana. Naturalmente non ho potuto dare subito una risposta e, tanto meno, una soluzione, per queste situazioni difficili, ma soprattutto ho cercato di conoscere; vedremo poi con i nostri collaboratori, specialmente con quelli che tanta generosità hanno dimostrato finora, come rimediare. Non si può trovare una soluzione generale perché ogni persona ha una situazione diversa, problemi diversi e anche bisogni diversi: allora si deve cercare la soluzione, caso per caso, persona per persona.

Grazie a Dio ci possiamo incontrare qui, possiamo incontrarci ad una mensa per consumare insieme una cena in questo periodo natalizio. In questo periodo la Chiesa e anche tutta l’umanità si ricordano di Gesù neonato a Betlemme. Ciò che ci dà una consolazione, ci porta un incoraggiamento è il fatto che anche lui, il Figlio di Dio, è nato fuori casa, era il primo che si trovava senza tetto; dovette servire una semplice stalla come luogo della sua nascita terrena. Ricordando questo, possiamo dire che ci troviamo nella stessa linea o, piuttosto, lui, Gesù, si è trovato nella stessa linea di tutti quelli che sono senza casa e senza altri mezzi per vivere. E questo io voglio ricordare, incontrandomi oggi con voi.

D’altra parte bisogna sapere sempre che la povertà in cui è nato Gesù, essendo egli povero, ci ha portato una grandissima ricchezza, la più grande che l’uomo e l’umanità abbiano mai avuto: questa ricchezza viene da Dio ed è la grazia di Dio, la fede. Ho trovato tra voi parecchie persone che mi hanno confessato la loro fede profonda e la loro fiducia immensa nella Provvidenza divina. Certamente, non sempre l’uomo con le sue sole forze può risolvere tutto in questa vita; questa fede profonda nella Provvidenza è una ricchezza vera, una forza che ci permette di portare avanti la vita anche in condizioni precarie, difficili. Vi auguro, subito all’inizio del nostro incontro, di questo pasto comune, il miglioramento delle condizioni della vostra vita. Auguro anche che la Chiesa di Roma, per parte sua, possa contribuire a questo miglioramento. Ma vi auguro nello stesso tempo quella forza che viene dalla fede, dalla grazia di Dio, quella forza che ci ha portato un povero: un povero ai poveri, Gesù povero a ciascun povero del mondo, di Roma, dappertutto.

Vi auguro queste due cose e con questi due auguri che mi sembrano più opportuni in questo momento vi invito a consumare il pasto con me.

Al momento di lasciare l’Ospizio di Santa Marta il Santo Padre pronuncia le seguenti parole.

Sono molto contento per questo incontro e per aver potuto partecipare a questa cena all’inizio dell’anno nuovo. Ripeto che non è facile risolvere i diversi problemi difficili in cui siete coinvolti, ma è almeno utile conoscerli. E poi si devono cercare le strade per migliorare la vita perché noi siamo tutti consapevoli di quello che vuol dire Gesù Cristo: Dio-uomo, Dio che si è fatto uno di noi, nostro fratello. Sappiamo anche che alla fine del mondo, lui sarà nostro giudice, da fratello. E questo giudizio verterà sul modo in cui abbiamo saputo essere fratelli gli uni per gli altri. Così essendo fratelli per gli altri, per le diverse persone, specialmente per i sofferenti, per i poveri, siamo stati fratelli anche per lui. Lui si identifica con ciascun uomo, specialmente con l’uomo che soffre, l’uomo povero. Questo è il suo programma. Allora per me che voglio essere il suo servo e il suo apostolo è molto importante conoscere questa realtà, almeno in parte.

Sono molto grato a tutti quelli che hanno questo spirito di generosità fraterna verso i bisognosi, ma penso che questa generosità debba sempre crescere perché non è mai sufficiente. Sembra che i bisogni dei nostri fratelli ci sorpassino, che siano più grandi dei mezzi che noi portiamo, soprattutto nei nostri cuori. Sono convinto che nel mondo intero, in Italia, a Roma, dappertutto, i mezzi materiali ci sarebbero. Molte volte manca quel mezzo principale che si chiama cuore umano, sensibilità umana, ciò che costituisce anche il centro propulsivo della fraternità, dell’essere fratello per i fratelli; quello che ci ha portato Gesù con il suo cuore, con il suo amore. Vi ringrazio per la vostra presenza, per avermi dato la possibilità di una nuova esperienza, di nuove riflessioni, di un nuovo senso di responsabilità pastorale, ma soprattutto di avermi dato momenti di fratellanza.

Mi sono sentito bene con voi e spero di potervi incontrare ancora qualche volta. E vero che vi sono molti e diversi impegni nella vita del Papa ma, forse, Gesù una volta non chiederà al Papa: “Tu hai parlato con i ministri, con i presidenti, forse con i Cardinali, con i Vescovi. Non hai trovato il tempo per incontrarti con i poveri, con i bisognosi?”. E allora sarà più importante questo incontro di tanti altri.

Così, vi auguro “Buon Anno”, nonostante tutto. Le condizioni sembrano non tanto buone, le condizioni esterne: economiche, materiali, esistenziali. Ma queste condizioni non sono ancora tutto, sono importanti, ma più importante è quello che l’uomo porta in sè: il suo cuore e la sua fede e la sua fiducia nella Provvidenza divina.

Auguro a voi e auguro anche a noi tutti, alla società romana, alla Chiesa di Roma, auguro a tutti un miglioramento per tutti; che la vita in questa città, in questa capitale moderna di uno stato moderno, e nello stesso tempo in questo centro del cristianesimo mondiale, della Chiesa, che la vita sia anche più umana per quanto possibile.

Questi sono i miei auguri per voi e per noi tutti. Vi offro la benedizione nel nome della Santissima Trinità.

 

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