DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI
Giovedì, 15 febbraio 1990
Signori cardinali,
venerati fratelli nell’episcopato!
1. La celebrazione dell’VIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi si trova ormai in una fase decisiva della sua preparazione e per questo voi, membri del Consiglio della segreteria generale, insieme col segretario, l’arcivescovo mons. Jan Schotte, siete convenuti ancora una volta nell’Urbe per esaminare gli ultimi atti da svolgere in vista dell’imminente avvenimento. Siate perciò i benvenuti nel nome del Signore! Insieme vogliamo servire nel modo migliore la Chiesa, madre e maestra, alla quale abbiamo consacrato la vita e il cuore, le parole e le opere, il tempo e le forze.
È ormai di comune dominio la notizia che il prossimo Sinodo tratterà della formazione da assicurare ai presbiteri, al primo manifestarsi della loro chiamata, durante il tempo di preparazione all’ordinazione e nel periodo di vita sacerdotale.
Il compito della formazione sacerdotale è arduo, impegnativo ed esigente; esso però è anche entusiasmante e gioioso per l’intensa carica di fede che comporta, e per le singolari qualità di carità teologale e pastorale, di comunione e di servizio, di attenzione ai segni dei tempi, di condivisione delle più diverse condizioni dei fratelli, che suppone. Tale compito perciò deve essere assunto con l’intento fondamentale di favorire una piena adesione al modello originario e normativo del buon pastore, e insieme di promuovere un’armoniosa integrazione dell’identità umana, cristiana e sacerdotale dei giovani chiamati.
2. A questo ricchissimo argomento dedicherà i suoi lavori, la sua meditazione e preghiera la prossima Assemblea, che stiamo preparando con la sollecitudine propria di chi ama la Chiesa. La riflessione sinodale sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali si svolgerà in occasione di una duplice ricorrenza che merita di essere sottolineata: in questo 1990 si celebra il 25° anniversario sia dell’istituzione del Sinodo che della conclusione del Concilio Vaticano II.
La lettera Apostolica sollicitudo, con cui il mio predecessore di v. m. Paolo VI istituiva il Sinodo risale al giorno 15 settembre 1965, quando il Concilio Vaticano II non era ancora terminato. Con la creazione di questo nuovo organismo, Paolo VI intendeva rispondere alle aspettative manifestatesi in seno all’assise conciliare e interpretare così il desiderio di collegialità e di unione nella carità pastorale, che i Padri avevano espresso come profonda aspirazione.
Il giorno 8 dicembre 1965 si chiudeva, poi, il Concilio Vaticano II che era stato davvero come una “nuova Pentecoste” per la Chiesa in cammino attraverso la seconda metà del secolo XX. Guidati dallo spirito, i pastori, convenuti a Roma da ogni parte del mondo, avevano indicato i modi migliori per accogliere ed esprimere la fede in un mondo per tanti versi mutato.
Verso questo storico evento occorrerà far convergere la memoria e la gratitudine di tutti i fedeli, affinché il loro animo resti aperto agli insegnamenti sempre vivi e attuali che lo Spirito ha dato in quella circostanza all’intero popolo di Dio.
3. E non è senza una speciale ispirazione dall’Alto che si è deciso di rivolgere l’attenzione del prossimo Sinodo al tema della formazione dei sacerdoti, poiché dalla loro buona preparazione dipendono sia la loro personale perfezione umana e cristiana che l’efficacia del loro ministero.
Alla formazione e alla vita dei sacerdoti il Concilio Vaticano II ha dedicato, com’è noto, due documenti: il decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius e quello sul ministero e vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis. Non si tratta, perciò, solo di una coincidenza di date; la ricorrenza anniversaria ci invita a vedere un collegamento di valore, di qualità, di dignità tra il Concilio Vaticano II e il Sinodo del 1990.
La figura del presbitero è stata descritta e proposta autorevolmente dal Concilio, che ha dedicato ad essa con sollecitudine amorevole e illuminata un abbondante spazio di discussione e di studio. Tutti ci auguriamo che anche il prossimo Sinodo concentri sull’argomento profonda riflessione e intenso amore, manifestando anche in questo modo la propria considerazione per coloro che sono i primi collaboratori dell’ordine episcopale. È infatti ovvio, è opportuno, è necessario che a ricevere le primizie della mente e del cuore dei vescovi siano coloro che per vocazione e missione sono eletti a portare insieme con essi il “peso della giornata e del caldo” (Mt 20, 12), il peso cioè del servizio pastorale che incombe sulle loro spalle: un peso che diviene leggero solo nella comunione col “pastore e vescovo delle anime” (cf. 1 Pt 2, 25) e nella condivisione fraterna, grazie alla quale ciascuno porta i pesi degli altri (cf. Gal 6, 2).
Una chiamata simile ricevono anche coloro che si consacrano al Signore in un particolare stato di vita nelle fila di una Congregazione religiosa o di un istituto di vita apostolica. Anch’essi sanno di essere mandati a testimoniare con modi propri, aderendo al loro carisma, la sollecitudine apostolica e missionaria e l’efficacia della tensione escatologica della Chiesa pellegrina nella fede e nella speranza.
4. Il compito che grava sul Sinodo riveste particolare urgenza, quando si pensi che gli orientamenti impressi alla formazione dei presbiteri nelle circostanze attuali sono destinati a proiettare la loro efficacia oltre la soglia dell’anno 2000; i giovani che oggi accolgono la chiamata e si preparano al sacerdozio, fatti adulti e maturi di età e di carità pastorale, dovranno allora apparire come chiari modelli del gregge.
È questo un vanto e un privilegio che ci esalta ed entusiasma, mentre avvertiamo nel tempo che scorre la presenza fedele di quel Dio-con-noi, dell’Emmanuele, che chiama incessantemente quelli che vuole alla perenne missione di salvezza e sentiamo che il Signore del tempo e della storia ci vuole in essa attivamente presenti. Ma, parimenti, questo è anche un dovere e una responsabilità. Responsabilità di uomini che decidono del proprio cammino, ponendosi in atteggiamento di ascolto e di fede; dovere di pastori attenti più alle necessità del gregge che a se stessi, nella preoccupazione di non trovarsi mai impreparati alla grave sfida dei tempi.
5. Venerati fratelli nell’episcopato, ho voluto farvi partecipi della sollecitudine che provo per un problema di tanta importanza per la vita della Chiesa. Al tempo stesso, però, sono certo di poter condividere con voi la gioia di ripercorrere, pensando ai lavori sinodali ormai prossimi, l’itinerario, spesso arduo ma sempre appassionante, della nostra stessa formazione al presbiterato. In esso dall’amore del Padre e del Figlio nello Spirito siamo nati alla carità pastorale, che tuttora ci urge dentro, e ci spinge a desiderare che altri, come noi, siano formati oggi per il domani come veri “cooperatores ordinis nostri”.
Con questi sentimenti invoco sul vostro lavoro, auspice la Vergine Maria, l’abbondanza dei doni divini, in pegno dei quali vi impartisco l’apostolica benedizione.
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