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VISITA PASTORALE IN CAMPANIA

DISCORSO

DI GIOVANNI PAOLO II
AI DETENUTI NEL CARCERE DI POGGIOREALE

Poggioreale (Napoli) - Domenica, 11 novembre 1990

 

Carissimi amici!

1. Ho vivamente desiderato che, durante la mia visita pastorale alla città e alla diocesi di Napoli, non mancasse questa sosta nell’Istituto di Poggioreale e sono particolarmente lieto di trovarmi fra voi. Vi ringrazio per la vostra accoglienza. Grazie, in modo speciale, al signor ministro di Grazia e Giustizia, per la sua presenza e per le cortesi parole che mi ha rivolto; grazie a chi s’è fatto interprete dei vostri comuni sentimenti manifestandomi le difficoltà di vario tipo che incontrate e i propositi di bene che vi animano. Tutto ho ascoltato con tanta attenzione.

Il mio deferente pensiero va ora al direttore generale per gli Istituti di prevenzione e pena, al direttore di questo Istituto e ai suoi collaboratori. Va a tutti i presenti. Vorrei potermi intrattenere personalmente con ciascuno, ascoltare quanto sarebbe vostro desiderio confidarmi circa le vostre personali vicende e le situazioni familiari; vorrei condividere con voi le preoccupazioni e le prove che segnano la vostra esistenza; incoraggiarvi a guardare con fiducia verso l’avvenire. Non è, purtroppo, possibile dar luogo oggi a questo dialogo a tu per tu, ma, rivolgendomi a tutti, è al cuore di ognuno che dirigo le mie parole; abbracciandovi tutti spiritualmente, è ognuno di voi che stringo a me. Vi esprimo la mia comprensione e il mio affetto, fratelli carissimi, e cordialmente vi saluto. Attraverso la mia persona e la mia voce, la Chiesa vi assicura la sua presenza e la sua costante attenzione.

2. Il carcere non è certo un luogo dove si viene e si resta per libera scelta. La vostra condizione, perciò, non è certamente facile. Voi avvertite il disagio che s’è creato tra voi e la società, e potete anche avere l’impressione di essere abbandonati a voi stessi. Sono al corrente delle vostre difficoltà, conosco anche gli sforzi che vengono dispiegati per far sì che il vostro soggiorno in questo Istituto non vi deprima ulteriormente. Vengo fra voi per condividere le vostre preoccupazioni, vengo per recare a ciascuno il messaggio del Vangelo, che è liberazione interiore e riconciliazione con il prossimo. Sono tra voi nel nome di Cristo, il quale ha detto: “Ero carcerato e mi avete visitato” (Mt 25, 36). Gesù non mette in risalto né la colpa né la condanna, ma la reale possibilità di rinascere a una vita nuova nel perdono e nell’amore. Il Vangelo è davvero una Parola che consola, anche se è esigente; è un fermento che rinnova, una fiamma che ridà vita al cuore dell’uomo. In esso è possibile attingere il coraggio per cambiare la rotta della propria esistenza, abbandonandosi con fiducia nelle mani del Padre celeste.

Eccomi, allora, fra voi per ripetere quanto direbbe il nostro Redentore, senza attardarsi sull’umana miseria, ma facendo leva sulla nostra capacità di comprendere le sue parole e sul nostro desiderio di aprirgli l’animo. “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi consolerò . . . Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 28-29).

Cristo attraverso la conversione e la purificazione del cuore libera ogni uomo dal carcere morale, nel quale lo rinchiudono le sue passioni. Egli è pronto ad agire con potenza e misericordia, ma attende che noi glielo permettiamo con la nostra disponibilità, attende che noi gli andiamo incontro.

3. Alla scuola di Gesù, maestro di autentica umanità, si impara che la violenza svuota la persona e distrugge la società, che il male conduce alla morte dello spirito prima ancora che alla distruzione dell’individualità. Ascoltando la sua voce ci si rende conto della meravigliosa ricchezza del progetto che Dio ha per ogni essere umano. Egli ci chiama a collaborare con lui per fare del mondo la sua famiglia, retta dalla indistruttibile legge dell’amore. Dio conosce il segreto dei vostri cuori, le vostre angosce, le vostre speranze. La sua giustizia trascende ogni pur scrupolosa giustizia umana, la sua misericordia supera ogni nostra immaginabile capacità di perdono. Egli chiama quindi anche voi, in questo luogo di pena e di sofferenza, a crescere in giustizia e in misericordia e vi affida, con una specialissima grazia, il compito di riparare, cioè di ricostruire quella dignità che spetta a ogni figlio di Dio. Iddio ha bisogno anche di voi: accogliete la sua parola e aderite al suo invito.

4. Cari amici, sono venuto per invitarvi alla pazienza, alla bontà, alla reciproca comprensione. Pensate alle vostre famiglie duramente provate dalla vostra condizione; pensate a coloro che vi vogliono bene e contano su di voi. Portate un po’ di serenità anche in questo luogo e tra di voi.

Il segreto della vera felicità non è nel miraggio del facile successo; essa si costruisce pazientemente con lo spirito di sacrificio e di servizio, col fare il bene anche quando costa. Nel cammino di rinascita spirituale, che vi invito a percorrere con coraggio, vi auguro di poter trovare al vostro fianco persone che vi comprendano e vi aiutino. Ora, all’interno di questo Istituto, come quando sarete fuori, possiate essere sorretti sempre da una rete di effettiva solidarietà sociale. Non basta affermare che la detenzione carceraria e ogni altro provvedimento restrittivo sono finalizzati principalmente al recupero della persona. Occorre che ogni componente della comunità si senta impegnato a perseguire un così importante obiettivo. Tutti devono lavorare perché nella società si creino condizioni atte a prevenire i comportamenti criminosi. Ciò suppone, in particolare, l’avvio di iniziative educative e formative rivolte soprattutto al mondo giovanile. Tutti ugualmente, pubblici poteri e private organizzazioni, sono chiamati a offrire a chi attraversa momenti difficili un appoggio concreto. In modo speciale è necessario che chi, come voi, si trova in carcere sia amato soprattutto nella delicata fase del suo reinserimento sociale. Solo infatti dalla disponibilità e dalla collaborazione di tutti può nascere un mondo più accogliente, veramente a misura d’uomo.

Con questi sentimenti invoco su tutti voi che mi ascoltate la protezione della Madonna del Carmine, alla quale i Napoletani sono particolarmente devoti e di cuore vi benedico.  

Al termine del discorso ai detenuti di Poggioreale, il Santo Padre aggiunge le seguenti parole.

Carissimi, ho ascoltato con grande partecipazione queste parole del vostro rappresentante, specialmente perché sono state espresse con grande commozione personale. Ma, in quella commozione sentivo la vostra commozione comune. Il futuro reinserimento nella vita sociale, la futura accoglienza da parte della società, erano le sue preoccupazioni. Ho cercato di tracciare il cammino che ci viene dal Vangelo, da Gesù Cristo stesso, per fare strada a ciascuno di voi per il reinserimento nella società e per la futura accoglienza. Cristo si centra sempre su ciò che è nel cuore umano e si affida alle potenzialità, alle energie che sono nell’uomo e che vengono aiutate dalla grazia dello Spirito Santo e possono fare di un prigioniero anche un santo e di questo non mancano esempi nella storia.

 

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