DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AD UN CONVEGNO PROMOSSO
DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
SU «TEOLOGIA DELLA VITA CONSACRATA»
Venerdì, 9 febbraio 1990
Venerati fratelli!
1. Sono lieto di accogliervi e di rivolgervi il mio cordiale saluto in occasione del Convegno che la Conferenza episcopale italiana ha promosso su di un tema importante quale “La teologia della vita consacrata”. Esso consente alla Chiesa italiana di studiare e di approfondire una propria componente vitale: la funzione della vita consacrata all’interno del popolo di Dio.
La vita religiosa non nasce da un progetto umano, ma è iniziativa di Dio. È quindi dono della bontà del Signore per la vita e la santità della Chiesa (Lumen gentium, 44d). L’attualizzazione concreta di questo dono sia manifesta attraverso segni, ugualmente concreti, che esigono trasparenza per essere letti e compresi da tutti.
2. “Se ci domandiamo: chi siete voi religiosi per la Chiesa? - si chiedeva Paolo VI nel discorso ai religiosi del 6 novembre 1976 - immediata e ovvia è la risposta. Voi siete seguaci di Cristo e a ciascuno di voi, come a ciascuno dei religiosi sparsi nel mondo, si applica “ad litteram”, in segno di riconoscimento e di identità, la parola di Cristo: “Vos . . . secuti estis me” (Mt 19, 28). È questa la parola che rende autentica la sequela, che avete liberamente scelto e vi sollecita alla fedeltà e alla coerenza, stimolandovi a camminare rettamente dietro le orme del Cristo, senza sbandamenti e deviazioni. Né è difficile individuare determinazioni ulteriori di una tale sequela: se Gesù è maestro, anzi il Maestro (cf. Mt 23, 10; Gv 13, 13), come seguaci siete insieme discepoli; se Gesù è esemplare di vita, anzi la vita (cf. Mt 11, 29; Gv 14, 6), come seguaci dovete essergli imitatori; se Gesù è il Signore (cf. Gv 13, 13; Fil 2, 11), come seguaci ne siete i servitori. Siate dunque gli innamorati di Gesù, che avendo abbandonato ogni cosa del mondo (cf. Lc 5, 11), avete la possibilità e il dovere di attendere alla contemplazione e alla preghiera, in unione con lui” (Insegnamenti di Paolo VI, XIV [1976] 914).
Al di fuori di ogni ripiegamento o chiusura, i religiosi scrutino i segni dei tempi ed esaminino l’incidenza della loro presenza all’interno della Chiesa e all’interno dei loro Istituti. Su loro incombe l’obbligo di esprimersi in aderenza al messaggio evangelico, nel nome di Dio, per essere segno di speranza all’uomo moderno, che spesso risulta debole, incerto, disorientato e soprattutto bisognoso di trovare luce e senso alla propria esistenza.
A quest’uomo va mostrato un modello spirituale per una valutazione cristiana della vita e della storia. I religiosi, oggi, sono consapevoli della necessità della loro testimonianza e del dovere di offrire in se stessi una presenza che sia segno e profezia del futuro di Dio.
Non v’è dubbio che i religiosi e le religiose costituiscano una grande ricchezza e una forza considerevole per la Chiesa universale e per le Chiese particolari, a motivo anzitutto del bene spirituale immenso che essi hanno fatto e che continuano a fare, ispirandosi alle specifiche finalità dei loro istituti, ma anche a motivo delle varie opere e strutture di cui dispongono per il bene delle anime. Tale forza e tale ricchezza possono e debbono essere utilizzate in modo sempre più efficace per l’apostolato e possono e debbono diventare elementi vivi e vitali nella globalità della pastorale diocesana, a tutti i livelli.
3. Il Concilio Vaticano II, nel trattare della vita religiosa, ha affrontato a varie riprese il problema dell’inserimento e della collaborazione dei religiosi e delle religiose nella vita delle singole diocesi. Il Concilio parla infatti della “necessaria unità e concordia nel lavoro apostolico” (Lumen gentium, 45); definisce i religiosi-sacerdoti “provvidenziali collaboratori dell’ordine episcopale” e afferma che “anche gli altri religiosi, tanto gli uomini come le donne, appartengono anch’essi, sotto un particolare aspetto, alla famiglia diocesana e recano un notevole aiuto alla sacra gerarchia” (Christus Dominus, 34).
I religiosi in Italia sono in genere già fattivamente inseriti nella pastorale diocesana e collaborano con sensi di corresponsabilità alle iniziative di apostolato nelle comunità diocesane, partecipando attivamente, non solo all’esecuzione dei piani pastorali, ma anche alla loro formulazione.
Il Vaticano II, con un colpo d’ala veramente profetico, è andato al di sopra di tutte le contese giuridiche e temporalistiche e, con piena fiducia e coraggio soprannaturali, ha inteso e voluto valorizzare l’intera vita religiosa come una delle fondamentali componenti ecclesiali. Secondo la dottrina del medesimo Concilio, l’immagine della Chiesa sarebbe veramente incompleta, se non si tenesse conto dello stato religioso, non solo come stato, ma altresì come ministero e dono, come elemento concreto del suo corpo vivo.
In questi giorni di comune preghiera, di studio e di orientamento, i relatori approfondiranno i contenuti dei testi conciliari in merito alla vita consacrata, e vorranno tener ben presente anche il documento Mutuae relationes, perché nelle varie diocesi italiane la presenza, numericamente ancora rilevante, di religiosi e di religiose costituisca una prova e un segno di ardore apostolico e un valido aiuto per affrontare e risolvere, con realismo, gli svariati problemi che emergono dal contesto socio-culturale del Paese.
Auspico pertanto che questo specifico convegno sulla vita consacrata segni un’ulteriore tappa nel cammino di comunione ecclesiale nella Chiesa italiana per la riscoperta della complementarità nella varietà dei carismi, con cui lo Spirito Santo arricchisce la sua Chiesa e la rende sempre più idonea alla missione di salvezza che il Signore ha affidato ai suoi discepoli.
4. Certamente, per vivere in pienezza le esigenze della vocazione religiosa occorre un costante spirito di sacrificio. Ma vale la pena affrontare tali difficoltà per rispondere con generosità all’invito di Gesù: “seguimi!” (cf. Mt 19, 21; Lc 18, 22). Penso che tale capacità di dedizione a Gesù non sia diminuita nemmeno negli uomini e nelle donne di oggi. Sono anzi convinto che molti, in particolare tra i giovani e le giovani, sentano una profonda esigenza di verità, di giustizia, di amore, di solidarietà, così da essere potenzialmente disposti a vivere fino in fondo l’esperienza della vita religiosa.
L’augurio è che sappiano accogliere e seguire l’invito di Cristo. Già altre volte ho ricordato come il problema vocazionale costituisce l’urgenza fondamentale della Chiesa, e quindi anche di ogni famiglia religiosa.
I documenti conciliari e post-conciliari insistono perché ogni comunità cristiana lavori con sollecitudine a promuovere l’incremento delle vocazioni religiose. I sacerdoti e gli educatori cristiani mettano in evidenza il valore dei consigli evangelici e aiutino al servizio di Dio nello stato religioso. Occorrerà poi curare la formazione dei giovani che hanno accolto tale chiamata, svolgendo un’azione più profonda nella fase di accompagnamento vocazionale, così che essi possano meglio comprendere l’importanza e il ruolo della vita consacrata nella Chiesa e la spiritualità specifica di ogni famiglia religiosa.
5. Alla crescita vocazionale contribuirà in modo determinante l’esempio dei religiosi e dei sacerdoti, che vivono serenamente giorno dopo giorno la loro vocazione, fedeli agli impegni assunti, umili e nascosti costruttori del regno di Dio. Essi, irradiando con la loro vita la gioia della scelta fatta, sproneranno altri ad accogliere nel loro cuore il dono della vocazione.
Tutto ciò può essere acquisito soltanto se per tutta la vita i religiosi si impegneranno a perfezionare diligentemente la loro formazione spirituale, dottrinale e pastorale, per attuare quel rinnovamento interiore auspicato dal Concilio e che caratterizza i personali rapporti con Dio e con i fratelli.
6. Maria, la Vergine dell’ascolto e la prima consacrata a Dio e al suo progetto di salvezza, guidi la comunità ecclesiale italiana nel suo impegno di studio e di discernimento e ottenga dal Signore numerosi operai apostolici per questa sua vigna.
Con questo augurio mariano, rinnovo la mia parola di apprezzamento a tutti i religiosi d’Italia per il loro meritorio apostolato, auspicando che la grazia della loro vocazione religiosa produca abbondanti frutti di vita spirituale nella Chiesa universale e nelle Chiese particolari d’Italia, dove ogni giorno essi rendono la loro preziosa testimonianza di amore verso Dio e verso i fratelli.
Impartisco di cuore l’apostolica benedizione a tutti voi che partecipate al Convegno e su tutti i religiosi d’Italia.
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