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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL MESSICO
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 2 marzo 1989

 

Venerabili fratelli nell’Episcopato.

1. Con fraterno affetto vi ricevo questa mattina, Pastori del Popolo di Dio in Messico, giunti a Roma per compiere la visita “ad limina Apostolorum”.

Il mio pensiero si rivolge a tutte le diocesi che voi rappresentate e ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli tutti, che con abnegazione ed entusiasmo operano per l’edificazione del Regno di Dio nel vostro nobile Paese.

Desidero, in primo luogo, ringraziarvi vivamente per questa visita che avete preparato con cura e che comporta non pochi sacrifici. Vi esprimo la mia gratitudine anche per le care parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto monsignor Manuel Castro Ruiz, Arcivescovo dello Yucatàn manifestando i vostri sentimenti di comunione con il successore di Pietro, rafforzando così il vincolo interiore che ci unisce nella preghiera, nella fede e nella carità. Un Episcopato come il vostro, che offre al popolo cristiano la testimonianza della sua unità nel Signore, è un dono del cielo, che chiedo a Dio possa essere conservato e accresciuto sempre.

Nei colloqui personali che abbiamo avuto attraverso le relazioni quinquennali, ho potuto verificare ancora una volta la vitalità delle vostre Chiese locali, che sento così vicine al mio cuore di Pastore, e che ravvivano nella mia mente i ricordi delle intense giornate del mio pellegrinaggio apostolico nel vostro Paese, durante le quali i cattolici del Messico dimostrarono in ogni momento la loro filiale vicinanza e affezione.

2. Nei due incontri precedenti con i membri dell’Episcopato messicano nella loro visita “ad limina”, ci siamo occupati di alcune delle questioni di maggior importanza e attualità nella pastorale delle vostre Chiese locali. Oggi, a un mese di distanza da quando fu resa pubblica la esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, desidero condividere con voi alcune riflessioni sull’opera evangelizzatrice della Chiesa e, in particolare, sulla missione dei laici nell’attuale urgenza di evangelizzazione che lo Spirito Santo ha fatto riscoprire alla Chiesa.

Avvicinandoci alla commemorazione del quinto centenario della evangelizzazione dei vostri popoli, questo tema - che è stato l’argomento principale della terza conferenza generale dell’Episcopato Latinoamericano, celebrata a Puebla de los Angeles - acquistano una rinnovata attualità davanti alle sfide che dovete affrontare in una società come la vostra, in cui stanno diffondendosi in modo preoccupante alcune concezioni secolariste e atteggiamenti permissivi nella concezione della vita, a scapito dei valori morali.

L’evangelizzazione, cioè il rendere presente il Regno di Dio nel mondo affinché tutti gli uomini trovino in Gesù Cristo la salvezza, è qualcosa che bisogna portare a termine in tutti i tempi, in tutte le culture e latitudini. Non bisogna però dimenticare che, affinché il messaggio evangelico giunga in profondità ad ogni popolo e ogni società, bisogna tener conto delle loro particolarità, così come dei destinatari a cui è annunciato.

Dagli inizi della evangelizzazione, la vostra Patria ha accolto la luce del messaggio cristiano che è venuto via via rivestendo un ruolo fondamentale nella sua storia. La fede cattolica, infatti, ha impregnato le radici più profonde della religiosità messicana, in tutto il suo vasto territorio, nei diversi gruppi sociali, dalla gente più semplice fino ad arrivare a coloro che hanno ricevuto una maggior cultura. Ignorare questa realtà o pretendere di dimenticarla, significherebbe negare la grazia di Dio di cui siete eredi e, pertanto, responsabili. É per questo che voi, Pastori, dovete domandarvi insistentemente come far sì che questa evangelizzazione continui ad essere viva e stimolante nelle generazioni presenti e future.

3. Le comunità ecclesiali che il Signore ha affidato alle vostre cure, vivono in una società in cui si guarda all’avvenire con speranza, ma dove non mancano, disgraziatamente, i problemi e i conflitti. Si tratta di questioni che costituiscono, molte volte, una sfida per la Chiesa e che aspettano da voi una risposta pastorale adeguata che possa affrontare tante necessità ed urgenze. Infatti le situazioni di povertà di molte famiglie, la emarginazione delle comunità indigene, la mancanza di lavoro, le gravi carenze nell’educazione, nella sanità, nelle case, la mancanza di solidarietà di chi potendo aiutare non lo fa, e in più altri fattori, incidono negativamente sulla vita degli individui, delle famiglie, della società. D’altra parte, come ha messo in rilievo la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, la presenza del peccato nell’uomo e nella società, sfigura l’immagine della persona come creatura uscita dalle mani di Dio ed ostacola lo sviluppo e la convivenza (cf. Gaudium et Spes, 13 et 37).

Sono certamente numerosi i motivi di preoccupazione che richiamano l’attenzione delle vostre coscienze di Pastori, ma potete contare su motivazioni profonde e soprannaturali che vi aiutano ad affrontarli adeguatamente nel quadro dei vostri progetti di evangelizzazione. É incoraggiante a questo proposito verificare lo spirito di collaborazione e fratellanza che ispira gli sforzi della vostra Conferenza Episcopale per annunciare il messaggio di salvezza all’uomo di oggi e per dare nuova vitalità ad un passato ricco in santità, che deve essere sempre stimolo evangelico nel presente e futuro del vostro Paese.

4. L’evangelizzazione è, lo sapete bene, il grande compito del nostro tempo; come Vescovi del Messico, spetta a voi suscitare nuove energie apostoliche e dare opportuni orientamenti pastorali; nessuno che si consideri membro della Chiesa può sentirsi esonerato dal dare il suo contributo a questa urgente chiamata.

Nell’esercizio del vostro ministero come maestri della verità ed educatori nella fede, non siete soli. Contate in primo luogo sui vostri presbìteri, che il Concilio chiama “saggi collaboratori dell’ordine Episcopale” (Lumen Gentium, 28). Contate sulla azione silenziosa e perseverante dei religiosi e delle religiose che con la loro vita consacrata a Dio, rendono visibili i valori più profondi e definitivi del Regno. Allo stesso modo contate sui numerosi fedeli laici impegnati, disposti a vivere la loro vocazione di battezzati nella società e nel mondo, senza tirarsi indietro di fronte alle esigenze della vita pubblica.

Come in modo particolare ha messo in rilievo il Concilio Vaticano II nel decreto sull’apostolato dei laici, costoro devono partecipare in modo responsabile e attivo alle opere apostoliche e assistenziali per mezzo delle quali la Chiesa si rende presente nella società, mostrando così la sua capacità di impegno e la sua volontà di incarnazione fra gli uomini.

Su questa stessa linea, la recente esortazione apostolica post-sinodale chiarifica opportunamente la missione del fedele laico come fermento del Vangelo nella trasformazione delle realtà temporali, con il dinamismo della speranza e la forza dell’amore cristiano. Infatti nella società pluralista si rende necessaria una maggiore e più decisiva presenza cattolica - individuale e associata - nei diversi campi della vita pubblica.

5. Poiché la vocazione cristiana, per sua stessa natura, è vocazione all’apostolato (cf. Apostolicam Actuositatem, 1), l’ambito di azione del laico nella missione della Chiesa si estende a tutti gli aspetti e situazioni della convivenza umana. Ciò è stato messo in rilievo dal mio venerabile predecessore, il Papa Paolo VI, nella sua esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi: “Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza” (Evangelii Nuntiandi, 70).

6. Voi, amati fratelli nell’Episcopato, dovete far sì che i fedeli laici siano sempre più coscienti delle loro responsabilità come membri della Chiesa che vivono pienamente inseriti nel mondo.

Essi, assistiti dai sacerdoti e dai religiosi, devono partecipare all’opera comune di tutti i membri del Popolo di Dio, come ad esempio la testimonianza e l’annuncio della fede, la catechesi, l’educazione religiosa dei bambini e dei giovani, la celebrazione liturgica dei misteri della salvezza, l’opera assistenziale e caritativa. Restano aperti alla vostra iniziativa pastorale spazi illimitati per promuovere la presenza del laicato cattolico nel mondo della cultura, nell’università, nell’arte, nei mezzi di comunicazione sociale; per incanalare il grande potenziale dei giovani verso iniziative di carità e di generosità, verso una testimonianza di presenza cristiana nel mondo dello sport, del cosiddetto “tempo libero”, della scuola e del lavoro. D’altra parte i laici cristiani sentono la necessità di conoscere meglio la dottrina sociale della Chiesa che li illumini e stimoli nella loro opera, secondo le urgenti esigenze di giustizia e bene comune a cui devono apportare il loro deciso contributo nelle urgenti opere e servizi che la società reclama. In questo modo, - come ho segnalato nella mia visita pastorale a Guadalajara - potranno essere artefici della costruzione del “nuovo ordine voluto dal Signore e per costruire un mondo che risponda alla bontà di Dio in armonia, amore e pace” (Allocutio in Guadalaiarensi autem stadio, “Jalisco” lingua Hispanica cognominato, ad coadunatos operarios habita, 2, die 30 ian. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 277).

I laici devono essere il lievito nella massa, come il sale che dà significato al lavoro umano e cerca sempre il bene della collettività, e devono agire responsabilmente nella vita pubblica. Come ha sottolineato la conferenza di Puebla, il fedele laico deve sentirsi particolarmente chiamato in causa dalla contraddizione esistente tra il substrato culturale cattolico della grande maggioranza della popolazione e le strutture sociali, economiche e politiche che manifestano e generano ingiustizie derivate dal peccato. In accordo con lo spirito di Puebla, a favore dei laici come costruttori della società, si rende necessario inoltre, un impegno e un contributo più chiaro e deciso da parte dei cristiani affinché siano superate terribili situazioni di ingiustizia, disuguaglianza, emarginazione e povertà.

7. Rispettando sempre la legittima autonomia della sfera politica è, tuttavia, vostra missione come Pastori del Popolo di Dio, illuminare a partire dal Vangelo l’operare dei fedeli laici nella vita pubblica. In questo impegno è particolarmente importante che i sacerdoti e i religiosi comprendano e appoggino i vostri progetti pastorali realizzati insieme ai laici, assistendoli spiritualmente, dando impulso ad una più solida formazione cristiana, promuovendo le loro associazioni e istituzioni, ma evitando sempre la tentazione di far propri i compiti e la missione dei laici, a rischio di lasciare disattese le proprie specifiche funzioni ministeriali.

Con le parole del Concilio Vaticano II affermiamo che “la Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità” (Gaudium et Spes, 75). Conseguentemente a tale atteggiamento, la esortazione apostolica Christifideles Laici fa presente che “per animare cristianamente l’ordine temporale, nel senso detto di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune” (Ioannis Pauli PP. II Christifideles Laici, 42).

Spinto dalla carità cristiana, e in sintonia con la dottrina della Chiesa, il fedele laico deve dare sempre il suo contributo al rinnovamento cristiano dell’ordine temporale, cosciente del fatto che il fondamento ultimo delle esigenze morali che ispirano il suo agire, deve essere il riconoscimento di Dio come fonte di vita e di salvezza (cf. Apostolicam Actuositatem, 7). In questo modo, la sua azione apostolica - sia individuale sia associata - sarà anche scuola di perfezione e di virtù cristiane, nascendo da una vita di fede personale, che manifesta il mistero di Dio agli uomini e mostra con i fatti che tale amore è l’unico che salva.

8. Com’è possibile non provare letizia e speranza di fronte al risveglio del laicato nella Chiesa! Un laicato, fedele riflesso del Vangelo, che renda reale nel mondo il messaggio di Gesù. Un laicato vivo e attivo nelle comunità ecclesiali e nella società. Un laicato che cerchi la santità a partire dalla sua missione temporale. Un laicato unito nella verità e nella carità; in piena comunione con i suoi Pastori; in sintonia con il pensiero della Chiesa; attento ad ogni tentativo che voglia seminare divisione e discordia.

Congratulandomi oggi per questo incontro con voi, cari Pastori del Messico, cresce in me la speranza che le vostre Chiese locali si arricchiscano ogni giorno di più grazie ad un laicato maturo nella fede, costante nella fedeltà, fermo nella vocazione apostolica considerata come fermento evangelico.

Alla Madonna di Guadalupe, che invoco come la prima evangelizzatrice del Messico e dell’America, raccomando oggi, con particolare devozione, tutte le vostre ansie pastorali, le vostre preoccupazioni, le vostre persone. A voi, ai vostri diocesani e a tutti i cari figli del Messico imparto, con tutto l’amore per il Signore, la mia benedizione apostolica.

 

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