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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO DELLE UNIVERSITÀ CATTOLICHE
E DEGLI ISTITUTI DI STUDI SUPERIORI

Martedì, 25 aprile 1989

 

Venerati fratelli nell’Episcopato,
Carissimi sacerdoti, illustri professori e docenti!

1. Mi è particolarmente gradito trovarmi in mezzo a voi, in occasione di questo terzo congresso internazionale delle Università Cattoliche e degli istituti di studi superiori. Se mi è lecita una confidenza, vi dirò che tra voi mi sento come in famiglia per il fatto di aver trascorso diversi anni in seno ad un’Università Cattolica.

Come Pastore della Chiesa, desidero esprimervi il mio gradito apprezzamento per l’opera che svolgete in un settore tanto importante per il bene dell’umanità e della Chiesa. Tale mio sentimento si estende anche a quanto avete fatto in questi giorni, nel corso del presente congresso, che ha visto la partecipazione non soltanto dei delegati delle Università Cattoliche, ma anche dei rappresentanti delle Conferenze Episcopali.

So che il lavoro che avete svolto qui a Roma è stato impegnativo, ma - ritengo - anche proficuo, molto proficuo per tutti. Avete affrontato un tema a voi caro, che io stesso ho trattato in varie occasioni, visitando non poche Università Cattoliche del mondo. Vi siete domandati come dar forza, maggior forza e migliore espressione al binomio “Università - Cattolica”: un binomio, i cui termini si completano e si arricchiscono a vicenda; un binomio, da mantenere e da perfezionare in adempimento di un compito sempre nuovo e affascinante. Questo compito deve essere sentito e vissuto nella consapevolezza che non solo la Chiesa guarda alle Università Cattoliche ed ha bisogno di esse, ma anche la società, nelle diverse parti del mondo, le guarda ed ha bisogno di esse. È come un duplice sguardo, uno sguardo convergente, uno sguardo esigente.

Ma è veramente così? Anche il mondo le guarda e ne ha bisogno?

2. Sì, perché il mondo molto può ricevere dalle Università Cattoliche. Esso, infatti, oggi deve confrontarsi con alcune sfide, che emergono dai suoi stessi grandi progressi ed hanno ormai assunto dimensioni universali o come - si usa dire - planetarie.

Il grandioso sviluppo economico di tanti paesi, legato indubbiamente al progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche, ha reso l’umanità consapevole della propria forza e della capacità, altresì, di affrontare con successo i problemi della fame e delle malattie che per millenni l’hanno afflitta. Quello che ieri appariva un problema insuperabile, quasi una impossibilità, oggi dal punto di vista puramente tecnico risulta fattibile e possibile. Eppure, molti paesi vivono tuttora nell’indigenza e nel sottosviluppo: quello stesso uomo che è artefice di tante nuove possibilità, è anche, troppo spesso, spettatore di tante pratiche impossibilità, quando non è diretto responsabile degli impedimenti frapposti all’estensione dello sviluppo e dei suoi benefici. E lo sviluppo stesso non di rado è inteso in modo unilaterale. Un tale contrasto deve essere sanato e, poiché esso ha origine nella volontà dell’uomo, deve essere superato anzitutto con un rinnovato, grande impegno morale, al quale ci si potrà aprire, riflettendo ancora una volta sul mistero dell’uomo così capace di grandezza, così capace di miseria, e riguardando al vero Fondamento trascendente della giustizia.

Chi non sa, del resto, che lo sviluppo tecnico-scientifico porta con sé, accanto agli indubbi vantaggi per l’umanità, anche risvolti problematici ed inquietanti, che richiedono anch’essi un forte impegno di responsabile approfondimento etico? Ed ancora: la crisi di tante ideologie e di tanti modelli di condotta, che si sono succeduti nella scena mutevole del nostro tempo, ha lasciato molti uomini in una situazione di carenza di identità e di incertezza esistenziale.

È un insieme di fatti che propone molte domande o - come ho detto - molte sfide.

3. Certo, queste sfide sono rivolte anche all’università in quanto università: voi le sentite vive nell’ambiente stesso in cui operate, ed in effetti sono comuni a tutte le università. Per questo, negli anni più recenti la funzione e il ruolo dell’università sono stati oggetto di particolare studio al fine di trovare risposte adeguate. Tale studio è stato promosso a livello non solo di singole nazioni, ma anche di organismi internazionali, quali l’UNESCO e il consiglio d’Europa.

Sono state indicate strade e proposte soluzioni ricche di elementi stimolanti. La loro analisi approfondita mette in risalto che le risposte non possono essere cercate soltanto nell’ambito sociale, quasi che bastasse avvicinare l’università ai bisogni della società, e far di essa un luogo di preparazione di una efficiente forza-lavoro per il buon funzionamento dell’apparato produttivo; né le risposte possono ridursi ad un maggior impegno sul piano organizzativo-accademico, moltiplicando dipartimenti, facoltà e istituti specializzati. Ciò sarà pure necessario, ma non è sufficiente, perché le sfide toccano questioni di fondo. È in gioco il significato della ricerca scientifica e della tecnologia, della convivenza sociale, della cultura, ma, più in profondità ancora, è in gioco il significato stesso dell’uomo. Si potrebbe dire in altre parole e in una visione più generale, che tali sfide concernono la verità sull’uomo nella sua dimensione personale e sociale; la verità sul mondo con le sue leggi da scoprire e da utilizzare per il bene dell’umanità; la verità su Dio, l’essere fondante, a cui tutto è da ricondurre e che solo dà significato ultimo all’uomo e al mondo.

4. Sono, questi, interrogativi di cui è ben giusto, è doveroso che si interessi il mondo universitario, giacché compito dell’università è quello di approfondire, cioè di andare alla radice dei problemi. Non è essa forse il luogo nel quale i vari rami dello scibile sono oggetto di insegnamento superiore e di ricerca? E l’insegnamento e la ricerca non possono non avere come costante punto di riferimento - quasi stella polare - la verità. Dico la verità ricercata, amata, insegnata e difesa, la quale è e dev’essere come l’anima dell’università, perché è la vita profonda della ragione umana: “Perfectio intellectus est verum” (Contra Gentes, III, 51), dice san Tommaso.

In questa prospettiva si comprende che la crisi dell’università, quale si registra dal secondo dopoguerra ed a cui si cerca di porre rimedio, non è tanto di tipo organizzativo, quanto spirituale e culturale; non è tanto crisi di mezzi, quanto di identità, di fini e di valori.

È ormai comune e diffusa la constatazione di una perdita dell’unità del sapere, che si verifica oggi nel settore della ricerca universitaria: è lo squilibrio crescente tra i settori del progresso scientifico, frutto delle varie specializzazioni; è la mancanza di un profondo e valido legame tra le varie discipline che ne armonizzi i risultati, orientandoli al vero servizio all’uomo, nel quadro delle sue supreme esigenze etiche. L’università deve essere “vivente unità” di organismi protesi alla ricerca della verità, mentre permane il rischio, purtroppo, che si riduca ad un complesso di settori del sapere disarticolati e, in definitiva, dipendenti. Se è così, quando è così, essa potrà anche offrire una formazione professionale seria, che però resterà inadeguata ai fini di una ricca e piena formazione umana.

Occorre, pertanto, promuovere tale superiore sintesi, nella quale soltanto troverà appagamento quella sete di verità ch’è inscritta profondamente nel cuore dell’uomo. Scriveva Agostino, un testimone privilegiato in questo campo: “Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?” (Tract. in Ioannem, 26, 5; PL 35, 1609). Mentre tutte le altre creature esistono senza conoscerne il perché, l’uomo con la sua intelligenza è proteso alla continua ricerca di questo perché. E non si tratta di questione da ritenere accessoria o oziosa: il perché, anzi, i perché rientrano tra i problemi fondamentali del suo spirito. Come i polmoni hanno bisogno dell’aria pura, così lo spirito dell’uomo ha bisogno della verità: della verità non manipolata, non inquinata. Ed è la passione della verità che porta alla passione per l’autentico bene dell’umanità.

In questa prospettiva anche l’Università Cattolica può e deve svolgere un suo ruolo nella società contemporanea, offrendo essa stessa un modello convincente di ricerca concordemente finalizzata alla soluzione di tali fondamentali interrogativi. In questo scorcio del secondo millennio cristiano si offre a lei un’opportunità che non deve lasciarsi sfuggire.

5. Ma anche la Chiesa guarda alle Università Cattoliche ed ha bisogno delle Università Cattoliche.

Le sfide, alle quali ho accennato sono rivolte anche alla Chiesa, il cui compito salvifico abbraccia l’uomo nella sua totalità, nella sua concretezza storica e con tutti i suoi problemi. È in tale contesto, nell’intreccio di queste sfide, che la Chiesa è chiamata a compiere la sua missione evangelizzatrice. Si comprende, quindi, come essa guardi all’Università Cattolica, attendendo il suo contributo, specifico, positivo, prezioso, in ordine al più efficace svolgimento della propria missione. Ecco allora: in un’Università Cattolica la missione evangelizzatrice della Chiesa e la missione di ricerca e di insegnamento vengono a trovarsi collegate e coordinate. Difatti, le risposte a quelle sfide devono essere culturalmente elaborate e scientificamente sviluppate: è compito specifico dell’Università Cattolica provvedervi con mezzi adeguati e con la necessaria professionalità. In tal modo essa, mantenendo la sua natura di università, aiuterà la Chiesa a mettersi in ascolto delle odierne esigenze culturali e a soddisfarle con iniziative adeguate.

Nell’adempimento di questo compito l’Università Cattolica non si differenzia, quanto agli strumenti di indagine, dalle altre università. Essa, però, nel condurre la propria ricerca razionale, può contare su una luce superiore che, senza mutare la natura di tale ricerca, la purifica, la orienta, la arricchisce, la innalza. È la luce della fede, la luce di Cristo, il quale ha detto: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14, 6).

Questa luce non si colloca “al di fuori” della ricerca razionale, come un suo limite o impedimento, ma “al di sopra” di essa, come una sua elevazione ed un allargamento del suo orizzonte: la luce della fede apre alla completezza della verità, anche se ovviamente non dispensa l’Università Cattolica dal travaglio della ricerca, che può anche rivelarsi difficile e sofferta. Luce in aiuto e in soccorso!

6. Sempre in riferimento alle accennate esigenze, si pongono all’Università Cattolica alcune linee di impegno specifico:

a) Innanzitutto, l’impegno nei confronti della scienza: mentre ne riconosce e promuove il valore, l’Università Cattolica deve tener presente, all’occorrenza, anche i suoi limiti, operando perché la scienza sia e rimanga a beneficio dell’uomo e non si trasformi mai in causa distruttrice. Ciò non si potrà ottenere se non inscrivendo il lavoro e, in generale, il processo scientifico entro il quadro dei valori etici.

b) Circa gli squilibri sociali l’Università Cattolica, pur collaborando attivamente alla messa a punto di strumenti tecnici atti a superarli, non mancherà di ricordare alle varie istanze sociali e politiche che il problema dello sviluppo dei popoli, a cominciare da quelli meno fortunati, è molto più un problema etico che tecnico (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 33).

c) Rispetto, poi, alle varie culture mondiali, l’Università Cattolica dovrà riconoscere e rispettare la loro dignità e creatività, ma si impegnerà, al tempo stesso, a promuoverne la purificazione e l’elevazione con la luce e la forza del Vangelo, che nulla sacrifica di autenticamente umano e quanto di valido trova sospinge verso traguardi di completa ed appagante attuazione (cf. Gaudium et Spes, 58; Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 20). Come ho scritto nell’esortazione Christifideles Laici, “La Chiesa sollecita i fedeli laici a essere presenti, all’insegna del coraggio e della creatività intellettuale, nei posti privilegiati della cultura” (Christifideles Laici, 44).

d) Per quanto, infine, concerne l’uomo, l’Università Cattolica ispira la sua azione a quella integrale visione umanistica, in cui tutte le dimensioni, compresa quella spirituale, morale e religiosa, sono debitamente valorizzate e coltivate. Solo in una simile antropologia possono trovare spazio tutte le domande esistenziali dell’uomo.

7. Ma il criterio supremo, alla cui luce l’Università Cattolica deve misurare ogni sua scelta, resta il Cristo, Verbo incarnato ch’è la verità piena sull’uomo, il maestro interiore, il fratello universale, nel quali gli uomini ritrovano il senso della vita-dono divino, della solidarietà e della fratellanza; Cristo, il salvatore di tutti gli uomini, di qualsiasi tempo e di qualsiasi cultura; Cristo, il Figlio di Dio e insieme l’uomo nuovo, in cui sussiste con la pienezza della divinità (cf. Col 2, 9) la pienezza dell’umanità.

Questo carattere cattolico e - dirò meglio - cristocentrico non strumentalizza l’università né mortifica la sua legittima autonomia, quale luogo di formazione morale e di libera ricerca; la riconosce, anzi, e la conferma, aiutando l’università a realizzarsi secondo la sua vera natura ed a superare i pericoli di crisi.

Proprio per questo suo peculiare carattere l’Università Cattolica potrà anche diventare voce critica e profetica nei confronti di una società sempre più segnata dalla “persistente diffusione dell’indifferentismo religioso e dell’ateismo nelle sue più diverse forme, in particolare nella forma, oggi forse più diffusa, del secolarismo” (Christifideles Laici, 4). All’occorrenza, essa dovrà avere il coraggio di dire anche verità scomode, verità che non lusingano, ma che pur sono necessarie, in quanto salvaguardano l’uomo nella sua dignità. Al mondo della cultura essa dovrà ricordare che l’uomo può certamente organizzare la terra senza Dio; ma senza Dio non può, in definitiva, organizzarla che contro l’uomo (cf. H. de Lubac, Il dramma dell’umanesimo ateo, Brescia 1978, p. 9).

8. Se un’urgenza, quindi, oggi si avverte nella vita dell’Università Cattolica, non è certo quella di attenuare o sfumare, quanto piuttosto di approfondire, di evidenziare, di testimoniare, sul piano teorico e pratico, il suo carattere cattolico. I compiti, infatti, che le spettano nell’odierna società son divenuti più vasti e complessi. Oggi essa ha una funzione o, meglio, una missione che va ben al di là della tradizionale tematica del rapporto tra fede e ragione, un rapporto da confermare, nella pratica di ricerca e di studio, sia da parte dei suoi docenti che dei suoi studenti. La sua missione tocca ormai ed abbraccia i vasti e numerosi settori del sapere e, in special modo, del sapere scientifico, che ha conosciuto nel nostro tempo nuovi sviluppi, si è aperto su orizzonti nuovi, si è esteso in aree geografiche nuove e ha raggiunto popoli nuovi. L’Università Cattolica deve prendere piena coscienza delle accresciute responsabilità che le competono nella verifica dell’autenticità morale ed umana di tali progressi e indirizzi: l’esperienza, infatti, ha ampiamente dimostrato che l’avanzamento scientifico non equivale sempre e necessariamente a progresso morale ed umano, equilibrato e partecipato.

Alcune delle vostre università sono aperte anche a non cattolici, membri di altre Chiese e di altre religioni, o addirittura non credenti. Questi giovani - uomini e donne - possono portare in esse il contributo di esperienze culturali e umane diverse, meritevoli di studio e di riconoscimento. Nell’accoglierli cordialmente, l’Università Cattolica deve da parte sua offrir loro concrete possibilità di conoscere il messaggio cristiano nella sua genuinità, nella sua forza liberatrice e salvifica. È giusto che a queste persone, nel pieno rispetto della loro libertà, sia dato modo di approfondire la visione cristiana del mondo e della vita: un’opportunità nuova, questa, che riuscirà tanto più efficace, quanto più all’interno della scuola cattolica la comunità dei credenti saprà testimoniare con la coerenza della vita cristiana la bellezza e la grandezza del Vangelo.

9. Sensibili ai nuovi compiti, già nel 1972 i delegati delle Università Cattoliche di tutto il mondo pubblicarono il documento dal titolo “L’Università Cattolica nel mondo moderno”, nel quale, fin dall’inizio, si sottolineava che l’aggettivo “cattolica” qualifica tale università proprio nel suo impegno istituzionale. Si tratta di un dato fondamentale, che coinvolge l’università in tutto ciò che essa è: nella sua struttura organizzativa, direttiva e accademica, nonché nei programmi, nell’ambiente e nella formazione da assicurare agli studenti. Il carattere “cattolico” dev’esser visibile e aperto. Esso sarà espressamente indicato negli statuti, o in altro apposito documento, e dovrà tradursi - ripeto - in scelte coerenti. Ma prima ancora dei testi scritti e dei piani di studio è questione di stile e di atmosfera!

Dopo diciassette anni dalla celebrazione del congresso del 1972 vi siete riuniti per riflettere ancora su detti compiti. La novità, che caratterizza il presente congresso, è la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli Episcopati interessati alle Università Cattoliche, dei delegati di queste università e degli istituti di istruzione superiore, dei membri delle famiglie religiose che gestiscono Università Cattoliche, come anche degli organismi della Santa Sede. Tale presenza indica non soltanto l’allargato interesse per l’Università Cattolica, ma anche la maggiore attenzione e sensibilità per il valore ecclesiale che essa riveste. L’Università Cattolica è, sì, nella società, nella storia, ma è anche nella Chiesa.

Appare, pertanto, ineludibile la domanda: quale Università Cattolica oggi? Ad essa non si può rispondere se non dopo aver chiarito l’altra domanda: quale senso ecclesiale ha l’Università Cattolica oggi? L’orizzonte qui si fa ampio e sollecita una riflessione accurata alla luce delle due grandi costituzioni del Concilio Vaticano II, la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes, in generale, e segnatamente della dichiarazione Gravissimum Educationis (7-10).

Nell’approfondire secondo la linea conciliare la funzione ecclesiale dell’Università Cattolica deve risultare in chiara evidenza anche la funzione che il Magistero della Chiesa svolge nei suoi confronti: è una funzione di stimolo e di incoraggiamento, di illuminazione e di guida per un cammino più spedito verso la verità piena. Anche in quest’occasione, perciò, mi piace ripetere quello che ebbi a dire nel discorso pronunciato all’Università Cattolica di Washington nell’ottobre 1979: “Se le vostre Università e Collegi sono istituzionalmente connessi col messaggio cristiano, e se sono parte della comunità cattolica di evangelizzazione, ne segue che essi hanno un legame essenziale con la Gerarchia della Chiesa” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 689).

10. Frutto di tale approfondimento dovrà essere una nuova “sintonia”, ossia una più stretta e fiduciosa collaborazione tra l’Episcopato, le famiglie religiose, gli organismi ecclesiali ed i fedeli, da una parte, e le università e istituzioni cattoliche, dall’altra: troverà allora conferma il fatto che ogni attività, svolta nell’ambito di queste università, si qualifica per l’orizzonte cattolico in cui si colloca. Le vostre e nostre università devono essere orgogliose del loro titolo di cattoliche, come già affermava con elevata parola il mio predecessore Paolo VI: “Pari alle altre Università per sforzo e per valore scientifico, emula anzi dei loro esempi e delle loro conquiste, l’Università Cattolica non deve temere di apparire indifferente e originale per il battesimo di tale appellativo, non per farsene peso, ma per farsene stimolo; non per estraniarsi dal mondo della cultura, ma per entrarvi con passo più amico e più franco; non per vana gloria, ma per convertirlo in impegno” (Insegnamenti di Paolo VI, II [1964], 237).

Tale consegna, lasciata dall’indimenticabile Pontefice, resta valida anche oggi: se Cristo è la verità che illumina, libera e dà senso alla vita, se egli è la risposta completa agli interrogativi profondi e ineliminabili dell’uomo, la verità che è Cristo, la verità che ha Cristo proprio nelle Università Cattoliche deve farsi luce per gli altri, per il mondo. Gesù ha detto: “Non si pone la lucerna sotto il moggio, ma sopra il candelabro, perché faccia la luce . . .” (Mt 5, 15).

Non abbiate paura, dunque cari confratelli ed illustri docenti, di professare la cattolicità delle vostre istituzioni! L’Università Cattolica e quanti in essa operano devono essere convinti che il carattere cattolico aiuta a svolgere meglio e più efficacemente la missione dell’università nel mondo di oggi.

Nell’affidare a Dio il vostro impegno in un settore tanto importante per la vita della Chiesa e della società, imparto a tutti voi qui presenti ed ai collaboratori, che nelle varie sedi dedicano le loro energie ad un compito tanto importante e fra tutti gli altri nobilissimo, una speciale, confortatrice benedizione apostolica.

 

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