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VISITA PASTORALE IN CAMPANIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I GIOVANI NELLO STADIO SAN PAOLO

Napoli - Sabato, 10 novembre 1990

 

Carissimi giovani!

1. Grazie per la vostra accoglienza; grazie per il calore della vostra simpatia, tipica del vostro temperamento. Ho l’impressione che tra noi si sia stabilita subito un’intesa cordiale, una reciproca, immediata sintonia spirituale. Sì, sono veramente lieto di incontrarvi. È grande, infatti, il desiderio di ascoltarvi, di pregare con voi, di condividere con voi, che rappresentate il mondo giovanile di Napoli, i sentimenti che la Chiesa nutre nei vostri confronti. So che vi siete preparati con grande cura spirituale a questo nostro appuntamento. Ringrazio in maniera particolare coloro che, a nome di tutti i presenti, mi hanno parlato delle attese e dei problemi della gioventù napoletana.

Nel corso dei miei pellegrinaggi apostolici mi si offre l’opportunità di rivolgermi alle varie comunità dei credenti, ma è specialmente ai giovani che apro il mio cuore per invitarli a essere sempre coraggiosi araldi del Vangelo. Il mondo ha sete di verità, ha sete di giustizia. È stanco di false promesse e di progetti senza futuro. Chiede la pace. Ha bisogno di amore e di comprensione. Ha bisogno di Cristo!

Tocca a voi, giovani testimoni della civiltà dell’amore, portare soprattutto ai vostri coetanei l’annuncio della speranza evangelica, perché in voi già vive la Chiesa del prossimo millennio.

2. Ho seguito con grande interesse la rilettura che è stata fatta della parabola del “buon samaritano”. Sempre attuale è questa parola di Gesù! Sembra cronaca dei nostri giorni. Benché scritta e tramandata per tutta l’umanità, essa ben si addice alla condizione di voi giovani nella città di Napoli, oggi, come hanno evidenziato i vostri amici nelle domande che mi hanno rivolte.

L’arcivescovo, il carissimo card. Michele Giordano, che saluto con affetto fraterno, nel suo intervento iniziale ha posto in relazione il nome della città di Napoli con il fatto che tutti i Napoletani sono chiamati a costruire una “nuova città”. A questo impegno, certo non facile, ma quanto mai urgente, spingono anche le ultime parole della parabola poc’anzi rievocata: “Va’ e fa’ tu pure allo stesso modo” (Lc 10, 37).

Cari giovani, lasciate che vi ripeta la profonda fiducia che la Chiesa nutre verso di voi. Fate vostro l’atteggiamento del buon samaritano e, superando le molteplici difficoltà disseminate sul vostro cammino, non smarrite mai il sentimento profondo della misericordia. Siate perseveranti e tenaci nell’operare secondo l’insegnamento del Vangelo. Vedrete allora concretizzarsi le vostre aspirazioni alla fraternità e potrete contribuire a costruire la pace nei quartieri, nei luoghi dove vivete, dappertutto. Sperimenterete che solo dal dono gratuito di sé ai fratelli scaturisce la felicità. Scoprirete che la vita è generosa risposta a una chiamata che viene dall’Alto: è risposta a Cristo, Parola misteriosa di salvezza per l’uomo di ogni epoca.

3. Siate giovani dal cuore buono! “Avvicinandosi la conclusione del secondo millennio, che deve ricordare a tutti e quasi rendere di nuovo presente l’avvento del Verbo nella «pienezza del tempo»” (Dominum et vivificantem, 61), la Chiesa ha bisogno, per la nuova evangelizzazione, del contributo di ognuno, ma in particolare del vostro. Anzi, voi siete chiamati a diventarne i primi operatori e i principali protagonisti; e potrete esserlo a patto che apriate i cuori all’amore che redime. A patto che siate giovani dal cuore buono.

Nella cultura moderna gli elementi positivi si intrecciano con i sintomi preoccupanti del disagio sociale, della serpeggiante crisi dei valori, della solitudine, e con tanti altri segnali di diffuso malessere spirituale.

Mi avete chiesto come reagire a questo malessere. La parabola del buon samaritano ci è di valido aiuto per comprendere quello che sta accadendo e come si può superare questa situazione. Un uomo - narra l’evangelista - sta andando per la sua via, ignaro di quanto potrà succedergli. Aggredito da uno sconosciuto, cade sulla strada, vittima della violenza. La violenza: in quanti modi oggi essa si esprime anche nella vostra città?

È certamente violento chi uccide, ma non lo è meno chi umilia in tanti modi la dignità della persona umana. È violento chi induce gli altri al male, con la parola e con l’esempio, con la persuasione occulta o con la promessa di facili guadagni. È violento chi è operatore di una tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona. È violento chi non rispetta la società e i doveri sociali, chi mortifica la crescita umana, sociale, civile e religiosa, specialmente dei bambini e dei giovani. È violento chi non accoglie i più deboli e chi si chiude nel proprio io.

Anche l’indifferenza è una sottile forma di violenza. Anche la corruzione è violenza.

4. Che fare, allora? Sembrerebbe quasi impossibile poter contrastare l’avanzare di una simile cultura di morte. No, carissimi ragazzi e ragazze di Napoli, non abbiate paura! Siate giovani dal “cuore buono”! Lasciate che, insieme ai vescovi italiani, io vi ripeta: “Protagonisti dell’azione di rinnovamento devono essere anzitutto i giovani, chiamati a farsi costruttori di una nuova società. C’è nei giovani del Sud un grande potenziale, che in ripetute circostanze si esprime come rifiuto di un certo tipo di società. Spesso, però, si limitano alla sola denunzia o a postulare una novità. Bisogna educarli, invece, attraverso forme di volontariato, di aggregazione culturale, di cooperazione, perché propongano, esperimentino, incidano sul futuro della loro terra” (documento dei vescovi italiani: “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, 30).

Non scoraggiatevi, dunque, non lasciatevi abbattere, non rifugiatevi nell’alibi del vittimismo, che sarebbe la peggiore risposta all’alibi del pregiudizio non sempre disinteressato sui mali di Napoli e del Mezzogiorno. Non cedete alla tentazione del campanilismo meschino, voi che per impegno, umanità e cultura avete una quasi naturale vocazione alla cittadinanza universale.

Sì, abbiate un “cuore buono”, un cuore capace di aprirsi al vero, al giusto, all’onesto. Vincete il male col bene!

5. Sia la solidarietà il segno distintivo di voi giovani napoletani. Per sua fortuna, il povero malcapitato incontrò il “buon samaritano”. D’altra parte se il samaritano non avesse avuto compassione di quello sconosciuto, se non gli avesse fasciato le ferite e non si fosse preso cura di lui, non lo ricorderemmo oggi come “buono”. È vero: la solidarietà rende buoni. Essa “non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti” (Sollicitudo rei socialis, 38).

Giovani napoletani, ecco la vostra missione: tessere rapporti di vera solidarietà umana e cristiana! Missione, questa, che è di ogni credente. A tutti perciò vorrei ripetere: credete nella giustizia, nell’amore e nella pace! La solidarietà è la vera rivoluzione dell’amore. Il suo volto è l’accoglienza e il perdono. La sua anima è la carità. Su queste basi è possibile dar vita a un progetto di rinnovamento spirituale, che assicuri un futuro migliore alla vostra città e a voi stessi.

6. Siate apostoli della comprensione e del perdono!

La felicità, secondo un detto partenopeo, è nata gemella e la gratuità ne è la madre. Ecco la conclusione, a cui porta la nostra riflessione sulla parabola.

Siete pronti a condividere con gli altri ciò che gratuitamente avete ricevuto? Avete mai fatto l’esperienza del perdono cristiano? Del donare senza riserve e senza secondi fini? Del donare senza stancarsi, anche quando ci si trova di fronte a un rifiuto?

L’iniqua catena del male viene rotta solo col bene e l’odio è sconfitto dall’amore. Siate, perciò, apostoli della comprensione e del perdono. Solo se vi fate prendere dalla “passione” per l’altro, se vi impegnate senza riserve ad andare incontro a chi è ferito, è povero, è debole, solo se la solidarietà diventa il motivo principale del vostro essere e del vostro vivere cristiano, solo in questa maniera voi diventerete modelli e fermento della società. “Va’ e fa’ tu pure allo stesso modo”.

7. “Va’ e fa’ tu pure allo stesso modo”.

Lasciate che insista ancora sulla conclusione della parabola. Perché la riflessione su di essa incida veramente nella vostra vita, occorre che i buoni propositi trovino applicazione in gesti operativi. La solidarietà è un magnifico mosaico, realizzato dal contributo di ciascuno, dove ogni tassello è importante, anzi necessario.

Unite, perciò, le vostre forze e proseguite con generosa disponibilità nel cammino che già state percorrendo. Mi riferisco, in particolare, al progetto diocesano “giovani”, che vuole fornire valide risposte alle tante sfide poste al mondo giovanile partenopeo. Lavorate tutti insieme per un avvenire veramente migliore.

Non tiratevi indietro! Accogliete l’invito di Cristo: andate e fate pure voi allo stesso modo. Come il buon samaritano. Vi sostenga in questa determinazione e vi accompagni su questa strada Maria, la Vergine del Coraggio, alla quale vi invito a ricorrere spesso e con grande fiducia. Vi aiutino i santi protettori della vostra città. Anch’io vi sono accanto e vi accompagno con affetto, mentre di tutto cuore vi benedico.  

Dopo la recita del “Padre Nostro” e il canto di “O sole mio”:

 “O sole mio”. È un sole profondamente inciso nella storia. Napoli, “Neapolis”, canta il sole, Napoli canta il Cristo. Ecco questo parallelismo. Rimanga esso l’orientamento sicuro per il futuro di questa città e questo orientamento cercate voi, giovani, con un nuovo slancio, con un nuovo entusiasmo, di darlo alla vostra città. Riassumendo brevemente, sono questi i miei auguri per la vostra comunità giovanile napoletana.

Devo aggiungere un’altra osservazione. Devo dire che i giovani con le loro domande possono essere anche abbastanza insistenti, direi aggressivi. Ma con le vostre domande avete dimostrato che appartenete a questa città del sole, che siete molto buoni. La vostra era una domanda tratta dalla parabola del buon samaritano e questa domanda conteneva già la risposta. Avete quindi preparato un compito relativamente facile per il Papa. Vi ringrazio anche per questa vostra bontà. Avete dimostrato di essere veramente giovani di cuore buono. Grazie al buon cuore dei giovani di Napoli.

 

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